In una delle più belle regioni della Turchia, nella zona del
Mar Nero, è prevista, e in parte è già stata realizzata, la
costruzione di centinaia di centrali idroelettriche. La popolazione
locale si sente minacciata e lotta per il diritto all'integrità
dell'ecosistema. Un reportage
La regione del Mar Nero, una delle più belle della Turchia, avrà
presto un inquietante primato: ricca di corsi d’acqua come
nessun’altra zona del paese, diventerà anche quella con il numero
più alto di centrali idroelettriche. Ne sono previste ben 660 solo
nella tratta orientale tra Artvin e Giresun fra già operative, in
fase di costruzione o di progettazione. Ma ad affiancare questi
impianti di potenza superiore ai 30 MW ci saranno almeno altre
duemila micro-centrali che sorgeranno sui torrenti con una portata
idrica minore.
Uno scenario che la popolazione locale percepisce come una vera e
propria minaccia alla propria sopravvivenza, all’integrità
dell’ecosistema e della biodiversità e combatte utilizzando ogni
mezzo a disposizione: con battaglie legali, organizzandosi in
associazioni e, quando non resta altra via, anche in forme di
guerriglia.
La Valle
Solaklı, Karaçam e Köknar
“In passato lo stato veniva da queste parti giusto prima dei
periodi elettorali. Perfino Dio si era dimenticato di noi. Tutto ciò
che è stato costruito nei nostri villaggi è stato realizzato grazie
alle rimesse dei compaesani che vivono all’estero. Ora ci dicono
che il paese ha bisogno di energia, che dobbiamo pensare al bene
della nazione e rinunciare alla nostra terra. Io sono nata qui e
tutto ciò che chiedo è continuare a invecchiarci”. Remziye Oğuz
è una delle duemila anime che popolano Köknar e Karaçam, due
villaggi gemelli situati a 1200 metri di altitudine sulla Valle
Solaklı, in provincia di Trabzon.
I due paesi sono speciali, e non solo perché i suoi abitanti sono
tra le rare comunità della regione ad avere come madrelingua il
greco. Da due anni a questa parte la zona è teatro di ripetuti
scontri tra militari e paesani per via della ferrea resistenza
dimostrata da questi ultimi alla costruzione della centrale
idroelettrica Derebaşı, una delle 36 previste nella valle.
“Quando nel 2008 hanno costruito la prima centrale nella vicina
Çamlıkaya nessuno si è opposto perché era un progetto di piccole
dimensioni, che non ha causato danni all’ambiente”, racconta ad
OBC Murat Sarı, abitante di Karaçam e membro della “Piattaforma
per proteggere la Valle Solaklı”. “Oltretutto gli appaltatori
erano persone del luogo e benvolute dalla popolazione. All’inizio
abbiamo creduto che anche i progetti successivi avrebbero avuto lo
stesso impatto sulla natura. Quando in paese hanno organizzato la
prima riunione informativa, la gente non si è opposta. Ma ci eravamo
sbagliati. L’abbiamo capito con la devastazione ambientale causata
dall’impianto Balkondu-1 a Uzuntarla dove intere sezioni del
terreno sono state disboscate. Da quel momento abbiamo iniziato a
mobilitarci e ad impedire l’accesso delle società costruttrici
nella valle.”
“Lo scontro più violento si è verificato il 3 novembre 2011”,
prosegue Ahmet Kalma, proprietario del caffè di Köknar. “Le
autorità hanno inviato nell’area un plotone composto da 668
gendarmi per accompagnare le macchine da lavoro. Di fronte alla
resistenza dei paesani i militari sono intervenuti non risparmiando
nemmeno le donne, peraltro, sempre tra le prime file
dell’opposizione”.
“Prima dello scontro, mentre facevamo la guardia di notte sotto
la neve, un anziano del villaggio è arrivato con dei sacchetti pieni
di pane. Ci sembrava una scena surreale, ci sentivamo quasi sul
fronte di guerra. Qualcuno ha offerto il pane anche ai gendarmi,
eppure sapevamo che il giorno dopo quel pane ci sarebbe stato
restituito in forma di manganellate”, proseguono i due giovani.
Entrambi hanno trascorso decine di giorni in cella. Hanno a carico
diversi processi. “Ci chiamano continuamente a deporre in procura”,
racconta con un sorriso Aliye Tatlı. Come molte altre donne della
regione ha un forte senso dell’umorismo che trasforma la narrazione
delle loro battaglie in un’avventura comico-cavalleresca. Eppure è
anche molto decisa: “In questo modo pensano che ci stancheremo e
che ci faranno gettare la spugna. Ma non sarà così”.
Per Karaçam e Köknar le vie di difesa legali sembrano per il
momento esaurite, visto che il ricorso presentato dai due villaggi è
finito in prescrizione. Dalla parte opposta hanno avversari molto
forti. “La società concessionaria Derebaşı A.Ş., la cui
azionista principale è la Şekerbank, ha affidato il progetto in
subappalto ad una ditta che fa capo ai Saral, una potente famiglia
della nostra provincia con importanti legami in politica. Tra i nomi
coinvolti in primo piano figurano l’ex capo della polizia di Ankara
Cevdet Saral e l’ex ministro dell’Energia Fahrettin Kurt”,
spiega Sarı.
Anche se la costruzione della centrale non è ancora stata
avviata, il quadro complessivo della vicenda, assieme alle intrusioni
ormai quotidiane delle forze dell’ordine nella vita del paese,
sembrano alimentare un senso di impotenza e di rassegnazione tra la
popolazione. “La mia vita è condizionata interamente da questa
situazione”, aggiunge Sarı, “ma se non opponessi resistenza
morirei di rimorso in futuro”.
La Valle Hemşin
e il Villaggio Hilal
A est di Trabzon, a partire da Sürmene, inizia la patria del tè.
Nel villaggio Hilal, come in tutta la valle di Hemşin, da sei anni
l’attività principale è la coltivazione del tè biologico. A
lavorare la terra, come di frequente in queste zone, sono
esclusivamente le donne. Abdurrahman Aydın, tornato nel 2006 ad
abitare nel suo villaggio natio dopo una vita trascorsa tra Istanbul
e New Orleans, negli Stati Uniti, è un capo villaggio che si fa in
quattro per migliorare le condizioni di vita delle sue compaesane.
Spiega che sebbene lo stato incentivi la produzione del tè
biologico, poi lo acquista allo stesso prezzo di quello coltivato con
i concimi chimici. I tempi di crescita del biologico sono molto più
lunghi, e alla fine il suo prezzo sul mercato risulta essere tre
volte superiore all’altro.
Sul futuro della valle Hemşin pendono come spauracchi tre
centrali elettriche, i cui lavori sono stati per il momento bloccati.
Secondo gli abitanti della zona, se gli impianti dovessero essere
costruiti causerebbero dei danni irreparabili all’ambiente e alle
attività agricole di tutti i villaggi della valle. Mentre un primo
impianto è stato abbandonato dalla società di costruzione per
propria scelta dopo l’edificazione dello sbarramento della diga, il
progetto della Şaraksel Enerji A.Ş., approvato dal ministero
dell’Ambiente, è stato respinto nel 2009 da una sentenza del
tribunale perché privo di un rapporto sull'impatto ambientale. Un
decreto che ha messo i freni anche al progetto della terza centrale
della Mars Enerji Elektrik Üretim Ltd. presentato nel 2010.
“Il torrente già non è più come quello di una volta”,
afferma Ayşe Aydın, “in passato il flusso era così forte che non
ci faceva prendere sonno di notte. L’acqua rimasta basta appena ai
nostri bisogni, se costruissero la diga sarebbe la fine per noi.”
Ayşe Zorbozan e Melahat Aydın riferiscono che nei mesi invernali
quasi tutti gli abitanti si trasferiscono nelle grandi città,“il
paese diventa quasi impraticabile per le forti nevicate e la mancanza
di infrastrutture adeguate”, spiegano. A partire da aprile inizia
il ritorno e la popolazione del villaggio si moltiplica per
l’affluenza dei visitatori venuti a trascorrere l’estate
tuffandosi nelle acque del fiume Hemşin. “Ci piacerebbe abitare a
Hilal tutto l’anno ma non è possibile. Vorremmo che ci fossero
maggiori possibilità di lavoro e di attività legate al turismo.”
Tra le oppositrici più incallite delle centrali c’è anche
Seher Sarıçam, 75 anni, voce acuta e un lungo bastone che
accompagna il moto dei suoi discorsi. “Sai quanti mezzi devo
prendere da qui per andare in ospedale a fare una visita? Almeno tre.
E sai quanto costa? Prima di pensare a costruire una centrale
elettrica devono metterci un ospedale qui”.
Abdurrahman Aydın è convinto che la questione di fondo delle
centrali progettate nella loro valle non sia la produzione di
energia, ma l’appropriamento dell’acqua.“In uno dei progetti
presentati venivano descritte le caratteristiche idriche del
torrente, affermando che si tratta di acqua pulita e bevibile. Perché
mai si dovrebbe specificare che è bevibile se l’obiettivo è
unicamente la produzione di energia?” chiede.
“Anche se non viene pronunciata apertamente l’espressione
‘privatizzazione dell’acqua’ è quello che di fatto sta
avvenendo”, sostiene anche l’avvocato Yakup Okumuşoğlu, esperto
di tematiche ambientali e legale in oltre una ventina di processi
avviati dalla popolazione della zona contro le centrali. “Lo stato
concede alle società committenti il diritto di sfruttamento
dell’acqua in tratti di fiumi per 49 anni, prorogabili per altri
49. E si consideri che alcune volte su un unico fiume vengono
costruite anche decine di centrali”, ricorda l’avvocato.
L’inizio del boom delle centrali idroelettriche è riconducibile
al biennio 2004-2005, quando alcune riforme di legge hanno aperto le
porte della produzione dell’energia elettrica alle società
private. Il piano governativo mira a ricavare energia da ogni
possibile risorsa idrica per contribuire a diminuire la forte
dipendenza del paese da fonti di approvvigionamento estero. Il
potenziale idrico nazionale ammonterebbe (ad un livello puramente
teorico) a 433 miliardi di Kw/h annuali. Secondo il quotidiano
Milliyet, a dicembre 2012 risultavano 985 le società titolari
di un accordo di concessione per lo sfruttamento dell’acqua.
Finora le cause avviate dalle associazioni ambientaliste hanno
avuto in buona parte esiti a favore dei ricorrenti. Tuttavia, recenti
modifiche legislative rischiano di rendere più difficili gli
interventi del tribunale in futuro. Una recente legge ha infatti
abolito l’obbligo del rilascio del rapporto di impatto ambientale,
mentre un’altra in parlamento prevede l’apertura delle aree
protette dei parchi nazionali all’edificazione.
La Valle
Fırtına, Çamlıhemşin
La meravigliosa Valle Fırtına è una di queste aree protette.
Özlem e Özay Erol, attiviste per l’ambiente, gestiscono un motel
a Çamlıhemşin, in provincia di Rize, famosa anche per
l’apicoltura. Negli anni ’90 la valle ha già avuto la sua prima
esperienza di lotta contro un progetto di centrale idroelettrica con
esito positivo grazie alla reazione compatta della popolazione
locale. “Abbiamo appena scoperto che ora se ne stanno progettando
altri 7”, racconta Özlem. “La gente di questa regione ha un
legame viscerale con l’acqua. Se un giorno si riproponesse il
problema sono sicura che la difenderebbero a tutti i costi.”
Secondo l’attivista, per il momento, la cosa essenziale è
mantenere lo stato naturale della Valle Fırtına. “Questo posto ha
già ferite da curare. Il nuovo settore turistico con orde di
visitatori incuranti di sporcare o danneggiare l’ambiente ha creato
danni a sufficienza. È una terra difficile da abitare, ma anche
molto speciale per le sue caratteristiche naturali e culturali.
Quello che vorremmo è che questi due valori vengano mantenuti
attraverso progetti sostenibili. Applicare le regole del capitalismo
selvaggio in un’area di questo tipo creerà un danno irreparabile”.
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Turchia-la-corsa-per-l-acqua-137988