lunedì 23 gennaio 2012



"Piscine e Campi da Golf: i nostri nuovi mercati"
Intervista a Joel Sèchè, presidente del gruppo Saur.

Joel Sèchè nel 2008 è divenuto presidente esecutivo del gruppo Saur (nata nel 1993 come  Società di gestione di servizi su scala urbana e rurale), a seguito della sua acquisizione da parte di Sechè Environnement, società di cui Joel Sèchè è fondatore e presidente. La Saur è, con una quota di mercato dell'11%, il terzo operatore nel mercato dei servizi idrici in Francia, dopo Veolia (39%) e Suez (19%).


Come vi posizionate di fronte ai vostri due principali concorrenti?

Abbiamo constatato come il vecchio modello di gestione dei servizi idrici rappresentato dall'affidamento ad un privato (delegation de service public DSP) per quanto riguarda una data amministrazione locale, da tempo sia al centro di un vivace dibattito da parte dei rappresentati eletti nelle istituzioni. Ci sono quelli che pensano che sia preferibile raggruppare i comuni all'interno di una struttura intercomunale più grande, per meglio rinegoziare i contratti di affidamento con i gestori privati; quelli che invece preferirebbero una maggiore trasparenza nella gestione e allo stesso tempo aspirerebbero ad un modello più sostenibile da un punto di vista ambientale oltre che economico.
La Saur gestisce servizi pubblici locali sia nelle aree rurali che nei piccoli comuni, con un  una presenza diffusa nell'ovest della Francia. Saur è presente anche in alcune grandi città come Nimes in Francia, o come Gdansk in Polonia, La Mecque in Arabia Saudita, Las Palmas in Spagna. La nostra filosofia è quella di una gestione di prossimità, tanto che i nostri dipendenti - che effettuano le letture dei contatori o che riparano le condutture o effettuano la manutenzione degli impianti di depurazione - sono ben conosciuti dagli abitanti dei paesi in cui svolgono la loro attività.
Infatti, subito dopo il nubifragio di Venèe, i nostri dipendenti hanno lavorato assieme ai soccorsi ed ai pompieri per riattivare l'erogazione dell'acqua potabile. 
Noi  siamo anche in grado di fornire l'innovazione, attraverso strumentazioni e tecnologie di gestione che le piccole amministrazioni locali non sono in grado di garantire.
Ad esempio noi siamo in grado di fornire un monitoraggio a distanza del servizio, che ci consente di controllare e verificare, attraverso il nostro centro operativo di Lione, 4 milioni di contatori dell'acqua nella regione, o di controllare a distanza da Vannes (Morbihan), la stazione di depurazione di Glasgow in Scozia.
La localizzazione geografica delle nostre apparecchiature, ci consente, in caso di emergenza, di essere presenti sul luogo in tempi molto rapidi. Poco importa se alla fine, i nostri contratti siano stati conclusi nella forma di un affidamento in gestione (DSP) o di una regie publique.

Per quale motivo in occasione del rinnovo del contratto di gestione del servizio idrico nell'Ile-de-France (Sedif), che riunisce 144 comuni e più di 4 milioni di abitanti, non avete partecipato alla gara con una vostra offerta, lasciando Veolia e Suez da sole in competizione?

Noi ci siamo prequalificati, il che rappresenta già un gran successo. Ma non ci sentiamo ancora pronti a mettere in campo i mezzi necessari per poter competere a quel livello.
A titolo indicativo, attualmente gestiamo il servizio idrico per conto del comune di Blanc-Mesnil, nelSeine-Saint-Denis, che è un piccolo "paese della gallia", indipendente rispetto al Sedif. Se l' intercomunalità recentemente sorta denominata Est Ensemble, creata nel gennaio 2010 su iniziativa di nove comuni della zona di Seine-Saint-Denis, riuscirà ad emanciparsi dal contratto di gestione cui fa riferimento il Sedif, noi esamineremo con attenzione la loro proposta di affidamento.

Con l'appoggio della Caisse des depots e di Axa, avete rilevato nel 2007 Saur dal fondo PAI Partners, che a sua volta l'aveva acquisita nel febbraio 2005 da Bouygues, nel quadro di un LBO (acquisto attraverso indebitamento o Equity). In quale stato l'avete trovata?

Queste due successive acquisizioni hanno influito in maniera rilevante sull'organico dei dipendenti, piuttosto traumatizzati - smobilitati - attraverso una politica spinta di taglio dei costi volta a rimborsare in tempi brevi il debito assunto attraverso l'operazione. In effetti i fondi di investimento hanno in generale un orizzonte di profittabilità a breve termine, in un intervallo che va dai due ai cinque anni, difficilmente compatibile con un'attività a lungo termine con dei contratti di gestione di quindici anni.
Abbiamo anche potuto constatare a posteriori una rottura culturale tra i 100 quadri che costituivano il gruppo dirigente, associati al LBO, ed arricchitisi in modo eccessivo, ed i12.300 lavoratori tutti ugualmente impegnati negli sforzi della società, che non hanno visto invece per nulla salire le loro retribuzioni.
Nel giro di due anni, tutta la crescita economica della società è stata bloccata, fallendo il rilancio commerciale, la comunicazione, la ricerca e l'innovazione, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile. La valorizzazione delle competenze dei lavoratori, fino ad allora sotto impiegati, ci ha permesso di ampliare le nostre attività, e di conquistare nuovi mercati.

Quali?

Principalmente la gestione dei servizi idrici di piccole comunità locali. In Francia esistono ad esempio ben 500 campi da golf, la metà dei quali appartengono a delle amministrazioni locali. Noi siamo diventati leader in questo settore, con più di venti campi gestiti attraverso la Formule Golf   , attraverso cui noi adottiamo un approccio ambientale, con un uso molto ridotto di prodotti phitosanitari.
I campeggi municipali sono un'altra nostra specialità, con una filiera di 53 aree tutte gestite attraverso la nostra formula Flower Camping, di livello piuttosto elevato nel settore. Questa forma di accoglienza in una struttura di villeggiatura è la sola in crescita, e i 6000 campeggi francesi offrono un numero di posti letto superiore a quello degli ostelli. Noi gestiamo ad esempio il campeggio di Bois de Boulogne, nell'ambito di una concessione di gestione della amministrazione di Parigi, ed è sempre pieno.
Sempre nell'ambito delle nostre specializzazioni, abbiamo anche in gestione attraverso regie municipal ben 30 piscine comunali.
In un futuro piuttosto incerto, noi ci occupiamo anche della gestione di forni crematori comunali a Montargis e Lione. La cremazione è un settore che cresce del 7% all'anno. In Francia ci sono 143 forni crematori e  altri 43 sono in fase di realizzazione.

Quali sono i vostri assi di sviluppo?

Ci stiamo posizionando nel campo dello sviluppo sostenibile, per aiutare le amministrazioni e le imprese a gestire parchi eolici, fotovoltaici, o impianti che producono energia dalla biomassa. Abbiamo recentemente ricevuto l'appoggio dell'Oseo, l'agenzia pubblica di sostegno all'innovazione per creare delle sonde a immersione in grado di garantire il monitoraggio  della qualità delle acque di balneazione, un ambito in cui le direttive europee sono sempre più esigenti.
A tal proposito Carnac, assieme a Copenaghen e Barcellona, è l'unica città europea a disporre di questa tecnologia di monitoraggio delle acque di balneazione.

Isabelle Rey-Lefebvre

http://www.lemonde.fr

traduzione di CM







sabato, 17 aprile 2010; 21:24


Addio ad Acqualatina, fissato il Consiglio decisivo
DI STEFANO CORTELLETTI

Aprilia, mercoledì l’esame delle delibere per il ritorno alla gestione diretta: Ato4 ha 30 giorni per rimediare
L’Amministrazione comunale di Aprilia ha deciso di fare sul serio per la questione Acqualatina. Dopo le tre commissioni congiunte che si sono incontrate nella mattinata di giovedì, ieri un nuovo passo in avanti con la decisione della conferenza dei capigruppo di fissare il consiglio comunale per la giornata di mercoledì prossimo a partire dalle ore 18. I punti all’ordine del giorno saranno due. Si inizierà con la delibera per la costituzione in giudizio rispetto all’esercizio dei poteri sostitutivi come previsto dall’articolo venti dello statuto comunale, per la causa contro Acqualatina intentata da decine di cittadini apriliani. Il secondo punto riguarda l’aut aut ad Acqualatina stessa: il punto si chiama «Conferma determinazioni su Servizio Idrico Integrato adeguamento Convenzione di gestione ed eventuali azioni per la restituzione degli impianti in concessione ad Acqualatina». «Concederemo trenta giorni di tempo alla società che gestisce il servizio idrico per adeguarsi alle disposizioni di legge in materia di gestione del servizio idrico, dopodiché procederemo con gli atti consequenziali», ha spiegato il Vice Sindaco Antonio Terra. «In primo luogo, abbiamo fatto evidenziare le perplessità che non sono solamente nostre, ma anche della regione Lazio», prosegue Terra. «Poi elencheremo una serie di azioni che Acqualatina dovrà fare per adeguarsi alla normativa». Anche se l’Amministrazione di Aprilia è convinta che non cambierà nulla in questo lasso di tempo. Il corpo della delibera che si andrà ad approvare intima all’Ambito territoriale ottimale 4 di «conformare la Convenzione di gestione alla Convenzione tipo predisposta dalla regione Lazio, alla conseguente pro-dromica approvazione da parte di tutti i consigli comunali ed alla successiva stipula dell’atto di convenzione con Acqualatina». «In difetto di detta ottemperanza nel termine indicato, ad intimare alla società Acqualatina l’immediata restituzione degli impianti di cui al verbale di consegna del primo luglio del 2004 e comunque di ogni impianto di proprietà comunale, attivando tutte le procedure necessarie, compresa l’eventuale instaurazione del contenzioso giudiziale in ogni sua fase e grado, nonché ad avviare la temporanea gestione in proprio del servizio idrico sul territorio comunale», recita ancora la delibera che sarà portata in consiglio mercoledì sera. Insomma, ci siamo.

Fonte: La Provincia

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venerdì, 16 aprile 2010; 08:24


Cochabamba 2000 - Italia 2010:
la Guerra dell'Acqua continua

Con una spettacolare marcia per il decennale della Guerra dell'Acqua di Cochabamba, ha preso il via ufficialmente la Feria del Agua, incontro internazionale di movimenti ed organizzazioni da tutto il mondo


Diecimila  persone circa, il coinvolgimento di movimenti sociali ed organizzazioni da ogni parte del mondo.E la massiccia partecipazione delle sigle dei comitès de agua riuniti in Asicasur,  i comitati di base che gestiscono autonomamente la distribuzione dell’acqua della zona Sud di Cochabamba, una delle realtà più forti e rappresentative della Bolivia.
La Tercera Feria Internacional del Agua – dal 15 al 18 aprile a Cochabamba - è stata inaugurata così: con  una marcia partecipata e coraggiosa che in mattinata ha attraversato la città dalla storica Plaza 14 Septiembre ed è arrivata alcune ore dopo fino alla sede operaia del Complejo Fabril.
La Feria del Agua, alla sua terza edizione, quest’anno coincideva con il decimo anniversario della Guerra dell’acqua di Cochabamba.
La marcia cittadina certo è stata una colorata manifestazione commemorativa del conflitto cochabambino, e un omaggio al coraggio della gente boliviana che dieci anni fa affrontò la multinazionale statunitense Bechtel che aveva privatizzato l’acqua della città, vincendo.
Ma dall’altra, ha convogliato lo spessore politico dell’evento.
La gente della Zona Sur di Cochabamba a tutt’oggi non riceve un goccio d’acquadalla rete idrica municipale. Il sistema di distribuzione d’acqua – fra pozzi privati ed autobotti – è totalmente autogestito.”Dalla Guerra dell’Acqua, dieci anni fa, la nostra situazione non è cambiata”, ha detto uno dei dirigenti di Asicasur. Ed Oscar Olivera, uno dei protagonisti della Guerra dell’Acqua, durante la marcia ha sottolineato più volte che “la Bolivia ha un problema idrico drammatico, che ha bisogno di iniziative urgenti”.
Una marcia che, assieme alle istanze boliviane, ha visto confluire gli scenari internazionali più significativi in tema di accesso e privatizzazione dell’acqua: dagli esponenti della Red Vida, la rete interamericana dei movimenti per l’acqua, con, fra gli altri, la Colombia – che sta portando avanti un referendum contro la privatizzazione – , l’Ecuador, alle prese con la difficile  elaborazione della nuova Ley de Aguas, l’Uruguay del primo plebiscito che ha fatto dell’acqua un diritto umano, cinque anni fa.
Ma soprattutto, l’Italia, paese in questo momento simbolo delle politiche neo-liberiste che attraversano il continente europeo, culla delle maggiori mulitinazionali dell’acqua.
Organizzazioni impegnate nella cooperazione internazionale in Bolivia, ed appartenenti al Forum italiano dei Movimenti per l’acqua, hanno portato all’attenzione internazionale la situazione nazionale, con l’approvazione, in novembre, del Decreto Ronchi, e la raccolta di firme in prossima partenza il 25 aprile per il referendum abrogativo previsto nel 2011.
La battaglia della città di Aprilia - che dopo quasi un decennio di lotta civile proprio in questi giorni sta riacquistando la gestione della municipalizzata locale - la ripubblicizzazione dell’acquedotto pugliese, sono stati gli spiragli di speranza raccontati alle delegazioni internazionali provenienti da tutto il mondo, situazioni di resistenza e coraggio che hanno dato linfa all’intero movimento italiano.
Da domani, e per tre giorni, la Feria del Agua proseguirà con incontri e seminari, per cui sono previsti migliaia di partecipanti.
In particolare, verranno approfondit le tematiche che legano l’acqua al cambio climatico e ai diversi quadri normativi dei Paesi partecipanti, e alle partnership pubblico – pubblico e pubblico – comunitario, come alternativa alle nuove forme di privatizzazione.
Da questi giorni di studio e confronto verrà redatto un documento congiunto da presentare alla Cumbre del cambio climatico - che si terrà sempre a Cochabamba a partire dal 20 aprile: un manifesto d’intenti e di proposte sulle tematiche urgenti delle risorse idriche, ma anche di critiche rispetto alle politiche governative degli stati che saranno presenti al meeting.
le foto:

Acra, CEVI, Contratto Mondiale per l’Acqua, Yaku
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua




mercoledì, 14 aprile 2010; 00:20


REFERENDUM ACQUA
di Alberto Lucarelli

Com'è noto ai lettori del manifesto, Di Pietro ha presentato un quesito referendario apparentemente analogo a quello dei movimenti. La cosa sta suscitando numerose polemiche, anche all'interno dell'Idv. Per sgombrare il campo da ogni dubbio, proviamo a metterli a confronto.
Il primo aspetto da sottolineare è che, nel caso in cui il referendum dipietrista dovesse vincere, rimarrebbe sostanzialmente in piedi il modello di cui all'art. 150 del d.lgs n. 152 (il cosiddetto codice dell'ambiente). Ovvero i tre modelli già previsti e regolati dall'art. 113 del testo unico degli enti locali, come modificati da successivi interventi normativi. Si applicherebbe infatti la suddetta disposizione: «Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato devono avvenire in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006». Rivivrebbero dunque i modelli di gestione: pubblico, misto e in house (società pubbliche).
I quesiti formulati dal Forum dei movimenti per l'acqua hanno come obiettivo politico dichiarato, invece, di scardinare questi tre modelli che, seppur con tonalità differenti, orbitano, chi più chi meno, nella dimensione privatistica. In questo senso si era già espressa la commissione Rodotà, riconducendo l'acqua nella categoria giuridica dei beni comuni e come tale oggetto di gestione esclusivamente pubblica. Dunque, a differenza della maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea, ai comuni sarebbe impedito, per la gestione, ricorrere ad un soggetto di diritto pubblico, andando ben oltre le previsioni sulla concorrenza e le liberalizzazioni poste dal diritto comunitario. Si tratta pertanto di un quesito che non coglie lo spirito di fondo dei referendum presentati dal forum, riportandosi piuttosto alle norme e ai modelli che hanno avviato la privatizzazione nel nostro paese, senza incidere sulle gestioni "privatistiche" tuttora presenti presenti sul territorio.
È necessario dunque, e al più presto, un chiarimento politico. Occorre chiarire se l'Idv abbia presentato tale quesito attribuendogli il significato di "quesito di riserva" rispetto ai quesiti principali, con l'obiettivo di tentare di blindare il modello privatistico in house, oppure se sia stato presentato come antagonista. Io credo, seppur con valutazioni diverse, che in tutti i due casi tale iniziativa crei disorientamento, tenda a frazionare la straordinaria coalizione sociale e politica sorta intorno al referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua, ma soprattutto non colga lo spirito più profondo che ha spinto il popolo dell'acqua a scendere in piazza, a mettersi in gioco, per una battaglia che in senso più ampio può essere vista come in difesa della Costituzione e dei diritti fondamentali. Una battaglia di civiltà, per citare Gianni Ferrara.
Il laboratorio sui beni comuni messo in campo andrà comunque avanti, ben consapevole di voler declinare dall'acqua un nuovo modo di fare politica, attraverso una «militante democrazia della partecipazione», attraverso una lettura corretta dei principi costituzionali, primo fra tutti dell'art. 43 che recita: «Ai fini di utilità generale la legge può riservare... allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali... ed abbiano carattere di preminente interesse generale». È proprio questo il modello pubblico partecipato da cui ripartire.
www.ilmanifesto.it


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mercoledì, 14 aprile 2010; 00:19


BATTAGLIA DOPPIA L' EX PM PRESENTA «SUOI» QUESITI
Referendum sull' acqua Sinistra (e De Magistris) criticano Di Pietro


ROMA - «Antonio Di Pietro nello stanzone del comitato acqua pubblica di Aprilia non ha mai messo piede», puntualizza il quotidiano comunista Il manifesto che, dopo aver raccontato la lotta vittoriosa dei cittadini laziali contro la società «Acqua Latina», non risparmia una stoccata al leader dell' Idv, che ha appena presentato i «suoi» referendum: «Di Pietro forza la mano e rompe con il Forum dei movimenti per l' acqua». I dipietristi stanno «cannibalizzando», per usare le parole del verde Angelo Bonelli, la lotta di decine di agguerriti comitati popolari sparpagliati in tutta Italia e da mesi impegnati contro la privatizzazione dei servizi idrici che il 22 aprile daranno il via alla raccolta delle firme per il referendum abrogativo della cosiddetta legge Ronchi. L' affollamento referendario - con l' aggravante che non si raggiunge il quorum ormai dal 1990 - ora rischia di scatenare una mezza rissa a sinistra. Prima c' era il Forum Uniti per l' acqua pubblica - supportato da Verdi, Rifondazione e Sinistra e libertà - che per primo ha messo il cappello sullo sdegno popolare contro la privatizzazione dei servizi idrici depositando i quesiti referendari per abrogare in parte il decreto Ronchi. Ma ora si è fatto formalmente avanti anche l' Idv, che ha voluto presentare i suoi quesiti sull' acqua con inizio della raccolta delle firme il 1° maggio. Il «doppione» manda su tutte le furie Paolo Ferrero (Rifondazione) che parla di «scippo» Di Pietro. E il verde Bonelli accusa apertamente l' Idv di invasione di campo: «Ve lo ricordate Di Pietro che quando era al governo votò una prima bozza del decreto Lanzillotta che prevedeva l' affidamento ai privati della gestione dell' acqua?». In realtà un compromesso era stato tentato quando il cartello Sinistra e libertà-Verdi-Prc aveva proposto a Leoluca Orlando (Idv) di fare tutti insieme un passo indietro. Da una parte il comitato promosso dalle associazioni (Acli, Wwf, Mani tese, Cobas, Federazione delle chiese evangeliche, Pax Christi, Jesuit social network). Dall' altra, i partiti da inserire in un comitato esterno. In ogni caso questo modulo prevedeva un solo pacchetto di quesiti referendari per rendere chiara e limpida agli elettori la questione dell' acqua privatizzata. Nell' Idv, tuttavia, l' offerta è stata raccolta solo dall' ex pm Luigi De Magistris sempre più deciso a non rompere con il cartello Sl-Verdi-Prc che poi, però, è stato contraddetto dal suo segretario. Di Pietro infatti ha deciso di «forzare la mano», secondo il manifesto. «Ora si rischia di scatenare forti tensioni a causa di questa scelta dell' Idv», avverte Bonelli. E lo stesso De Magistris, che nell' Idv ha un peso, lancia un allarme: «Dobbiamo scongiurare di procedere divisi». Ma è Paolo Brutti, ex Ds responsabile Ambiente dell' Idv, a dare la linea e a puntare oltre che sulla protesta per salvare l' acqua pubblica - 200 mila persone in piazza Roma il 20 marzo - anche sul fronte antinucleare. L' Idv ha infatti bruciato i tempi e ha già presentato i quesiti referendari anche sulla legge del 16 agosto 2009 e sul decreto legislativo che introduce i criteri per la costruzione delle nuove centrali nucleari. Il verde Bonelli commenta con una frecciata al veleno: «Non vorrei che dietro questa operazione di frammentazione ci fosse il tentativo di far fallire i referendum». Ma la questione acqua agita anche i pariti maggiori: «Presto ci saranno novità con una proposta dell' Anci», annuncia Gianni Alemanno (Pdl). Mentre il presidente della stessa associazione dei Comuni, Sergio Chiamparino (Pd), spiazza i movimenti: «Credo che il decreto Ronchi-Fitto vada nella direzione giusta. L' acqua è un bene pubblico ma questo non vuol dire che la gestione debba essere monopolistica». D.Mart. RIPRODUZIONE RISERVATA
Martirano Dino

www.corriere.it

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lunedì, 12 aprile 2010; 22:06


Referendum, è polemica

IL CASO. La decisione dell’Idv di presentare due quesiti su acqua e nucleare crea problemi al fronte referendario. Si rischia una doppia campagna di raccolta firme. Forum Ambientalista: «Di Pietro fa un favore a Berlusconi».
La stagione dei referendum non comincia sotto i migliori auspici. La decisione dell’Idv di presentare singolarmente ed unilateralmente due quesiti su acqua e nucleare crea problemi al fronte referendario. I movimenti che da sempre sostengono la battaglia per l’acqua pubblica e che nelle scorse settimane avevano già presentato un quesito su cui raccogliere le firme sono rimasti spiazzati dall’improvvisa accelerazione di Di Pietro.

Il ragionamento dei movimenti è semplice: la battaglia ha bisogno di un ampio fronte sociale, politico, associativo e civile che vada oltre i recinti dei partiti. Raggiungere il quorum del 50% dei votanti è una sfida difficile che viene ulteriormente complicata dalla decisione di connotare le battaglie per l’acqua pubblica e contro il nucleare con i colori di un partito. Il rischio è quello di spostare l’asse della battaglia su un piano diverso: ossia contro il governo e contro Berlusconi. Terreno sul quale fino ad oggi si è sempre perso.

Così le reazioni all’azione dipietrista non si sono fatte attendere. «Cosa non si fa per ottenere un po’ di consenso. Di Pietro è disposto anche a perdere battaglie fondamentali pur di accreditarsi agli occhi dell’opinione pubblica», ha dichiarato Ciro Pisacane, presidente del Forum Ambientalista, che ha aggiunto: «L’Idv, rompendo il fronte con tutte le associazioni, sta facendo un regalo a Berlusconi. Se il quorum dovesse saltare sapremo con chi prendercela».

Il Comitato promotore per il referendum per l’acqua pubblica ha definito «contraddittorio l’atteggiamento dell’Idv nei confronti del percorso per la ripubblicizzazione del servizio idrico. Mentre da una parte si adombrano dubbi sui rischi di ammissibilità dei nostri quesiti dall’altra si insiste nel presentare un quesito di debole efficacia giuridica e politica. Ci chiediamo come sia possibile che i medesimi quesiti inizialmente condivisi, al punto di voler essere presenti come Idv al deposito degli stessi in Cassazione, vengano oggi messi in discussione».

La situazione si è talmente complicata che ora rischiano di partire due distinte campagne di raccolta firme sul decreto Ronchi. La confusione potrebbe, quindi, regnare sovrana scoraggiando i cittadini ad andare a votare. Punto sul quale si sofferma il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che insieme al Portavoce della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero ha scritto a Di Pietro, invitandolo ad evitare fughe in avanti «proprio per l’importanza delle questioni in gioco».

Per Bonelli «quella di Di Pietro, che durante il governo Prodi ha votato per la privatizzazione dell’acqua, è una forma di cannibalismo dell’ambientalismo e dei movimenti che si stanno battendo per l’acqua pubblica e contro il nucleare». Per il leader del Sole che ride «grazie  all’iniziativa dell’Idv coloro che hanno voluto la privatizzazione dell’acqua e che vogliono le centrali potranno brindare perché oggi il raggiungimento del quorum diventa molto lontano».   
Antonio Barone
http://www.terranews.it

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sabato, 10 aprile 2010; 12:07

Aprilia l'acqua torna pubblica


Nelle sede del comitato acqua pubblica di Aprilia oggi ci sono almeno una trentina di persone in attesa. Una fila paziente, silenziosa, con le cartelline in mano, davanti al lungo tavolo bianco dove i militanti del comitato preparano le contestazioni della gestione di Acqualatina. Una scena che si ripete da quattro anni, da quando settemila famiglie decisero di non pagare l'acqua al gestore privato, ma di versare i soldi sul conto corrente del Comune. «Verificammo che il conto corrente della gestione comunale dell'acqua era ancora attivo - ricordano oggi - facendo un versamento di un euro». Poi fu una valanga: contestazione della bolletta inviata dai privati e, contestualmente, pagamento dell'acqua al Comune, con le tariffe che erano state decise dal consiglio comunale.
Oggi, però, è una giornata differente e in molti sorridono. Mostrano le decine di assegni firmati Acqualatina, simboli dei tanti ricorsi già vinti dal comitato, dalle settemila famiglie, avendo come controparte un colosso come Gerit Equitalia, il riscossore che sta cercando di recuperare i soldi per conto di Acqualatina. 
Ma c'è di più. Il presidente del consiglio comunale ha convocato le principali tre commissioni, con all'ordine del giorno «la riconsegna dell'impianto idrico comunale da parte di Acqualatina S.p.a.». L'amministrazione comunale - fatta di liste civiche elette un anno fa dopo un lungo governo del centrodestra - ha dunque deciso: la prossima settimana chiederà indietro le chiavi dell'acquedotto al gestore partecipato dalla multinazionale francese Veolia. E loro, i settemila firmatari delle contestazioni, che per anni hanno denunciato le conseguenze della gestione privata dell'acqua, continuando a pagare a quel comune fatto di rappresentanti eletti e non nominati dai consigli di amministrazione francesi, hanno raggiunto un traguardo neanche immaginabile fino a poco tempo fa. Hanno dimostrato che la mobilitazione dei cittadini - al di fuori dei partiti, basata solo sul senso civico e su quel sentimento profondo che respinge le ingiustizie - può cambiare le cose, può rimandare a casa una multinazionale potente come la Veolia.
Tecnicamente la decisione che verrà discussa dal consiglio comunale di Aprilia la prossima settimana è l'attuazione di una sentenza del Consiglio di Stato depositata lo scorso anno. Parole scritte dai giudici amministrativi che riconoscono alcuni principi fondamentali sulla gestione dei beni comuni. Primo, i cittadini non sono semplici sudditi e hanno tutto il diritto - in gergo giuridico si chiama legittimazione - di chiamare in causa una multinazionale quando questa non rispetta i diritti fondamentali. Secondo, l'acqua non è un bene qualsiasi, gode di una tutela superiore. E, terzo, i comuni hanno il pieno titolo di decidere come gestire le risorse idriche, senza dover subire interventi dall'alto. Dunque, conclude il Consiglio di Stato, il comune di Aprilia può decidere a chi affidare la propria acqua senza doversi inchinare alle decisioni prese dalla Provincia di Latina - che di fatto ha voluto imporre la scelta di un gestore privato - guidata dal centrodestra.
La sentenza ha segnato positivamente la storia della gestione dei beni comuni in Italia, ma mancava il primo e fondamentale passo. Da mesi il comitato acqua pubblica chiedeva alla giunta e al consiglio quella decisione che attendeva pazientemente da anni e che ora sta per arrivare. E Aprilia apre la strada a tantissimi comuni, stretti tra acquedotti che non possono più governare e una popolazione sempre più inferocita, che in ogni caso continua a rivolgersi ai primi cittadini, ai loro eletti. È questo il vero paradosso della privatizzazione, che non potrà che peggiorare con il decreto Ronchi. Cosa farsene della mera proprietà delle reti se l'acqua che scorre è gestita da consigli di amministrazione non eletti dai cittadini e non sottoposti ai principi della democrazia rappresentativa?
Acqualatina non ha commentato la decisione del Comune di Aprilia. Fino ad oggi l'azienda ha risposto duramente alle contestazioni: prima mandando pattuglie con vigilantes per ridurre l'acqua a chi contestava, poi affidando ad Equitalia la riscossione delle bollette. In entrambi i casi a nulla è servita la mano pesante, mentre il comitato acqua pubblica si è rafforzato, arrivando a determinare - nelle ultime comunali - la sconfitta del Pdl. E la decisione di riprendersi gli impianti idrici rappresenta un precedente estremamente pesante per la società controllata per il 49% da Veolia. Dunque, la partita non sarà semplice.
Il Comune di Aprilia si prepara a riprendere la gestione degli acquedotti e delle fognature con un vantaggio venuto proprio dagli utenti. Oggi nei bilanci comunali ci sono più di un milione di euro versati dalle settemila famiglie in questi anni. Soldi che se fossero finiti ad Acqualatina oggi sarebbero assorbiti da un bilancio dove pesano i debiti con la banca Depfa, lo stesso istituto sotto inchiesta a Milano per i derivati venduti all'amministrazione comunale. Quei soldi potranno da domani essere immediatamente usati dalla giunta di Aprilia per riavviare la gestione del servizio idrico integrato. Un vero tesoretto messo da parte con determinazione da chi non ha mai accettato le multinazionali e la gestione privata del bene più prezioso. Ad Aprilia da domani la parola democrazia tornerà ad avere senso.
di Andrea Palladino
Fonte: Il Manifesto

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sabato, 10 aprile 2010; 12:04



  • LA POLITICA FA ACQUA
     
  •  
  • Sulla decisione del comune di Aprilia di tornare in possesso della «sua acqua» abbiamo raccolto questa dichiarazione di Stefano Rodotà, che ha presieduto la commissione sui beni pubblici e ha collaborato ai quesiti referendari.
     
  • Nel vaniloquio su «come stare sul territorio» e «come stabilire rapporti con le persone» piomba questa iniziativa del comune di Aprilia e ci dice che la politica è ancora possibile. È persino troppo semplice dire che cosa significhi «politica» in un caso come questo. È qualcosa che riguarda grandi questioni di principio, riconoscibili però nella materialità degli interessi. È qualcosa che non frammenta la società (non abbiamo capito le partite Iva, non abbiamo capito il nordest...), ma la unifica, ci trascina al di là dei localismi e delle corporazioni. È qualcosa che non contrappone cittadini e istituzioni, ma trova il modo per tenerli insieme, dunque l'antidoto migliore contro l'antipolitica (categoria che, ad ogni modo, dovrebbe essere adoperata con cautela e rigore).
    Troppo per una iniziativa locale? Non credo. Mi pare, anzi, che vi siano altri insegnamenti da trarre, e provo ad indicarli sinteticamente. La costruzione dell'agenda politica, in primo luogo, non affidata esclusivamente alla volontà delle maggioranze di governo, ma determinata anche dalle iniziative di una molteplicità di soggetti. Una controprova? Non voglio dire che l'iniziativa di Aprilia sia il frutto del nuovo clima creato dalla proposta di un referendum sull'acqua come bene comune, perché proprio in quel comune vi erano già state azioni giudiziarie in questa direzione e mobilitazioni dei cittadini. È vero, tuttavia, che la questione dell'acqua è oggi un tema ineludibile per la discussione pubblica.
    Lo dimostrano anche alcune resistenze che già si manifestano, come quelle di due senatori del Pd che dicono di ritenere impropria la via referendaria, poiché sarebbe il Parlamento il luogo dove affrontare una questione così rilevante. Questa reazione, però, segue la proposta di referendum, sì che si potrebbe facilmente obiettare che proprio questa proposta ha svegliato il loro interesse e la loro voglia di fare, mentre totale era stata la disattenzione di fronte al fatto che in questa materia esistevano già una proposta di legge d'iniziativa popolare firmata da quattrocentomila cittadini. Una proposta di legge presentata proprio al Senato per iniziativa della Regione Piemonte che indicava l'acqua tra i beni comuni e un analogo disegno di legge d'iniziativa del gruppo Pd.
    Si vuole cominciare ad agire subito, senza rinviare tutto al voto referendario? Ma il successo di una azione parlamentare, in questa come in tutte le altre materie che dovrebbero entrare a far parte di una grande agenda politica, è ormai legato a metodi che innovano rispetto al passato. Muoversi in Parlamento? Certamente. Ma usando convintamente gli strumenti offerti dai regolamenti parlamentari alle minoranze per far sì che le loro proposte vengano davvero discusse. Questo, però, non espone le iniziative della minoranza alla dura legge dei numeri parlamentari, condannandole alla bocciatura? E allora è indispensabile attivare altri circuiti politici.
    Nel momento in cui si decide di far diventare il tema dell'acqua bene comune l'oggetto di una azione parlamentare è indispensabile che l'intero partito venga mobilitato intorno ad esso, stabilendo rapporti seri con tutti i gruppi e i movimenti già attivi. Ma questo non può essere chiuso nella logica tradizionale dei rapporti politici. Deve divenire l'oggetto di manifestazioni pubbliche in cui il Pd, ad esempio, «ci mette la faccia», senza tuttavia pretendere alcuna esclusività o monopolio. E, soprattutto, deve divenire l'oggetto di una discussione aperta al massimo, sfruttando tutte le potenzialità di Internet, che tante vicende recenti hanno rivelato, e che possono trovare forme diverse, comprese quelle di un forte lobbismo dal basso verso partiti, parlamentari, mezzi di informazione con sms, e-mail, reti sociali, siti specifici. E l'appoggio alla raccolta delle firme per il referendum diviene una forma ulteriore di mobilitazione. Cambiando così l'agenda politica, non sulla carta ma nella realtà, crescono le possibilità di successo delle stesse iniziative dei parlamentari e, soprattutto, si crea quell'ambiente politico e sociale finalmente propizio al successo di ogni altra iniziativa, da quella del comune di Aprilia e di altri comuni che vorranno seguire il suo esempio fino a quella referendaria.
  • di Stefano Rodotà
  • Fonte: Il Manifesto

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venerdì, 09 aprile 2010; 09:14

 APRILIA:TRE COMMISSIONI PER USCIRE DA ACQUALATINA

Il Comune inizia a muovere le proprie pedine per contrastare il gestore idrico
Il Comune di Aprilia comincia a muovere le sue pedine su Acqualatina. Per il 15 aprile il presidente del consiglio comunale Bruno Di Marcantonio ha convocato in seduta congiunta tre commissioni consiliari per discutere due proposte di delibera che potrebbero segnare il primo passo verso la rottura definitiva con Acqualatina.
Le commissioni convocate sono: prima (urbanistica, assetto e pianificazione del territorio, ambiente e ecologia; terza (lavori pubblici, servizi tecnologici, grandi opere e verde pubblico); e quarta (servizi amministrativi, decentramento e informatizzazione, servizi al cittadino, affari generali e legali, contenzioso).
Le decisioni da prendere, inserite all’ordine del giorno, riguardano: l’esame della proposta di delibera del consiglio comunale relativa all’appello per la riforma della sentenza 1774/2008 pronunciata dal Tribunale di Latina, avente ad oggetto l’azione sostitutiva ai sensi dell’art. 20 dello Statuto comunale; l’esame proposta di deliberazione relativa all’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato 5501/09 del 26-06-2009 e azioni conseguenti per riconsegna impianto idrico comunale da parte di Acqualatina Spa.
La prima delibera in discussione riguarda la costituzione in appello rispetto alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Latina che ha rigettato il ricorso fatto da un gruppo di cittadini. Nel 2006 il consiglio comunale di Aprilia deliberò di appoggiare l’iniziativa dei cittadini contro la volontà del sindaco dell’epoca Calogero Santangelo. Tra i proponenti di questa delibera c’erano anche l’attuale sindaco D’Alessio e l’attuale vice Antonio Terra. Oggi che sono a capo del Comune hanno deciso di riprendere in mano quella delibera e attuarla.
La seconda delibera in discussione riguarda invece la richiesta che il sindaco D’Alessio aveva preannunciato in occasione del convegno del comitato dell’acqua pubblica al teatro Europa. In pratica, come disse il primo cittadino, il Comune di Aprilia chiederà all’Ato4 di ottemperare a quanto previsto dalla convenzione originaria con Acqualatina, successivamente modificata, ma senza l’approvazione della Regione Lazio. Se l’Ato4 non terrà conto di questa richiesta il Comune di Aprilia potrebbe ritenersi sciolto da qualsiasi vincolo con Acqualatina e decidere di riprendersi gli impianti.
Giorgio Nardinocchi
Fonte:Il Messaggero

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mercoledì, 07 aprile 2010; 11:13


Il dopo voto, in casa Pd, è iniziato male, con una forte – e quasi simbolica – contrapposizione con i movimenti. E non su un tema qualsiasi, ma sul fronte delicatissimo dei beni comuni. Il 31 marzo scorso, quando il Forum italiano dei movimenti per l’acqua presentava in Cassazione i tre quesiti referendari pensati per riportare in mani pubbliche la gestione delle risorse idriche, il gruppo ecodem del Pd ha annunciato – e depositato in Senato – un disegno di legge, alternativo e contrapposto. Le acque agitate, però, si sono immediatamente allargate al principale alleato del Pd, all’Italia dei valori. Il giorno dopo la presentazione dei quesiti, Antonio Di Pietro ha annunciato che su questo tema andrà da solo, con un proprio referendum. Una notizia che ha ribadito sul suo blog venerdì scorso, quando i deputati dell’Idv stavano ricevendo centinaia di email di protesta da parte dei comitati per l’acqua pubblica. La presentazione di un secondo referendum – è bene dirlo subito – vuol dire tentare di minare il successo dei tre quesiti nati dal movimento per l’acqua, che alle spalle ha quattro anni di storia, con una legge popolare ferma in Parlamento, due manifestazioni nazionali, centinaia di comitati locali e altrettanti comuni che si riconoscono nel principio dell’acqua pubblica. E vuol dire – politicamente, per il partito di Di Pietro – allontanarsi non solo dai movimenti per i beni comuni, che sono furibondi, ma anche dalla Federazione della sinistra e da Sinistra ecologia e libertà, partiti rimasti fedeli, insieme ai Verdi, al patto d’onore stretto con il Forum: un solo grande referendum sull’acqua, promosso direttamente dalla costellazione dei comitati spontanei, delle associazioni, dei gruppi nati sul territorio. La questione era già sorta a dicembre, quando l’Idv aveva depositato in Cassazione un quesito referendario sul tema dell’acqua decisamente ambiguo, dove si continua a mantenere la possibilità di avere la gestione privata delle risorse idriche, ricalcando, in sostanza, la posizione del Pd. La lunga mobilitazione sul tema dell’acqua pubblica è divenuta in questi anni uno dei laboratori privilegiati per la sinistra di movimento, dove ricostruire proposte concrete e visioni innovative rispetto al modello neoliberista della destra. I tre quesiti referendari vanno, dunque, ben oltre la critica al decreto Ronchi, ultimo atto della lunga storia delle privatizzazioni in Italia. Non si tratta solo di bloccare i futuri affidamenti alle società private, ma di rivedere radicalmente il sistema di gestione dell’acqua - di fatto già privato - in vigore in Italia dalla leggi Galli del 1994. Ed è questo il vero punto di scontro tra gli ecodem e il movimento per l’acqua pubblica. Il sistema misto pubblico-privato - ovvero il modello seguito da Acea, da Hera, da Acqualatina, per citare gli esempi più conosciuti - continua ad essere difeso dal Pd, e non dispiaceva allo stesso Di Pietro nel 2006, quando era ministro delle infrastrutture del governo Prodi. Allora - grazie all’opposizione di Rifondazione comunista - non passò la privatizzazione dell’acqua, mentre il Forum iniziava a raccogliere le firme per la legge d’iniziativa popolare, che puntava già nel 2007 alla ripubblicizzazione. In un convegno del 13 febbraio scorso degli ecodem di Udine - presente anche Deborah Serracchiani - la corrente ecologista del Pd definì con chiarezza la posizione, poi sfociata nel disegno di legge presentato il 31marzo da Francesco Ferrante e Roberto Della Seta. Massimo Pintus - leader degli ecodem - spiegò che la via referendaria sarebbe stata pericolosa, mentre sarebbe stato «meglio chiedere una legge d’iniziativa popolare». Per la gestione, Pintus ricordava che il Pd «non è del tutto contrario alla partecipazione del privato ». E visto che la legge d’iniziativa popolare già era stata presentata tre anni fa, rimanendo immobile in commissione ambiente, la via suggerita dal Pd appare strumentale, pensata solo per bloccare il referendum. Fa dunque paura la mobilitazione che si sta ampliando nel paese sul referendum per l’acqua pubblica. A destra gli attacchi sono già partiti direttamente dal ministro Andrea Ronchi, che ha promesso battaglia dura contro il Forum. Da sinistra il Pd e ora anche l’Idv sembrano temere i tre quesiti, soprattutto dopo il risalto mediatico che il tema dell’acqua sta lentamente acquistando. Il dibattito potrebbe a questo punto riversarsi anche all’interno dell’Italia dei valori, visto che lo stesso popolo viola e buona parte delle associazioni cinque stelle promosse da Beppe Grillo stanno appoggiando il referendum del Forum. Ieri lo stesso De Magistris faceva sapere che nei prossimi giorni interverrà sul tema, «in modo netto». 
Andrea Palladino


Fonte: Il Manifesto

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