sabato 22 novembre 2014

Le scelte miopi di un governo in crisi d'identità




Le riforme del governo Renzi, sostenuto politicamente dalle larghe intese, si basano essenzialmente sulla cancellazione di diritti fondamentali in cambio di misure economiche una tantum. Il tutto per favorire l'ingresso dei capitali privati.

Dietro la cortina di fumo rappresentata da provvedimenti favorevoli alle fasce piu' deboli della popolazione, il governo Renzi taglia diritti fondamentali. E' quello che sta accadendo nel mondo della scuola e nel mercato del lavoro, o ancora nell'edilizia popolare e nei servizi pubblici essenziali. Se da una parte infatti il governo vara provvedimenti come gli 80 euro o piu' di recente l'aumento dei fondi stanziati per i disabili o la social card per gli immigrati in regola, dall'altra cancella diritti fondamentali come l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, o come l'edilizia popolare, consentendo in quest'ultimo caso alle amministrazioni, di mettere sul mercato le case destinate alle fasce piu' deboli, favorendo in tal modo la rendita immobiliare ed il capitale improduttivo.
Tra i diritti cancellati di recente dal governo, in barba ai risultati del referendum del 2011 e malgrado il riconoscimento da parte dell' ONU dell'accesso all'acqua come "diritto umano fondamentale", troviamo anche l'accesso al fluido vitale. La scorsa settimana la maggioranza di governo ha approvato il "Collegato Ambientale" alla legge di stabilita', relativa all'anno in corso, con il quale ha cancellato tre articoli relativi alla gestione del servizio idrico integrato, di cui uno, l'art. 26,  relativo alla disciplina della morosita'.
Quest'ultimo obbligava i vari gestori del servizio idrico ad installare dei limitatori di flusso che consentivano agli utenti morosi di poter disporre di una fornitura giornaliera minima di acqua, pari a 50 litri, il quantitativo riconosciuto dall'ONU per i bisogni quotidiani essenziali di ogni individuo. La cancellazione di tale articolo e' avvenuta in Commissione parlamentare, senza che vi sia stata un' adeguata discussione, cosa che invece la rilevanza dell'argomento avrebbe richiesto. Ricordiamo come in Inghilterra e nel Galles le conseguenze più nefaste della privatizzazione del servizio idrico abbiano gravato proprio sull'utenza: a partire dal 1989 infatti, a seguito dell'impennata delle tariffe idriche, sono aumentate in maniera correlata anche le morosità, alle quali è seguito il triplicarsi dei distracchi dal servizio. Vittime di questa pratica sono state principalmente le famiglie più povere, le quali, oltre a veder peggiorare la loro condizione economica, sono state costrette a fronteggiare una grave crisi sanitaria. In uno studio condotto nel 1996 dall'associazione Save The Children* è emerso come le famiglie più deboli fossero costrette  mediamente a destinare alla spesa per il consumo idrico il 4% del budget familiare. Lo studio ha inoltre rivelato come in conseguenza di tali aumenti siano triplicati i distacchi dal servizio idrico. A tali distacchi ha corrisposto un aumento esponenziale dei casi di infezione intestinale dovuti alle scarse condizioni igieniche con le quali venivano conservate in casa le scorte di acqua.
Nel 1999 il governo inglese ha riconosciuto l'illegalità del distacco dal servizio idrico attraverso l'introduzione del Water Act. Nella legge viene dichiarata esplicitamente illegale la pratica del distacco per morosità dal servizio, pratica in precedenza adottata da tutte le principali aziende private di gestione.
Sembrerebbe dunque che il governo Renzi abbia piu' interesse a tutelare i diritti di riscossione dei gestori idrici che non il bene superiore della salute pubblica. Ci chiediamo dunque se le stutture sanitarie pubbliche, gia' vessate dai tagli imposti dal governo, saranno in grado di fronteggiare il dilagare futuro di infezioni intestinali, o se invece il governo avra' il buon senso di cancellare una misura cosi' vessatoria e allo stesso tempo costosa per la collettivita', in termini di un maggiore aggravio sulla sanita' pubblica. 
(cm)
*Water Right. The impact of metering on low income families, 1996. Save The Children

martedì 4 novembre 2014

Gli Enti d'Ambito si associano a Federutility, ma a quale costo?












Alcuni servizi pubblici essenziali, come l'acqua ed i rifiuti, vengono organizzati sul piano territoriale (ex D.lgs 152/2006) in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), attraverso una legge regionale che delimita i confini di questi ultimi. L'attività di gestione viene quindi supervisionata attraverso le Autorità d'Ambito, le quali operano attraverso le Segreterie Tecniche Operative (STO), godono di personalità giuridica, oltre ad affidare la gestione del servizio ad un operatore, pubblico, privato o misto, controllandone l'operato.

Accade oggi che alcune di queste Autorità/Enti d'Ambito siano entrate a fare parte di Federutility, l'associazione imprenditoriale di società di servizi partecipate dagli Enti Locali, le famigerate multiutility. E' ciò che denuncia in un comunicato stampa il Forum dei Movimenti per l'Acqua, uno dei soggetti che ha promosso nel 2011 il referendum sull'acqua pubblica.

"Appare evidente, dunque - dichiara il Forum - come sia "inammissibile" la commistione, all'interno della stessa associazione, di chi svolge il ruolo di controllore (Autorità/Enti d'Ambito) e chi quello di controllato (gestori/aziende)", come è possibile verificare direttamente nello schema riassuntivo dei soci di Federutility (http://www.federutility.it/Associate/elenco_aziende.aspx?SERVIZIO=1&FORMA=8). A ben guardare non si tratta di una mera questione di principio, e per comprenderlo basta dare una scorsa allo statuto di Federutility, dove all'art. 3, ai commi 2 e 3 si legge che " i soci corrispondenti - l'escamotage usato per definire gli enti controllori, appunto gli Enti d'Ambito o i loro bracci operativi, le STO - hanno unicamente il diritto a ricevere le informazioni che l'associazione fornisce ai soci ordinari e di partecipare alle iniziative informative e divulgative". E ancora " - i soci corrispondenti - possono partecipare all'Assemblea degli Associati ma senza diritto di voto e i loro rappresentanti non possono ricoprire cariche federali". L'art. 5 comma 2 lettera a) afferma poi che "s'impone l'obbligo a tutti i soci di astenersi da ogni iniziativa in contrasto con l'azione e le direttive di Federutility". Appare chiaro dunque come l'adesione a Federutility per un Ente d'Ambito, rappresenti l'impossibilità concreta di incidere sulle scelte del gestore, ovvero, detta in termini più perentori, la rinuncia ad ogni prerogativa e funzione istituzionale.

E proprio questa confusione di ruoli, secondo il Forum, a minare alle fondamenta una corretta gestione del servizio idrico, ed è per questo che esso invoca gli Enti Locali a promuovere un'iniziativa "affinché sia ritirata l'adesione a Federutility" da parte di quelle Autorità d'Ambito che hanno deciso di farvi parte.

(cm)



(cm)

lunedì 17 marzo 2014

Regione Lazio: approvata la legge regionale di iniziativa popolare sull'acqua





Finalmente dopo la seconda seduta di Consiglio, è stata approvata oggi la proposta di legge di iniziativa popolare regionale n.31 sulla gestione pubblica e partecipata del servizio idrico del Lazio.

La proposta, consegnata negli uffici della regione il 28 settembre del 2012 aveva raccolto le firme di circa 30 mila cittadini della regione ed era stata presentata da ben 24 comuni, per un totale di 220 mila elettori.

Come previsto dallo statuto regionale, se il consiglio non avesse deliberato in merito entro il mese di marzo, si sarebbe andati a referendum con il testo redatto dai comitati e dai giuristi da essi scelti. 

Così la maggioranza che governa il Lazio ha deciso di passare all'esame del testo apportando alcune modifiche, non tutte per la verità condividisbili.

La discussione era iniziata il 12 marzo scorso, proseguendo tutto il giorno e raggiungendo anche momenti di forte contrasto. Ciò avveniva quando un consigliere della destra tentava di fare rientrare nel paragrafo del testo relativo al finanziamento della ripubblicizzazione, oltre alle aziende speciali ed ai consorzi di comuni, anche quei comuni singoli che si fossero "ravveduti" scegliendo di ripubblicizzare la gestione.

Dietro a questo emendamento apparentemente innocuo, si nascondeva il tentativo da parte di Acqualatina, il gestore privato del servizio idrico della provincia di Latina, di fare ripianare dai contibuenti l'enorme deficit di bilancio, un buco da 1,7 milioni, causato da anni di mala gestione.

Il tentativo da parte del consigliere lobbista della destra veniva prontamente sventato dai comitati locali presenti. La seduta era aggiornata al 17 marzo (oggi), lasciando l'amaro in bocca per quello che sarebbe potuto accadere come ulteriori tentativi di stravolgimento del testo originario.

Questa mattina la seduta è iniziata in modo concitato, in assenza del numero legale. L'arrivo a seduta avviata di altri consiglieri ha poi scongiurato un ulteriore rinvio. A metà mattina, dopo la bocciatura da parte della maggioranza di un emendamento dei cinque stelle a favore di una moratoria per quelle amministrazioni commissariate dalla regione per non avere affidato la gestione del servizio idrico al rispettivo gestore (tra gli altri Civitavecchia, Anguillara e Ladispoli ad Acea Ato2 spa, Colleferro ad Acea Ato5 spa, Rieti ad Acea Ato3 spa), e dopo una sospensione di circa mezz'ora, veniva approvato  all'unanimità il testo emendato, con la destra che votava incredibilmente a favore. Nonostante le pressioni dei lobbisti oramai arcinoti, romani e non.

Il testo, che riprende molti dei contenuti di quello su cui su scala nazionale erano state raccolte nel giugno del 2011 oltre un milione di firme, introduce dei principi totalmente innovativi, come il finanziamento della ripubblicizzazione  attraverso un fondo regionale finanziato attraverso le risorse iscritte in bilancio, circa 150 milioni, disponibili per il triennio 2014-16.

E' prevista poi la partecipazione alla gestione del servizio idrico dei cittadini, dei lavoratori e degli amministratori locali, attraverso le modalità stabilite dalla Carta regionale del servizio idrico integrato.

E' stato invece abolito il fondo finanziato attraverso un prelievo di un centesimo a metro cubo da destinare a progetti di solidarietà internazionale, da realizzare e gestire attraverso forme di cooperazione decentrata. (Claudio Meloni)

   

sabato 8 febbraio 2014

Acqua pubblica: consiglio comunale aperto a Ciampino



 Un percorso di mobilitazione dei comitati per l'acqua pubblica del Lazio, per promuovere una discussione aperta sulla riforma del servizio idrico regionale. I comitati respingono i principi fissati dalla Delibera di Giunta n.40/2014 e ribadiscono la necessità di rispettare la volontà del referendum popolare del giugno 2011


Roma - Si è svolto ieri presso l'aula del comune di Ciampino, promosso dal Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio, un consiglio comunale aperto al quale sono intervenuti tutti quei comuni laziali che hanno approvato, attraverso una delibera, la proposta di legge regionale di iniziativa popolare dal titolo: "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque".

Entro il mese di marzo il Consiglio regionale dovrà discutere la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dai vari comitati regionali nel 2012. Passato tale termine il Consiglio, in base al regolamento, sarà costretto ad indire un referendum regionale

L'iniziativa di Ciampino rientra in una campagna di mobilitazione cominciata la settimana scorsa, con un presidio durato tre giorni davanti alla sede della Regione, al fine di sensibilizzare gli organi istituzionali circa la necessità di fornire un governo del servizio idrico regionale che sia in linea con l'esito del referendum popolare nazionale del giugno 2011. 

Recentemente infatti, la regione Lazio ha adottato la Delibera di Giunta n. 40/2014 dal titolo "Linee guida per la predisposizione di una proposta di legge in materia di servizio idrico integrato" nettamente in contrasto con la proposta di legge iniziativa popolare su cui sono state raccolte quasi 50 mila firme e che attende di essere discussa (proposta di legge n.31). 

Tale proposta è stata poi sottoscritta a maggioranza qualificata da 39 comuni del Lazio, evidenziando la necessità che la riforma del servizio idrico debba necessariamente essere in linea con i principi fissati attraverso il referendum nazionale.

Con la finalità di promuovere un ampio dibattito sul tema, il consiglio comunale congiunto di ieri ha approvato un ordine del giorno che sarà sottoposto ai singoli comuni promotori della giornata. 

L'ordine del giorno ribadisce ancora una volta la necessità di rispettare la volontà popolare emersa attraverso la consultazione del 12 e 13 giugno 2011. Il comune di Ciampino per parte sua, ha già  calendarizzato la discussione sull'ordine del giorno in questione per il 10 febbraio. (cm)

lunedì 6 gennaio 2014

Comitati: No ai rimborsi e alle tariffe calcolati dai gestori idrici



Comitati toscani per l'acqua pubblica impugneranno le nuove tariffe ed i rimborsi calcolati dai vari gestori idrici. I rimborsi offerti ammonterebbero a 5.917.156 euro ma i comitati chiedono 28,8 milioni.

Dopo l'Emilia e la Lombardia anche in Toscana parte la mobilitazione dei comitati per l'acqua pubblica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la questione dei rimborsi. Agli inizi di dicembre l'Autorità per il Gas e l'Elettricità, oltre a fissare il nuovo metodo per calcolare la tariffa dell'acqua, ha imposto ai vari gestori idrici italiani di restituire, entro il mese di marzo 2014, quello che il referendum del giugno 2011 aveva abolito, ossia la remunerazione del capitale investito che ancora fino a tutto il 2013 veniva inserita nella bolletta dell'acqua. Dai dati in mano ai comitati toscani 1.810.454 utenti hanno continuato illegittimamente a pagarlo.

Nei mesi precedenti già alcuni comitati si erano accorti che la tariffa fissata da alcuni gestori conteneva una voce denominata "oneri finanziari" pari al 6,4%, che altri non era se non una riproposizione sotto altra veste di quel 7% abrogato dal referendum. E quindi in sostanza un nuovo tentativo di fare pagare ai cittadini i profitti dei gestori privati. Ora, con l'ultimatum per la restituzione fissato dall'AEEG, le somme indebitamente percepite dovranno essere rimborsate agli utenti. Ma l'Autorità Idrica Toscana, l'ente che controlla l'operato dei vari gestori idrici,  aveva di fatto già calcolato nei mesi scorsi la somma da restituire agli utenti, pari secondo una stima forfettaria, a 5.917.156. Tale cifra è stata calcolata applicando il 7% solo al periodo compreso fra il 21 luglio ed il 31 dicembre 2011.
Il periodo successivo, quello che comprende il 2012 ed il 2013 infatti - spiega Alessandro Mazzei il direttore dell'AIT - "prevede l'applicazione del nuovo metodo tariffario fissato dall'AEEG".

In base ai calcoli effettuati dall'AIT, a ciascuno dei 1.810.454 toscani dovrebbero essere rimborsati in media 3,27 euro. La stima varia da gestore a gestore, a secondo del livello degli investimenti fatti rispetto alla tariffa fissata. E così mentre l'Acquedotto del Fiora che serve i 276 mila utenti nelle provincie di Siena e Grosseto, restituirà  a ciascuno di essi 37 centesimi, Publiacqua, che serve invece 628 mila utenti nelle provincie di Firenze Prato e Pistoia, restituirà 5,36 euro ad ognuno.

I comitati sono in fase di mobilitazione poichè, dicono,  il metodo tariffario fissato dall'AEEG non può essere applicato in maniera retroattiva e in modo arbitrario, in quanto l'ammontare delle somme da restituire risulta più basso rispetto a quello calcolato con il metodo applicato nella bolletta con cui quelle cifre sono state incassate dai gestori. Secondo i comitati la cifra da restituire ai 1.810.454 toscani sarebbe pari a 28,8 milioni di euro. Per questa ragione e per la riproposizione con la nuova tariffa della remunerazione del capitale investito, i comitati per l'acqua pubblica impugneranno di fronte al TAR della Toscana le tariffe ed i rimborsi proposti dai vari gestori. (cm)





giovedì 2 gennaio 2014

Le nuove tariffe idriche e la restituzione della remunerazione del capitale investito








I primi di dicembre l'Autorità Garante Per l'Energia Elettrica ed il Gas ha reso noto il nuovo metodo tariffario per quanto riguarda il servizio idrico. Le nuove tariffe, che entreranno in vigore a gennaio 2014, sono rivolte a tutti quei gestori che nel 2013 non hanno presentato all'Autorità stessa un piano tariffario.

RomaA inizio dicembre il presidente dell'Autorità Garante per l'Elettricità ed il Gas; Guido Bortoni, aveva ammonito i vari gestori di provvedere entro trenta giorni alla determinazione della cifra indebitamente percepita e da restituire agli utenti del servizio idrico, in forza dell'esito del referendum del  giugno 2011. Si tratta di quel 7% di remunerazione del capitale investito  che la maggior parte dei gestori idrici continuavano indebitamente ad incamerare attraverso la bolletta dell'acqua. Per questa ragione i promotori del referendum avevano lanciato la campagna di Obbedienza Civile, attraverso cui i cittadini si autoriducevano la bolletta dell'acqua, assistiti da un pool di esperti tra cui anche numerosi avvocati.

Ebbene in alcune città, tra cui anche Roma, questa campagna aveva spinto i gestori ad attuare una politica serrata di distacchi del servizio idrico, anche di fronte ad insoluti di importo non rilevante, e spesso senza neanche il preavviso necessario, in barba alle procedure recentemente ribadite dalla stessa AEEG. 

Sempre a dicembre l'Autorità Garante aveva fissato il nuovo metodo tariffario idrico, ufficialmente per favorire costi più efficienti e per stimolare maggiori investimenti, in modo da ridurre le perdite dalla rete e l'impatto dell'inquinamento ambientale dovuto alle acque reflue. In relazione al nuovo metodo tariffario, in vigore dal 1° gennaio 2014, i criteri guida sarebbero due: "la selettività e la responsabilizzazione da attuare attraverso una regolazione asimmetrica, capace di adattarsi alle diverse esigenze di un settore molto differenziato a livello locale e nella governance". 

Ricordiamo che nel 2013 erano già state approvate dall'Autorità le tariffe di 486 gestioni, in base al precedente metodo tariffario, per un totale di 20 milioni di abitanti serviti. In relazione a quei comuni in cui erano state riscontrate nelle acque quantitativi di arsenico superiori a quelli consentiti, l'Autorità ha deliberato ulteriori verifiche sui gestori, tese a valutare l'effettiva adozione delle misure necessarie a riportare i parametri nei limiti consentiti.

Recentemente alcuni comitati emiliani hanno calcolato gli aumenti introdotti dal nuovo metodo tariffario:  in base ai calcoli la città più penalizzata sarebbe Piacenza, assieme a Bologna e Modena, con un incremento medio del 13%. Ma non solo. Altro elemento criticato dai comitati è la sostanziale riduzione degli investimenti previsti.

Ma la questione che desta più indignazione riguarda la tanto sventolata restituzione. Ad esempio in Emilia Romagna verrebbero restituiti solo 9 milioni sui 30 calcolati dai comitati. Secondo Enrico Menozzi di ATERSIR: "Ai piacentini verranno restituiti 1 milione e 500 mila euro attraverso le bollette del prossimo anno, e cioè, diviso per ogni singolo contribuente, circa il 4% di quanto si spenderebbe". 

Per il Comitato Acqua Bene Comune, la cifra che complessivamente verrà restituita, è stata calcolata sulla base del nuovo metodo tariffario anzichè sul vecchio. Ad esempio agli utenti di Bologna saranno restituiti circa 2,2 milioni di euro, ma nulla verrà rimborsato a Parma, Modena o Ferrara, in quanto non erano stati riconosciuti ai gestori i profitti finanziari. 

Per questo motivazioni, in altre regioni come la Lombardia, i comitati hanno già presentato ricorso al TAR, contro il nuovo metodo tariffario dell'Autorità Garante. Le udienze preliminari sono già attese per il 23 gennaio. (cm)