vivendi, un caso emblematico
I signori delle reti
All'inizio si occupava di acqua e di mercati pubblici in un solo paese. Dopo, senza rinunciare alla sua «vocazione» di partenza e alle sue connivenze politiche, l'impresa cambiò di nome e cominciò a crescere. Ora la sua mole è tale da far vacillare, quando è in difficoltà, la fiducia dei mercati finanziari e l'universo della televisione
di Ignacio Ramonet
Al tempo della world culture, una «società dell'informazione globale» si va estendendo come un'immensa tela di ragno, dopata dalla spinta delle nuove tecnologie. Su scala planetaria, favorita dalla rivoluzione digitale, si dispiega un'infrastruttura dell'informazione che promuove l'interconnessione dei servizi legati alla comunicazione e ai diversi settori della cultura di massa. È il risultato dell'accorpamento di tre settori - informatica, telefonia e televisione - nel settore multimediale. Internet, sconosciuto ancora dieci anni fa, ha così rivoluzionato l'intero campo della comunicazione.
Per comunicare, disponevamo di tre sistemi di segni: scrittura, suono e immagine. Ciascuno di questi elementi ha dato luogo a un sistema tecnico. La scrittura ha portato all'editoria, alla stampa, al libro, al giornale, alla linotipia, alla tipografia, alla macchina di scrivere e così via. Così come il suono ha dato vita al linguaggio, e quindi alla radio, al registratore, al telefono e al disco. E l'immagine ha prodotto la pittura, l'incisione, il fumetto, la fotografia, il cinema, la televisione, la video-registrazione.
La rivoluzione industriale, alla fine del XVIII secolo, è sorta quando la macchina a vapore è venuta a sostituire il muscolo e la forza fisica; nella mutazione tecnologica attuale la sostituzione non riguarda più il muscolo ma il cervello...
La rivoluzione digitale fa convergere i tre sistemi di segni verso un equivalente unico. Scrittura, suono e immagine si esprimono oramai in bit. I bit veicolano indifferentemente testi, suoni o immagini.
E lo stesso «tubo» consente di spedire questi bit alla velocità della luce... Tutto ciò ha completamente trasformato il mondo dei media e dell'intrattenimento. E ha favorito la fusione-concentrazione di tutte le imprese che operano in questi settori.
Le società elettroniche si fondono ormai con le aziende dei telefoni, della trasmissione via cavo e dell'editoria, per costituire megagruppi mediatici integrati. Il fatturato dell'industria della comunicazione, intesa in senso lato, che era di circa 1000 miliardi di euro nel 1995, potrebbe arrivare da qui a 5 anni a ben 2000 miliardi di euro, e rappresentare quindi il 10% dell'economia mondiale ...
I giganti dell'informatica, della telefonia e della televisione ritengono di poter trovare i profitti del futuro nei favolosi giacimenti che la tecnologia del digitale sta schiudendo davanti ai loro occhi ammaliati.
Ma sanno anche che oramai il loro territorio non è più protetto, e che i mastodonti dei settori vicini lo hanno già preso di mira col loro istinto da tirannosauri. Nel campo dell'industria culturale, da dieci anni è in atto una guerra di una formidabile e spietata brutalità. La società che si occupava di telefonia oggi punta alla televisione o al cinema; un'altra, affermata nell'informatica, si lancia nei videogioco, mentre l'azienda distributrice di acqua va all'assalto della telefonia cellulare, della televisione criptata e dell'editoria musicale.
La comunicazione è diventata un'industria pesante, comparabile a quella siderurgica nella seconda metà del XIX secolo, o all'industria automobilistica degli anni '20: è il settore in cui oggi si procede ai più cospicui investimenti. Tutte le imprese di rete, e in particolare quelle che vendono flussi di vario tipo e sono in possesso di un reticolato di «tubi» (acqua, gas, elettricità, telefonia, televisione via cavo, ferrovie, società di autostrade) aspirano a controllare una parte del nuovo Eldorado. Da un capo all'altro del pianeta, i signori di questa guerra delle reti sono ovunque gli stessi megaconglomerati, divenuti i nuovi padroni del mondo: America OnLine (che la rilevato Netscape e il gruppo Time-Warner-Cnn), Vivendi- Universal (ex Générale des Eaux che ha incorporato Havas, Canal Plus, Usa Networks e il gruppo Seagram, proprietario di Universal), Viacom, la News Corporation di Rupert Murdoch, AT&T (che domina la telefonia planetaria), Ibm, Microsoft (che regna sul mercato del software informatico e vuole conquistare quello dei videogiochi, con la X-Box), General Electric (che controlla la rete di televisione Nbc), Ntt (primo gruppo della telefonia giapponese), Disney (che ha acquistato la rete televisiva Abc), Bertelsmann (primo gruppo della comunicazione tedesco), Pearson (The Financial Times, Penguin Books, Bbc Prime), Telefonica, Prisa (primo gruppo della comunicazione ispanico), France Télécom, Bouygues, Lyonnaise des Eaux ecc.
In questa grande mutazione del capitalismo, la logica dominante è quella di uccidere. Non si punta all'alleanza, bensì a prendere il controllo, alla fusione-assorbimento. Sono coinvolte in questa guerra le aziende che producono contenuti - editrici, agenzie di stampa, giornali, cinema, musica, radio, televisioni, siti web - e le imprese di telecomunicazioni e informatica che li elaborano, li trasportano, li trattano, li criptano e decriptano. La manna su cui puntano i nuovi predatori è il flusso dei dati, in continua crescita: conversazioni, messaggi, testi, immagini, musiche, film, trasmissioni, spettacoli, sport, informazioni, transazioni di borsa, segni di ogni tipo. Nel corso di questi ultimi vent'anni il mondo ha prodotto più informazioni che durante i 5.000 anni precedenti...
Ogni signore delle reti persegue l'obiettivo di divenire l'interlocutore unico dei cittadini. Ciascuno vuole potergli fornire informazioni, intrattenimento, svago, sport, cultura, servizi professionali, dati finanziari, ponendolo così in uno stato di interconnettività attraverso tutti i mezzi disponibili: telefono (fisso o mobile), fax, comunicazione via cavo, televisione, computer, posta elettronica, Internet. Questo obiettivo è realizzabile solo a condizione che le comunicazioni possano circolare senza ostacoli attraverso il pianeta. Ecco perché gli Stati uniti (inventori di Internet, primi produttori delle nuove tecnologie e sede delle principali aziende) si sono lanciati con tutto il loro peso nella battaglia della deregulation. Aprire le frontiere del più gran numero di paesi al «libero flusso dell'informazione» equivale a esporre questi stati alle mire dei predatori americani.
Dal canto suo, l'Unione europea ha deciso la liberalizzazione dei mercati telefonici fin dal 1° febbraio 1998. In previsione della feroce concorrenza all'interno di ciascun mercato nazionale, si è proceduto allo smantellamento dei monopoli e alla privatizzazione degli operatori pubblici. British Telecom e la spagnola Telefónica sono state così privatizzate, mentre France Télécom e l'operatore pubblico tedesco Deutsche Telekom hanno offerto sul mercato parte del loro capitale.
Ciò che interessa questi nuovi predatori è la quantità delle persone che frequentano determinati media, il numero degli abbonati a un canale criptato o quello degli internauti che accedono a un portale web. Questa dotazione di fidelizzati (paganti o meno) è divenuta una delle principali ricchezze dei giganti della comunicazione - molto più dei contenuti o delle équipes. È una rivoluzione. Prima, le aziende dell'industria culturale vendevano informazione o intrattenimento ai cittadini. Ora preferiscono vendere i consumatori (lettori, ascoltatori, telespettatori, internauti) agli inserzionisti. E quanto più aumenta il numero dei consumatori (preferibilmente agiati), tanto più lievita la tariffa della pubblicità...
All'improvviso l'informazione, per esempio, può essere offerta gratuitamente.
Su Internet, i media la stanno già offrendo come prodotto di richiamo: sul web si possono trovare più di 3000 giornali ad accesso gratuito.
Senza contare le stazioni radio e i canali televisivi. Peraltro, è per questo che nelle grandi città del mondo si moltiplicano i giornali gratuiti ...
È scattata così una gara nella quale, per sopravvivere sul mercato planetario, ogni signore delle reti persegue due obiettivi principali: raggiungere una dimensione sufficiente e diversificarsi in tutti i settori della comunicazione. Le limitazioni delle concentrazioni previste dalle leggi sono sempre meno rispettate. Recentemente, negli Stati uniti tre dei principali giganti della comunicazione - Aol-Time-Warner, Viacom e News Corporation - hanno riportato una vittoria giuridica, azzerando le restrizioni che avrebbero impedito alcune fusioni (1).
Viacom ha quindi potuto acquisire il gruppo Cbs e nulla vieta, ad esempio, ad Aol di rilevare il canale Nbc, che appartiene alla General Electric. I predatori dei media sono insaziabili... E quest'atmosfera competitiva autorizza i colpi più scellerati. «Ogni volta che discuto con i grandi della telefonia - ha dichiarato Louis Gallois, presidente della Sncf - ho l'impressione di entrare nella gabbia dei leoni (2)».
In Francia, il 6 febbraio 1997, la Générale des Eaux, ora Vivendi, prese brutalmente il controllo della Havas e di Canal Plus, con l'obiettivo di «riunire, all'interno di un solo gruppo di comunicazione, tutte le competenze necessarie al suo sviluppo, soprattutto sul piano internazionale» e di creare «un gruppo integrato di comunicazione di dimensioni mondiali».
Jean-Marie Messier aveva spiegato questa fusione con la necessità della «convergenza rapida tra le industrie delle telecom e quelle della comunicazione». «In casa - ha poi aggiunto - ci sarà presto un solo punto d'entrata per l'immagine, la voce, il multimedia e l'accesso Internet. È uno sviluppo già in atto, che tra 12-18 mesi sarà una realtà commerciale. Quest'accelerazione mi ha indotto a concludere che per conservare i profitti, bisogna essere in grado di controllare l'intera catena, dai contenuti alla produzione, alla diffusione e al rapporto con l'abbonato (3)».
È proprio questa l'ambizione dei nuovi titani dell'industria dell'informazione: controllare l'intera catena. Tutto ciò che circola nelle reti (film, trasmissioni, musiche, creazioni dello spirito) per loro è comunicazione.
Perciò, prima di ogni altra cosa, è merce della quale le imprese devono poter disporre alla loro maniera, secondo le leggi del mercato.
E questo, in tempi in cui dovunque regna l'iperconcorrenza e gli azionisti di queste imprese esigono rendimenti esorbitanti. «Un'impresa come Vivendi - ha scritto Jean-Marie Messier - appartiene ai suoi azionisti e a loro soltanto. La direzione propone, il Consiglio d'amministrazione dispone. E in definitiva, è il mercato a decidere, facendo salire o scendere le quotazioni in borsa (4)». In un mondo della comunicazione e della cultura di massa pilotato da signori delle reti di questa fatta, è possibile che l'eccezione culturale e la creazione artistica possano essere qualcosa di diverso da un arcaismo o da un miraggio?
note:
(1) Le Figaro, 4 marzo 2002.
(2) Le Nouvel Observateur, Parigi, 20 febbraio 1997.
(3) Le Monde, 8 febbraio 1997.
(4) Jean-Marie Messier, j6m.com Faut-il avoir peur de la nouvelle économie?, Le livre de poche, Parigi, 2001. (Traduzione di E.H.)
da Le Monde Diplomatique maggio 2002
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