lunedì 23 gennaio 2012


 ACQUA:NEL LAZIO SEMPRE PIÙCARA,MAGLIA NERA A FROSINONE/ANSA DATI CITTADINANZATTIVA. A VITERBO MENO COSTOSA , A ROMA SPESA 7% (ANSA)

ROMA, 6 OTT - Frosinone è la provincia nel Lazio in cui l'acqua costa di più (279 euro annui), Viterbo quella in cui costa meno (177 euro). Ma nella regione spetta a Roma l'aumento più elevato ( 7%) per le famiglie nella spesa media annua del 2007 rispetto al 2006, incremento superiore alla media nazionale che ha visto salire le tariffe idriche del 4,6% fra i due anni di riferimento. È la fotografia scattata dall'associazione Cittadinanzattiva che ha preso in esame il servizio idrico integrato di tutti i capoluoghi di provincia italiani (acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, e quota fissa o ex nolo contatori). Per la spesa media annua dell'acqua, tra le cinque province del Lazio, al secondo posto si piazza Latina (230 euro), Rieti si aggiudica, invece, il terzo posto (202 euro), al quarto posto Roma (192 euro). I dati sono stati elaborati dall'osservatorio 'Prezzi e Tariffè dell'associazione che ha preso in considerazione il costo annuo di un famiglia composta da tre persone che consuma all'anno 192 metri cubi di acqua, come calcolato dal Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse idriche. Questa la composizione della spesa annua 2007 nel Lazio: acquedotto (53%), depurazione (30%), fognatura (10%), quota fissa (7%). Dall'indagine emerge, inoltre, che in media una famiglia tipo laziale spende annualmente per l'acqua 216 euro, contro i 229 euro spesi a livello nazionale. E sebbene ci sia stato un aumento come nel resto del Paese delle tariffe fra 2006 e 2007, è stato più contenuto rispetto alla media italiana: 2,4% contro 4,6%. Una variazione, di legge nel relazione, imputabile alle sole province di Roma ( 7%) e Latina ( 6%), che dunque registrano aumenti molto elevati e di gran lunga al di sopra della media nazionale, mentre nelle altre province (Rieti, Viterbo e Frosinone) le tariffe sono rimaste invariate. Complessivamente in Italia il 35% dell'acqua immessa nelle tubature va persa: il problema è particolarmente accentuato nelle regioni meridionali, che presentano percentuali di perdite superiori alla media (49%); al Centro va persa il 32%, al Nord il 26%. Il Lazio si attesta nella media nazionale con il 36% delle perdite nella rete idrica, percentuale superiore però alle altre regioni centrali. «Al Governo e al Parlamento chiediamo il blocco delle tariffe dell'acqua fino a tutto il 2009. È indispensabile, inoltre, l'istituzione di un'Autorità di regolazione del settore idrico dotata di reali poteri d'intervento per mettere fine alla scandalosa giungla di tariffe, contratti e bollette fotografata dal nostro Rapporto», ha detto il responsabile nazionale delle politiche dei consumatori, Giustino Trincia, che oggi ha consegnato l'indagine al ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola.(ANSA)

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martedì, 20 ottobre 2009; 09:11

NO PRIVATE AGENDAS: UN SHOULD HOST NEXT GLOBAL WATER FORUM 

On October 14, 2009, activists and non-governmental organizations delivered a letter to United Nations Secretary General, Ban Ki-Moon, and United Nations President, Ali Abdussalam Treki, asking the United Nations to convene a global water forum and to refrain from joining the World Water Council’s Board of Governors. The delivery of the letter coincided with the start of the 5th General Assembly of the World Water Council, the current organizer of the World Water Forum. The meeting is being held from October 14-16, 2009 in Marseille, France where the new Board of Governors will be elected. As part of Blue October, a global campaign to ensure public water for all, 583 individuals including 241 organizations from dozens of countries signed a letter requesting that the United Nations “formally commit to hosting a forum on water that is linked to state obligations and is accountable to the global community.” Despite the World Water Council’s claims of being an unbiased multi-stakeholder platform, 41% of their membership works for the water industry. The Council’s President and Alternate President are representatives of Suez and Veolia, the world’s two largest water multinationals. The letter reiterates the People’s Water Forum view, a network of water justice organizations, that water should be managed as a commons, not for private gain. The People’s Water Forum criticized the 5th World Water Forum’s exclusiveness, its denial of the right to water and its support for water privatization over improved public services. Signatories include individuals from the Blue Planet Project, the Coalition of Mexican Organizations for the Right to Water (COMDA), the Council of Canadians, Corporate Europe Observatory, the Federation of Factory Workers in Cochabamba (FTFC), Focus on the Global South, and Our Water Commons. Press Release

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sabato, 17 ottobre 2009; 19:47

ACQUA SEMPRE PIU' CARA 
di Alessandro Allocca. 

In un anno aumento del 5%. Nel capoluogo la quota fissa più alta del Lazio. UN BICCHIERE d’acqua di rubinetto bevuto a Latina inizia a costare un po’ di più rispetto a qualche anno. Per l’esattezza il 5,2%. Se questo aumento viene circoscritto nel tempo di un sorso, allora quei pochi centesimi d’euro potrebbero pure non pesare sulle tasche di una famiglia. Ma quando al bicchiere d’acqua, si aggiunge tutto il resto per far andare avanti una famiglia, dalla lavatrice, alla doccia, al bagno fino al giardino, ecco che le cose iniziano a cambiare notevolmente. Soprattutto se si pensa che proprio il capoluogo pontino, è quello che ha registrato la maggiore crescita percentuale del costo dell’acqua pubblica dal 2007 al 2008, rispetto agli altri quattro capoluoghi della regione. A confermarlo la ricerca condotta a livello nazionale da «Cittadinanza Attiva», associazione in prima linea per la tutela dei diritti del cittadini, che ha redatto l’annuale dossier sul servizio idrico integrato. A Latina il campione preso in esame, una famiglia tipo di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi comprensivo di iva al 10%, ha speso durante il 2008 242 euro rispetto ai 230 euro del 2007, ossia il 5,2%. Come si vedrà si tratta di una valore percentuale, ma in valore assoluto nella regione Lazio dove l’acqua costa di più è Frosinone dove la stessa famiglia negli scorsi 24 mesi ha speso sempre 276 euro, crescita quindi dello 0%; nessun aumento anche a Rieti dove la quota annuale è rimasta sempre a 202 euro e a Viterbo con 177 euro; +3,1% per Roma da 192 euro del 2007 a 198 euro del 2008. Tutto nella norma, verrebbe da dire, visto che secondo i dati Istat il costo dell’acqua potabile da gennaio 2000 a luglio 2009 è aumentato del 47%, con un aumento del 6% nell’ultimo anno. Certo, non perché in tutta Italia il servizio idrico pubblico costa sempre di più, a Latina i cittadini devono dormire sonno tranquilli, anzi. Perché, a conti fatti, ci sono situazione dove le cose vanno sì peggio, ma anche molto meglio. La città dove l’acqua costa di più per la «nostra» famiglia tipo è Agrigento dove spende all’anno qualcosa come 445 euro, seguita da Arezzo con 386 euro e Firenze con 378. Risparmierebbe notevolmente, se le «nostre» tre persone vivessero a Pordenone, Isernia e Milano dove quei 192 metri cubi d’acqua all’anno costano rispettivamente 131, 114 e 106 euro. Latina, con i suoi 242 euro, si trova al 30esimo posto nazionale come valore assoluto, mentre come valore percentuale, ossia 5,2% di aumento, al 46esimo nazionale, dove al primo posto c’è Salerno con il 34%. Tornando a vedere le cose nei confini cittadini, l’acqua da noi costa tanto perché abbiamo la quota fissa più alta della regione: 48 euro, ai quali si devono aggiungere i costi della depurazione 71 euro, quelli per le fognature 18 euro e per l’acquedotto 105 euro, per arrivare a quei famosi 242 euro di media nel corso dei dodici mesi. Come se non bastasse, un aspetto non di poco conto è la dispersione del «prezioso » liquido nella rete generale dovuta soprattutto a vecchie tubature ormai inadatte. Un dispersione che costa sulla totalità dei «clienti» del sistema, tanto che in Italia in media il 34% dell’acqua immessa nelle tubaturva persa. E’ evidente come il problema sia particolarmente accentuato nelle aree meridionali del Paese, che presentano per centuali di perdite ben al di sopra della media nazionale. Nel Lazio, la dispersione è del 37%, ossia un terzo del totale. Cosa positiva, però, che sempre secondo il dossier di «Cittadinanza Attiva», basandosi su questo particolare aspetto sui dati dell’ultimo rapporto sullo stato dei servizi (luglio 2009) del Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche, nel territorio interessato all’Ato di competenza di Latina, ossia al gruppo di Comuni collegati allo stesso fornitore del servizio idrico, gli investimenti previsti sono quasi tutti messi in atto, per l’esattezza il 97%, quando la media nazionale è del 56%. Latina Oggi venerdì 16.10.09

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venerdì, 16 ottobre 2009; 18:22

ACQUALATINA CAMBIA LINEA 
da Latina Oggi 

Indigesta la sentenza del Consiglio di Stato su Aprilia. Prime critiche alla strategia Cusani I privati di Veolia spulciano tra i conti, i soci pubblici sotto osservazione FINORA mai una sola delle penali previste dal contratto di gestione è stata applicata. Detta così sembra una manna dal cielo: la società che gestisce acqua e depurazione in provincia è così virtuosa da non aver commesso errori. Cronache e schermaglie con gli utenti dicono altro, naturalmente. Però dopo sei anni di lotte e incomprensioni, contratti vessatori e segreti, qualcosa si muove pure dentro Acqualatina. Il cambio al vertice della società ha segnato un confine tra quello che succedeva prima di giugno e ciò che sta accadendo oggi. Veolia, il più importante socio privato della spa delle acque, ha deciso di limitare lo strapotere dei soci pubblici (i Comuni) che a furia di assumere parenti, fare convenzioni e agire indisturbati hanno mandato in crisi (vera) il bilancio e la società medesima. Analisi dei conti Così è cominciata nelle ultime settimane un’analisi severa dei conti che ha svelato quel che la segreteria tecnica e la conferenza dei sindaci non hanno mai voluto vedere. Una curva non felice delle spese, assorbite da certe voci che neppure una società mista dalle buone coperture politiche come Acqualatina può più permettersi. Il nuovo management si muove su due versanti. Il primo di verifica delle voci di bilancio. Il secondo riguarda il rapporto con gli utenti e i Comuni. A far traboccare il vaso è stato l’ultima sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, dà la possibilità al Comune di Aprilia e a tutti gli altri di non riconoscere la convenzione di gestione, in pratica di uscire. Questo guaio Acqualatina se lo poteva risparmiare con una trattativa «morbida» con i Comuni anziché procedere con i ricorsi a testa bassa, come ha imposto il presidente della Provincia, Armando Cusani. Perdendo. Tutti i ricorsi al Tribunale amministrativo presentati da Cusani al fianco di Acqualatina sono andati male. Veolia non vuole più sentir parlare di questa tattica. Lo scontro interno al Cda sul «caso processi» è già cominciato. Linea soft Fino a ieri il presidente della Provincia (anche in quanto presidente della conferenza dei sindaci), l’Ato e la segreteria tecnica guidata dall’ingegner Giovannetti hanno perseguito la linea dello scontro con tutti: Comuni, utenti, comitati civici. I quali a loro volta hanno sfoderato gli argomenti dei momenti migliori. Ossia: al gestore non sono state mai applicate penali nonostante le palesi inadempienze e le clausole vessatorie nei contratti; il maxi prestito con Depfa Bank non è passato nei consigli comunali e sono stati finora celati i dati sul rischio inerenti gli strumenti derivati sui tassi di interesse a carico dei soci; il contratto di copertura rischi del mutuo non è ancora noto ai Comuni, né, in definitiva, agli utenti; il contratto di convenzione è stato modificato in senso peggiorativo per gli utenti. A tutto questo fino ad oggi la società o non ha risposto oppure ha seguito il presidente Cusani nelle aule giudiziarie. Da domani le cose potrebbero cambiare perché è la cordata dei soci privati che non gradisce più la strategia di Cusani. Proprio come gli utenti. E questo è già un passo avanti. SCHEMA PER capire fino in fondo i rapporti di forza all’interno di Acqualatina spa non basta analizzare soltanto la proprietà delle quote sociali, serve altresì la geografia della consiglio di amministrazione e quella dei vertici amministrativi. Il 51% delle quote della spa è in mano ai Comuni dell’Ato4 in proporzione al numero degli abitanti; perciò il maggiore azionista pubblico è il Comune di Latina con il 12% del pacchetto. Il socio privato è rappresentato in buona sostanza dal gruppo francese Veolia che per questo esprime l’amministratore delegato, oggi rappresentato da Romano dopo la destituzione di Morandi a giugno scorso. Tutti i membri di nomina pubblica nel cda sono espressione del centrodestra che «controlla» anche la maggioranza della conferenza dei sindaci creando così una sovrapposizione perfetta di intenti che, a lungo termine, ha rivelato tutti i deficit che si ripercuotono sul servizio e sull’utenza. Il presidente in carica da tre anni nel cda di Acqualatina è il senatore Claudio Fazzone nonostante la palese incompatibilità tra la qualifica di parlamentare e quella di amministratore di una società che percepisce fondi pubblici ed è in parte a capitale pubblico. La segreteria tecnica operativa cui è affidato il controllo tecnico delle attività societarie è di nomina regionale. UN COMMISSARIO E Zaratti pensa all’Ato4 SULLA scrivania dell’assessore regionale all’ambiente, Filiberto Zaratti, c’è sempre il fascicolo «ATO4», con le 30 contestazioni formali fatte all’autorità d’ambito e alle quali non è stata data risposta. Chi rischia? L’Ato4 potrebbe essere commissariata come si ipotizza da mesi. Ma a farne le spese vere sarebbe proprio al società Acqualatina, ché non potrebbe sfoderare reazioni squisitamente politiche come usa fare la Provincia. E questo è il secondo motivo dello scontro tra soci pubblici e privati. Graziella Di Mambro

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mercoledì, 14 ottobre 2009; 23:33

LASCIARE ACQUALATINA SI PUO' E CONVIENE.
ECCO I CONTI VERI. 
di Roberto Lessio da Il Caffè del 13 ottobre 2009 

Aprilia, non avendo ratificato il contratto, ci guadagnerebbe più degli altri. Basta far eseguire la delibera già votata Lasciare Acqualatina si può e conviene. Ecco i conti veri E quei pochissimi Comuni che hanno firmato il contratto dovrebbero dare al privato molti meno soldi di quanto minacciato. Anzi, è il privato che ha debiti coi Comuni È un autentico “affare” per gli utenti la cifra indicata dal Presidente del Consiglio di Amministrazione di Acqualatina Spa, il senatore Claudio Fazzone, per far tornare interamente in mano pubblica la proprietà dell’attuale gestore del servizio idrico nell’ATO 4. Anche se si tratta di una cifra inesatta, calcolata “al volo” e fuorviante. Rispondendo ad una provocatoria lettera del Sindaco di Terracina Stefano Nardi che si era espresso in tal senso, Fazzone, dopo alcuni calcoli e passaggi alquanto approssimativi, ha indicato in circa 63 milioni di euro (63.300.889,53 per la precisione) il costo complessivo. Che mediamente fanno 100 euro a residente nell’intero ATO 4 e circa 400 euro ad utenza. E chi come Aprilia, Anzio, Cori, Bassiano, Amaseno, Pontinia ha non ratificato il contratto di gestione, addirittura non ci perderebbe nulla. Basta riprendersi reti e impianti. RIPRENDERSI LE RETI COSTA MENO CHE RESTARE COSÌ Per comprendere ancora meglio perché uscire ora da questa controversa gestione è un ottimo affare, basta considerare le attuali salassate a prescindere dal consumo effettivo per la cosiddetta quota fissa (quantità di acqua che si paga comunque, anche se non si consuma): per il solo fatto di avere un contatore allacciato, un utente ordinario quest’anno pagherà 46,87 euro, un esercizio commerciale 110,36 euro (stessa cifra per le fontanelle pubbliche) ed un’utenza industriale 412,73 euro. Lasciando l’attuale gestione idrica, gli utenti risparmierebbero quei soldi che ora sono costretti a pagare anche senza consumare e perciò quei 400 euro ad utenza media per pagare il presunto costo d’uscita da Acqualatina annunciato da Fazzone, in poco tempo è già ammortizzabile. I COMUNI AVANZANO SOLDI Ma lasciare questa gestione è ancora più conveniente se si considerano anche altre cifre che il Presidente di Acqualatina non evidenzia nella sua comunicazione, pur avendole indicate nella relazione e nella nota integrativa all’ultimo bilancio approvato e dai lui stesso firmato. Anche Fazzone, come gli altri “fans” della società, ha conteggiato (ammesso che lo abbia fatto lui) solo le cifre che andrebbero calcolate per “risarcire” il socio privato Idrolatina Srl, ma omette di spiegare che lo stesso socio è debitore al 49% verso i Comuni per alcune grosse somme che questi vantano nei confronti di Acqualatina; ad esempio i 6 milioni di euro iscritti a bilancio per il canone di concessione di reti e impianti, che stranamente nessun Comune (pur in grave crisi finanziaria) esige. Inoltre il senatore del PdL parla della restituzione al socio privato di “anticipazioni” pari a 10,5 milioni di euro. In realtà dai bilanci risulta che l’unico prestito fornito nel 2005 da Idrolatina Srl (il socio privato) ad Acqualatina era di 10,2 milioni ed è stato già interamente restituito nel 2007 una volta attivato lo spericolato finanziamento con la Depfa Bank di 114,5 milioni di euro. SI EVITANO 70 MILIONI DI EURO PER INTERESSI A DEPFA BANK È proprio dentro quest’ultimo prestito che sta la “cuccagna” per gli utenti, costretti a pagare anche con la forza e con idraulici stacca-contatori muniti di scorta armata. Il contratto di finanziamento infatti prevede che fino al 2031, attraverso le bollette Acqualatina dovrà sborsare alla banca quasi 70 milioni di euro solo di interessi (mediamente 280 euro ad utenza). Cifra semplicemente folle. Ad esempio quest’anno, sempre e solo per gli interessi da versare alla banca, pagheremo oltre 3,5 milioni di euro (rispettivamente 1,704 a fine giugno e 1,814 a fine dicembre), per un prestito le cui rate di restituzione vera e propria inizieranno dal 2012: per i primi 5 anni stiamo pagando solo interessi. Poi ci sono le commissioni bancarie, spese varie, ecc. che di solito in questo tipo di operazioni legate a prodotti finanziari derivati, quelli che hanno generato l’attuale crisi mondiale, aumentano ulteriormente la spesa complessiva. COMUNI NEL VORTICE DEGLI SPECULATORI FINANZIARI Non a caso lo stesso Fazzone ha dovuto dichiarare nell’ultimo bilancio la presenza di “net swaps” (tipici prodotti derivati) legati a quel finanziamento, cosa sempre negata. Operazioni ritenute illegali da parecchie Procure d’Italia oltre che dalla Corte dei Conti.Come noto, l’intera operazione Depfa è stata approvata a maggioranza dalla Conferenza dei Sindaci dell’ATO 4 del 12 dicembre 2008 (dopo oltre un anno e mezzo dalla stipula del contratto di finanziamento) e non risulta che Sindaci e loro delegati abbiano letto a dovere il complicato contratto e quasi nessuno è passato per il voto dei Consigli Comunali. Ma la recente sentenza del Consiglio di Stato del 15 settembre scorso ha di fatto rimesso in discussione l’intera faccenda. Il massimo grado di giustizia amministrativa infatti ha decretato definitivamente che solo i Consigli Comunali (e nessun altro) hanno il potere-dovere di approvare o meno gli atti fondamentali che regolano i loro rapporti con il gestore, compreso il contratto (Convenzione di gestione, finora bocciata da 6 Comuni: Aprilia, Anzio, Cori, Pontinia, Bassiano, Amaseno). Ciò dovrebbe valere anche per quegli atti di carattere finanziario che possono incidere sul bilancio di ogni Comune. E non mancano i risvolti penali. LA BOMBA RESTA IN MANO A SINDACI E CONSIGLIERI La Depfa Bank come garanzia per riavere i soldi ha preteso il pegno sulle azioni e sulle quote sociali detenute da numerosi Comuni soci di Acqualatina (oltre che di tutto il capitale detenuto dal socio privato). Perciò ora la bomba rischia di scoppiare in mano a quegli amministratori che hanno avallato quell’incauta operazione. Ben pochi Comuni infatti hanno approvato delibere consiliari per la costituzione del pegno; ma, affinché quelle deliberazioni siano valide, bisogna che gli stessi abbiano in precedenza approvato l’ormai famosa Convenzione di Gestione (contestata - attualmente senza esiti - dalla Regione Lazio), che dovrebbe regolare i rapporti tra ciascun Comune ed Acqualatina. Se i politici dormono, può agire il cittadino E se non si muovono i Sindaci, la stessa sentenza del Consiglio di Stato chiarisce che i cittadini comuni (in quanto utenti “danneggiati” dai disservizi) hanno lo stesso potere di intervento sostitutivo, possono cioè agire loro in tribunale. Ora, anche se ridimensionata e quasi svuotata, c’è anche la Class Action, la possibilità di chiamare in causa collettivamente chi produce un danno ai cittadini e agli utenti. Per non parlare del possibile interevento della Corte dei Conti che può condannare gli amministratori pubblici che danneggiano le casse degli enti.

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martedì, 13 ottobre 2009; 01:14

ORA SI PUO' E SI DEVE RIDARE L'ACQUA ALLA CITTA

La delibera c’è, i giudici la confermano. Va attuata riprendendosi gli impianti Ora si può e si deve ridare l’acqua alla città Senza apposite delibere consiliari, niente validità degli atti seguenti e conseguenti. Parola dei massimi giudici amministrativi del Consiglio di Stato. Aprilia, Anzio, Cori, Bassiano, Amaseno e Formia ora si trovano nelle condizioni di riprendersi la gestione del servizio senza dover sborsare neanche un euro, ammesso che Sindaci e Consiglieri Comunali vogliano farlo. L’esatto contrario di ciò che sostiene il Presidente di Acqualatina. Sono proprio quei Comuni che hanno espressamente rigettato la Convenzione di Gestione “taroccata” a favore del socio privato (come dice la relazione della Regione) e che, paradossalmente, sono stati trascinati in Tribunale dal Presidente della Provincia di Latina per questa loro decisione. E Pontinia cosa aspetta? Il suo Consiglio non solo ha votato contro il contratto con Acqualatina, ma non ha subìto nemmeno un ricorso e non è addirittura socio di Acqualatina Spa. Ma pure gli altri 20 Comuni che ancora non hanno mai votato quell’atto fondamentale della gestione idrica, il contratto con Acqualatina, possono chiudere la partita, a favore o contro l’attuale gestione. Ora non possono più fare finta di nulla, devono decidere: approvare o bocciare il contratto con Acqualatina. E quest’ultima cosa non significa uscire dall’Ambito Territoriale Ottimale, come spesso si dice. Lasciare Acqualatina significa semplicemente cambiare gestione, fermo restando lo stesso Ato4. Cosa resa possibile dalla legge. Se i Sindaci e i Consiglieri Comunali dicono il contrario, sbagliano. O mentono. Tant’è vero che Sezze e Sabaudia, pur stando nell’Ato4, hanno altri gestori idrici. Fonte Il Caffè del 13 ottobre 2009

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giovedì, 08 ottobre 2009; 14:47

PROSEGUE IL CONFRONTO CON VEOLIA PER SCONGIURARE LA CHIUSURA DEL POLO INFORMATICO DI SESTRI LEVANTE 

Sembra aver preso una piega positiva la vicenda del polo informatico di Sestri Levante, dopo che nello scorso maggio Acqualatina – società di gestione del servizio idrico integrato controllata da Veolia Water – ne aveva annunciato la chiusura, inserendo la misura nel piano di ristrutturazione. Dopo l'interessamento di istituzioni e al coinvolgimento delle sigle sindacali, al termine di due incontri, il Gruppo Veolia si è infatti reso disponibile a partecipare ad un tavolo di confronto, definendo con gli interlocutori un percorso condiviso per il futuro occupazionale dei lavoratori. Il polo informatico era stato ceduto nel novembre 2007 ad Acqualatina, con la finalità di farne una struttura di eccellenza che fornisse servizi a tutto il Gruppo. 08/10/2009 10:30:00 redazione@cittadigenova.com

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martedì, 06 ottobre 2009; 07:27

Bollette Acqualatina, cittadini disorientati 
di Stefano Cortelletti 1 ottobre 2009 

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato è caos sul pagamento delle tariffe Bollette Acqualatina, cittadini disorientati Aprilia è una città disorientata. Aspetta delle risposte dalla classe politica. Vuole sapere, chiarire le proprie idee. Ma ancora non arrivano quelle risposte, e le idee sono sempre più confuse. La sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto ai Comuni pieno diritto di scegliere da chi far gestire il servizio idrico, ma non solo: ha stabilito la validità della delibera del febbraio 2006 di non ratifica della convenzione di Gestione tra Comune e Acqualatina. Questo significa che Aprilia non è sotto Acqualatina e nessuno la può obbligare ad entrare. Molti apriliani stanno cercando di capire se bisogna pagare ancora le bollette ad Acqualatina o se invece ricominciare a pagare al Comune. Questo è il sentore della popolazione che fino ad ora non ha seguito le battaglie condotte dal Comitato cittadino difesa acqua pubblica, e che invece si è limitato a leggere le locandine dei quotidiani in edicola. Ora la politica deve dare una risposta ai cittadini, dire se la città continuerà comunque a far gestire il servizio idrico ad Acqualatina o se invece sta studiando la soluzione per gestirla in proprio. Dire se le battaglie fatte fino ad ora per rendere l’acqua un bene pubblico avranno o meno una conseguenza. Finora, anche la politica è stata “disorientata” da una sentenza rivoluzionaria. I cittadini nei bar non fanno altro che ripetere la stessa cosa: “Ma la bolletta la dobbiamo continuare a pagare ad Acqualatina?”. Naturalmente, la questione è sempre troppo complicata da spiegare al cittadino che ha un contratto con il gestore Acqualatina. Più semplice invece affrontarla con chi – quasi la metà delle utenze di Aprilia – ha fin dall’inizio contestato la gestione del servizio idrico da parte di una società che il Consiglio comunale non ha mai accettato. Da qui, la necessità da parte della politica di una risposta chiara ed univoca, non semp0licemente commenti alla sentenza e parole in lingua politichese. La città ha bisogno di sapere che fine farà, se è vero, come dice il presidente della spa Claudio Fazzone, che per uscire da Acqualatina bisognerà pagare svariate decine di milioni di euro; se sarà possibile tornare ad una gestione in proprio della società; e soprattutto quando. Una risposta a queste domande dovrà arrivare al più presto dal Sindaco di Aprilia, il garante dei diritti dei cittadini: è la città a chiedere chiarimenti. Fonte: La Provincia

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domenica, 04 ottobre 2009; 18:42

Il Comune di Roma venderà le azioni di Acea

Repubblica — 03 ottobre 2009 

ROMA «IL COMUNE di Roma oggi ha il 51% delle azioni dell' Acea ma dovrà scendere del 21%, come previsto dalla legge. L' intenzione è cedere questa parte ma assicurarsi un controllo, che non sarà di diritto ma per influenza dominante». La notizia di una Acea "ridimensionata al 30%" l' ha lanciata ieri l' assessore capitolino al Bilancio Maurizio Leo, in un incontro con la Fedilter, alla Confcommercio. UNA scelta obbligata per il Comune, secondo l' assessore al bilancio capitolino, quella di avviare entro il 2011 le dismissione del 21% delle azioni di Acea. A prevederlo un decreto legge, approvato dal Governo un mese fa, che stabilisce come nelle società partecipate da enti locali e quotate in borsa, l' ente non possa possedere più del 30%. Immediate le reazioni. «L' Acea è patrimonio dei cittadini», dice Alfredo Ferrari, (Pd) vicepresidente della Commissione Bilancio. E chiede a Leo di spiegare con trasparenza come avverrà questa dismissione e quali saranno le procedure. Per Mario Mei, vice-capogruppo del Pd e membro della commissione bilancio, le dichiarazioni dell' assessore sono premature. «Perché la normativa che modifica la disciplina dei servizi pubblici locali - afferma - è ancora un decreto legge, che entra sì subito in vigore, ma deve poi essere convertito in legge e può essere ancora modificato. Tant' è vero che anche la Lega, non solo il Pd, ha annunciato battaglia e una valanga di emendamenti». - ALESSANDRA PAOLINI

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mercoledì, 30 settembre 2009; 07:20

Verdetto UE su A2A

Corriere della Sera di martedì 29 settembre 2009, pagina 40 Verdetto Ue su A2A "Restituisca 200 milioni" 
di Soglio Elisabetta 

Aiuti pubblici Per Acea un conto di 90 milioni, 65 per Iride Verdetto Ue su A2A «Restituisca 200 milioni» La replica: faremo ricorso. L'impatto sui comuni MILANO Una scure sulle ex municipalizzate. Una ghigliottina da 200 milioni di euro per un colosso come A2A, altri 90 per Acea, 65 per Iride e via così per le altre società che tra il 92 e il 99 si trasformarono da municipalizzate in Spa obbedendo a una legge statale. La novità è che sabato scorso è stato pubblicato un decreto legge sugli «Obblighi Comunitari» in riferimento alla moratoria fiscale da cui discende che ogni ex municipalizzata dovrà restituire allo Stato ingenti somme: la morale è che gli enti di riferimento, Comuni in primis, perdendo questa considerevole voce di entrata faticheranno ulteriormente a far quadra- re i conti. Le società hanno già annunciato battaglia, contestando il decreto. Dalla sede di A2A, ad esempio, è stata diffusa una nota con cui si prende atto «con stupore e contrariati»> del decreto. Così i vertici di Acea: «A tutela di azionisti e clienti la società si opporrà in ogni sede competente nazionale e/o comunitaria contro il nuovo provvedimento approvato dal Governo». Tutto nasce da una legge del 1992 che dava sette annidi tempo alle municipalizzate per trasformarsi in Spa e andare in Borsa: una spinta alle privatizzazioni che veniva incentivata garantendo lo stesso regime fiscale di cui queste società godevano essendo emanazioni di enti pubblici. Ma alcuni privati decisero di ricorrere contro l'agevolazione che avrebbe, era l'accusa, sbilanciato il mercato creando una sorta di violazione della libera concorrenza. «Questo decreto rappresenta un'ingiustizia», tuona il direttore generale della multiutility di Milano e Brescia, Renato Ravanelli. Come spiegato nella nota, infatti, A2A «ritiene di non aver fruito di benefici fiscali che possano avere costituito distorsione o ostacolo alla concorrenza nel periodo 1996-1999 oggetto della contestazione». Anche perché, nel frattempo, A2A aveva già pagato quasi 70 milioni di euro, rispondendo ad un paio di richieste giunte nel 2007 e la scorsa primavera dal governo. Così Acea, che aveva versato complessivamente 32,1 milioni di euro «nella convinzione che il provvedimento di recupero della scorsa primavera fosse stato adottato a seguito di un nuovo accordo raggiunto tra commissione Ue e Governo». Invece il contenzioso non era chiuso. E i bilanci del Comune ne pagheranno le conseguenze.

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