lunedì 23 gennaio 2012


 TRASMISSIONE SU RAI TRE "COMINCIAMO BENE":
 IL CASO ACQUALATINA


In studio era presente Raimondo Besson, (vice presidente di Acqualatina), il quale dopo il servizio registrato ad Aprilia cerca di spiegare che: "Aprilia è un caso limite... della gestione di Acqualatina, Acqualatina gestiste 38 Comuni e qui si è determinata questa situazione di esasperazione del rapporto con l’utenza dovuta a fattori reali sicuramente ma anche a..."
"C’è stato ad Aprilia un aumento delle bollette e delle tariffe legato al fatto che Acqualatina ha un contratto di servizio con l’ambito territoriale ottimale che sarebbero l’insieme dei 38 Comuni riunificati in base alla legge regionale e che affidano il servizio nella fattispecie ad Acqualatina una società mista."
[...]
Ad un certo punto della trasmissione interviene la conduttrice Rita Forte: "Posso farle una domanda vicepresidente? lei ha parlato di Aprilia come di un caso limite, forse lei non sa che io sono di Terracina, e Terracina fa parte della provincia di Latina e Acqualatina serve Terracina, e a Terracina molti terracinesi hanno avuto questo grande, grandissimo problema... capisce 1000, 800, 1700 euro di bollette, neanche un albergo può consumare 1700 euro d’acqua, non esiste!! Quindi è un errore grave di Acqualatina, ma come se lo spiega lei questo errore scusi? "
Raimondo Besson: "Ho detto prima che Aprilia era un caso limite, per un semplice fatto, chementre ad Aprilia c’è una situazione di morosità, chiamiamola in questo modo, per cui gli utenti non pagano che è circa il 40% degli utenti, questo problema non c’è in nessuna altra parte del comprensorio, in particolare a Terracina, dove addirittura per certe categorie di utenti le tariffe sono diminuite rispetto al passato."
FALSO perché nella Conferenza dei Sindaci del 13/11/2009 Acqualatina ha presentato ai Sindaci un documento dal titolo "Gestione dei crediti verso clienti - Ottobre 2009" nel quale si espone la situazione del Credito verso clienti, in questo documenti si afferma: "Al 30 settembre 2009 la somma degli insoluti nel territorio dell’ ATO4 ammonta ad oltre 55 milioni di euro, pari al 13% del fatturato totale e al 70% del fatturato annuo.
Dal punto di vista della numerosità delle utenze, tale importo equivale a circa 80.000 utenti morosi (il 30% circa del totale), di cui oltre 12.000 (5% circa del totale) con un insoluto di oltre € 1.000.
Latina, Aprilia ed Anzio si confermano i comuni con l’ammontare di scaduto più elevato, tutti con somme che superano i dieci milioni: costituiscono il 57% dello scaduto totale per l’intero ATO4, per un importo pari a oltre 31 milioni di euro
Aprilia continua ad essere uno dei Comuni con più alta percentuale di importo scaduto rispetto al fatturato sul singolo comune (39,6%) con una percentuale di 40% di utenti morosi.
Altri casi di rilievo, con percentuali più basse, sono Anzio (17,9% importo scaduto su fatturato e 34% utenti morosi), Nettuno (15,5% importo scaduto su fatturato e 31% utenti morosi) eCisterna di Latina (15,6% importo scaduto su fatturato e 33% utenti morosi). Latina registra invece un 11,8% importo scaduto su fatturato e 34% utenti morosi. La percentuale più alta resta Bassiano, con oltre il 48% importo scaduto su fatturato e 49% utenti morosi.
Un elemento rilevante della situazione dei crediti e proprio la numerosità degli utenti coinvolti, che crea inerzia nell’efficacia di qualsiasi azioni messa in atto: solo il 43% degli utenti, pari a circa 108.000 utenti, effettua pagamenti entro la scadenza."
Ma Besson non aveva detto che questo problema non c’è in nessuna altra parte del comprensorio? Quindi per lui sono normali i morosi di Latina, Anzio, Nettuno, Cisterna di Latina e Bassiano?
Forse le persone non pagano perchè le famiglie con questa crisi economica non ce la fanno più ad arrivare a fine mese????
O tutta la provincia di Latina improvvisamente si è messa a praticare la disobbedienza civile?
Conduttrice Elsa Di Gati: "Come sono diminuite?, scusi non ho capito"
Raimondo Besson: "Per certe categorie di utenti sono diminuite ad Aprilia, perché i Comuni, la Conferenza dei sindaci, l’Ato ha stabilito delle tariffe che noi applichiamo ma stabilite dall’ato che differenziano, sono legate al consumo... Ad Aprilia, cioè una volta che sono state stabilite le tariffe, sono state stabilite delle fasce tariffarie per diverse categorie di utenti, tutte legate in base al consumo dell’acqua, in molte zone del territorio precedentemente non si misurava l’acqua, ancora adesso abbiamo in atto la campagna di sostituzione e di immissione dei contatori per 100’000 contatori su 250’000 utenti, perché abbiamo ereditato..."
MA PERCHE QUESTO CAMBIO DI CONTATORI?
Sempre leggendo il documento "Gestione dei crediti verso clienti - Ottobre 2009" ad un certo punto Acqualatina scrive:
"5. Principali problematiche e azioni proposte
 
Nella gestione dei crediti verso clienti e nell’attuazione della procedura sin qui descritta sono state rilevate alcuni elementi di difficoltà che si rivelano spesso bloccanti e compromettenti dell’efficacia delle azioni effettuate:
1. contatori interni alla proprietà privata: una percentuale rilevante (circa il 53%) dei contatori di cui si conosce l’esatta ubicazione, sono posti all’interno della proprietà privata o sono comuni a più utenze e quindi inaccessibili al fine di operazioni di riduzione/interruzione di flusso"
Ma quali sono queste procedure??
II Processo di Gestione del credito vs. clienti
Qualora sussista una situazione di morosità, nonostante le diverse azioni ed i canali di contatto disponibili, viene messa in atto la procedura aziendale del recupero del credito.
Le azioni messe in atto dall’ Area Recupero Crediti sono le seguenti:
1. Solleciti di pagamento per posta raccomandata
2. Sollecito di pagamento telefonico - Phone collection
3. Riduzione del flusso idrico
4. Riscossione coattiva
5. Azioni Legali
"
Peccato che nessuna di queste operazione gli riesca, anche per quanto riguarda la riscossione coattiva lo dice la stessa Acqualatina: "La riscossione coattiva, regolata da normativa nazionale e regolarmente in uso da parte di molti gestori del S.I.I. in Italia, viene contestata dagli utenti attraverso opposizioni legali (ad oggi sono 675 i ricorsi ricevuti)."
Ovviamente Acqualatina omette di dire che per esercitare la riscossione coattiva c’è bisogno dell’autorizzazione del Ministero dell’economia che Acqualatina non ha, inoltre non dice che la magistratura sta continuando a sospendere le cartelle esattoriali e annullarle puntualmente. Infatti 4 Giudici di Pace diversi ed uno del Tribunale di Latina hanno dato ragione a centinaia di cittadini che hanno contestato la procedura esattoriale.
Conduttrice Elsa Di Gati: "Però c’è il 40% che non paga perché non può pagare delle bollette..."
Raimondo Besson: "No, non solo... sono state stabilite delle tariffe agevolate per l’utente che ha un reddito basso inferiore a 14’000 euro che oggi paga meno di quanto pagava ad Aprilia 4 anni fa, non solo delle famiglie particolarmente indigenti la Provincia di Latina ha istituito un fondo di sussidiarietà per cui paga direttamente l’acqua fino a 110 metri cubi per queste famiglie"
Questa del FONDO SOCIALE della Provincia è un altro dei trucchi che usa il pubblico per venire incontro alle inefficienze del privato.
Innanzitutto va precisato che l’agevolazione tariffaria per le fascie deboli è prevista per legge, la quale afferma: "Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonché peri consumi di determinate categorie secondo prefissati scaglioni di reddito".
La provincia di Latina con DGP 219 del 6/10/2005 istituisce un fondo pensione per i titolari di pensione minima. Successivamente il 9/11/2005 viene stipulata la convenzione n. 565 tra la Provincia di Latina ed Acqualatina per la gestione del fondo sociale. Durata della convenzione 3 anni. Con il fondo la Provincia mette a disposizione 50 €/anno per i circa 3200 percettori di pensione sociale. I soldi verranno scontati direttamente sulla bolletta dell’acqua da Acqualatina. Per far conoscere i beneficiari dello sgravio la provincia si impegna a trasferire gli elenchi ottenuti dall’INPS alla società, la quale dovrà creare il data base degli aventi diritto dello sconto.
Costo dell’operazione circa 480.000€ (3’200 pensionati x 50 € x 3 anni = 480.000 euro) messi a disposizione dalla provincia.
Per questo servizio la Provincia pagherà ad Acqualatina 2.500 € + IVA ogni mese. Quindi facendo i conti (2.500 x 12 mesi x 3 anni = 90.000 euro) per fare una semplice operazione di storno in bolletta Acqualatina percepirà circa 90.000 euro + iva. Inoltre il gestore riceverà un anticipo di 100.000 euro per poi stornare le somme. Insomma un aiutino pubblico ad una società in cattive acque finanziarie.
La provincia e Acqualatina il 29/12/2005 stipulano la convenzione (n. 579) per la gestione del trasferimento dati per i pensionati. I dati sensibili sulle posizioni reddituali dei meno abbienti vengono trasferiti dall’ente pubblico al gestore di natura privatistica senza alcun consenso ed in violazione della tutela della privacy. Sono dati sensibili attraverso i quali la società può anche percepire l’eventuale debolezza dell’utente nel sostenere magari un’opposizione in tribunale su una bolletta esosa ed errata.
A questo punto parte la campagna elettorale del presidente Cusani. I percettori di pensione sociale ricevono un plico contenente la lettera di Cusani e di Morandi per Acqualatina.Cusani da un lato invia un assegno di 75 per pagare la bolletta elettrica e dall’altro annuncia che Acqualatina sconterà sulla fattura 100 euro per il 2005 e 100 euro per il 2006. Ecco la prima incongruenza poiché la convenzione parlava di 50 euro l’anno. Forse l’euforia elettorale del 2005 ha reso il Presidente più generoso! Alla bella notizia del presidente fa il verso l’A.D. Morandi, che spiega compiutamente come avverrà lo sconto in bolletta. Ma attenzione, anche qui una stranezza. Nella voce in bolletta relativa alla sconto si nota che la società non calcola l’iva del 10%.
Eppure, anche se il contributo è provinciale, è la società Acqualatina ad incassare la bolletta, che si va a sommare al suo fatturato, e quindi è comunque dovuta l’IVA. Una svista oppure un’evasione d’IVA del 10%, su i soldi pagati direttamente dalla provincia?
Andiamo avanti nella storia.
Nel 2006 il presidente Cusani diventa ancora più generoso ... per Acqualatina che ha problemi di bilancio. L’8/8/2006 con D.G.P. n. 174, la Provincia estende il fondo pensione anche agli utenti con categoria tariffaria reddito minore di 14.000 euro
Acqualatina ha avuto dalla provincia 1.100.000 euro per l’anno 2007 attraverso il fondo sociale ed almeno 1.270.000 euro come acconto per il 2008.
Questo fondo sociale riguarda solo i cittadini della Provincia di Latina, quindi risultanoesclusi i cittadini di Anzio e Nettuno della Provincia di Roma e Amaseno, Giuliano di Roma, Vallecorsa e Villa S. Stefano della Provincia di Frosinone, insomma si sono creati cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Conduttrice Elsa Di Gati: "Veniamo tutti a vivere a Latina..."
Raimondo Besson: "Brava anche perché l’acqua è ottima"
FALSO: Anche qui siamo ad un’altra affermazione non proprio verissima, infatti il 21 aprile 2009 il presidente della Regione Lazio, ha concesso un ulteriore periodo di deroga, fino al 31 dicembre 2009, al valore di parametro arsenico entro il Valore Massimo Ammissibile (V.M.A.) di 50mg/l ai comuni di Anzio, Aprilia, Nettuno, Latina, Cisterna, Cori, Sermoneta, Pontinia, Sabaudia, San Felice Circeo, Sezze, Priverno
Nel 2009 sono ormai 6 anni che siamo in regime derogatorio per quanto riguarda i valori dell’arsenico.
Ma chi è Raimondo Besson?
 
Raimondo Besson il legiferatore Ex Direttore generale dell’Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Lazio; in tale veste scrive la legge regionale sull’acqua, n. 6/96. Partecipa attivamente (da funzionario regionale) alla costruzione del “progetto Acqualatina”. Ne diventerà Vicepresidente del CdA e in tale veste firmerà con Paride Martella tutti gli accordi che ora “regolano” il servizio affidato alla società. Èra Amministratore delegato di Sorical SpA, che gestisce il servizio idrico in Calabria. È stato anche nel CdA di GORI SpA, Sarnese Vesuviano Srl, Idrolatina Srl, Acque di Calabria SpA, ma soprattutto di ACEA ATO 2 SpA. Risulterebbe essere il cognato di prime nozze dell’allora Assessore ai Lavori Pubblici della Regione Lazio Michele Meta (DS ora parlamentare del PD), e in seconde nozze cognato dell’attuale Assessore del Comune di Roma (anch’esso DS – PD) che ha la delega di controllo proprio su ACEA.
   

claudiomeloni; ; commenti ?


domenica, 29 novembre 2009; 16:10



claudiomeloni; ; commenti ?


venerdì, 27 novembre 2009; 00:17

ECCO COSA SUCCEDE QUANDO SI PRIVATIZZA L'ACQUA

Ad Aprilia, come in tutto l’ATO4 (38 Comuni) la Privatizzazione dell’acqua è avvenuta nel 2002 (seconda provincia d’Italia in ordine di tempo dopo Arezzo) quando la Conferenza dei Sindaci ha messo a gara la gestione del servizio idrico per formare una società mista pubblico privata (51% pubblico, 49% privato).

Il socio privato è la VEOLIA WATER, una delle più grandi multinazionali che gestisce l’acqua in ogni parte del mondo.

Per capire di chi stiamo parlando:

Veolia Water in cifre... (dati al 2008)

  • N° 1 al mondo nei servizi idrici;
  •  
  • 12,56 miliardi di euro di fatturato nel 2008;
  •  
  • Più di 131 milioni di persone servite in acqua potabile/depurazione nel mondo;
  •  
  • 93 433 dipendenti;
  •  
  • Attiva in 64 paesi;
  •  
  • Più di 4 400 contratti di gestione nel mondo
  •  

Insomma il MIGLIOR PRIVATO che ci sia sulla piazza!!!

AUMENTI DELLE TARIFFE


A seguito del passaggio dalla gestione comunale alla gestione ACQUALATINA, una famiglia di Aprilia che consuma 190 metri cubi l’anno, prima pagava al Comune (anno 2004) 122,17 € , mentre l’anno successivo (anno 2005) si è vista arrivare bollette per 205,56 € (aumento del 68,25%). Successivamente le tariffe di ACQUALATINA sono continuate ad aumentare inesorabilmente di anno in anno fino al 2009, per cui, sempre per gli stessi 190 metri cubi si pagano adesso ben 257,52 € , con un aumento rispetto al 2004 del 110,8%.

Le tariffe imposte da ACQUALATINA sono cresciute dal 2004 al 2008 del 20%, dal 2008 al 2009 dell’8.1%, e (come previsto nel contratto modificato nel 2006) cresceranno almeno del 5% fino al 2032.




Per le seconde case ci sono aumenti che vanno da un minimo del 170% fino ad arrivare al 530%.




Per i commercianti gli aumenti sono stati enormi. Per esempio un ristorante che prima consumava 293 metri cubi, col Comune la sua bolletta sarebbe stata di 189,97 €, mentre la prima bolletta di ACQUALATINA era di 912,97 € (un aumento del 380,59%), mentre oggi per 293 metri cubi di acqua consumata annualmente un’utenza commerciale paga ben 1.177,89 € , con un aumento del 512,43 %





Non va meglio a chi con l’acqua ci lavora, per esempio una lavanderia che si è rivolta al nostro Comitato, prima consumava 470 metri cubi annui, quindi con le tariffe comunali pagava 302,9 €, adesso si trova bollette, per lo stesso consumo, da 1.525,36 € con un aumento del 403,59%.

In questo prospetto generale potete vedere tutti gli aumenti divisi per categoria d’utenza.





Ci dicevano (e dicono anche adesso), che il Privato avrebbe portato maggiore efficienza e avrebbe ammodernato i nostri impianti, invece l’amministratore delegato (privato) di Acqualatina . 

Nel frattempo il Comitato si è organizzato, ha studiato tutti i passaggi che hanno portato alla cessione della gestione del servizio e delle reti idriche alla nuova società. 
Si capisce subito che tanti passaggi di legge che dovevano coinvolgere la popolazione ed il consiglio comunale sono stati saltati. La società, che avrebbe dovuto far conoscere le nuove regole contrattuali (tali regole sono poi state dichiarate vessatorie dal Tribunale di Latina), ha preferito invece inviare semplicemente la bolletta con la richiesta di pagamento entro un mese.

I cittadini si organizzano. Si decide la strategia: le bollette saranno pagate, ma i bollettini di versamento saranno intestati all’ente comunale che fino al 2004 gestiva le reti e l’acqua.
Aderiscono alla strategia prima 500 famiglie, poi 1400, alla fine le famiglie sono 6500. D’altronde non si capiva e non si capisce perché nonostante tanti passaggi di legge siano stati saltati, gli unici ad avere obblighi e a doversene restare zitti siano i cittadini.

Naturalmente la società Acqualatina reagisce e si rivolge alla magistratura. Da allora è un susseguirsi di cause nei tribunali amministrativi e civili il cui costo è sostenuto dagli stessi cittadini che si autotassano.

Un gruppo di consiglieri comunali nel febbraio 2006 riesce a far votare una delibera con la quale viene respinta e stigmatizzata la cessione del servizio al nuovo gestore. Altri Comuni (Anzio, Amaseno, Cori, Formia, Pontinia) fanno la stessa cosa.

I cittadini portano in causa la società e chiedono di annullare la partecipazione del Comune alla compagine societaria di Acqualatina spa. 

La rivolta dei cittadini continua nel 2006, nel 2007 e nel 2008. Il gestore capisce che se le cose continuano così, l’oro blu non rende più e l’affare non conviene.
Mette in atto quindi la “sua strategia”: cercare di fiaccare la “resistenza” chiudendo l’acqua a chi continua a pagarla al Comune anziché alla nuova società che non vuole riconoscere. Le maniere diventano sempre più “convincenti”: per eseguire i distacchi le squadre degli operai della società si presentano scortate da vigilantes armati al seguito.

L’amministratore delegato di Acqualatina dichiara a più riprese che: "I cittadini di Aprilia ne usciranno con le ossa rotte ".

La popolazione è avvilita e stanca. Tuttavia non demorde. Le famiglie che Acqualatina spa continua a chiamare “morose” sono 6500. La società dovrà “catturarle” una per una, e non è facile. 


VIGILANTES ARMATI PER STACCARE L’ACQUA


Nella sola città di Aprilia oltre 6.000 famiglie contestano le bollette inviate da ACQUALATINA e versano degli acconti al Comune di Aprilia (fino ad oggi è stato versato oltre un milione di euro), e allora l’estate passata dei Vigilantes armati hanno accompagnato i tecnici di Acqualatina per ridurre il flusso idrico.

Non solo, arrivano centinaia di cartelle "esattoriali" targate EQUITALIA GERIT per le bollette di Acqualatina, nonostante la magistratura stia continuando a sospenderle e annullarle puntualmente. Infatti 4 Giudici di Pace diversi ed uno del Tribunale di Latina hanno dato ragione a centinaia di cittadini che hanno contestato la procedura esattoriale che Acqualatina insiste a voler utilizzare attraverso GERIT.

Per maggiori informazioni: Il Caffè n. 175

Leggi la sentenza del Giudice di Pace di Terracina che condanna Acqualatina a "restituzione l’indebito pagamento della cartella esattoriale, al pagamento di 2.450,00 €, per aver agito in questo giudizio con mala fede e colpa grave, al pagamento delle spese di lite".

MA CHI DOVREBBE CONTROLLARE LA GESTIONE?


Presidente della società è il Senatore CLAUDIO FAZZONE (si avete capito bene, quello che nella trasmissione Annozero PROFUMO DI MAFIA difendeva il Comune di Fondi contro lo scioglimento per Mafia richiesto dal Prefetto di Latina, che tra l’altro vuole querelare).

Per Fazzone il problema ACQUALATINA è tutta colpa della stampa, un pò la stessa tesi che sostiene contro le infiltrazioni mafiose di Fondi... infatti tutti sanno che la stampa in provincia di Latina sta nelle mani di un noto comunista...

Questo senatore, nella passata legislazione, è stato dichiarato (dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari) INCOMPATIBILE nella carica di presidente di ACQUALATINA e di senatore della Repubblica. Si sarebbe dovuto dimettere entro 30 giorni.
Poi il GOVERNO PRODI è caduto e si è riandati alle elezioni, adesso FAZZONE è ancora incompatibile (essendo sempre presidente di ACQUALATINA e di nuovo senatore della repubblica) ma ora è membro della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari quindi dovrà decidere sulla sua incompatibilità.

CONFLITTO DI INTERESSI?

CLAUDIO FAZZONE DAL 2010 GUADAGNERA’ 73.600 EURO ANNUI, A FRONTE DEI 92 MILA PRECEDENTI, FINORA HA GUADAGNATO COME AMMINISTRATORE DI ACQUALATINA ALMENO 425 MILA EURO. 

I BILANCI DI ACQUALATINA


Il Bilancio dell’anno 2003 si è concluso con un attivo di 103.162 €

Il 2004 è l’anno del crack: il 16 aprile 2004, la Conferenza dei sindaci dell’Ato 4 approva un accordodove si dice, nero su bianco, che i guadagni spettano ai privati e le perdite al pubblico. «Qualora, alla chiusura dell’esercizio 2004, il volume fatturato all’utenza fosse inferiore a quello preventivato di 38,6 milioni di metri cubi», recita l’articolo 2 dell’accordo, «o i costi siano superiori 346 milioni di euro, ovvero gli introiti da tariffa minori dei costi del 2004, l’Ato garantirà l’equilibrio economico finanziario dell’esercizio 2004 stesso».

A fine anno, l’esercizio 2004 si conferma pessimo, la parte pubblica minaccia di non approvare il bilancio. Acqualatina rischia di dover portare i libri in tribunale. Alla fine il bilancio passa con i soli voti del privato perché all’assemblea dei soci del primo giugno i sindaci disertano in massa. La voragine dei conti è di 14,7 milioni di euro: due terzi della cifra, corrispondono ad appalti che Acqualatina ha concesso in affidamento diretto a società che fanno capo alla parte privata: la stessa Veolia e la sua controllata Siba.

Il Bilancio dell’anno 2005 si è concluso con una perdita di 1.109.697 €.

Il Bilancio dell’anno 2006 si è concluso con un attivo di 347.298 €.

Il Bilancio dell’anno 2007 si è concluso con una perdita di 1.763.515 €, ma la voce di bilancio che più incuriosisce, oltre agli ormai ben noti “compensi degli amministratori”, è la voce relativa al costo del personale. Ha raggiunto la cifra di quasi 16 milioni di euro: quasi il 17,7% in più rispetto al 2006. Voce che già era aumentata di oltre il 12% nel biennio precedente. In 4 anni, dunque, gli stipendi sono lievitati di quasi il 30%, pur avendo la società affidato all’esterno la maggior parte dei suoi servizi (lettura contatori, call center, manutenzioni ecc.)

Per l’ennesima volta, il bilancio del 2008 si chiude con una perdita, pari a 4.361.102 €.

Le cifre del disastro del 2008:

183,4 milioni € di debiti, 730 € il debito medio di ogni utente, 60 milioni di debiti verso i Comuni, 5,5 milioni di euro di debiti verso i Consorzi di Bonifica, 55% le bollette emesse su consumi presunti, 90.000 € lo stipendio del presidente Fazzone, 170.000 € lo stipendio dell’ex amministratore delegato Morandi.

I COSTI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE


Esponenti di parte pubblica del consiglio di amministrazione sono:

Il Senatore CLAUDIO FAZZONE, eletto nelle file di Forza Italia, percepisce un compenso annuo di 92.000 € come Presidente di Acqualatina spa. Nel CDA della società dal 2002 al 2008 ha percepito almeno 425mila € (più di 840 milioni delle vecchie lire);

Il sig. GIUSEPPE SIMEONE, consigliere di Forza Italia al Comune di Formia, capo di Gabinetto del Presidente della Provincia, ARMANDO CUSANI. Percepisce un compenso annuo di 32.000 € come consigliere di Acqualatina spa. Dal 2002 al 2008 ha percepito almeno 248 mila € (quasi 500 milioni delle vecchie lire);

Il sig. ONORATO DE SANTIS, ex assessore provinciale di ALLEANZA NAZIONALE, che percepisce un compenso annuo di 32.000 € come consigliere di Acqualatina da Giugno 2006;

Il dott. GAETANO STEFANELLI, addetto stampa dell’ex senatore MICHELE FORTE nonchè segretario provinciale dell’UDC, che percepisce un compenso annuo di 32.000 € come consigliere di Acqualatina da Giugno 2006;

Complessivamente il CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE (membri pubblici e privati) dal 2003 al 2008 è costato quasi 4 milioni di euro (circa 8 MILIARDI delle vecchie lire);

LA LUNGA MANO DELLE BANCHE


Acqualatina, il 23 maggio 2007, ha stipulato con la Depfa Bank plc un contratto di finanziamento a lungo termine, "no recurse" (project finance) per un importo complessivo di 114,5 milioni di euro.

Il finanziamento dovrebbe servire a fare quegli investimenti promessi, ma non ancora realizzati, dal socio privato quando si aggiudicò l’appalto...

Come forma di garanzia al soggetto finanziatore non è bastato il pegno sulle azioni della Società del 49% in mano ai privati, ma ha voluto anche almeno il 17,7% di azioni riferibili ai Soci Pubblici (i Comuni). 
Perchè la banca ha voluto anche il 17,7% delle azioni dei Comuni? E’ semplice: perché "l’Assemblea delibera validamente con il voto favorevole di due terzi del capitale rappresentato". (che corrisponde al 66,6% delle azioni, quindi con 49% + 17,7% = 66,7% la Banca fa quello che vuole)
I Comuni di Sperlonga, Sonnino, Cisterna di Latina, Lenola, Minturno, Terracina, Fondi, SS. Cosma e Damiano, Sabaudia e Latina (24,82% del capitale sociale di Acqualatina), (tutti guidati da amministrazioni di centrodestra fedeli a FAZZONE) si sono affrettati subito a concedere, attraverso delibere di giunta comunale, questo pegno. Però, sembra che l’atto di pegno firmato dai rappresentanti dei Comuni davanti al notaio risulta essere diverso da quello approvato dalle giunte o dai consigli comunali. 

Sono stati inseriti ex novo due commi: un trucco per consentire alla Depfa Bank la possibilità di appropriarsi delle quote pubbliche di Acqualatina.

Non dimentichiamoci mai di chi stiamo parlando. La Depfa Bank è la stessa banca per cui è stato richiesto il rinvio a giudizio a Milano con l’accusa di truffa aggravata per le presunte irregolarità nell’emissione di un bond da 1 mi¬liardo e 685 milioni di euro sot¬toscritto dal Comune e accom¬pagnato da un derivato.

Ma la Depfa Bank è anche la filiale irlandese che ha portato la sua “casa madre”, la Hypo Real Estate, ad ottobre 2008 ad un passo dalla bancarotta, cui è riuscita a sfuggire solo grazie ad un pesante salvataggio da parte del governo tedesco.

L’INCHIESTA FINITA NEL NULLA


Nel gennaio del 2008 ci fu un’inchiesta della Procura della Repubblica che portò all’arresto (perassociazione a delinquere, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, falsità ideologica in appalti pubblici e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) di Paride Martella, ex presidente della Provincia di Latina e contemporaneamente Presidente di Acqualatina (anch’esso incompatibile nella doppia carica, come dichiarato anche dal Tribunale di Latina), l’allora amministratore delegato della società Silvano Morandi, l’allora vicepresidente Raimondo Besson, i francesi Bernard Cyna (amministratore delegato della Generale des Eaux) e Louis Marie Pons(dirigente della Veolia Vivendi) e il primo amministratore delegato di Acqualatina Giansandro Rossi. 

In seguito comunque furono tutti prosciolti dalla corte di cassazione, ma restano inquietanti alcune intercettazioni di email pubblicate nell’ordinanza del gip: "Le mail del 10.01.03 di Morandi a Pisante e del 9.12.03 di Cyna a Pons e Morandi «sono esplicite in merito al perseguimento di maggiori utili per i ‘soci’ prossimi aggiudicatari».

Gl indagati erano talmente sicuri che si lasciano andare a battute. Silvano Morandi il 07/01/2003 scrive a Cyna e a Pons alcune cose precise sulla questione economica relativa ai sistemi informativi: «... Pisante mi ha chiesto di fare un sacrificio, di non voler fare indigestione di antipasti prima di fare la cena, etc, etc. Vale a dire: offerta economica per questi sei mesi bassa. Io gli ho detto che gli farò i conteggi dei puri costi aziendali. Prima ve li manderò per i commenti. Pisante mi ha chiesto di poter contrattare lui per noi eventuali ‘arrotondamenti’ (in negativo) di prezzo». E’ il classico esempio del contratto camuffato ad arte.

Scrive Morandi a Pons e Cyna: «Ho fatto il lavoro come d’accordo ma nel tempo che lo facevo pensavo sempre che mettere in piedi con Martella un meccanismo: tu chiedi e noi apriamo tutti i libri è pericoloso.... Potrebbe rivelarsi un meccanismo a doppio taglio anche per lui (più cose sai e meno puoi dire che ignoravi)» .

Per maggiori informazioni si consiglia di guardare la registrazione della trasmissione MONITOR di LAZIO TV del 31/01/2008 dal titolo Lo scandalo Acqualatina, l’inchiesta e la politica

Articolo in continuo aggiornamento...

Del caso Aprilia se ne sono occupate tutte le maggiori trasmissioni televisive nazionali, nella sezione video potrete trovare i video di Exit, Punto Donna, Formato famiglia, Report - seguito, Primo Piano,Tempi Moderni, Speciale TG1, Report che esprimono benissimo quello che sta succedendo nel nostro territorio.

Per approfondire:

Diario della Settimana Anno XII N.11 L’inchiesta vecchio stile di Mario Portanova da Aprilia (Latina)

Articolo a cura di Fabrizio Consalvi per il Comitato cittadino difesa acqua pubblica di Aprilia,  

claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 25 novembre 2009; 19:34



Scontro su Acea/ Una scossa che vale mezzo miliardo di euro

Esattamente un secolo fa, nel 1909, con un referendum popolare «accolto con grande partecipazione e passione dalla popolazione», come si legge nelle cronache dell’epoca del Messaggero, i romani approvarono a larghissima maggioranza la scelta del sindaco Ernesto Nathan (ebreo, massone, anticlericale, progressista, il primo eletto che non proveniva dalle file dell’aristocrazia nera) di rompere il monopolio della vecchia Società Anglo Romana (Sar) e di creare la prima azienda comunale per l’elettricità e l’acqua, quella Acea che oggi, con più di 3 miliardi di euro di fatturato, 5 mila dipendenti e intrecci azionari con il colosso Suez-Gaz de France, è una delle principali multiutility del Paese, ai primi posti nella distribuzione di energia elettrica e prima assoluta in quel business del futuro che è la distribuzione dell’acqua e la gestione degli acquedotti. Questo accadeva un secolo fa, quando una giunta, che oggi si definirebbe di sinistra, gettava le basi di un’azienda che, come scrive lo storico Stefano Bettalossi, «ha rappresentato un fattore decisivo per la crescita e la modernizzazione dei servizi pubblici della capitale».
A un secolo di distanza, c’è da chiedersi, a ridosso del centenario che la nuova Acea si prepara a festeggiare proprio in queste settimane, se i romani approverebbero, ammesso che ci fosse un referendum, la decisione del sindaco Alemanno di liquidare, come ha fatto tre mesi fa, tutto il vertice di Acea, dal presidente Fabiano Fabiani all’a.d. Andrea Mangoni, un manager di lungo corso (ex Banca Mondiale) e di lunga esperienza in azienda (in Acea dal 1996), uno che ha firmato l’ultimo bilancio con i seguenti risultati: +21% di ricavi (a 3,1 miliardi di euro), +19% di margine operativo (a 623 milioni), +13% di utile netto (a 187 milioni di euro), e al tempo stesso la decisione, sempre di Alemanno, di fare saltare gli accordi con il secondo azionista Suez-Gaz de France (con una quota del 10%) allo scopo di favorire le strategie e i «desiderata» del terzo azionista (con una quota del 7%), il supercostruttore, superfinanziere e supereditore Francesco Gaetano Caltagirone. Che ha subito indicato al posto di Mangoni un antico sodale del genero Pier Ferdinando Casini, quel Marco Staderini che si ritrova nei più diversi consigli d’amministrazione, dalla Lottomatica pubblica alla Rai, sempre con l’imprinting dell’Udc.
lottizzazione. Detta così, sembra la solita storia di lottizzazione politica e di spartizione di potere, di un grande potere, bisogna aggiungere, perché l’Acea a Roma è tutto: 5 mila posti di lavoro, appalti, subappalti, insomma il pezzo più pregiato dell’economia della città.
Ma se si riflette un attimo sul fatto che, per sostituirne il vertice, Alemanno si è scontrato con il suo assessore al Bilancio, Luigi Castiglione, non ha esitato a mettere a rischio l’alleanza, questa sì strategica, con Gaz de France, che controlla il socio storico dell’azienda romana, Electrabel (il giorno delle dimissioni di Mangoni, Acea ha perso d’un colpo quasi il 10%), e a rimettere in discussione un piano industriale, preparato da Mangoni e approvato dal vecchio consiglio d’amministrazione.
Il piano avrebbe fatto di Acea il primo distributore di energia e di gas (incorporando la Romana gas con i suoi 3 mila chilometri di rete conferita dal socio francese nell’ambito di una riorganizzazione delle partecipazioni e dei business con Electrabel) e il nuovo piano industriale (ancora non approvato), su cui hanno lavorato Mediobanca, advisor di Acea, e Rothschild, advisor del Comune, rischia di indebitare Acea per altri 500 milioni di euro (che si aggiungerebbero agli attuali 1,8 miliardi di debiti) solo per rilevare il 50% di Romana gas.
Ecco, se si riflette su tutto questo e magari sul fatto che perfino uno dei nuovi consiglieri d’amministrazione nominati da Alemanno, l’economista Geminello Alvi, liberista e tradizionalmente vicino al centrodestra, ha preferito dimettersi, dopo neanche un mese, votando contro la nomina di Staderini e con un intervento assai duro sulle manovre di potere del Campidoglio e dei suoi amici costruttori, allora si capisce bene che la partita Acea va ben al di là di una normale vicenda di spoil system all’italiana e della riscrittura di un piano industriale.
La partita, come suggerisce inequivocabilmente il testo dell’ultimo intervento di un consigliere non sospetto come Alvi (che ha preferito non rispondere alle domande di Economy), è la perdita di autonomia del management, la sua subalternità a disegni e a interessi esterni all’azienda, in un momento in cui i grandi player dell’energia, in Italia e in Europa, disegnano strategie, ruoli e specializzazioni sul mercato.
Eccoci arrivati al punto. Acea ha una posizione di forza nel mercato dell’acqua, una buona nel mercato della distribuzione elettrica (con 1,6 milioni di clienti-famiglia acquisiti a suo tempo dall’Enel), ma un ruolo marginale nel gas (la rete è stata sempre in mano a Romana gas di proprietà dell’Eni) e nella generazione (con una quota del 15% di Tirreno Power, qualche altra centrale secondaria e qualche parco eolico). Il management ne è consapevole e da anni prova a mettere insieme la vendita di energia con la vendita di gas, la rete elettrica con i tubi del metano. E da anni prova a convincere l’Eni a creare una joint venture Acea-Romana gas.
Invano, finché non cambia uno degli attori in campo: Eni cede il controllo di Romana gas (che ha la concessione più grande d’Europa, 4 milioni di utenze nella capitale) a Suez-Gaz de France (in cambio dell’acquisizione della belga Distrigaz) che, attraverso la controllata Electrabel, è il socio industriale storico della multiutility romana. Per essere più precisi, Acea ed Electrabel controllano con pesi e quote diverse le tre voci chiave del business dell’energia: la produzione (le centrali) in cui Acea pesa per il 30% del fatturato, il trading (la compravendita di kilowatt) in cui Acea pesa per il 50% e, infine, la vendita (ai clienti finali, cioè le bollette) che invece rappresenta la quota più rilevante per Acea, il 60%. Ed è proprio quest’ultima voce, la vendita, quella che assicura la contribuzione più alta al bilancio della multiutility. Per dirla più semplicemente, il socio franco-belga conta di più nella produzione (al 70%), ha lo stesso peso nel trading (il 50%), ma conta molto meno nella vendita di energia (il 40%).
Da qui il progetto dell’a.d. Mangoni e del suo staff (che lo ha seguito immediatamente sulla strada delle dimissioni non appena ha capito che aria tirava dalle parti del Campidoglio) di ridurre il peso di Acea nell’attività di trading (dal 50 al 40%) e di uscire dall’attività di produzione (le centrali) per concentrarsi sulla vendita di luce, acqua e gas (grazie al conferimento da parte di Suez-Gaz de France di Romana gas). Come a dire: zero produzione elettrica (che è un mestiere di titani, che richiede investimenti colossali e ha rischi altissimi), un po’ di trading e tanta, tantissima attività commerciale, quella che permette ad Acea di fare cash flow e buoni margini.
Con un vantaggio in più: nel piano Mangoni il controllo di Romana gas (che avrebbe fatto di Acea il più grande distributore di gas in Italia) sarebbe avvenuto con un’operazione «carta contro carta» (il 30% di Acea produzione e il 10% di Acea distribuzione) e un conguaglio in denaro infinitamente più basso rispetto ai 500 milioni di euro di esborso previsti nell’ultima ipotesi di compromesso dell’advisor Mediobanca dopo lo scontro tra la giunta Alemanno e gli azionisti francesi di Acea, talmente in collera da sollecitare nei confronti del Campidoglio un intervento diretto del governo.
Intervento che deve esserci stato, e pure pesante, se si leggono in controluce le parole del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, in risposta a una interpellanza del Pd. «L’alleanza con i francesi rappresenta un’opportunità di cooperazione industriale nel settore dei servizi pubblici locali… In particolare, tale operazione (l’integrazione in Acea di Romana gas, ndr) presenta le caratteristiche di un’alleanza strategica che pone le basi per uno sviluppo della rete, dando seguito agli impegni assunti a livello internazionale (la cessione di Romana gas dall’Eni a Gaz de France, ndr)».
Il terzo azionista. Sembrerebbe una sonora smentita del sindaco Alemanno e soprattutto dell’altro socio forte di Acea, Francesco Gaetano Caltagirone, che, probabilmente, aveva immaginato una presa di potere rapida e indolore dell’azienda più ricca e più importante della capitale: eliminando il vecchio management, marginalizzando il peso industriale dei francesi. E questo anche perché l’agenda energetica del governo ha visto recentemente una serie di «entente cordiale» tra Roma e Parigi, soprattutto sul terreno della produzione nucleare.
Solo che al punto in cui si era arrivati, con i francesi pronti a fare sfracelli in Borsa, non c’era altra via che una soluzione di compromesso. Innanzitutto una valanga di quattrini nelle casse di Suez-Gaz de France: 500 milioni di euro cash per il 50% di Romana gas (valutata un miliardo nel deal Eni-Distrigaz). E per il resto, tutto come prima del ribaltone di Alemanno: Acea al 30% nella produzione e al 50% nel trading. Costretta quindi a dividere con i francesi i margini commerciali e a sostenere, per la sua parte, gli enormi investimenti che richiedono la manutenzione e la costruzione delle centrali.
Forse un prezzo troppo alto per ripagare l’interessatissimo endorsement a favore del terzo azionista della più importante azienda romana che tra qualche settimana festeggerà il centenario. Auguri, Acea!
Di Giuseppe Corsentino
http://roma.indymedia.org/
node/13317





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martedì, 24 novembre 2009; 18:59

Idroegemonia, la nuova sfida delle potenze

Annalena Di Giovanni

INTERVISTA. Il professor Jeroen Warner, esperto d’idrologia politica dell’università olandese di Wageningen, spiega rapporto tra acqua e potere: «Se un bacino attraversa più Paesi, il governo a monte controlla la sorgente».
L’acqua può essere un’arma, un obiettivo, o un mezzo per ottenere qualcos’altro. Si può pretendere cooperazione minacciando di bloccare un corso d’acqua, costruendo una diga o anche distruggendola». Il professor Jeroen Warner, esperto di idrologia politica dell’Università olandese di Wageningen, per anni si è occupato di egemonia delle risorse idriche fra Turchia e Medio oriente.
«L’idroegemonia -spiega - può manifestarsi sotto forma di collaborazione o di dominio. Se un bacino idrico attraversa più paesi, ad esempio, il governo a monte – che ne controlla la sorgente – può decidere per i Paesi a valle. Ultimamente si cominciano a raggiungere una serie di accordi; Turchia e Siria hanno stipulato una sorta di spartizione dell’Eufrate, nella stessa direzione che anche Egitto e Etiopia sembrano voler raggiungere col Nilo. Il tutto non è necessariamente benefico; c’è chi vince e c’è chi perde».
Questo rende l’acqua di un fiume una sorta di “concessione” da parte dei paesi a monte?
Sì. Una concessione che può venir revocata in qualsiasi momento, o erogata in cambio di qualcosa. Negli anni Novanta, ad esempio, con la costruzione della diga Ataturk, la Turchia decise unilateralmente di fermare il flusso dell’Eufrate per riempire le proprie riserve. Ogni rimostranza da parte dell’Iraq, rimasto senz’acqua, venne semplicemente ignorata. Oltre alla minaccia di arrestare un flusso, c’è quella di riattivarlo: una diga può venire rotta o danneggiata. La Corea del Nord, ad esempio, ha spesso minacciato di aprire le proprie dighe da un momento all’altro, lasciando che il flusso d’acqua distrugga le valli della Corea del Sud. Questo è il cosiddetto potere dei Paesi a monte.
Enormi impianti elettrici come quello della diga delle Tre Gorge in Cina servono veramente?
No, questo è proprio un ottimo esempio di inefficienza. L’elettricità prodotta da una diga, quando guardiamo ai costi, non conviene. Alla perdita economica va aggiunta la possibilità di fallire. Costruire una diga che funzioni bene non è affatto facile, senza contare i costi sociali e ambientali che comporta. Non mi sento di escludere a priori le dighe, quelle modulari, fatte di tanti piccoli bacini, funzionano senza compromettere né il corso né l’ecosistema di un fiume. Ma di solito passano altri tipi di progetti. Ne è un esempio la diga di Ilisu in Turchia, che allagherà la valle a Sud ovest di Van: sono in molti, fra gli idrologi, a dire che potrebbero verificarsi perdite e crepe, che è una zona a rischio sismico, e che sarebbe molto più sicuro e benefico costruire una serie di piccole dighe al posto di una enorme.
Perché si costruiscono dighe enormi come Ilisu, in Turchia, e le Tre Gorge?
È una questione di statussymbol. Quando l’Egitto è divenuto leader del mondo arabo negli anni Cinquanta una delle prime cose importanti per Gamal Abdel Nasser fu il possesso della diga di Assuan sul Nilo, per marcare il proprio stato di progresso. Una grande invaso crea prestigio per il governo. Una sorta di testosterone da infrastruttura. ora che i movimenti ambientalisti cominciano a farsi sentire, sponsors e donatori sono diventati più attenti alle tematiche ecologiche, per questo è molto più difficile farle passare come un simbolo di successo.
In questi giorni l’Italia sta privatizzando l’acqua. Quanto influisce l’economia nelle scelte politiche?
Il movimento no global o neoglobal direbbe che ciò dimostra che l’egemonia delle grandi multinazionali e del capitalismo mondiale. Uno dei problemi morali che la privatizzazione pone è che l’acqua diventa un bene di consumo invece che il diritto di ogni essere umano. Credo che un possibile esempio sia il Cile, dove hanno privatizzato l’acqua negli anni Ottanta. Il fondo moentario internazionale lo pubblicizzò come un esperimento di successo. Lo Stato possedeva lì acqua, ma la concedeva in licenza alle società per azioni o alle compagnie agricole. Molti contadini non vennero informati in tempo per chiedere la concessione, mentre le grandi compagnie comprarono enormi quantità d’acqua che rimasero accumulate ma inutilizzate, togliendola alle popolazioni indigene e ai campi.
Le concessionarie devono sempre creare profitto per resistere?
Ci sono diversi modelli di economia idrica. I Paesi Bassi adottano un modello in cui l’acqua è un bene pubblico di proprietà delle singole province, ma è gestita da compagnie private. In pratica non ci sono sussidi pubblici stanziati, la cui gestione è pagata dai clienti cioè i cittadini. Il profitto in questo caso non c’entra; se c’è, si limita a un 4% massimo annuo. Nessuno è escluso e la qualità è ottima. In Inghilterra invece l’acqua è stata privatizzata, e di certo il 4% non è sufficiente a soddisfare gli azionisti. La conseguenza è che le infrastrutture vengono trascurate per tagliare i costi, e i prezzi salgono. Ci sono dunque alcuni esempi di privatizzazione riuscita. Ma, sfortunatamente, i casi negativi sono sempre molti di più.

http://www.terranews.it/news/2009/11/idroegemo
nia-la-nuova-sfida-delle-potenze
   

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domenica, 22 novembre 2009; 08:30

FONDI, FAZZONE E L'ACQUA "PRIVATA"
di Anna Scalfati

C’è una mia conoscenza tra quelli che al Senato hanno votato per la 
gestione privata dell’acqua che, come sostiene il Ministro Ronchi rimane 
a tutti gli effetti “pubblica”: il senatore Claudio Fazzone di Fondi . 
E’ proprio lui, quel signore con il quale ho interagito nella puntata di 
Anno Zero del cinque novembre dal titolo “profumo di mafia”. Il senatore 
, quando non e’ impegnato in Parlamento , fa il Presidente del Consiglio 
di amministrazione della Societa’ Acqualatina : primo e assolutamente 
disastroso esperimento di gestione di acqua affidata ad una societa’ 
mista pubblico-privato. Tanto disastroso che si e’ costituito da tempo 
il comitato Acqua pubblica di Aprilia, un comitato cittadino impegnato 
in una battaglia simile a quelle gia’ viste in Bolivia e in altri paesi 
poveri, poveri proprio perche’ “depredati” delle loro risorse primarie . 
Per Padre Alex Zanotelli e’ una storia gia’ vista e vissuta. Bene, il 
senatore Fazzone oltre al suo stipendio di parlamentare, guadagna anche 
92 mila euro l’anno per occuparsi dell’acqua della sua Provincia. Con 
quali risultati? Se in quella zona si parla di Acqualatina, le persone 
prima tacciono, poi iniziano a battere i pugni sul tavolo, a roteare gli 
occhi, a gridare contro la politica che affama le famiglie. Le bollette 
di Acqualatina sono sempre più un lusso non sostenibile in una economia 
famigliare gia’ provata dalla crisi. Migliaia di euro di debito per 
pensionati che ammucchiano bollette inevase su tavoli di legno di 
dignitose cucine. Qualcuno piange e minaccia gesti clamorosi. Altri 
rischiano di vedere la casa pignorata. Per pareggiare i bilanci annuali, 
la società ritocca costantemente le bollette. Le perdite in bilancio 
sono riferite a vari fattori: quello più eclatante e’ il presunto 
aumento dell’energia elettrica. Certo non ha giovato la voce costi. Solo 
il Consiglio di amministrazione nel 2005 e’ costato 792 mila euro . Il 
senatore , per amministrare l’acqua delle sue terre ,guadagna oggi molto 
meno dei suoi predecessori. Tra questi c’e’ stato anche l’attuale 
Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, suo braccio destro 
e, come lui eletto, nonostante la cattiva gestione dell’acqua, con un 
vero e proprio plebiscito. La parte pubblica della società naturalmente 
e’ prevalente così non si può dire che la società e’ totalmente 
pubblica, ne’ che e’ totalmente privata. La gestione e’ fatta insieme ai 
sindaci dei paesi della provincia di Latina che sono tutti della PDL e 
che in teoria dovrebbero controllare l’andamento di una società gestita 
in primis dal loro senatore che e’ anche coordinatore del loro partito. 
Il senatore Fazzone fa anche parte dell’apposita commissione 
parlamentare per le incompatibilità presieduta da un collega dell’UDC. E 
il Lazio e’ l’unica regione nella quale PDL e UDC continuano ad andare a 
braccetto senza tener conto di quel che accade, nei rispettivi partiti, 
a livello nazionale. Acqualatina emette bollette per i cittadini pari a 
67 milioni di euro l’anno ma, nonostante la cifra ragguardevole ,si e’ 
dovuta indebitare accendendo un mutuo da 115 milioni di euro che ricade, 
va da sé, sulle tariffe dell’acqua. L’ultimo bilancio, quello del 2008, 
e’ stato chiuso con perdite pari a 4,3 milioni di euro. Il 
vicepresidente della società che rappresenta la parte privata e’ un 
ingegnere che a suo tempo fu consulente in Regione proprio per studiare 
questo tipo di società mista. Lo stesso ingegnere e’ ai vertici 
dell’acquedotto della Calabria. Adesso,a gran voce, i comitati dei 
cittadini chiedono la totale privatizzazione dell’acqua. Un modo come un 
altro per liberarsi della zavorra partitica che ricade nella gestione 
pubblica. Mi fermo qui e rimando al libro di Sergio Rizzo “Rapaci” che 
intorno alla pagina 200 si sofferma sul “laboratorio” pontino su 
politica e affari. Questo Paese che non riesce più a indignarsi sarà 
capace di dare corpo alla propria disperazione? La disperazione di chi 
aspettava le riforme e invece oggi vive in un forte stato di ansia e di 
paura per il futuro.


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venerdì, 20 novembre 2009; 10:45

 ACQUA PRIVATA, ECCO CHI CI GUADAGNA

L' acqua che sgorga dai rubinetti delle case italiane sta per trasformarsi in oro. Oggi lunedì 16 novembre inizia alla Camera l' iter finale del decreto di legge che rivoluzionerà la gestione della rete idrica tricolore, spalancando ai privati la porta degli acquedotti del Belpaese. L' affare, cifre alla mano, è gigantesco. Bollette per 6 miliardi l' anno. Oltre 330mila chilometri di tubature che per stare in tema fanno acqua da tutte le parti, perdendo per strada il 37% del liquido che captano alla sorgente.Più, come ciliegina sulla torta, i 60 miliardi di investimenti previsti nel prossimo trentennio per i lavori necessari a tappare questi buchi strutturali. Oggi, malgrado il varo negli anni `90 del primo timido tentativo di liberalizzazione con la legge Galli, il servizio è rimasto in sostanza in mano pubblica. I rubinetti d' Italia sono controllati da 91 Ambiti territoriali ottimali (Ato, in pratica gli enti locali) che in ben 64 casi hanno tenuto "in casa", anche il servizio di gestione. In 21 aree distribuzione e bollette sono state affidate a società pubblicoprivate con lo Stato sul sedile di guida (spesso a fianco delle multiutility quotate in Borsa). Solo in sei casi si è scelto di percorrere la strada della privatizzazione. Tra qualche giorno, se l' articolo 15 del decreto legge 135 uscirà indenne, come pare, dall' ultima tagliola parlamentare, cambierà tutto: gli Ato a totale controllo pubblico dovranno riassegnare entro fine 2011 il servizio a una nuova realtà in cui la gestione e almeno il 40% del capitale siano in mano ai privati. Le municipalizzate che paiono in pole position per guidare questo processo di liberalizzazione dovranno ridurre sotto il 30% (pare per il 2015) la quota di capitale in mano pubblica. E per l' acqua italiana («un bene comune che così viene regalato alla speculazione», tuona Marco Bersani del Forum italiano dei movimenti per l' acqua) inizierà l' era della privatizzazione.

A meno che altre regioni non seguano l' esempio di Nicki Vendola che ha impugnato i provvedimenti del governo e intende togliere l' Acquedotto Pugliese (il più grande d' Europa) dalla maglia stretta della Spa ritrasformandolo in ente di interesse pubblico non privatizzabile. Capire chi saranno i registi di questa rivoluzione idrica non è difficile. Tutti, più o meno, sono già in campo e in qualche modo hanno avviato da tempo un paziente risiko per posizionare le loro pedine sui lucrosissimi (in prospettiva) acquedotti tricolori. A difendere l' onore nazionale ci saranno le exmunicipalizzate. Acea, controllata dal Comune di Roma e dal gruppo Caltagirone, ha già quote in 4 Ato su 6 in Toscana, è presente in Umbria e Campania. E fa da cavallo di Troia (o per meglio dire da «braccio armato», come ha scritto l' antitrust in una sentenza) per Suez, colosso francese presente nel suo capitale e leader mondiale dell' acqua. L' emiliana Hera si è già posizionata sull' asse da Modena a Pesaro. Iride, nata dalle nozze tra Genova e Torino, prossima alle nozze con Enia e partecipata dall' altro colosso transalpino Veolia, ha già messo un cip su diversi Ato del Nord ovest con l' obiettivo di espandersi verso Parma e Piacenza. Mentre A2a e le multiutility del nordest stanno iniziando a esplorare il campo nelle loro aree. «E con ogni probabilità queste realtà finiranno per affiancarsi in cordata con i big delle costruzioni, visti i grandi lavori che saranno necessari nei prossimi anni», dice Roberto Bazzano, presidente di Federutility. I margini di manovra delle realtà del Belpaese, come spesso accade, sono però limitati. E la parte del leone nel passaggio dell' acqua dal monopolio pubblico ai monopoli (locali) dei privati, lo faranno i colossi esteri: Veolia e Suez, in società con i partner italiani e in proprio, hanno già scoperto le carte. E potrebbero anche fare da pivot per l' inevitabile processo di consolidamento che dovrebbe seguire com' è successo per l' energia elettrica la prima ondata della liberalizzazione. Ma l' ok definitivo all' articolo 15 potrebbe solleticare gli appetiti dei big inglesi e americani che da tempo hanno acceso un faro sulla situazione italiana. Altri protagonisti di peso della metamorfosi della nostra acqua dovrebbero essere la Cassa Depositi e prestiti e i fondi come l' F2i di Vito Gamberale specializzati in infrastrutture. «Il vero problema dei primi tempi, vista la rigidità delle regole tariffarie, sarà quello di dotare i nuovi gestori di mezzi per investire dice Bazzano.

Un' idea potrebbe essere quella di convincerli a vendere la proprietà delle reti idrica e fognaria a Cdp o ad altre realtà. E magari di consentire loro di finanziarsi con un idrobond garantito appunto dallo Stato o da Cdp per rimettere in sesto una rete che oggi è in condizioni disastrose e garantire acqua e trattamento degli scarichi rispettivamente a quel 5% e quel 16% di italiani che ancora non ce l' hanno». Cosa succederà poi alle tariffe e al servizio per i consumatori? Le opinioni, come ovvio, divergono, anche se un aumento dei prezzi lo prevedono quasi tutti. «Oggi le bollette italiane sono le meno care d' Europa e non a caso la rete, su cui nessuno ha potuto intervenire per mancanza di soldi, è nello stato in cui è», sostiene Bazzano. Per l' acqua, aggiunge, una famiglia di tre persone paga in media 19,6 euro al mese contro i 26,2 che sborsa per le sigarette, i 58 per i telefonini e i 486 per i trasporti. «Se non si aumentano i prezzi conclude non si riescono ad attirare i privati». «Bugie replica Bersani Prima della legge Galli, quando il pallino era in mano allo Stato, si spendevano per gli acquedotti due miliardi l' anno. Poi, con l' arrivo del mercato si è scesi a 700 malgrado le bollette siano salite dal ' 98 al 2008 del 61%. Per di più le Spa, votate al profitto, non hanno alcun interesse a disincentivare i consumi, favorendo lo spreco di una risorsa che tra poco sarà preziosissima». Non solo: «Ad Arezzo, ad esempio, con l' arrivo dei privati hanno bollette tra le più care d' Italia aggiunge Con un cda ampio e strapagato e investimenti all' osso». Il vero balzo delle bollette arriverà con ogni probabilità quando verranno riassegnate con gara ad evidenza pubblica le nuove gestioni ai privati. Che dovranno proporre un piano di investimenti per il rinnovo della rete su cui saranno parametrate le tariffe iniziali. Poi ci sarà un tetto ai rincari del 5% annuo. «Visti i soldi necessari per sistemare gli acquedotti è un paletto eccessivo dice Bazzano Noi ad esempio insistiamo per l' istituzione di un' authority indipendente che possa derogare a questi limiti in presenza di ambiziosi piani di spesa sulla rete nei primi anni altrimenti succede quello che capita oggi: si pianificano in fase progettuale progetti di migliorie e manutenzione sugli acquedotti, ma poi se ne realizzano davvero solo il 54%». In Gran Bretagna, ad esempio, c' è quell' Ofwat che ha appena bloccato tutte le richieste di aumento proposte dai gestori privati, mettendo ko i titoli in Borsa. «Proprio l' Europa ci dice che la strada della cessione ai privati di un bene essenziale in monopolio come l' acqua è un errore conclude Pagano Parigi e altre 30 città francesi hanno appena deciso di rinazionalizzare il servizio dopo i disastri fatti dai privati. L' Olanda ha una legge che impedisce la privatizzazione. La Svizzera lo stesso. Nessun privato alienerebbe a terzi la gestione del suo core business. L' Italia deve tenere il controllo dei suoi acquedotti in mano statale e investire per rimettere a posto la rete». Un progetto, almeno in apparenza, più urgente del ponte sullo Stretto. «Parigi? Una rondine non fa primavera chiude Bazzano In Francia il 70% della distribuzione dell' acqua è fatto dai privati con successo. Vogliamo anche noi che l' Italia mantenga la proprietà dell' acqua e il controllo sulla gestione». Ma con lo stato a corto di fondi, è il suo concetto, gli unici che potranno davvero tappare i buchi della rete idrica «saranno in futuro i privati». - ETTORE LIVINI
Repubblica — 16 novembre 2009   pagina 1   sezione: AFFARI FINANZA



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venerdì, 20 novembre 2009; 10:38

Acqua ai privati, le Regioni sul piede di guerra 
in 4 faranno ricorso alla Corte Costituzionale

Si profila battaglia da parte delle Regioni sulle misure del decreto Ronchi che cambiano le regole di gestione dei servizi idrici e ampliano la possibilità d'azione dei privati. Dopo la fiducia, oggi è previsto il voto finale. Ma alcune Regioni hanno già in cantiere un ricorso alla Corte Costituzionale e il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha detto senza mezzi termini che nel decreto ci sono "forzature" rispetto alle competenze regionali che calpestano "la leale collaborazione istituzionale".
Critico anche il presidente dell'Anci - Sergio Chiamparino trova "carente" il testo nella parte che riguarda la distinzione tra reti e gestione. "Quello che è importante resti pubblico - sottolinea - sono le reti". Quello dell'acqua, quindi, potrebbe diventare un terreno di scontro istituzionale, e rischia di tradursi anche in scontro politico, in vista delle regionali. Proprio la Regione guidata da Errani, l'Emilia Romagna, è fra quelle che si è già candidata ad appellarsi alla Consulta. "Valuteremo tutti i profili di costituzionalità per decidere quale iniziativa assumere. L'acqua non può non essere pubblica".
Piemonte e Marche seguiranno la stessa strada - Poi c'è la Puglia, che ha fatto da apripista, annunciando già una decina di giorni fa, l'intenzione di impugnare la legge. "Depositeremo il ricorso alla Corte costituzionale in tempi record", ha ribadito oggi il presidente Nichi Vendola, puntando l'indice contro la decisione di 'blindare' il dl: "E' un atto grave e violento - ha detto - che, tappando la bocca al parlamento, si sia chiesta la fiducia su un provvedimento che riguarda un bene di tutti".
Fitto: "La fiducia era necessaria" - Così ha ribattuto il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, "perché il decreto scade il 24 novembre e la mole di emendamenti presentati dall'opposizione non ci avrebbe consentito di rispettare questo termine". Il ministro giudica "strumentali" le polemiche sollevate dall'opposizione, ribadisce che l'acqua resterà pubblica, perché il decreto "interviene solo sulla gestione delle risorse idriche per dare un servizio migliore". E su questa base manifesta dubbi sulle posizioni manifestate da alcune Regioni: "Di incostituzionale nel testo mi sembra ci sia poco - afferma -. Probabilmente c'é un discorso di opposizione politica. Il decreto aveva già ricevuto un parere favorevole con raccomandazioni in Conferenza unificata da enti locali e regioni. Su queste raccomandazioni - assicura - lavoreremo".

www.repubblica.it

19 novembre 2009




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mercoledì, 18 novembre 2009; 22:22

Comunicato stampa

Approvato l'Art. 15: acqua privata per tutti!
La battaglia non si ferma: andremo avanti nei territori e a livello nazionale



Oggi con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l'esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell'acqua potabile in Italia.
Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com'è l'acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione “in house” contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua è sceso da subito in campo per contrastare questo provvedimento con la campagna nazionale "Salva l'Acqua" verso la quale si è registrata un'elevatissima adesione.
Ad oggi abbiamo consegnato al Presidente della Camera 45.000 firme a sostegno dell'appello che chiedeva il ritiro delle norme che privatizzano l'acqua.
Inoltre, migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso e contrarietàall'Art.15 in un presidio svoltosi lo scorso 12 Novembre a Piazza Montecitorio e in varie mobilitazioni territoriali, migliaia di persone hanno inviato mail ai parlamentari per chiedere di non convertire in legge il decreto 135/09, molte personalità hanno espresso da una parte la loro indignazione e dall'altra il loro sostegno alla campagna.
In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l'acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici.
Come Forum dei Movimenti per l'Acqua siamo indignati per la superficialità con cui il Governo, senza che esistessero i presupposti di urgenza, ha voluto accelerare la privatizzazione dell’acqua.
A questo punto siamo convinti che la contestazione dovrà essere ricondotta nei territori, per chiedere agli Enti Locali che si riapproprino della podestà sulla gestione dell'acquatramite il riconoscimento dell'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e nel contempo di sollecitare le Regioni ad attivare ricorsi di legittimità nei confronti del provvedimento.
Queste percorsi di mobilitazione sono percorribile così come dimostrano le delibere approvate dalla Giunta regionale pugliese, dalle tante delibere approvate dai consigli comunali siciliani e nel resto d'Italia, da ultimo quello di Venezia.
Il popolo dell'acqua continuerà la battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idricoassumendo iniziative territoriali e nazionali volte a superare l'Art. 15 del decreto legge.
Come Forum dei Movimenti, chiediamo a tutta la società civile di continuare la mobilitazione e far sentire il proprio dissenso anche dopo l’approvazione dell’art. 15 attraverso mobilitazioni sui territori ed invio di messaggi a tutti i partiti, ai consiglieri comunali provinciali e regionali, ai parlamentari locali
A Sindaci ed agli eletti chiediamo di dar vita nelle rispettive istituzioni a prese di posizioni chiare che respingano la legge e di dar vita a iniziative di protesta nelle istituzioni stesse.

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua



claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 18 novembre 2009; 07:33

La battaglia dell'acqua
di PAOLO RUMIZ

Dunque oggi alla Camera si va alla fiducia sull'acqua. Che bisogno aveva il governo di questo mezzo estremo per trasformare in legge un decreto, avendo i numeri di una larga maggioranza? Che fretta c'è su un tema di simile portata? È abbastanza intuibile. Se si affronta un iter normale, le cose vanno per le lunghe visto che il Pd è intenzionato a dar battaglia con l'Italia dei valori. 

Entrambi i partiti hanno annunciato un fuoco di sbarramento a suon di emendamenti. Ma se accade, la storia comincia a far rumore; e se fa rumore c'è il rischio che gli italiani mangino la foglia. Cadrebbe la cortina di silenzio che negli ultimi anni ha avvolto il business legato alla distribuzione del più universale e strategico dei beni nazionali. 

Il nodo è semplice. Lo Stato è in bolletta, da vent'anni non investe più come si deve sulla rete e oggi meno che mai ha soldi per un'azione di ammodernamento che costerebbe come otto ponti sullo stretto di Messina. Meglio dunque lasciare la patata calda ai privati, che con meno remore politiche potrebbero scaricare sulle tariffe il costo di un'operazione indilazionabile, e che per la mano pubblica è una delle ultime ghiotte occasioni di far cassa. Da qui un decreto che, caso unico in Europa, obbliga a mettere in gara tutti i servizi legati all'acqua e accelerarne la trasformazione in Spa, dimenticando che, quasi ovunque le grandi società sono entrate nel gioco, le tariffe sono aumentate in assenza di investimenti sulla rete. 

Ovvio che meno se ne parla, meglio è. Se in Parlamento scatta la bagarre, c'è il rischio che i Comuni virtuosi (inclusi quelli con i colori della maggioranza), che hanno tenuto duro nel non cedere i loro servizi alle società di Milano, Genova, Bologna e Roma, creino un'alleanza per proteggere "l'acqua del sindaco", cioè il loro ultimo territorio di autogoverno e autonomia dopo la perdita dell'Ici. 


Se se ne parla, può succedere che gli utenti apprendano che, laddove le grandi società sono entrate in campo, le perdite della rete sono rimaste le stesse, i controlli di qualità sono spesso diminuiti e magari le tariffe sono aumentate . Magari si capisce che vi sono servizi che non possono essere privatizzati oltre un certo limite, perché allora l'acqua passa al mercato finanziario, diventa quotazione in borsa, e il cittadino non ha più un sindaco con cui protestare dei disservizi, ma solo un sordo "call center" piazzato magari a Sydney, Pechino o New York. No, non si deve sapere che siamo di fronte a un passaggio epocale, di quelli che cambiano tutto, come la recinzione dei pascoli liberi nell'Inghilterra del Settecento. 

Non è un caso che si sia tentato di buttare una riforma simile nel pentolone di un decreto omnibus riguardante tutti i pubblici servizi, e non è un caso che - durante la discussione - si sia scorporato dal decreto medesimo il discorso il gas, i trasporti e il nodo delle farmacie. Gas, trasporti e farmacie erano la foglia di fico. Se oggi nel decreto su cui si pone la fiducia rimane solo l'acqua con i rifiuti, significa che l'acqua e i rifiuti sono il grande affare indilazionabile, l'accoppiata perfetta su cui si reggono i profitti delle multi-utility, e parallelamente le ingordigie della criminalità organizzata. Non è un caso che si parli tanto di "oro blu". 

La storia dell'umanità lo dice chiaro. Chi governa l'acqua, comanda. Le prime forme di compartecipazione democratica dal basso sono nate in Italia attorno all'uso delle sorgenti, quando i paesi e le frazioni hanno pensato ad affrancarsi grazie all'acqua. Lo scontro non è tra pubblico e privato, ma tra controllo delle risorse dal basso e delega totale dei servizi, con conseguente, lucroso monopolio di alcuni. Oggi potremmo dover rinunciare a un pezzo della nostra sovranità. 

www.repubblica.it 

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