giovedì 19 gennaio 2012


Al via Irenìa, la multiutility dell’energia
L. FORNOVO, E. MINUCCI
TORINO


Alla fine anche Torino, dopo una tormentassima seduta in Consiglio comunale, riesce a superare lo scoglio dei 900 emendamenti (accorpati in una trentina) e a dire «sì» alle nozze tra la super municipalizzata ligure-piemontese Iride e l’emiliana Enìa. Dopo una prima riunione in Sala Rossa alle 16, alle 21,30 il Consiglio comunale di Torino ha approvato a maggioranza (20 voti a favore, 3 astenuti e 8 contrari) la delibera sulla fusione Iride-Enìa. Tuttavia il Consiglio non è riuscito a ottenere il quorum (26 voti) per far passare l’immediata esecutività. Nozze quindi approvate con la riserva che l’atto di fusione acquisti piena validità.

Il nuovo colosso dell’energia, Irenìa, avrà un fatturato di circa 3,8 miliardi di euro, un valore borsistico di 1,3 miliardi e oltre 4 milioni di clienti. Anche ieri come martedì, quando è arrivato l’ok di Genova, azionista di Iride e dei Comuni emiliani, soci di Enìa, la Borsa è stata ottimista. I titoli di Iride che hanno guadagnato il 5,81% (a 1,14 euro), mentre l’azione Enìa è salita del 6,02% (a 4,58 euro). Oggi alle 17 si riunirà l’assemblea straordinaria degli azionisti di Iride che approverà definitivamente la fusione. Ormai si tratta di una pura formalità. Eppure i battibecchi che ormai vanno avanti da sei mesi tra Torino e Genova, azionisti di Iride, non finiscono qui. Il tema ancora una volta è quello del controllo pubblico di Irenìa, che il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, vuole che sia superiore al 51% del capitale. Ma il primo cittadino di Torino, Sergio Chiamparino, non sembra del tutto d’accordo. Vincolare ad almeno il 51% il controllo pubblico della nuova società che nascerà tra Iride ed Enia, ha detto ieri Chiamparino, «rischia di depotenziare l’accordo, le società quotate devono essere contendibili».

Inoltre Chiamparino ha attaccato Rifondazione comunista e Italia dei valori: «Avete spaccato la maggioranza ci saranno conseguenze politiche». Il sindaco ritiene, inoltre, che l’emendamento votato da Genova per il 51% sia da considerarsi «di indirizzo» e che «non abbia valore cogente». Ma non è d’accordo il capogruppo al Comune di Torino di Forza Italia-Pdl, Daniele Cantore. «Il Consiglio di Genova - dice Cantore - ha approvato un emendamento che dà mandato al sindaco a perfezionare la fusione solo dopo avere modificato lo statuto contemplando il 51% minimo di controllo pubblico». Secondo Cantore, «siamo in un pasticcio cominciato da Genova e proseguito anche a Torino per la spaccatura all’interno della maggioranza e del Pd».La patata bollente sull’interpretazione del vincolo del controllo pubblico toccherà con ogni probabilità ai legali di Iride.

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