Su un totale di 2.359.119 aventi diritto di voto, i cittadini romani che si sono recati al seggio alle scorse amministrative - 26-27 maggio - sono stati 1.245.927, pari al 52,81% - 45,05% al secondo turno.
Bene, dei 27 milioni di italiani che
nel 2011 hanno votato contro la privatizzazione del servizio idrico,
1.200.000 erano romani. Ne deriva che le scelte che l'amministrazione
capitolina compirà in merito alla gestione del servizio idrico sono
prima di tutto una questione di democrazia.
Una verifica ulteriore della
rappresentatività della politica di fronte alla reale volontà degli
elettori. In effetti già con la delibera n. 585/2012/R/IDR
l'Autorità per l'Energia Elettrica e per il Gas ha
riproposto,attraverso la nuova tariffa idrica, una“remunreazione
finanziaria ” che altri non è che quel famigerato 7%, ovvero quella
remunerazione del capitale investito che il referendum aveva bocciato,
ma che lo Stato, ovvero noi utenti attraverso la bolletta dell'acqua,
continua ad assicurare al gestore privato “a prescindere”, come direbbe Totò.
Già da tempo gli elettori hanno dimostrato in vari comuni d'Italia
cosa pensano di questa nuova tariffa attraverso la “campagna di
obbedienza civile”. In molte località infatti si sono costituiti
gruppi di cittadini che hanno deciso di ottenere il rispetto del
risultato referendario, attraverso lo scorporo dalla loro bolletta
dell'acqua di questo 7%. Sono oramai centinaia di migliaia le
vertenze portate avanti in tutta Italia nei confronti di diversi
gestori idrici, tutte accomunate dal ricalcolo della bolletta e dalla
pretesa di obbedianza della volontà di quei 27 milioni di cittadini.
Il coordinamento romano acqua pubblica,
che a Roma porta avanti questa vertenza, ha recentemente chiesto di
incontrare il nuovo sindaco di Roma, Ignazio Marino, per poter
discutere del modello di gestione dell'acqua dei romani.
Il coordinamento ha fornito allo staff
del neosindaco una relazione molto approfondita sulle criticità
dell'attuale modello, spiegando anche quali vantaggi si avrebbero
attraverso il ritorno ad una gestione pubblica.
L'attuale gestore
del servizio idrico di Roma e provincia, Acea Ato 2 spa, vede drenare
tutti i suoi profitti, in media 50 milioni di euro l'anno, in
direzione della holding Acea spa.
Di contro la casa madre Acea spa, presta al gestore le risorse necessarie allo svolgimento dell'atttività
ordinaria, ad un tasso di interesse di mercato.Questo meccanismo ha creato un buco nel bilancio di Acea Ato2, con un
indebitamento che è passato da 345 milioni nel 1999, agli 844 milioni attuali.
Dal punto di
vista dei ricavi, ad un aumento dei dividendi, passati nel 2012 a 64
milioni di euro, ha corrisposto una riduzione degli investimenti
programmati, nel complesso pari a 104 milioni di euro, a fronte dei 202 inizialmente
previsti.
Tale situazione ha impedito al gestore
di fare gli investimenti necessari, in particolare i dearsenizzatori
previsti in varie località, col risultato di arrivare ad erogare
acqua con percentuali di arsenico superiori a quelle consentite per
legge.
Oltre all'arsenico il gestore ha dovuto
fronteggiare la questione delle perdite: la mancanza di risorse ha
infatti impedito ad Acea Ato 2 di sostituire in molte
occasioni le condutture, con un aumento esponenziale delle perdite
dalla rete idrica.
Nel rapporto intitolato “Le società
controllate dai Comuni italiani: costi, qualità ed efficienza,
realizzato per conto di Civum dall'Ufficio Studi di Mediobanca, si
legge chiaramente come l'ex municipalizzata del Comune di Roma perda
ogni giorno 67.914 litri di acqua per chilometro di rete idrica,
contro i 51,183 dell'Acquedotto Pugliese, secondo in classifica.
I tagli dei costi all'interno
dell'azienda sono stati declinati nella forma delle
esternalizzazioni. I servizi di call center sono stati
affidati ad aziende esterne. Analoga sorte è toccata al software per
la fatturazione delle bollette dell'acqua, esternalizzato alla
Engeneering spa.
Il risultato in quest'ultimo caso è
stato che da anni l'amministrazione di Acea sforna bollette
sbagliate, con spesso notevoli aggravi nella fattura dell'acqua degli
utenti e conseguenti contestazioni e congestionamento nell'ufficio
reclami di piazzale Ostiense.
Altra conseguenza delle
esternalizzazioni sono i distacchi per morosità, appaltati a
società esterne prive di qualsiasi responsabilità, con un aumento
esponenziale dei costi per il riallaccio del servizio.
Le
esternalizzazioni oltre a ridurre il livello di professionalità dei
dipendenti, spesso scarsamente formati, disperdono in un meccanismo
di scatole cinesi la responsabilità della gestione e delle
inefficienze. Oltre a questo, creano delle profonde sperequazioni dal
punto di vista del trattamento economico, distinguendo i nuovi lavoratori assunti con contratti
precari, dai lavoratori più vecchi.
In merito al contratto di gestione in
forza del quale Acea Ato2 svolge il servizio, ci troviamo di fronte
ad un affidamento diretto ad spa mista, illegittimo in base alla
normativa europea, che prevede questo tipo di affidamento solo in
caso di gestione “in house”, ovvero svolta da una spa interamente
pubblica.
A parte l' illegittimità del titolo, il giudizio espresso
dai comuni della provincia di Roma è abbastanza eloquente: a partire
dal 1997 data in cui Acea è stata privatizzata, dei 111 comuni che
ricadono nell'ATO 2, solo 72 hanno deciso di affidare il servizio ad
Acea Ato2. Ne sono rimasti fuori anche comuni importanti come
Ladispoli e Civitavecchia.
Altro tasto dolente è
l'approvvigionamento idrico. E' infatti da tempo in corso presso il
Tribunale di Roma un contenzioso tra il Consorzio Media Sabina e Acea
Ato2 spa. La ragione del contendere riguarda il contratto di
sfruttamento del bacino del Peschiera, da cui Acea Ato2 ha fino a
poco tempo fa attinto, senza mai pagare nulla.
Acea Ato2 chiede il
pagamento di alcune fatture non saldate, minacciando il distacco
della fornitura, il Consorzio invece chiede la restituzione degli
importi corrisposti a partire dal 1990, che ammontano a circa 3,5
milioni di euro.
Le sorgenti del Peschiera sono state fino a poco
tempo fa la principale fonte di approvvigionamento per Roma, assieme
al Lago di Bracciano.
Finchè i ricavi derivanti dalla gestione del
servizio saranno destinati al pagamento dei dividendi degli
azionisti, la qualità del servizio non potrà che peggiorare, poiché
non potranno essere effettuati tutti quegli investimenti necessari a
mantenere un elevato livello qualitativo. Sostituzione della rete idrica, nuovi impianti di depurazione, dearsenizzatori, formazione del
personale addetto, sono tutti investimenti da cui un servizio idrico
di qualità non può prescindere.
Affidare ad un privato la gestione dell'acqua dei romani
determinerebbe solo un aumento dei costi che si ripercuoterà
necessariamente sulle fatture degli utenti. Le recenti eperienze di ripubblicizzazione di Parigi e Berlino, ma anche quella di Napoli, oltre all' esperienza ormai consolidata di Milano, sono li a testimoniare
come l'unico modo per uscire dalla logica finanziaria e predatrice
sia quello delle completa e totale ripubblicizzazione, attraverso la
cotituzione di una azienda speciale, coinvolgendo nella gestione gli
utenti, assieme ai lavoratori ed ai tecnici del servizio.
cm
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