Acqua pubblica, giudice Arezzo dà
ragione a comitati su ‘auto-riduzione’ della bolletta
Due
distinte sentenze per la prima volta danno ragione a due "obbedienti"
per la mancata applicazione da parte della Nuove Acque Spa dell'esito del
referendum che aveva sancito l'abrogazione della remunerazione del capitale
Si
auto-riducono la bolletta dell’acqua, ma sono loro i veri “obbedienti”. A
stabilirlo con chiarezza, per la prima volta, è stato il giudice di pace di
Arezzo, che con due distinte sentenze ha dato ragione ai comitati per
l’acqua pubblica, obbligando il gestore del servizio idrico aretino – Nuove
Acque Spa, controllata dai comuni dell’Alto Valdarno con il 54% delle
azioni – a non addebitare più in bolletta la remunerazione del capitale
investito, abrogata ormai due anni fa.
Il referendum
del 2011, infatti, avrebbe dovuto cancellare immediatamente questa voce dalle
tariffe idriche: così, almeno, recitava il decreto 116 del Presidente della
Repubblica, secondo cui l’abrogazione avrebbe avuto effetto dal giorno
successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (quindi dal 21
luglio 2011). Secondo i comitati, invece, la remunerazione del capitale –
leggi, il profitto del gestore – ha continuato a esser pagata dagli utenti: di
qui la campagna di “obbedienza civile”, che invita i cittadini ad autoridursi
la bolletta nel rispetto della legge e della volontà popolare.
“Tutto è nato
da due “obbedienti” che si sono scontati la bolletta del 13,5% nel 2011 e del
13,8% nel 2012″, spiega Lucio Beloni, presidente del Comitato acqua
pubblica di Arezzo. “Il gestore li considerava morosi, e reinseriva nelle
bollette successive la cifra detratta. Poi, a gennaio hanno deciso di
intraprendere un’azione legale e oggi, finalmente, un giudice ha riconosciuto
la legittimità del loro comportamento e la validità della campagna di
obbedienza civile”.
In effetti,
le sentenze sono chiare: “Si ravvisa come la società Nuove Acque abbia compreso
nel proprio conto economico anche la voce di remunerazione del capitale […],
richiedendone il pagamento in bolletta pur senza evidenziare esplicitamente la
posta nella fatturazione”, scrive il giudice Claudio Dal Savio. Di
conseguenza “l’addebito appare inapplicabile a far data dal 21/7/2011 e fino
alla data della domanda [ovvero, il gennaio 2013, ndr]”; e, quindi, “le somme
pagate dall’attore a tale obbiettivo […] devono essergli restituite”.
Stando ai
calcoli del comitato i due “obbedienti” riceveranno un rimborso di 100 euro
a testa, cui si aggiungeranno 587 euro di spese legali, che Nuove Acque
è stata condannata a liquidare. “Già il giudice di pace di Chiavari aveva
obbligato il gestore a restituire la quota di profitto, ma solo fino alla fine
del 2011″ aggiunge Beloni. “Le sentenze di Arezzo, invece, sono decisive
proprio perché coprono anche il 2012 e il 2013, fino alla data in cui sono
stati presentati i ricorsi”.
Secondo il
Forum dei movimenti per l’acqua la decisione del giudice aretino smentisce
anche l’operato dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg),
che dopo il referendum era stata incaricata di rimodulare le tariffe. “In
realtà hanno solo cercato di annichilire la volontà popolare”, denuncia il
presidente del comitato toscano, “il metodo tariffario transitorio che hanno
approvato ha stravolto tutte le voci della bolletta. Sulla carta hanno
cancellato la remunerazione del capitale, ma nella pratica l’hanno reintrodotta
attraverso una nuova voce, il “costo della risorsa finanziaria”, che comprende
gli oneri fiscali e finanziari del gestore”.
Secondo gli
attivisti, per il solo 2011 Nuove Acque avrebbe dovuto restituire 2 milioni
e mezzo di euro a 124mila utenti, pari a circa 20 euro a testa.
“Invece di rimborsarci, l’Autorità idrica toscana ha scalato da questa cifra
gli oneri fiscali e finanziari, portandola ad appena 1,29 euro a utente. Senza
contare che fra le somme detratte compare anche l’Ires, imposta sul
reddito che le società pagano solo se generano profitto. Cioè: il referendum
ha abrogato il profitto, ma alla fine i gestori hanno ottenuto sia questo,
sia il rimborso delle imposte che ci pagano sopra. Una doppia presa in giro”.
Per il periodo successivo al 2011, invece, l’Autorità ha dichiarato che la
remunerazione del capitale era stata soppressa, e che non ci sarebbero stati
rimborsi. I comitati, però, non sono d’accordo: di qui l’importanza delle
sentenze del giudice Dal Savio, che hanno individuato il profitto anche dopo il
2011.
“Il nuovo
metodo tariffario ideato dall’Aeeg fa rientrare dalla finestra quello che era
uscito dalla porta”, spiega Paolo Carsetti del Forum italiano dei movimenti per
l’acqua, “la remunerazione del capitale oggi si chiama ‘costo della risorsa
finanziaria’, e corrisponde al 6,4% della bolletta. Insieme a Federconsumatori
abbiamo depositato un ricorso al Tar della Lombardia contro questa nuova
tariffazione, e aspettiamo la prima udienza per il prossimo gennaio.
D’altronde, di ricorsi post-referendum ne sono stati presentati almeno
trentacinque: alcuni dalle associazioni dei consumatori, altri dagli stessi
gestori del servizio idrico, che lamentano un trattamento poco generoso da
parte dell’Autority”.
Le sentenze
di Arezzo, comunque, segnano un deciso punto a favore dei comitati. E lo fanno
dalla provincia che per prima nel 1999 fece entrare i privati nella gestione
delle risorse idriche. “La remunerazione del capitale non è mai stata eliminata
– ribadisce Carsetti – se non rispetteranno la volontà popolare faremo piovere
ricorsi ovunque. E i gestori non dovranno farsi carico solo dei rimborsi, ma
anche dei 587 euro di spese legali per ogni utente. Non so quanto sia
conveniente, per loro, continuare a ignorare la volontà dei cittadini”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/16/acqua-pubblica-tribunale-di-arezzo-da-ragione-ai-comitati-sulla-auto-riduzione-della-bolletta/780009/