venerdì 30 novembre 2012

Il diavolo, l’acqua (pubblica) e le multiutility

di William Domenichini


 27 milioni di cittadini italiani, la maggioranza assoluta, hanno votato un referendum per sottrarre la gestione dei servizi, acqua in primis, alle grinfie di privati, multinazionali, fondi d’investimento e altri “vampiri” più o meno neoliberisti. Neanche un mese dopo quel voto, tra deficit e debiti pubblici, la speculazione finanziaria internazionale mise in ginocchio la gracile economia italiana e sotto scacco Eurolandia1. Si passò dall’arlecchinesco governo Berlusconi, che in pochi mesi varava manovre bis da 54 miliardi di euro2 sotto dettatura della Bce3, al sobrio governo tripartisan bocconian/style, per fare il compito direttamente, senza dettati. Il filo conduttore rimane incostituzionalmente definito sia sotto il profilo del lavoro4, che diventa soggetto a deroga privata al vaglio delle necessità dei mercati, sia sotto l’ondata di privatizzazioni5 che tentano di vanificare l’esito referendario6. Nelle turbolenze speculative che travolgono economie comatose sull’orlo del default, tra rating, indici e spread, tra acronimi attorcigliati a cifre vomitate da un unico tubo catodico, “con l’Euribor c’è chi sta impazzendo7 in una sorta di sabba finanziar-mediatico.
Sindacati più o meno labilmente indignati invocano il fantasma della crescita come se fosse un obbligo contabile, senza mettere in dubbio il modello fallimentare, condiviso con una classe politica che finge contrapposizioni, convergendo sulla necessità di tagliare, spremere ed attendere le reazioni dei mercati, in nome di una coesione che, paradossalmente, si invoca tra chi subisce gli effetti della crisi e chi l’ha causata. Fasce tricolori scendono in piazza denunciando il rischio che ai comuni squattrinati rimangano solo funzioni anagrafiche mentre i loro soci privati, padroni di acqua o costruttori di inceneritori, piangono lacrime di coccodrillo dopo aver venduto la pelle dell’orso e gli uragani speculativi sgretolano pacchetti azionari in mano pubblica: Bologna, comune azionista di Hera8, se vendesse oggi le proprie quote incasserebbe poco meno di 200 milioni di euro, quando a fine 2007 ne valevano circa 5509!
Magia nera? Certamente se Merola piange, Doria, Pisapia, Alemanno o Fassino10 non ridono: l’estate passata scioglie quasi un quarto dei titoli della lombarda A2A11, squaglia il 30% della romana Acea12, dissolve circa il 40% del gigante Iren13 e l’odore di zolfo è ancora più intenso di qualche mese fa (Rileggete “Multiutility, multibusiness…“). Le decapitazioni del prof. Woland14 toccano tanto ai manager quanto a quegli economisti che, con dire più o meno keynesiano, vaticinano accademismi da salotto televisivo, ammonendo che i numeri son numeri e che i sacrifici vanno fatti, così com’è stato in Argentina, com’è in Grecia o come sarà, ma guai parlare di Islanda15, Bolivia, o di altri mondi, seppur possibili. Tra imbrogli alla Goldman Sachs16, di cui vantiamo eminenti esponenti al governo, ed apocalissi alla Lehman Brothers17, la libera volpe è rimasta sola nel libero pollaio ad azzannare i resti fumanti delle carcasse e le exit-strategy, in questa crisi costituente vengono affidate a ministri tecnici che si formano proprio con le ricette del fallimento, sostenuti da destra a pseudosinistra da primarie, al netto delle sfumature: aiuti pubblici a banche intossicate con debiti sovrani, riduzione drastica di spesa pubblica, tagli a bilanci sociali a cui corrisponde aumento di disoccupati e rarefazione di servizi proporzionale alla loro privatizzazione. Cose di un altro mondo, cose da demoni.
Il diavolo farà anche le pentole, ma spesso si dimentica i coperchi. Il consiglio comunale di Forlì viene chiamato ad esprimersi sulla fusione tra l’emiliana Hera e l’omologa veneto-giuliana Acegas-Aps. Chissà se qualche accolito di Woland si sia impossessato del sindaco che, nonostante la linea del partito (Pd), si oppone ad un’operazione che acuirà la “debolezza strutturale della ‘politica’ sulle scelte della multiutility” alimentando la difficoltà “di ri-orientare le politiche aziendali, per portarle là dove vogliono i cittadini, elettori e insieme consumatori” e Forlì, che incentiva il porta a porta, si scontra con l’azienda che punta sull’incenerimento dei rifiuti18. Lo zampino luciferino evidentemente non si ferma a Forlì, ma continua a burlarsi di Politburo e Cda strappando il no alla fusione anche i Comuni di Rimini, Cesenatico (Fc), Porretta Terme (Bo), Monghidoro (Bo), Sassuolo (Mo), Rocca San Casciano (Fc), Civitella di Romagna (Fc), Premilcuore (Fc), Predappio (Fc), Portico (Fc) e San Benedetto (Bo).
Dall’altro lato dell’Emilia cambiano gli attori ma l’odore è il medesimo, di zolfo. Too big to fail: se la montagna scricchiola va resa ancora più mastodontica e l’ombra pantagruelica della fusione tra l’emilian-torines-genovese Iren e la lombarda A2A si fa minacciosa in chiave di costituzione di una grande multiutility del Nord, al netto della “guerriglia” dei comitati in difesa dell’acqua. Scendiamo di latitudine e nel Lazio troviamo 30mila demoni, tutti con diritti di cittadinanza, che firmano per una legge d’iniziativa popolare regionale su “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque19, ed alcune amministrazioni locali deliberano il proprio sostegno all’iniziativa. Chissà se Woland si è impossessato anche della fascia tricolore di Corchiano (Vt), tant’è che il comune “virtuoso” coinvolge altre 26 amministrazioni, in rappresentanza di oltre 220mila elettori, per sostenere la possibilità di indire un referendum propositivo sul testo proposto, qualora la Regione non legiferi. Nel mentre Woland si è anche travestito da Batman, il consiglio regionale si è sciolto20, e con tutta probabilità i laziali andranno a referendum. The devil makes work for idle hands.
Liguria, La Spezia, Acam. Quella che fu l’Azienda Consortile Acqua e Metano, oggi è una Holding Spa pubblica, con soci i comuni spezzini: una scatola che contiene Ambiente, Acque, Gas (con quote pubbliche solo per il 51%, il resto è in mano della privata ItalGas SpA), Clienti, InTeGra e Centrogas, un presidio produttivo fondamentale per occupazione, prospettive economiche del territorio e per i servizi essenziali che eroga. L’enorme deficit aziendale porta a cliché risolutivi: tagli, privatizzazioni, cessioni. L’operazione più succosa, la fusione per incorporazione con Hera, salta rovinando a qualcuno uno dei giorni più belli della vita21, ma i problemi, al netto dei matrimoni falliti, sono sempre i soliti e se dal punto di vista aziendale si manifestano nell’enorme indebitamento, da un punto di vista semantico si traducono nel significato di responsabilità. Per salvare l’azienda dal baratro non servirà riproporre la storia della sua gestione, decisamente poco oculata (se vogliamo limitarci agli eufemismi) tra clientelismi e vani sogni di grandezze, ma far luce sull’ultimo atto della saga, il Piano di Riassetto -  (pdf - 552.89 kB).
Il bilancio 2011 certifica il significativo miglioramento dei profili di redditività – produzione aziendale e nelle ipotesi di riassetto si afferma che “il risultato netto è negativamente influenzato dalla gestione straordinaria per l’effetto di svalutazioni di rettifiche di valori di attività”, tuttavia si chiede di vendere l’azienda del gas. Responsabilità non significa vendere i settori più redditizi impoverendo la società sotto il profilo patrimoniale e finanziario, in un film peraltro già visto quando venne ceduto il 49% del gas nel 2003 o quando si contrattò il project financing per coprire gli “investimenti” della società idrica. Come allora si disse ”non si può fare altrimenti”, anche oggi il primo cittadino spezzino, che a differenza del suo parigrado forlivese è decisamente fedele alla linea, propone una versione amministrativa della Hobson’s choice: “chiedetemi tutto ma non di non vendere”. Casomai non bastasse, nel piatto del mercato c’è anche il 49% di Acam Ambiente, ma che cosa c’è di responsabile anche in questa cessione? Nulla, se si pensa che nell’ipotesi di riassetto si assume l’obbiettivo di raggiungere il 65% di raccolta differenziata nel 201722, nulla se si pensa di riaprire una discarica già satura (Vallescura) fino alla fine dell’anno per poi attendere che qualche privato risolva la questione, sulle tariffe e sulla pelle dei cittadini.
Riavvolgiamo il nastro. Acam è pubblica, tradotto i proprietari sono i cittadini spezzini, ma alcuni sindaci, delegati a rappresentarli, stipulano contratti con l’azienda, di cui rappresentano la proprietà, non adeguati ai servizi erogati, ossia tali da essere in perdita per l’azienda stessa. Nell’accordo sul riassetto, e quindi nella prospettiva di cessione del 49% dei servizi ambientali ad un privato, i primi cittadini si impegnano a “riadeguare i contratti di servizio secondo criteri di sostenibilità economica e finanziaria”, tradotto, finché era in mani pubbliche si gestivano i servizi anche in perdita, se la vendiamo paghiamo il dovuto. Curioso concetto di res pubblica, tant’è che i contratti di servizio si rifanno sulle tariffe: sarà un caso che su 32 comuni spezzini solo 3 sono a TIA, mentre gli altri sono ancora a TARSU? Una domanda non banale se si pensa che la TIA deve coprire l’intero costo del servizio, mentre la TARSU no, consentendo un margine di bilancio che la tariffa non permette e quindi un margine nel contratto di servizio stesso. Woland ci rimette lo zampino e prevede un’adeguamento tariffario per quei sindaci maghi della contabilità, ma ancora una volta riemerge il concetto di responsabilità: questi sindaci dovrebbe dire, prima della prossima tornata elettorale, quanto ammonta il debito dei loro comuni per aver stipulato contratti di servizio in perdita per l’azienda, e quantomeno iniziare a rinunciare a qualche “evento” contribuendo al risanamento del debito su cui Acam, ed i suoi lavoratori, incombono. Più in generale sembra un film già visto che fa pensare ad un disegno ben preciso: finché l’oggetto del contendere è di tutti, allora lo lasciamo andare in malora.
Vi ricordate i 27 milioni di “Si” con cui abbiamo iniziato la storia? 100mila di loro sono spezzini che twitteranno #oppureirresponsabile? Nel Piano di Riassetto, badate di riassetto (cercasi Piano Industriale disperatamente!), non si fa chiarezza sulla pubblicità dell’acqua, anzi, si prospetta l’aumento della tariffa idrica nonostante la diminuzione dei consumi. Qual’è la responsabilità di chi pensa all’acqua come mera voce di bilancio? Forse si perde nell’ignoto come si è persa la ragione e la logica responsabile di chi ha contratto derivati facendo perdere ad Acam qualcosa come 11 milioni di euro23, e nonostante ciò c’è chi ci sta provando a venirne fuori: le procure di Milano e di Acqui Terme, dove i giudici hanno rinviato a giudizio un alto funzionario di UniCredit per il reato di truffa aggravata nei confronti del comune di Acqui Terme per i sei derivati venduti tra il 2004 e il 200624.
Possibile che la responsabilità diventi irresponsabilità e le proposte di salvataggio di un’azienda pubblica finiscano nel ormai desueto e logoro socializzare le perdite e privatizzare i ricavi? Destino cinico e baro quello della cosa pubblica in epoca montiana, dove un percorso assunto come unico ed ineludibile e che conduce verso il baratro è definibile responsabilmente, mentre dare a Cesare quel che è di Cesare(o ad Acam quel che è di Acam) un’evidente irresponsabilità. Con ovvia conseguenza il pensiero unico corrisponde all’appiattimento di quasi tutte le forze politiche locali, eccezion fatta per qualche consigliera comunale25, in fondo Woland è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini.
Note:1 D.Rushe, The Guardian (4 October 2011), “Italy downgrade deepens contagion fears over euro debt crisis”2 T. Boeri, www.lavoce.info (7 settembre 2011), “I numeri della manovra approvata dal Parlamento”3 Corriere della Sera (29 settembre 2011), “Lettera della Bce all’Italia: liberalizzazioni, pensioni, lavoro”4 D.d’Amati, Articolo 21 (9 settembre 2011), “Plateale incostituzionalità dell’art. 8: demolisce i diritti dei lavoratori”5 F.De Benedetti, Il Fatto Quotidiano (28 agosto 2011), “Manovra incostituzionale sui servizi pubblici. E non basta tenere fuori l’acqua”6 U. Mattei, Il Manifesto (30 settembre 2011), “I buoni motivi per evitare il saccheggio”7 Brunori Sas – Vol. 1 (2009),“Come stai” – [Video clip]8 Quotazioni Hera – [http://www.borsaitaliana.it/]9 Il comune di Bologna possiede il 14,99% di Hera, società con capitalizzazione dichiarata a € 1.218.933.036. A dicembre 2007 il titolo Hera veniva quotato a 3,083. Oggi vale 1,020 (26/09/2011)10 Rispettivamente sindaci di Bologna (14,990% di Hera), di Milano (27,456% di A2A), Roma (51,00% di Acea), Torino (35,964% di Iren)11 Quotazioni A2A – [http://www.borsaitaliana.it/]12 Quotazioni Acea – [http://www.borsaitaliana.it/]13 Quotazioni Iren – [http://www.borsaitaliana.it/]14 M.Bulgakov, “Il Maestro e Margherita” (Newton Compton, 1990) p.11115 R.Sorrentino, Il Sole24Ore (6 Gennaio 2010), “Dietrofront dell’Islanda: non paga i debiti”16 F.Rampini – Repubblica (17 aprile 2010), “A sorpresa arriva il colpo più duro per gli inaffondabili di Wall Street”17 “Lehman Brothers Holdings Inc. announces it intends to file chapter 11 bankruptcy petition”, Lehman Brothers Press Release (September 15, 2008)18 Il consiglio comunale di Forlì dice no alla fusione tra HERA e ACEGAS - http://www.informaforli.it19 www.referendumacqualazio.it20 News - Consiglio regionale del Lazio21 M.Ursano, www.cronaca4.it (19 novembre 2010), HERA-ACAM, Paita: “Dopo la nascita di mio figlio è il giorno più bello della mia vita”22  La legge impone il 65% di raccolta differenziata per la fine del 2012.23 Il Secolo XIX (28 ottobre 2009), lop dei derivati, Acam cita l’ex ad Tortora24 M.Frisone, Il Sole24Ore (22 novembre 2012), “Derivati agli enti locali, UniCredit a processo ad Acqui Terme con l’accusa di truffa aggravata”25 M.Toracca, Il Secolo XIX (23 novembre 2012), “Cossu (PRC) volta le spalle a Federici”

 http://www.informazionesostenibile.info/5979/il-diavolo-lacqua-santa-e-le-multiutility/

LAZIO, EMERGENZA ACQUA INQUINATA DA SOSTANZE TOSSICHE E CANCEROGENE COME CIANOBATTERI E RELATIVE MICROCISTINE


ettera aperta rivolta a istituzioni, associazioni, movimenti e personalità impegnati in difesa della salute e dell'ambiente,  della dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia)

Redazione
Viterbo - "Egregi signori,
come forse già saprete, e' stato inviato dal Ministero della Salute all'attenzione della Commissione Europea uno schema di decreto interministeriale che propone l'introduzione di alcune modifiche al Decreto Legislativo 31/2001 relativamente ai requisiti di potabilità delle acque (notification number 2012/0534/I - C50A, title "Schema di decreto interministeriale per l'introduzione, nell'allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, del parametro "Microcistina-LR" e relativo valore di parametro"). - Scrive in una lettera aperta rivolta a istituzioni, associazioni, movimenti e personalità impegnati in difesa della salute e dell'ambiente la dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia)" - Tale schema di decreto, prosegue la lettera della Litta - introduce de facto l'ammissibilità della presenza di contaminazione da cianobatteri e loro microcistine nelle acque destinate a consumo umano, laddove invece la presenza di tale agente inquinante non deve essere ammessa in nessun caso nell'acqua potabile.
E' a tutti evidente che l'approvazione e l'entrata in vigore di tale decreto viola la vigente legislazione ed avrebbe come esito un gravissimo danno per la salute delle persone e per l'ambiente. Basti considerare la situazione del lago di Vico: questo lago e' affetto ormai da lungo tempo da un gravissimo processo di eutrofizzazione e da sempre più frequenti e massicce fioriture del cianobatterio Plankthotrix rubescens, detto anche alga rossa, capace di produrre una microcistina cancerogena, non termolabile e tossica per gli esseri umani, per la flora e la fauna lacustre, classificata dalla Iarc (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) come cancerogeno di classe 2 b.
L'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) ha gia' inviato al Responsabile per la Direttiva 98/34 della Commissione Europea un documento di Osservazioni finalizzate al rigetto dello schema di decreto interministeriale citato, ma occorre che vi sia una più ampia informazione, sensibilizzazione e mobilitazione.
Sollecitiamo pertanto un vostro tempestivo intervento sia nei confronti della Commissione Europea (in primis presentando ulteriori Opposizioni al Responsabile per la Direttiva 98/34 della Commissione Europea), sia nei confronti dei  Ministeri italiani coinvolti, sia per informare e sensibilizzare l'opinione pubblica e tutte le istituzioni variamente interessate, affinche' lo schema di decreto interministeriale sia rigettato dalla Commissione Europea ovvero revocato dai Ministeri italiani.
I tempi per intervenire presso la Commissione Europea presentando Osservazioni in opposizione allo schema di decreto sono ristretti: occorre che le Osservazioni pervengano all'ufficio preposto entro la metà di dicembre. - La lettera aperta conclude -  E gli stessi tempi sarebbero opportuni per intervenire presso i Ministeri della Salute e dell'Ambiente.
Nella speranza di un vostro tempestivo impegno, e restando a disposizione per ogni ulteriore informazione e documentazione, vogliate gradire cordiali saluti".

http://www.osservatorelaziale.it


domenica 25 novembre 2012

Legambiente denuncia Publiacqua

PISTOIA. Presentata alla procura della Repubblica di Pistoia una denuncia-querela verso Publiacqua spa per appropriazione indebita, da parte di Legambiente Pistoia in merito alla quota tariffaria del...


PISTOIA. Presentata alla procura della Repubblica di Pistoia una denuncia-querela verso Publiacqua spa per appropriazione indebita, da parte di Legambiente Pistoia in merito alla quota tariffaria del 7% per la remunerazione degli investimenti nella rete idrica, ancora prevista nelle bollette delle utenze. «A seguito dell’esito referendario favorevole del giugno 2011, dal 21 luglio dello stesso anno non deve essere prevista in bolletta alcuna remunerazione del capitale investito – afferma Antonio Sessa, presidente del sodalizio che fa parte del comitato pistoiese per l’Acqua pubblica – che nell’Ato 3 al quale il comune di Pistoia appartiene diviene il 13,02 %, lo stabilisce la Corte Costituzionale nella sentenza n. 26 del gennaio 2011 ritenendo immediatamente applicabile l’esito referendario. Non abbiamo notizia di Comuni che hanno adempiuto al risultato, pertanto Legambiente Pistoia ha scelto di costituirsi parte civile, come per altre questioni, in caso di vittoria devolviamo le risorse in iniziative di beneficenza, come per i bambini di Chernobyll ospiti a Pistoia o per quelli di Fukushima che arriveranno a dicembre».
I promotori chiedono la restituzione di quanto già corrisposto indebitamente dai cittadini, sempre dal 21 luglio 2011, legale dell’associazione è Pamela Bonaiuti già vincitrice di altre cause come quella sull’inceneritore di Montale. «Il 13,02% in bolletta si traduce in milioni di euro – precisa Rosanna Crocini, portavoce del Forum per l’Acqua pubblica di Pistoia – le spa attuali gestori del servizio stanno cercando di allungare le durate di validità dei contratti di affidamento. L’amministrazione Berti si era espressa per l’allungamento del contratto a Publiacqua, evitata grazie alla contrarietà di altre amministrazioni locali dell’Ato 3. Il 60% di parte pubblica si suddivide però tra 49 Comuni e Pistoia detiene solo il 4% circa di Publiacqua, il potere nella società è quindi in mano alla parte privata che esprime l’amministratore delegato, tanto è vero che dalla primavera scorsa non viene rinnovato il consiglio di amministrazione.
Leonardo Soldati

http://iltirreno.gelocal.it/pistoia/cronaca/2012/11/24/news/legambiente-denuncia-publiacqua-1.6086035

Se bevi veleno a due passi da Siracusa


26/11/2012 - Davanti al mare blu della Sicilia diversi pozzi sono contaminati da idrocarburi. Le famiglie sono rifornite con serbatoi e ancora non si parla di "bonificare" l'area

Idrocarburi. E’ questo quello che contiene l’acqua di alcuni pozzi di Città Giardino, frazione del Comune di Melilli. All’interno dell’area c’è contrada Spalla, con i serbatoi della Erg a due passi. Strutture che forse a lungo andare hanno portato alla contaminazione di 9 pozzi freatici, ora sotto sequestro. Il “danno”? Non è ancora quantificabile. Il mare da una parte, i fumi degli impianti (ora Lukoil-Erg) dall’altra. Una raffinazione di circa 320 mila barili al giorno con una capacità di stoccaggio di oltre 4 milioni di metri cubi di prodotti e materie prime. E le falde si inquinano. Tutto a due passi dal mare siculo.

REVIVAL- La storia dell’acqua inquinata a Priolo Gargallo non è nuova. Ci sono video come questo, che racconta dell’ acqua al benzene. Siamo a due passi da Priolo, anno: 2002.  Il problema è che dopo i lavori di impermeabilizzazione si ritorna sempre al punto di partenza. I nuovi pozzi inquinati diventano di dominio pubblico questo aprile, tramite denuncia di un privato. Subito dopo l’Isab stessa ha avviato carotaggi nella propietà, tramite la ditta Golder. La relazione (con tutte le campionature) finisce in primavera sul tavolo della provincia. Il 2 maggio Isab invia una nota con cui ha riscontrato la presenza di prodotto surnatante al confine meridionale della proprietà. Il 3 l’Arpa individua i primi due pozzi contaminati. Nel tavolo tecnico del 29 maggio Isab  si dichiara disponibile a estendere le indagini anche al di fuori del suo perimetro. Ma non può farlo. Spetta al comune autorizzare l’azienda e coordinare altri carotaggi. Passano i mesi, ma non si fa nulla. L’Arpa continua prelevare campioni. Si scopre che il pozzo che innaffia le piante del centro commerciale, a pochi passi dallo stabilimento è contaminato. Viene chiuso subito e posto sotto sequestro. Nel frattempo come in un gioco a domino aumentano i prelievi e con loro le fonti trovate con “forte odore di idrocarburi”. Il 24 agosto Arpa e Provincia esortano il comune a prendere provvedimenti. Ancora nulla.

IL PEGGIO – A Melilli, Antonio Annino è consigliere d’opposizione. Decide di indagare e ora chiede, assieme ad altri suoi colleghi, l’istituzione di una Commissione speciale d’indagine per identificare le zone contaminate. Annino parla di ritardi di mesi da parte del comune e di altre amare scoperte: “Sono venuto a conoscenza dei pozzi ad aprile e ho presentato all’istante interrogazioni comunali in merito. La cosa incredibile è che approfondendo ho scoperto che a Marina di Melilli c’è un altro tipo di inquinamento: tricloroetano e diossina, individuati in 14 gazometri nella zona industriale”. “Trovo difficoltà a reperire documenti – aggiunge  - Ce ne sono tantissime di queste problematiche. Chiediamo una commissione per sentire in audizione diverse persone, cercando di accelerare il Mise (ovvero la messa in sicurezza d’emergenza dell’area). Alcuni nuclei familiari vengono riforniti con gli autobotti”.
I RACCONTI – Un quotidiano locale “Lanota7” ha pubblicato alcuni documenti e foto attirando di recente l’attenzione, ma i raffinati del petrolio sono ancora lì e fanno paura. Si parla ancora di mani che lavate con acqua e sapone “puzzano di benzina”:
Se lavarsi le mani significa portarsi dietro la puzza del petrolio grezzo si può anche sopportare, lo stesso non si può dire per un ristorante che deve lavare anche i piatti e le pentole. Non si può certo servire la clientela su piatti che puzzano di idrocarburi. E anche se al cliente si offre l’acqua minerale, non si può pretendere che la beva in un bicchiere sciacquato con la benzina super.
ANALISI – Una ordinanza del sindaco il 26 settembre scorso ordina di iniziare i controlli ai pozzi di Contrada Spalla, un monitoraggio fatto da Arpa Sicilia e Asp Siracusa: “affinchè la polizia ambientale del Comune si affiancasse alle altre autorità che indagavano sulla vicenda opportunamente mai specificata per timore reverenziale, presupponiamo, verso i potenti inquinatori”. Purtroppo a ottobre i risultati ottenuti non fanno sperare al meglio. Su 20 pozzi privati esaminati nove sono contaminati da benzene, etilbenzene, xileni e MTBE. Una area di 16 ettari di veleno.
“Le indagini hanno altresì evidenziato che solamente pochi pozzi erano stati regolarmente autorizzati allo sfruttamento della risorsa idrica dall’autorità preposta. A scopo precauzionale è stato altresì campionato il pozzo pubblico “Cannizzo” del Comune di Melilli, già sottoposto ai controlli istituzionali dell’Asp Siracusa per la potabilità dell’acqua e monitorato dalla stessa Arpa nell’ambito del Piano di Monitoraggio dei corpi idrici della Provincia di Siracusa. Le analisi chimiche hanno confermato la assoluta estraneità del predetto pozzo al fenomeno di contaminazione in atto in Contrada Spalla (in quanto ubicato idrogeologicamente a monte) e la conformità di tutti i parametri ai limiti imposti dalla normativa sulle acque destinate al consumo umano (legge 31/2001). Sono al vaglio della Procura della Repubblica di Siracusa le cause che hanno determinato questo fenomeno di contaminazione”.

DIPENDENZA – Augusta, Priolo, Melilli some piccole Taranto, inglobate da strutture inquinanti che danno solo quel lavoro. Da decenni gran parte dell’economia è legata allo stabilimento Isab. Ora le azioni del gruppo sono divise  l’80% da Lukoil e 20% da Erg. La crisi c’è anche qui, sopratutto in Sicilia. Già diversi dipendenti non hanno ottenuto il rinnovo del contratto, e i sindacati sono sul piede di guerra. Il 21 settembre scorso, gli operai della Sina Service, che non hanno ottenuto il rinnovo dell’appalto di manutenzione della struttura, hanno bloccato i cancelli e le riforniture. In tutto sono 110 i lavoratori esclusi dal rinnovo contratto Isab , 70 provenienti da Versalis e 20 da officine esterne.
LA PIAGA - Biagio Gionfriddo, consigliere provinciale ha reso pubblicabili i documenti e le relazioni di questi mesi. Come un film già visto, mi racconta i casi passati in cui strutture della raffineria erano “colabrodo” e inquinavano il mare siculo. “Non è una novità, che galleggiamo sopra una palude di prodotti idrocarburici. E’ già successo nel 2001 in territorio di Priolo nel pozzo Cannamela. I pozzi comunali al tempo furono forniti di filtri al carbonio attivo”.
BONIFICARE – Nel 2010 il ministero dell’Ambiente individuò il Sin (sito di interesse nazionale) all’interno del cui ha competenza diretta. Lo spazio si limita alle strutture industriali ma il problema, ora, è fuori da quei cancelli. Nel 2006 è stato attribuito il testo unico dell’ambiente, in cui chi causa la perdita, deve occuparsi delle caratterizzazioni del suolo. Nel 2007 per esempio il tracciato della fascia tubiera, che va dal pontile Isab (Siracusa) fino ai stoccaggi (Priolo) aveva perdite. E ora? “Sono venuto a conoscenza dei pozzi inquinati ad aprile. Fino ad oggi ci sono state una serie di riunioni e monitoraggi, ma nei terreni Isab. I pozzi sono in territorio di Mellili. La società ha chiesto di poter introdursi per le indagini. Da Aprile fino al mese scorso devo dire che il comune di Melilli ha un po’ deluso queste aspettative”. Ora sembra che la competenza spetti alla Regione perché l’area non è sotto competenza ministeriale. “Occorre accelerare i tempi. La zona è industriale, ma a 500 metri c’è Città Giardino e un centro commerciale. Io credo che la cosa più intelligente da fare sia allargare la zona SIN. Ho rischiato la denuncia per procurato allarme- ma non è allarme è semplicemente tenere alta l’attenzione su una problematica”. Intanto i pozzi chiudono, i mesi passano e l’acqua scorre. Come veleno.

http://www.giornalettismo.com/archives/617565/lacqua-avvelenata-a-due-passi-da-siracusa/2/

mercoledì 21 novembre 2012


 




Arsenico, 50 giorni a chiusura rubinetti
e Acea dà via a espropri per nuovi acquedotti
Scade la deroga Ue, entro il 31 dicembre 9o amministrazioni del Lazio devono mettersi in regola con i limiti massimi di metallo nella potabile: 900 mila cittadini a rischio

ROMA - La terza deroga concessa dalla commissione europea sta per scadere, 50 giorni allo stop all'erogazione di potabile «inquinata», eppure i lavori sulle rete idrica procedono a rilento. Tanto che in alcuni casi Acea sta intervenendo con procedure di esproprio per realizzare nuove condotte idriche. E alcuni Comuni progettano, in ritardo, 95 dearsenificatori. I Verdi chiedono al ministro della Salute e alla commissione ambiente della Camera di convocare Renata Polverini: in tanti comuni l'arsenico supera ancora la soglia dei 10 microgrammi litro, limite oltre cui l'acqua - secondo l'organizzazione mondiale della Sanità - non è ritenuta potabile. Circa 900 mila persone potrebbero restare senz'acqua se il consumo venisse vietato per mancato adeguamento ai limiti.
LAVORI IN CORSO - Sono i 900 mila abitanti dei 90 comuni del Lazio - in parte Roma e Latina e tutta la provincia di Viterbo - interessati alla contaminazione di arsenico. La terza deroga concessa dall'Unione europea - fino a 20 microgrammi per litro il limite in deroga - scadrà il 31 dicembre 2012: neanche due mesi per riportare i livelli della sostanza sotto i dieci microgrammi litro, mentre i lavori di adeguamento della rete idrica, valutati in circa 100 milioni di euro dal commissario all'emergenza acqua Renata Polverini, nella maggior parte dei casi devono ancora cominciare. E nella migliore delle ipotesi si protrarranno per tutto il 2013.
VITERBO SENZA POTABILIZZATORI - A Viterbo - dove è in corso una indagine della magistratura - mancano ancora i potabilizzatori. Nell'agro Romano si pensa di ammodernare le vecchie condotte Arsial, a Latina la Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti per indagare su eventuali responsabilità da parte dei gestori e degli enti preposti alla tutela della salute dei cittadini. I Verdi del Lazio, inoltre, chiedono a Renata Polverini di fare una relazione alla commissione Ambiente della Camera dei deputati.
Mentre da più parti s'invoca la nomina di un commissario di governo in considerazione dalla situazione politica del Lazio e dei risultati poco soddisfacenti della Regione, nei territori interessati all'emergenza si è proceduto con interventi a macchia di leopardo e non ancora del tutto risolutivi.

INDAGINE EPIDEMIOLOGICA - A Viterbo, per esempio, è solo dopo la pubblicazione della preoccupante indagine epidemiologica che la Regione ha recuperato 24 milioni di euro per approntare la «fase due». Lavori sulla cui ultimazione non si sbilancia nessuno. Ad oggi si prevede la realizzazione di 33 potabilizzatori (per lo più dearsenificatori) in 16 comuni del Viterbese. I primi 20, pari al 60% dell'opera, verranno ultimati entro il 31 dicembre 2012. I restanti 13 potabilizzatori entreranno in funzione entro il 31 marzo 2013. Invece «per gli interventi di seconda fase - ha detto l'assessore Cangemi – che prevedono complessivamente la realizzazione di 49 potabilizzatori in 35 Comuni, è in corso di espletamento la conferenza dei servizi per l'approvazione dei progetti. Terminata la quale si procederà con l'appalto, la cui aggiudicazione è prevista per il prossimo mese di gennaio».
ESPROPRI NELL'AGRO - Un anno di cantieri, almeno, si prospetta anche nell'Agro Romano. A Sacrofano, Formello e Roma sono partiti gli espropri su oltre 50 terreni, in gran parte di privati, per consentire ad Acea Ato2 Spa di sostituire completamente le condotte dei vecchi acquedotti gestiti da Arsial e dell'acquedotto Camuccini. L’intervento prevede un investimento totale di circa 5 milioni e 300 mila euro, in parte cofinanziati dalle bollette che i cittadini pagano ad Acea. Anche qui non c'è molta certezza sui tempi: «Concluso il procedimento espropriativo senza particolari obiezioni ovvero atti ostativi - fa sapere Acea - sarà redatto il progetto esecutivo e una volta approvato sarà esperita la gara per la determinazione del contraente. Ad oggi è possibile stimare un inizio dei lavori entro l’estate del 2013 è gli stessi avranno una durata di 12 mesi».

CAOS A LATINA - In provincia di Latina, con 9 comuni interessati, le forze ambientaliste puntano il dito contro tutti: «L'indagine in corso delle Procure di Viterbo e Latina – fanno sapere il responsabile regionale Nando Bonessio e quello locale Giorgio Libralato - in seguito all'esposto dei Verdi per i dati sbagliati della Asl e per la mancata informazione ai cittadini, ha ripreso vigore in seguito ai dati sull'aumento dei tumori derivanti dal consumo dell'arsenico nell'acqua dei rubinetti. Anziché informare correttamente, Asl e Sindaci hanno trascurato il problema per anni, in seguito alle varie deroghe sul limite di arsenico nei rubinetti». Per trovare una soluzione, a meno di 2 mesi dalla scadenza dell'ultima deroga, «c'è bisogno di un altro esposto?», domandano.
«Serve da subito una riunione – concludono Bonessio e Libralato - coordinata dal Prefetto di Latina con i sindaci della provincia per informare in modo corretto i cittadini, per imporre al gestore i giusti provvedimenti di prevenzione e alle aziende alimentari provvedimenti di tutela della salute pubblica».
POLVERINI SPIEGHI - Dopo numerose interrogazioni senza risposta, i Verdi della Regione Lazio hanno invitato anche una richiesta al ministro della Salute Renato Balduzzi ed alla commissione ambiente affinchè si convochi la Polverini per relazionare in veste di commissario per l'emergenza. «Ci risulta che, ancora oggi - dice il presidente dei Verdi Ferdinando Bonessio - in molti comuni tra Roma, Latina e Viterbo venga erogata acqua con valori di arsenico superiori ai 10 microgrammi litro. Gli interrogativi sono molti: tra i tanti, chiediamo alla Polverini a che punto siano gli interventi previsti per ridurre l'arsenico nelle acque».
QUALI RISORSE PUBBLICHE - «Chiediamo quali siano le risorse messe a disposizione da Regione, gestori del servizio idrico e Comuni. Inoltre - aggiunge il presidente - vorremmo sapere quali provvedimenti si intende prendere per quei comuni che, dopo il 31 dicembre 2012, presenteranno livelli di arsenico oltre i 10 microgrammi per litro. Senza dimenticare che devono spiegarci cosa è stato fatto, in ossequio alla normativa comunitaria, per garantire l'acqua potabile ai bambini sino a tre anni di età».
DICEMBRE SI AVVICINA - Infine, Simonetta Cervellini, presidente della Federconsumatori Lazio, rammenta che l'emergenza non può passare sotto silenzio: «Entro il 31 dicembre 2012 i sindaci dovranno ridurre la presenza dell’arsenico entro i limiti tassativi di 10 microgrammi al litro. Chi non lo farà subirà le ordinanze di non potabilità, con tutte le conseguenze drammatiche del caso. La situazione che si presenta non è affatto rassicurante: studi seri di carattere medico hanno dimostrato le conseguenze nefaste prodotte nel tempo a danno dei cittadini che fanno uso quotidiano di acqua inquinata. E’ indispensabile, dunque, che chi ha responsabilità al riguardo, faccia il punto della situazione oggi, senza imporre successivamente la regola del 'fatto compiuto', così in voga nel nostro Paese».
Michele Marangon
9 novembre 2012 | 8:37
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_novembre_9/arsenico-acea-espropri-lazio-2112622242405.shtml