giovedì 26 gennaio 2012


 Acea sempre più propensa a un accordo con Gdf Suez
05/08/2010


Si concluderanno probabilmente con un accordo i lunghi negoziati tra Acea e Gdf/Suez. Secondo la multiutility romana, le trattative stanno andando verso una soluzione concordata per evitare il ricorso all'arbitrato che, come si legge nella sezione della relazione semestrale dedicata ai rapporti con i soci francesi, potrebbe comportare il riconoscimento di un risarcimento danni a favore di Acea, non quantificabile allo stato attuale, in seguito alla violazione delle clausole di esclusiva e non concorrenza relativamente all'accordo di joint venture nell'elettricità tra le due società.

Accordo che potrebbe vedere uno scioglimento anticipato, spiega Acea, senza escludere una modifica della governance e delle partecipazioni in AceaElectrabel, compartecipata dalla multiutility e Gdf/Suez, a cui fanno capo le società operative nella produzione, distribuzione e trading di elettricità.

"Anche se allo stato attuale non è possibile prevedere l'impatto di qualsiasi soluzione nonché dell'eventuale scioglimento anticipato dell'accordo di joint venture, non si può escludere che le percentuali di partecipazione nelle società del gruppo AceaElectrabel nonché le regole di governance potrebbero modificarsi rispetto a quelle vigenti alla data di redazione del bilancio", riporta la relazione.

Quanto alla liquidità disponibile, Acea può contare su oltre 1,5 miliardi di euro, tra linee di credito irrevocabili a tre anni per 500 milioni e linee di credito a breve per oltre un miliardo. Per gli anni futuri, la struttura finanziaria si presenta "estremamente solida" a seguito dell'emissione del bond da 500 milioni di euro in marzo, in quanto l'intera posizione debitoria risulta posizionata sul lungo termine con una vita media di circa 10 anni, coprendo il 100% delle attività fisse al 2012. Il 70% del debito è a tasso fisso, con un tasso medio complessivo inferiore al 3,50%. 

A piazza Affari il titolo guadagna lo 0,38% a 9,18 euro. Nel mese di luglio Caltagironeha arrotondato la sua quota in Acea al 13,22% dal precedente 13,1%. GdF Suezrimane il secondo azionista privato del gruppo con una quota invariata del 10,4%.
www.milanofinanza.it
Diana Bin


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venerdì, 06 agosto 2010; 07:15



Moratti: “L’acqua resterà pubblica”

Regione assediata dai referendari


In giunta regionale oggi solo una comunicazione “Sventato il tentato blitz di agosto”

di STEFANO ROSSI

"L'acqua di Milano rimarrà pubblica". Il sindaco Letizia Moratti annuncia le sue intenzioni alla libreria Verdi, mentre sceglie i libri per le vacanze. Interpellata dai cronisti, precisa che "dovremo aspettare di vedere la delibera", vale a dire il provvedimento con cui la Regione approverà il progetto di legge sulla privatizzazione del servizio idrico (acquedotti, fognature, depuratori). "Lavoreremo con la Regione", si affretta ad aggiungere la Moratti ma conferma: "L'acqua di Milano rimarrà pubblica". 

Una dichiarazione resa nelle stesse ore in cui era in corso, davanti al Pirellone, il presidio dei Comitati per l'acqua pubblica, che la accolgono con soddisfazione: "Ci fa molto piacere  -  dice Roberto Fumagalli, vicepresidente del comitato italiano per il Contratto mondiale sull'acqua  -  che il sindaco confermi con le sue parole la presa di posizione del suo consiglio comunale, che lo scorso aprile la invitava a mantenere il servizio idrico fino al 2027. Ed è giusto, perché a Milano la gestione pubblica è all'avanguardia, con le tariffe più basse d'Europa".



Al presidio gli organizzatori stimano la partecipazione di un migliaio di persone. Magari sono un po' meno ma rappresentano i 237mila lombardi che hanno firmato per il referendum (un milione e 400mila in Italia, un record). Sono presenti i consiglieri del Pd, di Rifondazione, di Sinistra Libertà Ecologia, i Verdi, il Popolo viola, i grillini del Movimento 5 stelle ("una rappresenta proprio l'acqua pubblica"), la Cgil. 

Il Pd rivendica una "mezza marcia indietro" della Regione. I consiglieri Arianna Cavicchioli e Fabrizio Santantonio hanno incontrato l'assessore Marcello Raimondi: "L'assessore si è accorto che la bozza di progetto di legge non piaceva all'Anci e all'Unione delle Province, perciò invece della bozza presenterà alla giunta una comunicazione con le linee guida della legge". Raimondi conferma che si limiterà a una informativa ma aggiunge: "Non ho mai detto che avrei presentato una legge, non c'è nessuna marcia indietro. Sto semplicemente seguendo un percorso trasparente con Anci e Upi". 


Il cammino per l'accelerazione decisa da Formigoni (tutte le altre Regioni sono ferme, in attesa delle decisioni sul referendum e il ricorso alla Corte costituzionale) sembra però andare in salita. Al presidio è passato Davide Boni, presidente leghista del Consiglio regionale: "Ci ha garantito - spiega Fumagalli- che la posizione del partito è quella di Attilio Fontana, presidente di Anci Lombardia". Fontana ha espresso "perplessità" sulla privatizzazione dell'acqua. Ora l'ostacolo della Moratti. 

"Formigoni voleva fare il ladro di polli, agendo all'ombra delle ferie di agosto, prevedendo già "eventuali variazioni tariffarie" a danno dei cittadini nella bozza di legge", dice Luciano Muhlbauer (Prc). "Adesso convochi invece un tavolo discutendo di investimenti per migliorare le infrastrutture delle reti idriche", conclude Rosalba Cicero, segretaria lombarda Cgil Filctem, sigla competente per l'energia.


http://milano.repubblica.it

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venerdì, 06 agosto 2010; 06:52



Legambiente: i laghi lombardi i più inquinati d'Italia

scarichi fognari dei comuni


La Goletta dei Laghi di Legambiente ha confermato ieri la "maglia nera" dell'inquinamento per il secondo anno consecutivo ai laghi lombardi di Como e Iseo, anche per l’irrisolto deficit di depurazione. Brutte sorprese anche per il lago di Garda e il Maggiore trovati in condizioni più critiche rispetto agli anni precedenti. Minori criticità invece rilevate sui laghi laziali, mentre il Trasimeno supera l’esame.
Il bilancio conclusivo della Goletta dei Laghi di Legambiente, la campagna di monitoraggio scientifico sullo stato di salute dei laghi italiani, realizzata con il contributo del COOU (Consorzio Obbligatorio Oli Usati) ha rilevato 58 campioni risultati inquinati in 11 laghi italiani in 6 regioni.
Di questi 46 campioni risultati fortemente inquinati, cioè con concentrazione di batteri fecali pari almeno al doppio del limite di legge, mentre sono 38 le foci di fiumi e torrenti risultate fuori legge a conferma che i problemi dei laghi sono causati anche dagli scarichi dei comuni dell'entroterra.
Questa situazione di grave inquinamento è stata rilevata nonostante quest'anno sia entrata in vigore la nuova legge sulla balneazione con criteri molto più permissivirispetto alla precedente normativa del 1982, che ha fatto perdere all’Italia il primato europeo sul sistema di monitoraggio delle acque detenuto fino ad ora.
“L'inquinamento da scarichi fognari non depurati nei laghi italiani rappresenta ormai una cronica emergenza nazionale - ha commentato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. L'Italia affronti seriamente questo problema invece diaggirarlo con operazioni furbesche, come fatto con la nuova legge sulla balneazione, molto più 'generosa' della precedente. Per chiudere questa pagina vergognosa occorre procedere alla costruzione di fognature e depuratori ma serve la volontà politica da parte del Governo e degli Enti locali, lo stanziamento di adeguate risorse economiche e la certezza normativa, che la nuova legge di riforma degli Ambiti Territoriali Ottimali purtroppo non garantisce. Non c'è più tempo da perdere: il nostro Paese è in procedura d'infrazione europea per il mancato trattamento delle acque reflue che interessa il 30% dei cittadini, pari a ben 18 milioni di italiani. Il Governo attivi una task force con le amministrazioni locali per sanare in tempi brevi questa ferita, anche per evitare le multe salate che pagherebbero i cittadini italiani senza alcuna speranza di condono, scorciatoia che il nostro Paese conosce purtroppo molto bene”.
Inaspettato l'inquinamento rilevato sul più grande lago italiano: sono 17 i punti sul Garda risultati inquinati. Dei 10 punti critici sulla sponda lombarda, sono risultati fortemente inquinati i campioni prelevati a TignaleToscolano MadernoSalòMoniga del Garda, 2 punti a Desenzano del Garda e 2 a Sirmione, mentre sono risultati inquinati quelli di Tremosine e Limone del Garda. In Veneto sono 6 le aree critiche: sono risultati fortemente inquinati i campioni di BardolinoPeschiera del GardaLazisee 2 punti prelevati a Castelnuovo del Garda; inquinato il campione di Garda. In Trentino infine è stato rilevato un punto inquinato a Torbole.
“Anche sul Garda le foci dei torrenti e gli scarichi abusivi si confermano i nemici del lago - spiega Barbara Meggetto, portavoce della Goletta dei Laghi e direttrice di Legambiente Lombardia -. Sono anni che sentiamo parlare di adeguamento e potenziamento del depuratore Garda Uno, del problema irrisolto degli sfioratori di piena e dei rischi connessi all'ormai datato collettore sub-lacuale Maderno-Torri ma alle parole non sono seguiti i fatti. Lo stesso immobilismo lo abbiamo riscontrato sugli altri laghi lombardi a partire dal Lario, in particolare sulla sponda comasca, e dall'Iseo, senza dimenticare il Lugano e il Varese, il cui inquinamento cronico è davvero imbarazzante per la Regione più ricca del Paese. A proposito di depurazione ci piacerebbe che la Regione Lombardia e le amministrazioni locali dimostrassero la stessa determinazione manifestata negli anni scorsi per la realizzazione dell'ennesima autostrada o di un grande evento come l'Expò”.
Per il quinto anno consecutivo la Goletta dei Laghi di Legambiente ha preso il via grazie anche al contributo del COOU, il Consorzio Obbligatorio Oli Usati. “Anche il COOU come Legambiente contribuisce alla protezione dei laghi italiani - aggiunge Antonio Mastrostefano, direttore strategie, comunicazioni e sistemi COOU - e lo fa raccogliendo su tutto il territorio nazionale l’olio lubrificante usato, un rifiuto molto pericoloso, che se non gestito correttamente rischia di inquinare anche i laghi dove a volte viene gettato a causa di comportamenti irresponsabili. 4 kg di olio lubrificante usato versati in acqua si spandono fino a coprire una superficie pari a sei piscine olimpiche. Raccogliendo l’olio lubrificante usato il COOU non solo libera l’ambiente da un pericoloso inquinante, ma lo rigenera trasformandolo in olio nuovo. In 26 anni di attività il COOU ha smaltito oltre 4 milioni di tonnellate di olio usato attraverso il processo di rigenerazione, riducendo così anche il fabbisogno di petrolio per un valore di circa 2 miliardi di euro”.

Fonte: Unimondo.org


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venerdì, 06 agosto 2010; 06:45

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  • La campagna d'autunno
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  • di Andrea Palladino
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  • Non sappiamo cosa accadrà - già nelle prossime ore - al governo. Tira aria di elezioni e già si sta mobilitando l'apparato televisivo. Estate calda, caldissima. Chi vuole liberare la mente e prepararsi a ragionare si segni una data sull'agenda: il 18 e 19 settembre - probabilmente a Firenze - il Forum dei movimenti per l'acqua lancerà la lunga campagna autunnale, che accompagnerà la discussione politica che si preannuncia incattivita. Conviene ripartire con l'unica vera vittoria della sinistra degli ultimi anni, il milione e quattrocento mila firme raccolte per ripubblicizzare l'acqua. E con qualche dato certo, concreto, inoppugnabile. Ad esempio l'acqua in Italia si paga a caro prezzo ed è aumentata mediamente del 28,4% negli ultimi cinque anni. È l'ufficio studi della Confartigianato a comunicare il dato. Un dato assoluto già preoccupante, che diventa però incredibile quando apprendiamo che è il doppio della media europea. Di questo non trovate traccia nel Pdl e nello schieramento finiano e solo qualche debole voce nel Pd.
    Se fosse vero l'assioma che vuole imporre un prezzo alto dell'acqua per preservare la risorsa, nel nostro paese dovremmo avere acquedotti perfetti. E invece anche in questo siamo in coda. Sono 2,6 miliardi i metri cubi dispersi dai tubi gestiti dalle Spa - miste, finte pubbliche e private - che in Italia hanno in mano i rubinetti. Più della portata del fiume Brenta, che scende dalle Dolomiti attraversando l'intero nordest. Privatizzare non vuol dire conservare l'acqua e fa bene solo alle tasche delle fortissime multinazionali dei servizi.
    L'economia delle cricche ha individuato il filone d'oro, i servizi pubblici. Essenziali, non puoi vivere senza e resistono ad ogni crisi. E così l'altra vacca grassa italiana è la monnezza. Anche in questo caso abbiamo raddoppiato la media europea, con un rincaro del 27,3% nell'ultimo quinquennio, tenendoci però alla larga dalle norme comunitarie, che imporrebbero ben altra gestione.
    Letti i numeri occorre chiarezza. Per la Confartigianato la conseguenza di questa analisi va nel senso di una ulteriore privatizzazione. E qui entra la propaganda. Quello che il movimento per l'acqua pubblica sta insegnando è che l'Italia dalla metà degli anni '90 ha vissuto la peggiore e più subdola privatizzazione della vita quotidiana, ad iniziare dai servizi idrici e dalla gestione dei rifiuti. Una stagione che ha coinciso con l'ascesa del duo Berlusconi-Fini e che oggi sta arrivando a capolinea. Le tantissime firme per i referendum ci dicono con chiarezza che la popolazione logorata dalla crisi economica ha capito perfettamente con chi ha a che fare. Nei banchetti non occorreva spiegare il perché dei referendum, dagli anziani ai giovanissimi la firma era d'impulso, liberatoria, carica di speranza. Di fronte alla chiusura degli spazi di democrazia, presi dall'asfissia del regime, un milione e quattrocentomila persone hanno accettato la scommessa, in una battaglia che difenderanno come un figlio. Da settembre occorrerà avere la mente libera, partendo dal quotidiano, dalle bollette che non riusciamo a pagare, dall'analisi dell'economia italiana drogata dalle cricche e dalle mafie. Riprendersi l'acqua vuol dire ricostruire la democrazia, da protagonisti.
Fonte: Il Manifesto
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giovedì, 05 agosto 2010; 12:04


Iren: polo idrico per competere in Europa (Sole 24 ore)


ROMA (MF-DJ)--Un grande operatore nazionale del settore idrico in grado di competere ad armi pari con le multinazionali straniere dell'acqua, su un mercato, quello italiano, pronto alla liberalizzazione. A pochi giorni dalla conclusione dell'opa su Mediterranea delle acque, Iren (nata dalla fusione fra Iride ed Enia) e F21 hanno gia' il via libera di Impregilo e si preparano a un ulteriore passo avanti verso la formazione del secondo operatore italiano del settore idrico. Lo scrive Il Sole 24 ore spiegando che l'offerta, condotta attraverso San Giacomo ha infatti superato la soglia del 90% necessaria per il delisting di Mediterranea delle acque.
"Con l'adesione di Impregilo - ha spiegato al giornale il presidente di Iren, Roberto Bozzano - siamo a poco piu' del 93,5% e anche il mercato risponde bene; contiamo di avere un pieno successo. L'opa si chiude domani, e a settembre ci sara' il conferimento in San Giacomo delle altre partecipazioni. A novembre ci aspettiamo di chiudere tutta l'operazione". Il nuovo polo idrico, al termine degli aumenti di capitale previsti, avra' come azionista di maggioranza Iren e come partner industriale il fondo guidato da Vito Gamberale. red/vs
 http://www.borsaitaliana.it

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giovedì, 05 agosto 2010; 06:34




di Simone Pieranni


L'ipersviluppo cinese ha effetti collaterali importanti sulle risorse idriche: fiumi inquinati, corsi d'acqua deviati in modo autoritario. Qualcuno prova a resistere. Qualcun'altro vede nella «bonifica» nuove opportunità di business 

PECHINO. Il fiume delle Perle è qualcosa in cui non ci si può certo specchiare. Si può tentare di scorgere nel suo letto oscuro qualche traccia della civiltà che ha nutrito. Tempo fa, non oggi. La passeggiata che sovrasta il tratto di fiume a Canton è un paesaggio tipico cinese, sospeso tra case diroccate e centri commerciali avveniristici. È Blade Runner e Medio Evo, a guardarsi su acque melmose, nere, piene di alghe e ogni tipo di spazzatura depositabile in un corso d'acqua. Accanto al punto d'osservazione un cane scheletrico, di fronte una pompa - grande, rumorosa e antiquata. Nell'acqua ci sono alcuni uomini su una barchetta, intenti a creare una piccola diga. È un esperimento: nanotecnologie provenienti da qualche fabbrica locale, nel disperato tentativo di ripulire la risorsa che più soffre in Cina - l'acqua. 
In serata alcuni notabili del Partito esprimeranno il loro rammarico e la loro necessaria impresa: 40 milioni di euro per risanare il tratto che attraversa Canton, con sistemi tecnologici in grado di risucchiare melma e alghe, consentendo al fiume di respirare. Se funzionerà l'esperimento verrà esteso a tutta la regione. Negli occhi di un membro del partito si vede già la scalata: dopo la regione, il paese. Un progetto in cui ambizione personale e necessità hanno i contorni di quello specchio d'acqua che osserviamo in silenzio: sbiaditi, opachi, cinesi. Eppure, qualcosa in Cina si muove, tra il fiorire di Ong e associazioni di cittadini e piccole, ma importanti lotte ecologiste, che movimentano i progetti governativi, creando un confronto tra popolazione e funzionari. 
Lo spettro della siccità
Gli ultimi dieci mesi di quest'anno sono stati il periodo più secco nella storia della Repubblica Popolare. Secondo le cifre pubblicate dall'Ufficio di stato che controlla inondazioni e siccità sarebbero almeno 19 milioni le persone che soffrono di mancanza di acqua potabile e circa 6 milioni di ettari le aree coltivabili completamente a secco nello Yunnan, Guizhou, Sichuan, Guangxi e Chongqing. La siccità è ormai un pericolo naturale ricorrente negli ultimi anni e ha colpito in tempi diversi e in circostanze diverse, tanto a sud quanto a nord del paese per la mancanza di precipitazioni associate anche ai cambiamenti climatici. Questo fenomeno naturale del resto è anche una conseguenza della deforestazione e la rapida trasformazione industriale di un paese agricolo, con il conseguente danneggiamento delle fonti di acqua naturale. I progetti cinesi non facilitano la vita di corsi d'acqua e di fiumi: recentemente è stato approvato il progetto di deviazione di una parte del fiume Han che finirà per andare a riempire le bocche assetate della parte nord del paese, specie i dintorni di Pechino, la capitale che non guarda in faccia neanche i propri connazionali. «Il fiume Han scivola dolcemente attraverso il cuore della Cina, si snoda da nord a sud per 1500 chilometri, attraverso una valle fertile che copre più di 150.000 chilometri quadrati. Nella sola provincia di Hubei, il fiume Han è un'ancora di salvezza per quasi 20 milioni di persone» ha scritto la rivista cinese Caixin, sempre attenta a lanciare allarmi economici ed ecologici. Le popolazioni toccate da questo mega progetto hanno già protestato: non sono stati tenuti in considerazione, nulla è stato fatto trapelare, in modo che non si potessero organizzare e tentare una manovra disperata.
È andata diversamente a Wuhan, esempio di come la società civile stia trovando linfa sul tema della sostenibilità dello sviluppo. Il 25 marzo scorso, come riporta il sito chinastudygroup.net, il quotidiano di Canton, Time Weekly ha pubblicato un reportage dal titolo Indagine sullo sviluppo del lago est di Wuhan che ha rivelato informazioni su funzionari del governo locale corrotti e legati al piano di sviluppo, ottenuto senza le approvazioni necessarie. Si sono affittati una parte del lago, imbrigliato in un progetto che nega alla popolazione la possibilità di sfruttare un bene comune. La transazione è stata illegale perché gran parte dell'area interessata è compresa nell'Area panoramica del lago est, protetta dallo stato, e il governo locale non aveva ottenuto il permesso per i lavori dal governo centrale. Le proteste sono state immediate: è nato un gruppo su QQ (il social network più famoso in Cina), che ha organizzato una protesta, sotto forma di passeggiata: marcia bloccata dalla polizia che ha blindato tutti a casa, compresi gli studenti tirati dentro all'iniziativa.
No tav alla cinese
Non solo acqua: i conti con lo sviluppo economico cinese sono tanti, molti dei quali sconosciuti e con visibilità nulla sui media abilmente controllati dal Partito. Il progetto del Maglev, il treno super veloce a levitazione magnetica e già presente a Shanghai, doveva avere una linea anche a Pechino. Sottoposto al giudizio degli abitanti della zona interessata, il progetto ha trovato l'opposizione della popolazione, attraverso una lettera dei cittadini in cui denunciavano alcuni rischi dovuti all'impatto ambientale del treno, nonché alla scarsa conoscenza riguardo le radiazioni cui sarebbero sottoposti i suoi passeggeri. Zhao, uno dei pechinesi coinvolti nella lotta anti Maglev, alla Beijing Review ha dichiarato: «queste tipologie di treni sono stati bloccati già in molti paesi nel mondo a seguito di dimostrazioni: perché la Cina vuole realizzare questi progetti in modo così frettoloso?» La linea pechinese prevede circa 20 chilometri di rete: la Beijing Railway Mentougo o S1 Line come è chiamata la Maglev futura della capitale, dovrebbe unire due distretti di Pechino: 12 fermate e treno a velocità ridotta rispetto a quella shanghaiese, circa 150 km all'ora.
Una parziale, ma importante, vittoria è arrivata il 12 maggio: la Eaec ha infatti annunciato l'allungamento della tratta prevista sotto terra, per ridurre l'impatto sulle case circostanti: da 455 metri a quasi a 3 chilometri. Una vittoria momentanea e per niente definitiva, in attesa della risposta del governo.
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1.500 chilometri Tanto è lungo il fiume Han, che copre un'area di 150.000 chilometri quadrati in cui vivono decine di milioni di persone. 
Il corso d'acqua sarà deviato per portare acqua nella capitale

Fonte: Il Manifesto

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mercoledì, 04 agosto 2010; 09:46


La Regione Lombardia tenta di regalare l'acqua ai privati

di Luca Fazio

Comitati e partiti protestano al Pirellone (ore 17) contro una legge che porterebbe alla privatizzazione

MILANO. Fare classifiche è sempre antipatico. Però la Lombardia è la regione dove è stato raccolto il maggior numero di firme contro la privatizzazione dell'acqua (237 mila su 1 milione e 400 mila). La rete idrica del capoluogo lombardo, Milano, è riconosciuta come un'eccellenza a livello europeo: la dispersione è contenuta nei limiti dell'11% contro una media italiana del 30% ed europea del 20% - e la tariffa è la più bassa d'Europa, con 60 centesimi al metro cubo contro una media nazionale che supera l'euro e mezzo (non per niente, di fronte a queste evidenze, il sindaco Letizia Moratti, senza aver mai messo nulla per iscritto, ha sempre giurato che a Milano l'acqua non verrà mai privatizzata).
Allora perché, con il classico blitz agostano, la Regione Lombardia oggi mette all'ordine del giorno la discussione di un progetto di legge sulla gestione dei servizi idrici integrati che, in applicazione al decreto Ronchi, di fatto obbligherebbe alla privatizzazione della gestione dell'acqua? Il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l'Acqua Pubblica - che oggi alle 17 manifesta di fronte al Pirellone (via Fabio Filzi) - non ha dubbi. «Se la giunta regionale approverà il progetto di legge in discussione - spiegano - avremo la totale privatizzazione dell'acqua. Il rischio è che l'acqua di tutta la Lombardia finisca nelle mani di poche imprese private interessate solo a fare profitto». E i nomi che circolano, nel poco trasparente giochetto delle probabili acquisizioni, sono sempre i soliti: le multinazionali francesi Suez e Veolia. Il meccanismo che permette questo attentato si metterebbe in moto affidando alle Province, e non più ai Comuni, poteri fondamentali come decidere piani di investimento e nuove tariffe: i Comuni rimarrebbero proprietari della rete, ma l'erogazione verrebbe affidata a delle società controllate dalle Province ma partecipate al 40% da privati. Uno scippo incomprensibile che scatena un sussulto inedito (perché immediato) nel centrosinistra lombardo, che oggi scende in piazza senza tante differenze. «Non si può permettere che un bene di tutti possa diventare strumento di profitto per i privati», dice Giuliano Pisapia, unico candidato sindaco che per ora si è palesato sulla scena. «Togliere ai Comuni - prosegue - il potere di decidere sui piani di investimento e sulle tariffe, a beneficio delle Province, significa esporre i consumatori al rischio di dover pagare bollette notevolmente più alte». Anche per Luca Gaffuri e Maurizio Martina, capogruppo e segretario regionale del Pd, «i Comuni non possono essere espropriati dal loro ruolo». Mentre Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd a Palazzo Marino, invita il sindaco di Milano a farsi sentire. «Su questo terreno - scrive - non possono esserci ambiguità e il sindaco Moratti dovrebbe far sentire con grande chiarezza la propria voce, facendo valere un principio che non può essere indebolito per ragioni contabili».
Fonte: Il Manifesto


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Un documento «riservato» del ministero dell'Ambiente finisce nel bilancio Acea. E svela la riforma dei prezzi

Acqua, nuove tariffe segrete ma non per le multinazionali

di Andrea Palladino 

E contenuta in un documento riservato che circola negli uffici del ministero dell'Ambiente la riforma del prezzo dell'acqua, che potrebbe rivoluzionare i bilanci delle Spa dei servizi idrici e le bollette dei cittadini. Un testo che sta per arrivare sul tavolo del ministro Prestigiacomo, pronto a diventare esecutivo. L'elaborazione è stata affidata a un gruppo di lavoro del Conviri, la commissione per la vigilanza sui servizi idrici presieduta da Roberto Passino, organismo da molti indicato come privo di reali poteri di controllo. La segreteria della, commissione non ha voluto rivelare i nomi degli esperti che stanno ridisegnando le tariffe, spiegando che si tratta di «informazioni riservate». Tutto sta avvenendo in gran segreto.
La riservatezza non vale però per le multinazionali che oggi controllano buona parte del servizio idrico in Italia. Nell'ultimo bilancio di Acea Ato 2 Spa - primo gestore idrico per popolazione servita - i manager romani scrivono nero su bianco che la commissione di Passino «ha diffuso un documento riservato contenente le linee guida per l'aggiornamento del metodo normalizzato», ovvero la serie di formule utilizzate per calcolare il costo dei servizi idrici e il ricavo dei gestori. «È in corso un'analisi approfondita della proposta», prosegue Acea nella nota di commento al bilancio 2009. La società partecipata dal Comune di Roma, da Caltagirone e dalla Suez, dunque, sembra conoscere le linee guida riservate e non divulgabili, tanto da annunciarne l'esistenza agli azionisti.
Il Conviri ha dichiarato ufficialmente che in realtà il documento - proprio perché riservato - «non è mai stato divulgato». Negli uffici del ministero dell'Ambiente non si spiegano quanto scritto nel bilancio ufficiale di Acea, assicurando di non aver mai dato copia dei documenti ai gestori. All'oscuro dei contenuti dello studio sono anche le associazioni dei consumatori, che hanno da anni rapporti istituzionali con la commissione sulle risorse idriche. Mauro Za-nini della Federconsumatori si dice sicuro di non avere mai ricevuto nessun documento preparatorio alla riforma del metodo di calcolo delle bollette dell'acqua. «Ed è una questione molto importante - spiega - visto che il metodo attualmente in uso risale al 1996». 
Nelle complesse formule matematiche contenute nella legge che il governo vuole rivedere c'è il vero cuore della gestione dell'acqua. C'è, ad esempio, quella «remunerazione del capitale investito» che garantisce un profitto sicuro del 7% ai gestori; c'è il principio - che il movimento per l'acqua contesta - che basa le tariffe solo sui conti delle società, vera e unica variabile indipendente del mercato dei beni comuni. Dovrebbero esserci anche i sistemi di controllo della qualità del servizio, che però sono di fatto disattesi in buona parte del paese. Ed è proprio questo uno dei punti centrali per i gestori: un eventuale sistema di sanzioni o la revisione di quel guadagno garantito per legge renderebbe l'affare acqua meno attraente. Dietro i documenti "riservati" potrebbero nascondersi pessime sorprese.

Fonte: Il Manifesto

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