lunedì 23 gennaio 2012



"Ho concluso l'accordo di non aumentare la tariffa 
dell'acqua per sei anni":
afferma il presidente di Eau de Paris

da El Tiempo 

Anne Le Strat è giunta in Colombia per spiegare quello che è riuscita a fare nel suo paese: la rimunicipalizzazione dell'acqua di Parigi.
Abbiamo incontrato di persona Anne Le Strat, che non è mai stata favorevole alla privatizzazione del servizio idrico della sua città, per farci raccontare come sta andando il processo di rimunicipalizzazione.
E' passato poco più di un anno da quando Anne Le Strat, assessore nella giunta del sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoe, ha assunto l'incarico di presidente di Eau de Paris, una società mista (composta da Suez e da Veolia ciascuna con il 14% del capitale, e per la restante quota dalla Municipalità di Parigi) che, a partire dal gennaio 2010 diventerà totalmente pubblica.
Tiene molto a dimostrare che questa nuova società sarà più efficiente dal punto di vista del suo nuovo schema, arrivando anche ad assumere l'impegno di mantenere invariata la tariffa dell'acqua per ben sei anni, per 2.2 milioni di parigini.
E questo per varie ragioni. La prima di ordine politico, in quanto la municipalità di Parigi, gestita da partiti di sinistra, ritiene che l'acqua debba considerarsi un bene comune.
La seconda di ordine gestionale, che consiste nella semplificazione della gestione del servizio attraverso un unico operatore, non più  tre come è stato fino ad ora.  
In questo modo si riesce ad avere un controllo ed una valutazione del servizio più efficiente.

Cosa dice a coloro i quali ritengono che un' impresa pubblica sia sempre sinonimo di inefficienza?

ALS: Quelli che difendono il settore privato in Francia affermano le stesse cose, tuttavia Parigi sta dimostrando che un' impresa pubblica che gestisce un bene pubblico può essere totalmente efficiente, essendo che sia possibile controllarla e gestirla in maniera molto più trasparente.

l gestori privati che amministravano Eau de Paris non lo facevano in modo trasparente?

ALS: C'è un aspetto costituito dal profitto di sfruttamento, il quale veniva goduto esclusivamente dalla parte privata dell'impresa mista. Ora, con la rimunicipalizzazione  del servizio, tutti i profitti che saranno ottenuti verranno reinvestiti nel sistema, consentendo alla popolazione di godere di una maggiore qualità del servizio idrico.

A quali profitti si sta riferendo?

ALS: La riforma che stiamo portando avanti ha una conseguenza molto importante che riguarda il prezzo del servizio che, come abbiamo visto, in 25 anni di gestione privata, ha subito un aumento del 260% in relazione al costo della fattura. In definitiva quindi uno degli obiettivi della nostra riforma è quello di stabilizzare il prezzo del servizio.

Per quanto tempo non verrà aumentata la tariffa dell'acqua?

ALS: Il prezzo per il trasporto e la distribuzione non sarà aumentato, a differenza di quanto avveniva in precedenza. Per il momento il compromesso raggiunto  è quello di non aumentare la tariffa per sei anni.

Come è possibile mantenere la tariffa invariata per sei anni nel caso in cui vi siano aumenti dei costi di produzione e di distribuzione?

ALS: Negli studi di fattività che abbiamo svolto abbiamo individuato un utile pari a 30 milioni di euro all'anno; Questi soldi possono essere reinvestiti nel sistema, in modo tale da garantire una stabilizzazione del prezzo del servizio.

Quanto costa un metro cubo di acqua a Parigi?

ALS: I parigini pagano poco più di tre euro al metro cubo, di cui un euro va alla produzione ed alla distribuzione, ed il resto per la depurazione e per le tasse.

Quanti sono gli utenti del servizio?

ALS: Parigi ha 2.2 milioni di abitanti, includendo però anche gli utenti di passaggio arriviamo a 3.5 milioni. Quelli che pagano regolarmente le bollette sono però solo 93 mila utenti.
A Parigi esiste un particolare sistema di "abbonamento" al servizio che considera gli immobili.
Ciascun immobile suddivide il consumo nel numero di appartamenti che ci sono nell'edificio.
Ogni appartamento paga direttamente all'assemblea di condominio, la quale è incaricata di dividere la bolletta complessiva tra i vari proprietari dell'immobile. A tutti viene applicata la stessa tariffa.

Che percentuale di perdite ha il servizio idrico?

ALS: Si stima una percentuale del 5% di perdite, dalla captazione alla distribuzione.

Come è possibile avere una percentuale così bassa?

ALS: Ciò si deve al fatto che il sistema idrico parigino è stato concepito e realizzato attraverso un sistema di gallerie che non sono interrate. Ciò permette l'identificazione e la riparazione più veloce delle perdite di acqua.

Quanti impiegati ha l'impresa?

ALS: Attualmente sono 600, ma quando verrà rimunicipalizzata l'impresa diventeranno 900.

Un terzo degli impiegati sono addetti alla fatturazione del servizio?

ALS: Attualmente l'impresa svolge il servizio di produzione dell'acqua. A partire da gennaio riassumeremo anche il servizio di fatturazione (che era stato esternalizzato).

Cosa succederà ai lavoratori?

ALS: Di questo stiamo ancora discutendo con i gestori privati.

In tutto il mondo si sta discutendo della necessità che un servizio idrico garantisca un minimo vitale di acqua alla popolazione. A Parigi è previsto un sistema di questo tipo?

ALS: Stiamo studiando un meccanismo sociale per cui le persone con difficoltà economiche possano avere un aiuto economico per poter pagare la fattura dell'acqua.

Lei ha promosso una campagna per ridurre il consumo di acqua in bottiglia.

ALS: Attualmente a Parigi l'acqua è un elemento molto controllato dal punto di vista della qualità, e non esiste alcun problema sanitario dovuto al consumo di acqua.
Inoltre l'acqua del servizio idrico è un prodotto molto ecologico, in quanto non esiste alcun legame ne con il petrolio ne con la plastica oltre ad essere anche molto economico, circa 200 volte più economico dell'acqua in bottiglia. Per questo non esiste alcuna ragione reale per pensare di dover consumare dell'acqua in bottiglia.

http://www.eltiempo.com/colombia/bogota/-hay-un-compromiso-de-no-subir-tarifas-del-agua-por-6-anos-presidenta-de-eau-de-paris_5826847-1
  

claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 26 agosto 2009; 00:10



In india si profila lo spettro delle "guerre per l'acqua"

Le Monde 13.08.09

Dal nostro corrisondente a Nuova Delhi 

In India le falde idriche si sono esaurite, mettendo in pericolo le risorse idriche dell'intero paese.
Un articolo apparso giovedì 13 agosto sulla rivista scientifica Nature ha sostenuto che in un arco di tempo di sei anni, dal 2002 al 2008, le riserve idriche di tre regioni del nord dell'India, Haryana, Punjab e Rajasthan, sono diminuite di 109 miliardi di metri cubi, pari a un decimo delle riserve idriche annuali di tutto il Paese.

L'India è intrappolata tra un consumo che non smette di crescere e delle riserve che si riducono drammaticamente. L'acqua sotterranea è gratuita ed abbondante, anche nei periodi di siccità.
Dopo quarant'anni, gli agricoltori si sono dunque rivolti verso lo sfruttamento delle falde idriche sotterranee, sensa darsi la pena di richiedere alcuna autorizzazione.
Ed in assenza di una legislazione e di controlli da parte delle autorità, sono già stati scavati ben 19 milioni di pozzi.

Quest'acqua sotterranea, che rappresenta il 38,5% di tutte le risorse disponibili, è pertanto molto preziosa. Se bastano appena pochi minuti per pompare l'acqua dallle profondità, occorrono diversi anni per reintegrare una falda freatica consumata.
Nel suo rapporto dal titolo "Proprietà e gestione delle falde freatiche" il commissariato al piano indiano mette in guardia contro un loro iper sfruttamento: tra il 1995 e il 2004 la proporzione dei distretti ipersfruttati è passata dal 4 al 14%, facendo si che lo sfruttamento eccessivo delle acque sotterranee" divenisse oggetto di una particolare attenzione.
Nelle regioni aride o semi-aride come il Gujarat, il Nadu Tamil o il Rajasthan, più della metà dei distretti vengono classificati idricamente come in una situazione critica o semicritica o ipersfruttati.

Questa penuria di acqua spinge gli agricoltori a scavare dei pozzi sempre più profondi. Ma non tutti hanno i mezzi per potersi permettere delle pompe idriche sufficientemente potenti.
In un articolo apparso martedì 11 agosto nella rubrica dedicata alla ricerca ambientale, Tushaar Shah mostra come queste pompe idriche, che funzionano con dei generatori alimentati a gasolio o a kerosene, sono responsabili per il 4-6% del gas ad effetto serra prodotto dall'India, il quarto paese inquinatore nel mondo. Il riscaldamento climatico riduce notevolmente le possibilità di rigeneramento delle falde freatiche.

Nel 2001, il Gruppo intergovernativo di esperti sull'evoluzione del clima (GIEC) ha mostrato come un aumento della temperatura produrrà delle precipitazioni atmosferiche più intense ma di durata minore. Tale cambiamento produrrà un rallentamento del ritmo di ricostituzione delle riserve idriche sotterranee.
Infine, l'aumento del livello dell'oceano provoca la salinizzazione delle falde idriche sotterranee della costa, rendendole inutilizzabili. Inoltre, la contaminazione chimica delle falde freatiche, attraverso l'arsenico o il fluoro, è già avvenuta in taluni Stati, come l'Andhra Pradesh o il Bengala Occidentale.

Le falde freatiche servono ad irrigare culture ad elevato rendimento, in cui vengono anche utilizzati pesticidi e concimi. E le falde idriche sotterranee sono particolarmente vulnerabili alla contaminazione chimica attraverso tutte queste sostanze. Una volta contaminate, diventa molto difficile, quasi impossibile decontaminarle, si legge in uno degli articoli pubblicati nella rubrica sulla ricerca scientifica.


TENSIONI SOCIALI


La penuria d'acqua accende già da ora tensioni sociali nelle peiferie dei grandi centri urbani.
"La guerra dell'acqua è cominciata" afferma già Sunita Narain, capo redattore della rivista sull'ambiente Down to Earth. "Nei dintorni di Nuova Delhi i cittadini utilizzano già ora le risorse idriche de contadini. E gli agricoltori sono a loro volta ricorsi alle magre risorse di energia elettrica dei citadini per pompare l'acqua attraverso pozzi molto profondi", spiega Sunita Narain.
Nel 2005 cinque agricoltori sono stati uccisi nel corso di alcune manifestazioni nel Rajasthan, in cui la gente protestava contro la deviazione dell'acqua della diga di Bisalpur, verso la città di Jaipur. Il governo ha sperimentato la possibilità di ricaricare artificialmente le falde freatiche e sta da poco controllando l'aumento dei pozzi. Ridurre l'accesso all'acqua nelle regioni agricole presenta diverse difficoltà dal punto di vista dei controlli, oltre ad essere politicamente rischioso.
Il governo centrale preferisce estendere la rete di irrigazione superficiale. "A partire dal 1990, il goveno centrale e quelli regionali hanno investito più di 20 miliardi di dollari nella costruzione e nella ristrutturazione dei sistemi di irrigazione attraverso i canali, dal momento che la superficie agricola alimetata attraverso questa fonte di irrigazione si era ridotta di tre milioni di ettari", scrive Tushaar Shah.

I tempi manifestano la necessità di evitare un ipersfruttamento delle falde friatiche. Dato che l'agricoltura consuma bel l'85% dell'acqua dolce del paese, la situazione potrà diventare ancora più insostenibile a seguito dei processi di industrializzazione e di urbanizzazione che l'India sta vivendo. Il commissariato al piano indiano prevede che al ritmo attuale, l'India soffrirà ogni anno a partire dal 2050 di un deficit idrico di 320 miliardi di metri cubi d'acqua.

Julien Bouissou

Un satellite per misurare le falde freatiche

E' possibile valutare le riserve idriche sotterranee dal cielo con l'aiuto di satelliti come Grace, lanciato dalla NASA e dall'agenzia spaziale tedesca nel 2002. Questo strumento misura le variazioni della gravità prodotte dal consumo delle falde freatiche (acquifere). Secondo uno studio  pubblicato sulla rivista Nature giovedì 13 agosto, tra il 2002 e il 2008 il satellite ha consentito di osservare un abbassamento medio di 4 centimetri all'anno, per quanto riguarda le falde freatiche degli stati indiani del Punjab, del Rajasthan e dell'Haryana.
Queste riserve naturali hanno perso ben 109 kilometri cubi di acqua, l'equivalente del triplo dei prelievi annuali  di acqua effettuati per soddisfare i bisogni della Francia..."Se non vengono rapidamente prese delle misure per garantire un uso duraturo dell'acqua, affermano Matthew Rodell (NASA)  e i suoi colleghi, le conseguenze per i 114 milioni di abitanti della regione potranno essere una riduzione della produttività nelle attività agricole ed una scarsità generale di acqua potabile in grado di produrre delle pericolose tensioni socio-economiche". 


































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sabato, 22 agosto 2009; 07:52



L'inquietante “crociata spagnola„ dei baroni francesi dell'acqua

 di Marc Laimé 

Il progetto di trasferimento dell'acqua del Rodano in Spagna, un vero serpente idrico, è stato definitivamente abbandonato. È quello che ha affermato il sig. Loïc Fauchon, presidente della Società delle Acque di Marsiglia (SEM), joint venture di Veolia e Suez, il 16 marzo 2009 da Istanbul, dove si è tenuto il 5° Forum Mondiale dell'Acqua, conclusosi in un clima di confusione generale - poiche'i partecipanti si sono divisi attorno al concetto “di diritto all'acqua„. Dietro a questo progetto che ravviva  la cronaca da decenni, e che è stato recentemente ripreso per via dalla grave crisi idrica che incombe sulla Spagna, se ne prospetta un altro. Quello del dominio brutale “dei baroni dell'acqua„ francesi sulle risorse idriche di tutta la costa francese del Mediterraneo. Un affare che offre una dimensione fredda e calcolatrice dellle follie “di una politica dell'acqua„ condotta da coalizioni di interessi che spingerà tutta una regione alla siccità completa. Nella più grande opacità, le grandi manovre che presiedono  alla (vera)  gestione dell'acqua, lontano dai discorsi ufficiali, tengono sotto una tensione incredibile.

La Spagna si interroga da tempo sulla necessità di attuare sul suo territorio trasferimenti massicci d'acqua, o a ricorrere all'acqua del Rodano per garantire il soddisfacimento delle sue necessità. Nel corso dei decenni sono così emersi dei progetti faraonici, la cui costanza non lascia stupire. 

La crisi dell'acqua spagnola
Un progetto di trasferimento delle acque dell'Ebro verso il Sud della Spagna, “Proyecto del Levante„ ha iniziato a essere studiato nella penisola iberica a partire dal… 1933. Prima ancora della presa di potere del caudillo Franco, figura alla quale gli ingegneri idraulici e dei lavori pubblici spagnoli dedicano un riconoscimento commosso, poiché ha finanziato in modo ostinato i loro progetti di dighe e di grandi lavori idraulici durante gli anni 40-50. Lavori che beneficeranno in seguito anche delle sovvenzioni del piano Marshall, e che trasformeranno la Spagna del dopo-guerra nel più grande produttore di dighe al mondo… 

 Si trattava allora di impedire qualsiasi riforma agraria e di redistribuzione delle terre costringendo gli agricoltori  poveri a spostarsi “su nuove„ terre marginali, situate nel Sud-Est arido della Spagna. Un primo progetto " francese" di trasferimento delle acque del Rodano per l'irrigazione della Languedoc, ebbe inizio fin dagli anni 1950 ad opera dall'avvocato Philippe Lamour, che strappò in extremis nel 1955 la firma di una concessione d'acqua del Rodano, atto di nascita del CNA-BRL, al ministro dimissionario uscente sul tetto della sua DS Citroën, in occasione di uno di quegli impareggiabili balletti governativi della IVa repubblica… 

Rimasto incompiuto nella Languedoc,essendo terminato soltanto fino a Mauguio, all'entrata di Montpellier, il rilancio di questo progetto verso la Spagna suscitò un litigio spaventoso “nella Comunità francese dell'acqua„. 

A quell'epoca il progetto veniva tenacemente difeso, sotto forma di un canale Rodano-Barcellona, da parte del  sig. Jacques Blanc, il quale combatteva fermamente al fianco della Compagnia del Canale del Basso Rodano nella Languedoc (BRL), una società a carattere regionale (società di stato diventata società d'economia mista la cui maggioranza del capitale è oggi detenuta da Comunità locali del Languedoc Rossiglione), creata nel 1955, con una partecipazione da parte della Saur-Bouygues a partire dal 2005. 

Il progetto verrà poco glorieusement sepolto agli inizi  degli anni 90 dopo un estenuante braccio di ferro che lascerà delle tracce. 

Un secondo progetto di trasferimento dell'acqua del Rodano, che doveva arrivare fino a Cardedeu, fece la sua comparsa nel 1994, in occasione della sua proposta da parte di un ingegnere della AgBar (Aguas di Barcelona), filiale dell'impresa francese Ondeo-Suez, nel momento in cui si stava discutendo il progetto preliminare del ministro socialista spagnolo Josep  Borrell -  progetto che prevedeva di ricorrere all'acqua dell'Ebro attraverso i bacini interni della Catalogna. Il progetto venne ancora una volta affossato, non senza numerosi danni collaterali….

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giovedì, 20 agosto 2009; 09:03


Dossier acqua

Progetti faraonici per rovinare un bene comune


Di fronte ad una crisi conclamata e al suo corollario troppo spesso annunciato - le guerre dell'acqua - di solito si invocano soluzioni tecnologiche. L'idea di andare a cercare la risorsa dovunque si trovi per portarla dove è necessaria, presenta il vantaggio, per i promotori di tali progetti, spesso ingegneri e imprese di lavori pubblici, di una perentoria semplicità. Ma questi trasferimenti massicci, ai quali molti paesi hanno fatto ricorso, lungo tutto il XX secolo, non sono privi di conseguenze: hanno spesso forti implicazioni politiche e sono accompagnati da notevoli impatti ambientali
Alimentare la popolazione urbana: I trasferimenti massicci per soddisfare le popolazioni urbane sono insieme i più vecchi e i più numerosi. Che si pensi a Parigi, Marsiglia, Atene, Helsinki, Algeri, Tokyo, New York, Los Angeles...: la stragrande maggioranza delle città può soddisfare la domanda d'acqua solo con sostanziosi trasferimenti inter-bacini. Ma il problema dell'approvvigionamento assume ormai un aspetto diverso a causa della crescita accelerata delle città, in particolare nei paesi in via di sviluppo.
La popolazione di Città del Messico, per esempio, è passata da 1,6 milioni nel 1940 a 13,9 milioni del 1980, per raggiungere i 19 milioni nel 2000. La città deve quindi costruire le infrastrutture urbane (strade, fogne, acquedotti, elettricità) ad un ritmo superiore alle sue capacità finanziarie, e sforzarsi di garantire il necessario approvvigionamento d'acqua ad una popolazione in rapida crescita.
Una scommessa cui riesce a far fronte - molto parzialmente - solo al prezzo di appropriarsi di acque sempre più lontane ... e di scontrarsi con altre collettività locali che si ritrovano private delle loro risorse.
Soddisfare un'agricoltura intensiva Nell'Ovest americano, l'acqua non manca, ma bisogna spostarla, deviarla per irrigare spazi agricoli sempre più estesi, segno tangibile del fatto che la tecnologia si è impadronita della natura. Così i fiumi sono stati ridisegnati, imbrigliati, sbarrati per costruire grandi serbatoi (lago Mead: 35 miliardi di m3; lago Powell 33,3 miliardi di m3, entrambi sul Colorado), poi deviati massicciamente per portare l'acqua verso le città e i campi. Nello stesso periodo, anche nell'Asia centrale nascevano programmi altrettanto faraonici. Il Turkmenistan, ad esempio, preleva ogni anno ben 11 miliardi di m3 dall'Amu Daria per alimentare il canale di Karakoum il quale, a causa di una manutenzione praticamente inesistente, perde lungo i suoi 1.100 km fino al 50% di acqua.
Con la costruzione dell'acquedotto di Los Angeles nel 1913, la California, l'Arizona e l'Utah hanno inaugurato l'era dei grandi progetti di trasferimento delle acque del Colorado, che hanno provocato il prosciugamento del lago Owens e la distruzione delle comunità locali della valle dell'Owens (California). Attualmente, il Colorado, come il Syr e l'Amu Daria nell'Asia centrale, non raggiunge che episodicamente il mare, il che ha provocato brutali catastrofi ambientali quali la sparizione degli stagni del delta del Colorado e la scomparsa del mare di Aral. Quest'ultimo, nel 2001, aveva perso l'80% del suo volume del 1960 e quadruplicato la salinità delle acque distruggendo la maggior parte delle specie viventi; sali, pesticidi e altri composti tossici deposti sul fondo prosciugato, ormai spazzato dai venti, sterilizzano i suoli per centinaia di chilometri e provocano gravissimi problemi sanitari tra le popolazioni locali (anemia, malattie del fegato, contaminazione del sangue con pesticidi e metalli pesanti...).
Questi trasferimenti massicci, più che rispondere a un reale bisogno di acqua, sono stati voluti in una logica di massimizzazione della produzione agricola e di assoggettamento della natura come fattore di produzione.
Trasportare i fiumi del Canada negli Stati uniti: I limiti dell'ambiente naturale hanno cominciato a manifestarsi nell'Ovest americano negli anni '60. Il timore di restare senza acqua in un tempo breve, accentuato nel 1963 da un verdetto della Corte suprema che imponeva alla California di rinunciare ad una parte dei volumi prelevati nel Colorado, ha portato ingegneri e responsabili politici a ipotizzare trasferimenti massicci dal Columbia e dal Mississippi.
Di fronte al rifiuto degli stati interessati, è poi nata l'idea di andare a cercare l'acqua ancora più lontano, dove ce n'è in abbondanza, cioè in Canada. Era l'epoca dell'ingegneria trionfante; l'epoca in cui si pensava che per rispondere alla domanda si dovesse necessariamente aumentare l'offerta, e quindi realizzare trasferimenti massicci non appena le risorse locali fossero eccessivamente sfruttate.
L'opinione pubblica canadese si è radicalmente opposta a tali progetti, e non perché la pratica dei grandi trasferimenti sia sconosciuta in Canada, al contrario. Ma l'idea di cedere il controllo delle acque rimarcava brutalmente la questione della sovranità canadese di fronte al suo ingombrante vicino.
Oggi, al riproporsi di simili progetti, gli oppositori insistono, sia in Canada che negli Stati uniti, sull'aspetto aleatorio di questa scelta: se non cambiano le abitudini di consumo, si spenderebbe molto solo per spostare di qualche tempo il problema. Per Ottawa, è fuori discussione che, in nome di una pretesa solidarietà umanitaria, si ceda su una così delicata questione di sovranità, per garantire le pratiche di spreco che a lungo hanno rappresentato il modo di gestire l'acqua negli Stati uniti. Nel 2000, la Commissione mista internazionale, l'organismo binazionale incaricato di arbitrare le controversie di frontiera tra Canada e Stati uniti, le ha dato ragione, affermando che i trasferimenti massicci d'acqua sono ammissibili solo come ultima soluzione e a condizione di ripristinare il livello dell'acqua nel bacino di origine. (1) Appropriarsi delle falde: una competizione insensata Il destino di altri progetti di trasferimento, come quelli relativi a Dakar, varia a seconda delle contingenze politiche. Da molti anni, la città si alimenta principalmente grazie a falde freatiche più o meno vicine: nel 1999, l'80% del suo approvvigionamento proveniva da quelle comprese tra il lago di Guiers e Capo Verde.
Da più di un decennio, il progetto del canale del Cayor è una vera e propria fandonia «idrologica». Si era pensato di realizzare un acquedotto per garantire il rifornimento idrico della capitale senegalese.
Ma il piano, che pure costituiva una priorità per lo stato, è stato rimandato sine die. La ragione principale sta nella ricorrente tensione tra Senegal e Mauritania sulla spartizione delle acque del fiume Senegal. I rapporti e le relazioni diplomatiche tra i due stati sono globalmente buoni, ma non sono esenti da brutali deterioramenti che attengono più alla suscettibilità dei governi che a problemi reali.
Infatti, malgrado la siccità che colpisce il Sahel da trentacinque anni, la realizzazione delle dighe di Diama e Manantali sul fiume Senegal, nel quadro l'Organizzazione per la valorizzazione del Senegal (Ovs), ha teoricamente portato a questi due paesi, come al Mali, una certa disponibilità di acqua. Tuttavia, dopo le gravi rivolte a Dakar e a Nouakchott nel 1989 a seguito di un incidente di frontiera, i governi mauritani che si sono succeduti hanno sempre ostentato toni virulenti ogni volta che il governo senegalese ha presentato un progetto per l'utilizzo delle acque del fiume Senegal. Per questo motivo, i due paesi utilizzano solo una piccolissima frazione (il 20% il Senegal, meno del 5% la Mauritania) dei volumi che l'Ovs ha loro attribuito a seguito della sistemazione idraulica della valle (2). Ma la metafora del trasferimento è politicamente esplosiva: spesso rappresenta, agli occhi dei rivieraschi, l'espressione di una violenza, un furto della risorsa.
Un progetto simile è stato studiato per garantire l'approvvigionamento di Nouakchott. Il canale a cielo aperto previsto tra il fiume Senegal e la capitale mauritana, lungo circa 170 chilometri, dovrebbe alimentare una riserva d'acqua pre-trattata di 150.000 m3 e un serbatoio seminterrato di una capacità di 5.000 m3 per triplicare la produzione giornaliera di acqua entro il 2020.
Cofinanziato dal Fondo africano di sviluppo (Fas), dal Kuweit e dall'Arabia saudita, il progetto prevede anche una stazione di depurazione. Alcuni specialisti, però, temono che il sotto-dimensionamento della rete possa provocare delle inondazioni con gravi, e purtroppo già note, conseguenze sanitarie (recrudescenza del colera, per esempio).
Sfruttare le riserve o lasciarle nel sottosuolo: il caso libico Per irrigare i terreni agricoli delle regioni mediterranee, nel 1983 la Libia ha avviato un titanico progetto destinato a trasferire le riserve d'acqua sotterranee nascoste nel sottosuolo desertico. Interamente finanziato dalla rendita petrolifera, la costruzione del Grande fiume artificiale (Gfa) costerebbe circa 32 miliardi di dollari. Ora, onestamente, l'enormità della spesa rende ancora più sorprendente la volontà di Tripoli di sfruttare una risorsa fossile la cui vita ha una durata limitata.
Formatesi da 6.000 a 12.000 anni fa, in un'epoca in cui l'attuale Sahara era molto più umido, le sorgenti d'acqua del sud della Libia, certo abbondanti, non si rinnovano più. La capacità di estrazione del Gfa è di 2,2 miliardi di m3 per anno, con un costo totale di produzione di acqua comparabile, se non già superiore, a quello delle stazioni di dissalazione - il costo di produzione dell'acqua dissalata per osmosi inversa è diminuito di quasi il 70% in vent'anni. A questo ritmo, si valuta che la durata di sfruttamento sarebbe di circa cinquant'anni.
A livello ufficiale, la Libia giustifica questa scelta politica con il desiderio di garantirsi l'autosufficienza alimentare - sviluppando la coltura di cereali - e una certa diversificazione economica. Resta tuttavia qualche dubbio sulla sua utilità, dato che stimolare lo sviluppo di un settore agroalimentare a debole valore aggiunto (cereali) e molto dipendente da una risorsa il cui esaurimento è già annunciato, non sembra economicamente molto razionale.
In realtà, la politica libica, come quella dell'Arabia saudita negli anni 1980 - 1990 (sfruttamento intensivo delle acque fossili per la coltura del grano in pieno deserto e sua esportazione sui mercati mondiali) sembrerebbe piuttosto uno strumento politico destinato, per i sauditi, a trasformare la società rendendo sedentari i beduini, e per Tripoli, a ridurre la dipendenza alimentare percepita come una debolezza durante l'embargo occidentale, tolto solo di recente (settembre 2003).
(Traduzione di G. P.)
note:
* Professore al dipartimento di geografia, Università Laval (Quebec), co-autore con Luc Descroix, di Eaux et territoires: tensions, coopérations e géopolitique de l'eau, Presses de l'Université du Quebec, 2003.
(2) Commissione Mista Internazionale, Examen des recommandations du rapport de février 2000 de la Cmi, agosto 2004.
(3) Luc Descroix, «Dakar: une capitale dépendant d'approvisionnements lointains», in Les transferts d'eau massifs. Outils de développement ou instruments de pouvoir?, Presses de l'Université du Québec, in stampa quest'anno.
FONTI: Aquastat 2002, Fao, Roma ; World Resources Institute,Washington Dc ; Igor Shiklomanov, State Hydrological Institute, San Pietroburgo, e Programme hydrologique international, Unesco, Parigi; Jean-François Troin, Le Maghreb: hommes et espaces, Armand Colin, Parigi, 1985; Georges Mutin, L'Eau dans le monde arabe, Edition Ellipses, Parigi, 2000; Le Courrier de l'Unesco, febbraio 2000; Société nationale d'eau, Nuakchott; United Nations University; J. C. et F. Quinn, Water diversion and export: learning from the Canadian experience, università di Waterloo, 1992; Hydro-Québec, Montréal; United States Geological Survey; Brian Morris, British Geological Survey, 2001

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giovedì, 20 agosto 2009; 08:59


Le Tre Sorelle
M. La.

Tre delle quattro imprese leader dell'acqua a livello mondiale sono francesi: la Veolia, ex Vivendi, che ha avuto origine dalla Générale des Eaux, nata nel 1853; la Ondeo, filiale della Suez Lyonnaise, creata nel 1880; e la «piccola» Saur, proprietà del gruppo Bouygues fino al novembre 2004 (1). Queste società si sono conquistate i primi posti in meno di un ventennio.
La Ondeo è il numero uno mondiale in termini di popolazione servita (125 milioni di abitanti del pianeta). La Veolia, che rivendica 110 milioni di clienti, figura al secondo posto nel mondo, e rimane leader in Francia con 26 milioni di utenti per l'erogazione dell'acqua potabile e 19 milioni per la depurazione. Nel 2003 il suo fatturato era di 11 miliardi di euro, pari al 30% del fatturato totale della Veolia Environnement (Veolia Ambiente), che conta 309.000 dipendenti in oltre 80 paesi (oltre 2.800 in Cina, 4.000 in Australia, 14.000 in Germania, 13.000 circa nel Regno unito, 12.000 nella Repubblica Ceca, 9000 in Svezia...) Anche la Saur ha varie attività all'estero, dove serve 29 milioni di abitanti, mentre ha 6 milioni di utenti in Francia.
Attualmente le Tre Sorelle controllano quindi il 40% del mercato mondiale dell'acqua gestito da privati, in più di 100 paesi. La loro unica vera rivale nel settore è la Rwe (gigante dell'energia in Germania), terza a livello mondiale, con la sua filiale britannica Thames Water; sono penetrate anche sul mercato americano grazie all'acquisizione della leader nazionale Usa, la American Water Works.
note:
(1) Conservando il 15% del capitale della Saur, il gruppo Btp ha venduto nel2004, per un miliardo di euro, la sua filiale «acqua» al fondo d'investimenti Paribas Affaires Industrielles (Pai). 

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lunedì, 17 agosto 2009; 07:00

Battaglie per l'acqua pubblica


Il servizio idrico della città di Parigi, affidato a operatori privati dal 1985, dovrebbe diventare un'azienda autonoma municipale prima della fine del 2009. A Bordeaux, Lione, Tolosa, Saint-Dizier e altrove le mobilitazioni in favore di una gestione pubblica diretta dell'acqua si moltiplicano. La difesa del bene comune, la rivalutazione del servizio pubblico e lo sviluppo sostenibile dei territori sono al centro di queste lotte multiformi che registrano vittorie eclatanti e ravvivano l'impegno politico.


di Marc Laimé *

La posta in gioco è notevole! La produzione, il trattamento, la distribuzione e la depurazione di più di cinque miliardi di metri cubi d'acqua prelevati ogni anno in Francia dalla natura per i bisogni domestici rappresentano, per un costo medio di 2,70 euro a metro cubo al consumatore, un mercato globale annuale enorme e una redditizia «vetrina» per le multinazionali francesi presenti nel mondo intero.
Veolia (ex-Generale des eaux, ex-Vivendi), Suez-Ondeo (ex-Lyonnaise des eaux) e Saur, leader mondiali dell'acqua e dei servizi all'ambiente, gestiscono in Francia un vero monopolio. Sotto forma di contratti di delega del servizio pubblico (Dsp) stipulati con le collettività locali, essi detengono circa l'80% del mercato della produzione e della distribuzione dell'acqua, il 55% della depurazione delle acque di scarico, per non parlare dei rifiuti, della pulizia, del riscaldamento, dei trasporti urbani e ferroviari, della ristorazione collettiva o delle pompe funebri. Il leader, Veolia, detiene il 39% del mercato dell'acqua, seguito da Suez (19%) e Saur (11%), alle quali si aggiungono una decina di piccole e medie imprese (Pme) di cui la principale, Ruas, è stata comprata nel 2007 da... Veolia. Il resto (28%) dipende da operatori pubblici, aziende o società ad economia mista (1).
Questo cartello dell'acqua costituisce un'altra forma d'eccezione francese, poiché, nel mondo, solo il 7-8% dei mercati dell'acqua è affidato a operatori privati. Eppure, il partenariato pubblico-privato (Ppp) appare soprattutto come il recupero di una rendita pubblica, la cui filosofia è facile da riassumere: socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (2).
Tutti i grandi apparati dello stato che da una ventina d'anni a oggi hanno studiato la gestione dell'acqua in Francia hanno denunciato questa tendenza: Corte dei conti, Commissariato generale del Piano, Alto Consiglio del settore pubblico, Consiglio nazionale di valutazione, commissioni parlamentari d'inchiesta, Ufficio parlamentare di valutazione di scelte scientifiche e tecnologiche, Consiglio della concorrenza, etc. Lo spettacolare «affare Carignon», a Grenoble (3), all'inizio degli anni '90, ha accelerato la contestazione, dando luce in particolare alla Coordinazione delle associazioni dei consumatori dell'acqua (Cace), che raggruppa centoventi associazioni di consumatori in tutta la Francia.
Due inchieste dell'Unione Federale dei Consumatori (Ufc)-Que choisir hanno recentemente denunciato tariffe «spesso molto abusive» nelle grandi città e «benefici farraginosi» realizzati dagli operatori privati (4). Il record spetta al Sindacato dell'acqua dell'Ile de France (Sedif), che raggruppa centoquarantaquattro comuni della periferia parigina, e al suo delegato Veolia. Il tasso di profitto si attesterà al 58,7% contro il 10-20% per gli «allievi diligenti» in gestione pubblica, Annecy, Chambéry, Clermont-Ferrand o Grenoble.
In risposta, il Sedif criticò violentemente i calcoli «sbagliati».
E invitò finalmente a discuterne a febbraio 2008. Forte delle precisazioni che gli furono apportate, l'Ufc-Que choisir inviò il 2 giugno 2008 ai centoquarantaquattro sindaci e delegati del sindacato un nuovo rapporto, ancora più schiacciante. Un'analisi più approfondita evidenzia benefici indotti calcolati per 90 milioni di euro l'anno, su 300 milioni di euro di remunerazione annuale riportati da Veolia (5).
Nella pratica, le differenze di prezzo riguardano situazioni molto eterogenee: disparità nel modo di gestione, di densità demografica, di qualità della risorsa, di estensione della rete... Ma la manomissione degli operatori privati falsa le regole. Il Consiglio della concorrenza ha osservato che la concessionaria vincitrice «è spesso la sola a presentare un'offerta». E, «anche quando i due più grandi gruppi sono in concorrenza al momento del rinnovo di un appalto, questo fattore non basta, in generale, a ridurre sensibilmente il prezzo (6)».
Al contrario il passaggio ad una gestione pubblica permette di stabilizzare il prezzo dell'acqua, abbassandolo. Il suo prezzo medio, calcolato dall'Istituto francese dell'ambiente (Ifen), si stabilisce a 2,19 euro il metro cubo con gestione pubblica, contro i 2,93 euro con operatore privato, con una differenza del 25%. In risposta, le aziende sostengono che il prezzo dell'acqua nelle grandi città francesi «sono del 10% inferiori alla media europea (7)».
Molti politici e comunità rifiutano ora il «fatalismo» dell'appalto alle imprese e si pronunciano in favore della gestione diretta (leggere il quadro in basso). Ma la lotta è dura. Bisogna dispiegare sforzi costanti per accedere all'informazione, procurarsi audizioni e rapporti delle camere regionali dei conti, paragonare i prezzi, moltiplicare le richieste davanti ai tribunali amministrativi, sostenere interminabili processi, raccogliere firme per le petizioni, tenere conferenze stampa, sopportare pressioni, manovre d'intimidazione e campagne di disinformazione.
La questione dell'acqua ha fortemente animato la campagna delle elezioni municipali di marzo 2008, in più di un centinaio di città francesi.
L'acqua, risorsa locale, è gestita dalle comunità o da loro consorzi.
Ora, lontana replica della legge Sapin del 1993 che mirava a «moralizzare» il trasferimento dei mercati pubblici, migliaia di contratti di appalto hanno cominciato a giungere a scadenza negli anni 2000. Le collettività dovranno dunque scegliere la loro futura modalità di gestione a ritmo sostenuto nei prossimi anni. Si tratta di 700-800 contratti all'anno.
A Bordeaux, l'azione ostinata di un'associazione ha permesso alla comunità urbana di recuperare nel 2006 circa 230 milioni di euro di eccedenza di riscossione dopo trent'anni dalla Lyonnaise des eaux.
Nel Rhône-Alpes, sotto la pressione dei consumatori, la Comunità urbana di Lione (Courly) ha costretto a dicembre 2007 le sue concessionarie, Veolia e Suez, ad abbassare del 16% il prezzo dell'acqua. Nei Vosgi, la città di Neufchâteau, dopo aver denunciato unilateralmente un contratto d'appalto, ha creato un'azienda pubblicaesemplare che fa ormai scuola. In Haute-Marne, il sindaco di Saint-Dizier, François Cornut-Gentille (eletto nelle liste dell'«Union pour un mouvement populaire», Ump), dopo aver denunciato un contratto iniquo, ha vinto nel gennaio 2008 il processo intentatogli da Veolia, che reclamava indennità rilevanti. Pierre Cohen, nuovo sindaco (socialista) di Tolosa, dopo la sua elezione al Campidoglio ha intrapreso una revisione del contratto detenuto da Veolia dal 1990, i cui profitti sono denunciati da una decina d'anni dai consumatori di Tolosa.
Oltre cinquanta città francesi hanno rimunicipalizzato la gestione dell'acqua dall'inizio degli anni 2000. Un movimento accelerato dalla crescita dell'inter-municipalità, che permette a gruppi di comuni di raggiungere la massa critica per dotarsi dei necessari mezzi finanziari, tecnici e umani.
Ma si tratta soprattutto di volontà politica. Numerosi politici locali e comunità sono decisamente presi alla sprovvista, quando si tratta di scegliere un modo di gestione, perché appare più facile optare per il privato in situazione di monopolio. Essi potrebbero ricorrere alla consulenza dei servizi decentrati dello stato (e in particolare a quella delle direzioni dipartimentali delle infrastrutture e delle direzioni dipartimentali dell'agricoltura e delle foreste). Ma l'ingegneria pubblica sta subendo un rapido smantellamento, dall'avvio della revisione generale delle politiche pubbliche (Rgpp) da parte del governo di François Fillon.
Allo stesso tempo, le multinazionali hanno esteso la loro influenza su tutta la rete della gestione dell'acqua, come lo sviluppo della ricerca, largamente privatizzata, la normalizzazione o i brevetti.
Esse orientano fortemente anche le evoluzioni legislative e di regolamento.
L'assenza di un'autorità di regolamentazione, altra anomalia, contribuisce all'opacità di un settore che oggi deve affrontare l'irrigidimento delle norme sulla qualità dell'acqua, per l'effetto di direttive di origine comunitaria sempre più restrittive.
Volontà politica, dunque. La Francia accusa un ritardo considerevole in materia di trattamento delle acque di scarico. Il costo della messa a norma di stazioni di depurazione e la diminuzione strutturale dei volumi d'acquafatturati agli utenti aumenteranno nettamente il prezzo dell'acqua nei prossimi anni. Tali vincoli finanziari spingono ormai numerosi eletti a prendere in considerazione il ritorno alla gestione diretta, che permette di risparmiare sui dividendi da versare agli azionisti degli operatori privati (8).
In un periodo in cui il governo non fa che ripetere che le casse dello Stato sono vuote, l'argomento è forte. Nel 2008, le società che compongono l'indice Cac40 (tra cui Veolia e Suez) distribuiranno 38,2 miliardi di euro ai loro azionisti. Una somma elevata che contribuisce a spiegare la crisi finanziaria in atto.
La posta in gioco è fondamentale. Sullo sfondo di crescenti disuguaglianze nell'accesso all'acqua e dell'impatto del cambiamento climatico sul ciclo idrico, Veolia e Suez si riorganizzano nel mondo intero e sviluppano nuove e sofisticate tecnologie: desalinizzazione dell'acqua del mare, riutilizzo delle acque di scarico per gli usi agricoli e di svago, e persino nell'alimentazione domestica (9). Anche in Francia, grazie all'azione di lobbying, esse assumono ormai il rango di vere e proprie co-produttrici dell'intervento pubblico. La riconquista del servizio pubblico trasparente e democratico è più che urgente. Essa costituisce un prezioso punto di partenza per i milioni di cittadini che, nel mondo intero, combattono la mercificazione dell'acqua.


note:
* Giornalista.

(1) Leggere Marc Laimé, «Man bassa sulla linfa vitale delle città», Le monde diplomatique/il manifesto, marzo 2005.

(2) Marc Laimé, Le Dossier de l'eau: pénurie, pollution, corruption, Seuil, Parigi, 2003.

(3) Nel 1996, l'ex sindaco della città è stato condannato a quattro anni di prigione, 60.980 euro di multa e cinque anni d'ineleggibilità.
La corte d'appello di Lione lo ha accusato di aver beneficiato di vantaggi materiali che ammontano a 2,9 milioni di euro, in cambio della delega del servizio delle acque. Su questo affare, cfr. Raymond Avrillier e Philippe Descamps, Le Système Carignon, La Découverte, Parigi, 1995.

(4) «Prix de l'eau. Des profits abusifs», Que choisir, n° 434, febbraio 2006, e «Factures d'eau. Encore trop d'abus», n° 453, novembre 2007.

(5) «Syndicat des eaux d'Ile-de-France, le renouvellement du contrat.
L'organisation de la production d'eau. L'analyse et les propositions de l'Ufc-Que choisir», Parigi, 2 giugno 2008.

(6) Maire-Infos (sito Internet), 11 luglio 2006, www.maire-info.com 
(7) Aquae, n° 38, ottobre 2008, www.fp2e.org 
(8) Associazione dei sindaci di grandi città di Francia - Dexia Crédit local, «Les services eau et assainissement dans les grandes villes et leurs groupements», marzo 2007.

(9) Marc Laimé, François Cuel e Jean-Louis Vibert-Guigue, Les Battailles de l'eau, Terre bleue, Nizza, 2008.
(Traduzione di A. D'A.)

www.monde-diplomatique.it

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venerdì, 14 agosto 2009; 07:52


da Il Caffè, 
ACQUALATINA AFFONDA MENTRE IL PORTO DI “ARRIVO” SI E’ TRASFERITO IN GERMANIA
Acqualatina: è emergenza

di Roberto Lessio
Il numero 17 (non a caso), ricorre spesso nelle “sfortune” di Acqualatina. Stavolta è il numero della pagina della Relazione del suo bilancio consuntivo per l’anno 2008. Bilancio approvato a maggioranza firmato dal suo Presidente Claudio Fazzone, che per la prima volta ha registrato un “cartello” di oppositori, tra cui si evidenziano il neo Sindaco di Aprilia, Domenico D'Alessio, e il Sindaco di Priverno, Umberto Macci. Ecco cosa si prepara per i cittadini dell'area assoggettata ad Acqualatina SpA, dopo l’approvazione dell’ultimo bilancio. Ovviamente, sono graditissime eventuali smentite.
 PIANO DI EMERGENZA
In quella pagina n. 17 infatti si legge che il socio privato (che di fatto comanda da sempre nella società), nella seduta del Consiglio di Amministrazione del 20 aprile 2009, si è impegnato a redigere un “piano di emergenza a breve termine” per risolvere i problemi di cassa per il 2009 e un “piano a medio termine” (2010-2012) “per risolvere problemi strutturali, mettendo a disposizione della Società strutture che possano portare a vere e concrete sinergie supplementari”.
Dal punto di vista “clinico” è una diagnosi abituale per un coma di secondo grado: il terzo è quello che in medicina si definisce “irreversibile”, dopo c’è solo la morte. E di numeri “sfortunati” che annunciano i tipici rintocchi delle campane a lutto, in quel bilancio (per chi lo sa leggere) ce ne sono ormai troppi.
 ANCORA ENORMI PERDITE
Per l’ennesima volta, il bilancio si chiude con una perdita, pari a 4.361.102 euro. Sommata alle perdite degli anni precedenti fa 6.887.017 euro, comportando una erosione del capitale sociale di circa il 30%. Per legge se il capitale sociale viene “eroso” oltre i due terzi (cioè il 66,6%) si deve procedere alla ricapitalizzazione (art. 2446 c.c.). Vale a dire che tutti i Comuni soci di Acqualatina dovranno metterci le apposite somme, pro quota (ognuno in proporzione al proprio “peso”).

LA MORSA: BANCA E FORNITORI
Tale risultato negativo si deve all’aumento vertiginoso dei costi finanziari della gestione (vedi mutuo Depfa), oltre ai costi delle “forniture” . Tra questi ultimi costi, alcuni sono anche verso società socie o comunque collegate ad Acqualatina (attraverso vari intricati passaggi societari sconosciuti all’opinione pubblica), tra le quali la Ecoambiente, una delle due società che gestiscono la discarica di Borgo Montello (tra Latina e Nettuno), dove Acqualatina smaltisce i fanghi residui dei depuratori (di quelli che funzionano). Il relativo costo nel 2008 è raddoppiato rispetto al 2007. Fenomeno tipico delle società cosiddette “scatole cinesi”.

-         730 EURO A TESTA DI DEBITO
-         Al 31 Dicembre 2008 i debiti di Acqualatina erano pari a 183,4 milioni di euro (vale a dire circa 360 miliardi di vecchie lire); quindi l’indebitamento netto della società, rispetto all’inizio della sua attività, è praticamente triplicato. Ciò significa che mediamente ogni utente de servizio idrico (quelli che hanno un contratto di fornitura, mentre i tanti morosi veri continuano a dormire sonni tranquilli) ad oggi  si ritrova ad avere un debito di 730 euro, senza saperlo e a prescindere di quanta acqua consuma.

IL GIOCO DEI CONSUMI STIMATI
Stando alle comunicazioni ufficiali della società e dei suoi “supporters” politici, la colpa di tutto ciò è da attribuire ai “contestatori”, soprattutto quelli di Aprilia. Ma se si analizza attentamente l’evoluzione della voce “crediti verso clienti”  (cioè quante bollette vengono pagate o meno) in tutti i bilanci approvati fino ad oggi, ci si accorge che la dimensione attuale di quella voce è del tutto incompatibile con lo sproporzionato aumento del debito.
Anche nell’ultimo bilancio (la voce si ripete identica anche per gli anni scorsi) Acqualatina dichiara, per bocca del suo Presidente Claudio Fazzone, che “purtroppo” sul 12% delle utenze che risultano in fatturazione in tutto l’ATO, non è stato possibile eseguire alcuna lettura del contatore. Questi utenti quindi continuano a ricevere una fattura semplicemente “stimata” sui consumi medi di una famiglia. Se si aggiunge il fatto che un altro 43% delle utenze hanno ricevuto bollette risultanti da una sola lettura, ci si accorge la maggior parte del bilancio della Società è effettuato su fatture di consumo “stimato”.
Ma la legge prevede che debbano essere eseguite almeno due letture all’anno, prima e dopo l’estate. Eppure, ancora nel 2008, così non è per oltre metà degli utenti di Acqualatina; società che ha affidato all'esterno il servizio di lettura dei contatori (mentre ora vuole licenziare 30 dipendenti) al “vertiginoso” costo di un euro a lettura, con tanto di ribasso derivante dal bando. Come mai un così irrisorio impegno economico a fronte di quello che dovrebbe essere la principale attività per avere dati definiti per un bilancio serio?
IMPEGNI NON MANTENUTI
Poi ci sono 10,3 milioni di euro di “crediti verso Ato4”. Questa è la cifra “residuale” (si fa per dire), di una somma iscritta nei precedenti bilanci. Era successo che l’A.D. Silvano Morandi si era presentato all’assemblea dei soci per far approvare il bilancio del 2005, che registrava una perdita record: 14,7 milioni di euro.
Di fronte al rifiuto dei Sindaci di ripianare la perdita con un ulteriore, consistente, aumento delle bollette, Morandi attivò la procedura di “messa in mora” prevista dall’art. 17 bis della Convenzione di Gestione (uno dei principali punti di contestazione della Regione). Ne risultò un compromesso per cui quella perdita veniva portata a rinnovo attraverso un piano “antievasione” contro gli allacci abusivi e gli usi impropri (a cura di Acqualatina), il cui debito complessivo però, rimaneva comunque in capo ai Comuni. Il piano aveva la durata di 3 anni (teoricamente la scadenza è a fine settembre) con un ulteriore costo di 8,2 milioni di euro, sottratto al “malloppo” degli investimenti per le opere idriche (acquedotti, depuratori ecc.). Nel 2008 il recupero è costato più degli incassi: hanno speso 2,1 milioni di euro (anziché 1,6 previsti) per incassare 187.000 euro (anziché 1,4 milioni previsti). Ne avevano scovati in realtà di più, ma prendendo un sacco di granchi: ben 894.000 euro hanno dovuto restituirli perché indebitamente riscossi. Nel frattempo, quelle perdite di 14,7 milioni iscritte in bilancio come “crediti verso Ato4” sono scese appena a 10,3 milioni.
Dunque altri impegni e cifre “scritte sull’acqua”.
CHI SONO I VERI MOROSI?
Nel bilancio appena approvato, infine, non sono conteggiate le somme che la società deve ai Consorzi di Bonifica (“obbligatori” per tutti i fruitori del bene acqua dalle nostre parti), che ammontano attualmente ad oltre 5,5 milioni di euro. Senza contare il mancato pagamento ai Comuni dei canoni per l'uso degli impianti per vari milioni di euro.
E IL CAPO USCENTE SI PRENDE IL SUV
Nonostante questi ed altri pietosi dati, l’ex Amministratore Delegato della società Silvano Morandi, prima di presentarsi all’assemblea dei soci per far approvare l’ennesimo bilancio in consistente perdita, ha avuto la bella idea di dotarsi di una Audi Q7 (un macchinone che consuma un litro di carburante ogni sette chilometri), che solo di noleggio costa quasi 1.700 euro al mese. Brutta immagine quella di girare con un Suv quando la “barca affonda”. Per questo anche i suoi “pazienti” datori di lavoro, cioè i francesi di Veolia e il sig. Giuseppe Pisante (quello del rischio di “indigestione da antipasti” sugli appalti di Acqualatina), devono aver pensato che la misura era colma.
Colui che aveva pronosticato e annunciato in tv che gli oppositori alla sua linea (soprattutto quelli di Aprilia) “ne uscrianno con le ossa rotte”, ora è disoccupato.

Box
COME DIMOSTRARE DI NON VALERE “UN TUBO”
Il Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, e il Responsabile della Segreteria Tecnico Operativa (STO) dell’ATO, Sergio Giovannetti (che ha un ruolo “non politico” il cui contratto risulta scaduto dal 15 gennaio - senza proroghe e/o rinnovi), hanno dichiarato che se dipendeva da loro Morandi poteva continuare a stare al suo posto visti gli “ottimi risultati conseguiti”. In base ai patti  parasociali, compete al socio privato di Acqualatina indicare l’Amministratore  Delegato, ma non chi debba essere. Avendo il socio pubblico (cioè i Comuni dell’ATO) la maggioranza sia in assemblea che nel CdA, tali dichiarazioni solo la conferma definitiva di quanto valgano effettivamente costoro nella gestione della società.

ACQUALATINA TORNA IN MANO PUBBLICA… MA IN GERMANIA
Acqualatina ha ricevuto un prestito di 114,5 milioni di euro dalla Depfa Bank, con tanto di pegno sulle azioni (anche quelle in mano ad alcuni Comuni). Questa banca è stata “incorporata” due anni fa dalla Hypo Real Estate Bank (con sede a Monaco di Baviera).
Comprato il “pacco”, la Hypo si è ritrovata la sorpresa “velenosa” dei prodotti finanziari derivati che la Depfa aveva contratto con la Lehman Brothers (la banca d’affari che fallendo ha innescato la crisi finanziaria mondiale in corso).
A causa di questo “avvelenamento” sui propri bilanci, Hypo è stata costretta ha chiedere aiuto al governo tedesco, che ha deciso di ricapitalizzarla, fino a sottoscrivere il 90% del capitale sociale. Di fatto Hypo (e quindi Depfa e le sue opzioni di pegno sul capitale di Acqualatina), sono in mano al governo tedesco. Quindi in mano pubblica. Vale a dire che anche quelli di Acqualatina (Fazzone in testa) da un giorno all’altro potrebbero sentirsi rivolgere la domanda: «Was machen uns? Bringen wir die Buchern vor Gericht?» (“Che facciamo? Portiamo i libri in Tribunale?”

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martedì, 11 agosto 2009; 18:28


Il Tribunale dell'Acqua di Valencia: un'istituzione millenaria

In ogni epoca l'acqua è stata l'oggetto della cupidigia, di guerre, di corruzione... Ovunque nel mondo la sua gestione è divenuta fonte di conflitto. Da qui la necessità di emanare delle leggi sull'acqua, e di deliberare sui conflitti che ne derivavano.

Nel 600a.C. ad Atene sono apparse le prime leggi su l' acqua. Esse fissavano delle norme ben precise per la gestione delle acque sotterranee. Venivano anche disciplinate con esattezza le distanze minime per scavare un pozzo o per gestire delle piantagioni. 200 anni più tardi, è stato necessario legiferare sui danni arrecati all' integrità di questo bene prezioso che attirava sempre più interessi economici.                                                                                                                 Se, successivamente, le reti d' approvvigionamento si sono sviluppate e modernizzate, per contro le controversie non sono scomparse.

E ' così che a Valencia, in Spagna, è stato creato, nel 960 d.C., il tribunale dell' Acqua, su volontà del califfo di Cordoba. Un'istituzione che dura ancora oggi. Ogni giovedì, da secoli, questo tribunale si riunisce dinanzi alla porta degli apostoli della cattedrale di Valencia, per regolare i conflitti sorti sull' acqua. Composto da 9 giudici, scelti ed eletti fra gli agricoltori, questa istituzione si riunisce al dodicesimo tocco di una campana, per arbitrare in udienza pubblica sulle controversie che sono intervenute durante la settimana tra i vari agricoltori della regione. Alcune controversie riguardano la divisione degli 8 canali che irrigano le terre della pianura di Valencia, una pianura molto fertile in cui vengono prodotti agrumi, riso, uva e pesche. Questi giudici non sono giuristi professionisti. Ma sono agricoltori rispettati, dei saggi, depositari di una lunga tradizione orale. Hanno una conoscenza perfetta del diritto d' irrigazione vigente nella regione e conoscono alla perfezione le rotazioni ed i periodi di innaffiamento, la ripartizione proporzionale dell' acqua e la pulizia dei canali necessaria al buono smaltimento degli scoli di irrigazione da un campo all' altro.
Forti di una storia di oltre 1000 anni, le sentenze pronunciate dal tribunale delle acque di Valencia sono senza appello. Basate sulla giustizia, sul buono senso e sulla legge, esse non vengono mai contestate. D' altro canto, per evitare l' affronto di essere giudicati in pubblico, gli agricoltori si sforzano di non violare i limiti di impiego e in caso di divergenza cercano di trovare accordi stragiudiziali.
Rapida, adeguata alle esigenze immediate, con un costo trascurabile, questa giurisdizione atipica è un esempio di autogestione delle sue risorse da parte di una popolazione. Tutto il suo sistema di arbitrato è basato su un equilibrio tra tradizione ed adattamento alle realtà del mondo moderno ed ai rischi climatici. La pratica secolare di quest'istituzione rispettata è riuscita sino ad ora a calmare e a pacificare la gestione di questo oro blu che, in molte regioni del mondo, è il catalizzatore di conflitti profondi. Anche se i conflitti che sorgono tra gli agricoltori sono di altro genere, allorquando vengono posti a rischio degli interessi economici sorgono dei conflitti di interessi… Ma ciò resta tutto sommato un modello di compromesso istituzionalizzato, in grado di offrire  ai promotori di un diritto internazionale dell' Acqua un valido esempio. Questi vedrebbero di buono occhio la creazione di un Tribunale Mondiale dell' Acqua capace di eliminare quelle rivalità legate alle divisioni di corsi d' acqua e in genere delle fonti sotterranee.
Tradizione orale, semplicità: quando la saggezza millenaria può diventare un ottimo esempio …




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lunedì, 10 agosto 2009; 08:10

Acea, arriva la stangata sull´acqua
Chiesto un aumento del 10 per cento
L´Acea chiede gli aumenti: "Tredici centesimi in più al metro cubo". Il presidente Cremonesi: "Serviranno per ristrutturare la rete idrica". Con la semestrale crollo dell´utile netto della società. Il rincaro dovrebbe servire per ristrutturare la disastrata rete idrica
di Giovanna Vitale

Batte cassa il presidente di Acea. Insoddisfatto per una semestrale che ha registrato il crollo dell´utile netto (-24% a 55 milioni) e del Mol (-7%), anche a causa della flessione dei consumi elettrici, Giancarlo Cremonesi tira fuori dal cilindro una proposta destinata a pesare esclusivamente sulle tasche dei cittadini: aumentare il prezzo dell´acqua. Un piccolo ritocco, 13 centesimi al metro cubo, necessario per ristrutturare la disastrata rete idrica.

Il sasso è stato lanciato lunedì scorso dal palco di CortinaIncontra, la manifestazione che mixa economia e mondanità organizzata dai coniugi Cisnetto nel cuore della valle ampezzana. «L´acqua in Italia è più a buon mercato che in tutto l´Occidente», ha premesso l´ex leader dei costruttori romani, aggiungendo poi che tutto il mondo delle «multiutility sta impostando un lavoro sulla rete idrica senza costi per lo Stato». E siccome è ora che «vengano riconosciute nelle tariffe gli investimenti che siamo pronti a fare, chiediamo un aumento da 1,30 euro a 1,43 euro a metro cubo, 13 centesimi di cui una famiglia neanche si accorgerebbe». Qualcosa più di un´idea, dal momento che già «a settembre, con questo piccolo aumento, si potrebbero aprire cantieri per ammodernare la rete idrica per alcuni miliardi di euro», ha concluso Cremonesi.

Una proposta che non trova ostacoli da parte del governo. «Cremonesi ha ragione», ha infatti subito replicato il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. «Il tema ha degli aspetti sociali molto forti per cui l´acqua da noi ha sempre avuto un prezzo "politico". Tutto ciò però ci è costato molto perché abbiamo un sistema degli acquedotti obsoleto che ci fa perdere il 42% dell´acqua».

Contrarissimo il Pd. «Invece di mettere le mani nelle tasche dei cittadini Cremonesi farebbe bene a fare mea culpa per capire come sia stato possibile, in soli sei mesi di gestione, far scendere l´utile netto della semestrale del 24,2% sebbene abbia ereditato dalla gestione Mangoni un utile di 186mln di euro», attacca il vicepresidente della commissione Bilancio, Alfredo Ferrari. «Prima di cercare all´esterno soluzioni, sarebbe meglio fare autocritica e chiarire quali siano le politiche aziendali».
(07 agosto 2009)

www.repubblica.it

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venerdì, 07 agosto 2009; 07:12



L'aggravarsi della posta in gioco sul problema dell'acqua

La scuola di guerra economica ha sostenuto il suo esame finale del 2009 sul tema della competizione mondiale sul mercato dell'acqua. Infoguerre ha pubblicato uno dei rapporti realizzato da un gruppo di studenti che ha lavorato per quindici giorni su questo argomento strategico.
L'acqua è oggi una delle poste in gioco geopolitiche più importanti, intorno alla quale si sviluppa un accanito dibattito internazionale, al di la di un approccio puramente geopolitico che implica tensioni regionali molto specifiche, collegate alla spartizione delle risorse idriche in una data regione; l'acqua è un mercato attorno al quale gravitano imprese internazionali incaricate di assicurarne tecnicamente la distribuzione, la gestione, e di individuare soluzioni efficaci per assicurarne la continuità.
Missione quantomai delicata che suscita molti interrogativi etici: l'acqua è un diritto per tutti o una derrata da pagare? Ma è soprattutto un compito che scatena una concorrenza accanita tra molte società internazionali. Sia per la captazione, che per la distribuzione e per la depurazione dell'acqua potabile, o anche per quanto riguarda il mercato della desalinizzazione, questi gruppi si disputano i mercati internazionali.
In seguito alla rarefazione artificiale delle risorse idriche essi subiscono evoluzioni sia dove erano già ben radicati, come in Europa, o sia in aree in pieno sviluppo, come il vicino medio oriente. Tra queste spicca Veolia, fiore all'occhiello delle industrie francesi, leader mondiale nel settore idrico. Per comprendere meglio il contesto concorrenziale in cui essa agisce, conviene identificare quali sono questi mercati dell'acqua, e anche i soggetti che evolvono al loro interno.
L'angolazione presa da questo studio è quello della prospettiva. Si tende a dimostrare qual'è la situazione concorrenziale di Veolia, e quali mutazioni la scuotono, ma anche quali saranno le principali poste in gioco che potrebbero modificarla, per proporre infine soluzioni che le permettano di conservare tale vantaggio concorrenziale. La prima parte di questo studio consisterà quindi in una descrizione dello stato dei concorrenti di Veolia. In modo sistematico, essi vengono identificati e qualificati a secondo della loro posizione concorrenziale nei confronti di Veolia, sia dal punto di vista intrinseco, sia in rapporto alle loro posizioni su mercati specifici.
La seconda parte affronterà le tre poste in gioco considerate cruciali da Veolia, i tre punti che avranno la possibilità di modificare la situazione concorrenziale del mercato dell'acqua a  suo svantaggio. Infine questo studio tenterà di proporre delle previsioni che le permetterebbero di mantenere il vantaggio, malgrado i rischi creati dalla mutazione di tale situazione concorrenziale e le poste in gioco che potrebbero minacciare la sua posizione dominante in tutti i suoi settori di attività.

Questa leadership è la conseguenza di un approccio specifico dei gruppi francesi, che hanno una lunga esperienza nella gestione dei problemi idrici. La gestione "per bacino idrico", cioè una gestione integrata di tutte le risorse e del loro utilizzo, è riconosciuta come la più adatta a rispondere ai bisogni internazionali. Questa visione ha permesso ai due leaders francesi di porsi al primo posto in termini di numero di persone servite, ma oggi non basta più ad assicurare la sicurezza e la continuità di tale posizione. Veolia, come Suez, sono costrette ad adottare un atteggiamento molto più aggressivo per conservare la loro posizione di leadership a livello internazionale. Il controllo e la gestione delle risorse dell'acqua possono essere considerati assolutamente strategici per i poteri politici, essendo indissolubili alla continuazione dell'esistenza delle loro nazioni. Nazioni che, spinte da una scalata capitalistica assai accelerata nella seconda metà del ventesimo secolo, vedono ormai crescere globalmente i loro bisogni secondari a ritmi insostenibili. La scarsità conseguente tuttavia, è solo artificiale, dato che la costituzione biologica del pianeta terra (quasi il 75% delle acque di superficie) e il ciclo naturale dell'acqua (rigenerazione perpetua) dovrebbero obbiettivamente permettere di assicurare bisogni idrici infinitamente più rilevanti.
Se le risorse idriche censite sul pianeta sono molto superiori ai nostri bisogni, rimane tuttavia vero che la disponibilità di acqua dolce, direttamente utilizzabile dall'uomo, rappresenta una piccolissima porzione, (1% o il 3% se si prendono in considerazione anche i ghiacci polari e le nevi eterne) e che le tecnologie di desalinizzazione, unico mezzo per rifornirsi dal mare, sono ancora poco sviluppate. Infine, i canali naturali di distribuzione dell'acqua dolce ( fiumi, laghi, falde freatiche) divengono via via insufficienti per abbeverare tutto un pianeta sedentario ed estremamente dissipatore. Si tratta di un rischio aggravato dalla crescita demografica (2,5 miliardi di esseri umani nel 1950 e 6 miliardi nel 2000 fino ad arrivare a 9 miliardi nel 2050).

La sfida ufficiale, condotta dalle istituzioni internazionali, organizzazioni non governative (soddisfare i bisogni primari di un miliardo e mezzo di individui ancora privi di acqua potabile, preparare alcune zone ad una desertificazione annunciata) e sostenuta dalla comparsa di tecnologie di desalinizzazione dell'acqua, consolida una attesa considerevole. Tale aspirazione si scontra in pieno con il potere geo economico, come il possesso di grandi riserve di acqua dolce (Amazzonia, Grandi Laghi, Russia) e la gestione dei flussi idrici (controllo dei fiumi, delle coste marittime e delle reti artificiali create dall'uomo). Infine, il complesso del mercato nel corso degli ultimi cinque anni, si profondamente trasformato, diventando sempre più concorrenziale: il dominio globale dei vecchi del "big five" (Veolia, Suez, RWE, Agbar e Saur) è diventato obsoleto. La loro quota parte di mercato in volume (numero di utenti serviti) che arrivava al 73% nel 2001, è scesa al 37% alla fine del 2008.
I due grandi gruppi francesi Suez Environnement e Veolia Environnement rimangono capofila del settore, poichè rappresentano quasi 2/3 del mercato mondiale. Emergono tuttavia nuovi operatori, soprattutto in America Latina (Brasile e Cile) e nel Sud Est asiatico (Cina, Malesia, Filippine, Singapore). Questo studio volutamente centrato su Veolia riguarda dunque l'analisi di quest'insieme concorrenziale, come le mutazioni che lo agitano.Il suo obbiettivo è proporre una visione prospettica delle poste in gioco, che potrebbero condurre Veolia a perdere la sua posizione dominante in un contesto concorrenziale che cambia e rinnova i suoi imperativi. I mercati sono infatti in piena rivoluzione, e queste compagnie sono soggette alle esigenze di un contesto che evolve.
Questo punto di vista ci permetterà di proporre una fotografia dei soggetti dell'acqua nel mondo, e di vedere in una seconda parte, quali sono le minacce che incombono su Veolia in futuro, quelle che mettono in pericolo la sua posizione di leader.


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