lunedì 23 gennaio 2012


 Man bassa sulla linfa vitale delle città


La corsa all'oro blu Sul pianeta, circa 1,4 miliardi di persone sono prive di acqua potabile, mentre altre la sprecano. L'agricoltura intensiva porta a un consumo fuori controllo e a un inquinamento senza precedenti. Invece di promuovere nuovi stili di vita, i governi dei paesi ricchi si lanciano in progetti faraonici, come il trasferimento massiccio di acqua tra il Canada e gli Usa (pagine 12 e 13). Alcune multinazionali non esitano a impadronirsi delle falde freatiche, ma incontrano resistenze: in Kerala dove le donne lottano contro la Coca Cola che prosciuga i loro pozzi, ma anche in molte municipalità francesi, che riportano i servizi idraulici nel sistema pubblico (pagine 14 e 15). Posti di fronte a siffatta opposizione, i potenti gruppi mondiali manovrano per conservare il controllo della preziosa risorsa.
Marc Laimé


Se sul piano globale i servizi della distribuzione e depurazione dell'acqua sono tuttora gestiti al 95% dai poteri pubblici, le megaimprese del settore - tre delle quattro «major» a livello mondiale sono francesi (vedi box) - cercano di mettere le mani sui mercati in via di privatizzazione.
Queste scelte sono però contestate da milioni di abitanti del nostro pianeta: tanto da indurre la Veolia a pubblicare - per la prima volta! - una sorta di argomentario in cui tenta di rispondere ai suoi detrattori altermondialisti. (1) La Francia, benché superata di misura dal Cile e poi dall'Inghilterra e dal Galles, che hanno privatizzato a tutto campo, si presenta come un pioniere della compartecipazione privata alla gestione delle risorse idriche. Otto francesi su dieci (nove su dieci nelle grandi città) sono serviti da un operatore privato. Non a caso si parla di «scuola francese dell'acqua». Fin dalla metà del XIX secolo, i comuni hanno la possibilità di delegare la gestione dei servizi inerenti all'acqua. Ma la crescita folgorante delle «Tre Sorelle» inizia dopo la seconda guerra mondiale, con l'esplosione della domanda di infrastrutture in seguito al rapido aumento della popolazione, all'urbanesimo e all'industrializzazione. L'acqua era allora considerata come una risorsa di facile estrazione, e quasi inesauribile. E nessuno ancora si preoccupava di inquinamento o tutela dell'ambiente.
Oltre tutto, gli enti pubblici di gestione dei comuni, che all'epoca assicuravano per il 70% i servizi del ciclo idrico - in base a una prerogativa che risale al 1789 - a volte erano male amministrati e indebitati. Va detto che le norme in vigore non consentivano a questi enti di costituire riserve finanziarie da poter investire, mentre le esigenze in questo senso crescevano a dismisura. Nel 1954, quando la percentuale dei cittadini che fruivano dei loro servizi si era ridotta a meno di un terzo del totale (il 31,6%) i privati si sono lanciati nella breccia, favoriti anche dal loro livello di know-how tecnico e di gestione. Competenze che sviluppano a ritmo accelerato, segnatamente in un campo non ancora designato col nome di «ingegneria finanziaria».
Il finanziamento però, nel caso della gestione pubblica come in quello della delega al privato, sono sempre pubblici, dato che a pagare è comunque l'utente. Il talento delle imprese si esplicherà nell'«ottimizzare» questi finanziamenti, a proprio vantaggio ma spesso anche a beneficio degli enti locali con i quali hanno stipulato i loro contratti. Nei «mestieri dell'acqua», la competenza finanziaria è diventata importante almeno quanto quella industriale. Così gli enti locali hanno firmato con le mega-imprese del settore una sorta di «patto faustiano».
A partire dagli anni 1950 e fino al 1995 (quando un provvedimento di legge vieta questa prassi) la firma di un contratto è spesso accompagnata da un versamento dell'impresa a favore dell'ente locale: il cosiddetto «droit d'entrée» (diritto d'entrata). Si tratta di decine, e a volte di centinaia di milioni di franchi, che però non vengono stanziati per le esigenze del ciclo idrico, ma alimentano il bilancio generale del comune, per rimpolpare le magre finanze locali o costruire impianti collettivi quali stadi, campi sportivi o piscine: insomma, si fa di tutto fuorché investire nelle risorse idriche. D'altra parte, e visto che la vocazione delle imprese non è la filantropia, a rimborsare quella spesa per tutta la durata del contratto è sempre l'utente, attraverso la bolletta dell'acqua. Così tocca all'ignaro consumatore pagare questo «regalo» elargito alla comunità. Il costo dell'acqua si sostituisce alle imposte locali: una prassi di cui è facile intuire i vantaggi politici per gli eletti (2).
Queste pratiche fondatrici del sistema francese hanno spianato la strada a ogni possibile abuso: opacità, bollette maggiorate, pratiche monopolistiche e così via. La Veolia e la Suez possiedono tuttora una decina di filiali comuni, titolari di contratti con altrettante grandi città francesi, in barba al Consiglio della concorrenza che ne ha chiesto la soppressione fin dal 2002. Per di più, è praticamente impossibile per un ente locale sapere quanti siano i dipendenti di un'azienda privata effettivamente addetti alle mansioni legate a un dato contratto, o accertare la reale entità di certe voci di spesa: ad esempio le «frais de siège» (spese di sede) conteggiate senza una giustificazione precisa; o l'effettivo utilizzo della «provvista di rinnovamento», che teoricamente dovrebbe servire alla manutenzione e al rinnovo delle reti distributive. Le somme in gioco sono dell'ordine di miliardi di euro (si veda l'articolo di Patrtick Coupechoux a pag 14) e centinaia di enti locali faticano, nonostante i loro sforzi, a ottenere informazioni più precise sul loro effettivo utilizzo.
Da una decina d'anni, tutte le inchieste pubbliche rivelano queste pratiche deteriori, che costituiscono una forma di corruzione strutturale: un fenomeno ben più esteso dei casi di arricchimento personale esplosi all'inizio degli anni 1990 (i cosiddetti «affari politico-finanziari», cioè i finanziamenti occulti dei partiti da parte delle imprese).
Una realtà che testimonia di una clamorosa carenza di controlli su un servizio pubblico essenziale. Emerge così la schiacciante responsabilità degli eletti e di tutta la classe politica (3). Certo, il quasi monopolio delle «Tre Sorelle» non rappresenta una privatizzazione nel senso stretto del termine. Ma i circa 15.000 «Syndicats de l'eau» (enti di gestione dell'acqua amministrati dai comuni) si trovano a far fronte alla crescita esponenziale del know-how di queste imprese, sia sul piano tecnico che su quello della gestione, della ricerca, del management, delle finanze e dei rapporti con il cliente. L'ente locale, isolato e carente di mezzi tecnici e umani, deve confrontarsi con un oligopolio. La sproporzione del rapporto di forze è schiacciante.
Il boom delle megaimprese Negli anni '80 questo squilibrio si aggrava ulteriormente, in seguito alla convergenza di vari fattori che favoriscono il ricorso alle multinazionali: la crescente severità delle norme europee che esigono livelli di specializzazione sempre più elevati, la latitanza della ricerca pubblica nel settore e l'aumento dei deficit pubblici. Frattanto, con il boom dei mercati le mega-imprese si arricchiscono in maniera esplosiva.
Il loro dominio, iniziato nel corso del decennio precedente, si va gradualmente estendendo alla quasi totalità dei servizi pubblici di base che ogni collettività è tenuta a garantire: il ciclo idrico, dalla distribuzione alla depurazione delle acque reflue, ma anche l'energia, il riscaldamento, l'eliminazione dei rifiuti solidi urbani, i trasporti, la ristorazione collettiva, i parcheggi, le pompe funebri e ora anche la telefonia mobile, con Sfr (Bouygues) e Cegetel (Vivendi).
Ad esempio, la comunità urbana di Lione (Courly) ha affidato la distribuzione dell'acqua potabile a una filiale detenuta per il 90% dalla Générale des Eaux-Veolia, e per il 10% da una filiale della Ondeo-Suez, mentre una parte del settore depurazione passa attraverso un'altra filiale della Générale des Eaux, (50%) e Suez-Lyonnaise, via Otv (50%); quanto ai servizi urbani di riscaldamento e refrigerazione, sono delegati a una filiale della Générale des Eaux-Veolia (Dalkia), mentre la raccolta dei rifiuti è affidata per il 50% a una miriade di filiali della Cge e della Lyonnaise. Nel decennio 1980, questi gruppi hanno esteso i loro investimenti ai media: Bouygues con Tf1, Vivendi con Canal Plus, Lyonnaise con M6. Per loro è una forza d'urto. Ma al tempo stesso hanno eretto a virtù cardinale il «pantouflage», ossia i passaggi al coperto (praticamente in pantofole) dal pubblico al privato e viceversa, agli alti livelli di dirigenza. Alcuni esempi: Anne Hidalgo, n° 2 delle risorse umane della Générale des Eaux dal 1995 al 1997, sarà nel 2001 vice-sindaco di Parigi accanto a Bertrand Delanoë. L'ex responsabile del Partito socialista (Ps) della regione di Lille François Colin, membro del gabinetto di Martine Aubry, è responsabile delle questioni sociali della Vivendi Universal (Vu), ex Générale des Eaux, dal 1998 al 2003.
Dal canto suo il deputato del Ps della Drôme, Eric Besson, nel 2002 portavoce dello stato maggiore di campagna di Lionel Jospin per l'economia e le imprese, aveva diretto la Fondazione Vivendi dal 1998 al 2002.
E l'ex consigliere tecnico di Charles Hernu al ministero della difesa, Jean-François Dubos, nel 1997 è segretario generale della Vivendi Universal. Analogamente, un deputato dell'Ump (Union pour un Mouvement Populaire) della Haute Vienne, Alain Marsaud, responsabile della prospettiva di Vu dal 1997, è stato rappresentante commerciale del Gruppo Comunicazioni e media per le Isole Mauritius (4). Jean-Pierre Denis, manager di Dalkia (il settore energia della Vivendi- Ambiente) prodiga tuttora i suoi consigli a Jacques Chirac, benché dal 1998 non ricopra più la carica di segretario generale aggiunto all'Eliseo.
Non a caso la Vivendi è stata ribattezzata «Vivaio per Enarchi in disponibilità» (NdT: da Ena, la celebre Ecole Nationale de l'Administration, dalla quale provengono in genere gli alti funzionari dello stato francese).
Peraltro, la Suez non è da meno. Il suo direttore generale Yves Thibault de Silguy è un ex Commissario europeo. Nel 2000 l'azienda ha accolto Mathias Hautefort, già consigliere tecnico per le questioni energetiche di Christian Pierret, Segretario di stato all'industria. E nel luglio 2004 il docente di scienze politiche Gérard Le Gall, a suo tempo esperto in sondaggi di Lionel Jospin a Matignon, ha abbandonato l'università per entrare lui pure in Suez...
Le classiche contrapposizioni pubblico-privato o destra-sinistra non hanno più molto senso. I più importanti attori del settore idrico di qualunque provenienza - miniere, genio civile, ingegneria rurale, settore idrologico e forestale (Engref - Ecole Nationale du Génie Rural et Forêts), Ispettorato delle Finanze o Ecole Nationale de l'Administration (Ena) - tendono invariabilmente a monopolizzare le posizioni di potere. Un esempio eloquente è quello di un alto dirigente della Suez, al terzo o quarto posto dell'effettiva gerarchia del gruppo in Francia, docente alla Scuola nazionale «Ponts et Chaussées» (genio civile), dalla quale escono ogni anno centoventi futuri ingegneri: ma il professore è anche capo del Settore Comunicazioni dell'Spde (Sindacato dei professionisti della distribuzione dell'acqua) costituito da Suez, Vivendi e Saur; e si onora inoltre di essere stato membro di un gabinetto ministeriale sotto un governo di sinistra. Altro esempio: il suo omologo della Veolia, artefice della «risposta» dell'azienda ai suoi detrattori altermondialisti, è anche un eletto del Ps. A questo punto non si fa fatica a capire il perché dello scarso impegno delle élite politico-economiche francesi, quando si tratta di esaminare da vicino l'operato di queste aziende, la cui influenza non ha mai cessato di crescere.
Oltre alla forza d'urto pubblicitaria, queste multinazionali - molto corteggiate come inserzioniste - si assicurano i servizi di uffici specializzati in relazioni pubbliche, quali Image 7 e Dgm Conseil Strategic: centri dalla reputazione solforosa, che pilotano nell'ombra violente campagne di lobbying in direzione dei media e delle sfere politiche. (5) Si potrebbe citare anche l'esempio della Veolia, che nella primavera del 2004 inviò a 23.000 direttori di scuole elementari francesi un numero-omaggio del giornale Mon Quotidien, rivolto a un pubblico di lettori dai 9 ai 13 anni, con un inserto: un poster di Victor, la sua mascotte, che spiegava come difendendo l'ambiente si tutela la propria salute. Inoltre sono state spedite 22.000 copie omaggio del Quotidien du médecin (Quotidiano del medico) ad altrettanti medici generici. Nello stesso periodo la Générale des Eaux elargiva a decine di migliaia di alunni una nuova versione del suo «kit pedagogico» (la prima risale al 1995) che propone 15 esperimenti in campo scientifico e tecnologico e varie esercitazioni in altre materie (arti plastiche, storia e geografia, educazione civica e francese). Su un registro analogo, la Suez sponsorizza da una decina d'anni il Festival internazionale di geografia di Saint-Dié, la più importante manifestazione francese in questo campo, istituita dal socialista Christian Pierret, ex segretario di Stato all'industria. Vi prendono parte ogni anno, nell'ambito della formazione permanente, centinaia di insegnanti, debitamente abbeverati dalla Suez in fatto di informazioni sulle risorse idriche ...
Ma dato che il mercato francese è in via di saturazione e gli scandali politico-finanziari imperversano, le «Tre Sorelle» sentono il richiamo di più ampi spazi. Verso la fine del decennio 1980 Jérôme Monod, presidente della Suez Lyonnaise, oggi consigliere di Jacques Chirac all'Eliseo, prende contatto con il presidente della Banca mondiale James Wolfensohn. Nel giro di pochi anni si forma una rete di potenti influenze internazionali, volta a promuovere la «via francese» alla gestione dei servizi idrici, all'insegna del «Partenariato Pubblico- Privato». Ed ecco sorgere, sul modello del Consiglio mondiale delle Acque, una decina di istituzioni che non faticano molto a evangelizzare le istituzioni finanziarie internazionali.
Da allora, il «pensiero dell'acqua» è divenuto doxa: solo il «Partenariato Pubblico-Privato» salverà il pianeta! In particolare, il processo di mercantilizzazione trova la sua incarnazione nelle raccomandazioni del «panel Camdessus», formulate nel marzo 2003, poco prima del forum mondiale dell'acqua di Kyoto (6). Si tratta di mobilitare fondi pubblici, nonché di inventare nuovi dispositivi a garanzia della sicurezza degli investimenti privati. Contro i rischi di cambio ad esempio, per evitare il ripetersi di tracolli come quello dell'Argentina, dove a quanto pare la Suez avrebbe perso 600 milioni di euro; ma anche contro qualunque evento politico o sociale suscettibile di minacciare ... gli utili che l'azienda si aspetta dal suo il contratto.
Tariffe pesanti che gravano sugli utenti Se da un lato le megaimprese danno prova di reali capacità operative, dall'altro beneficiano di finanziamenti pubblici internazionali.
E impongono tariffe che gravano pesantemente sugli utenti. Di fatto, i loro sistemi di gestione sono sempre più contestati dalle popolazioni, che finiscono per ribellarsi (7). Nel febbraio 2002, la Vivendi è costretta a ritirarsi precipitosamente dalle Comore, dove gestiva dal 1997 la rete dell'energia elettrica. Nonostante un apporto iniziale di fondi dell'ordine di quasi 80 milioni di franchi (un po' più di 12 milioni di euro) offerto da istituzioni finanziarie internazionali, la qualità del servizio all'utenza si era rapidamente degradata; e la Vivendi ha finito per andarsene sbattendo la porta.
Il 24 gennaio 2003 la città di Atlanta (Stati uniti) e United Water (Suez) annunciano lo scioglimento del contratto di concessione ventennale, firmato nel gennaio 1999 tra l'amministrazione comunale e l'azienda distributrice. E non più di quindici giorni dopo, il 7 febbraio 2003, la Suez/Ondeo annuncia il proprio ritiro da Manila (Filippine), in seguito al rifiuto delle autorità locali di autorizzare un aumento delle tariffe. Quel contratto, stipulato nel 1997 per una durata di venticinque anni, riguardava una popolazione di ben 6 milioni di utenti: si trattava della più grossa operazione di privatizzazione a livello mondiale, salutata come il modello delle future riforme dei servizi pubblici, nonché come il mezzo migliore per estenderli alle fasce più povere della popolazione. Era stata la Banca mondiale, di comune accordo con il Fondo monetario internazionale, ad esigere questa privatizzazione dell'erogazione dell'acqua, viste le difficoltà in cui versava la gestione pubblica. Ma i risultati si sono rivelati disastrosi. Le tariffe sono aumentate, in cinque anni, del 500% - tanto che nel 2003 la bolletta dell'acqua era arrivata ad assorbire in media il 10% del reddito delle famiglie. Il previsto ampliamento del bacino di utenza non c'è stato. Ma è accaduto di peggio: nel novembre del 2003, nel quartiere di Tondo, gestito dal consorzio, sono esplose epidemie di gastroenterite e di colera, con 700 casi accertati, di cui 7 con esito letale.
Il 18 febbraio 2003 un decreto del governatore dello Stato brasiliano di Paranà estromette la «Vivendi Environnement» e i suoi partner locali dalla gestione della depurazione dell'acqua. Il 24 giugno dello stesso anno, la Suez rende nota la rinuncia a un contratto trentennale di 341 milioni di dollari per la gestione delle acque reflue a Halifax (Canada). Secondo le sue stesse dichiarazioni, la Suez «è giunta alla conclusione di non poter rispettare il capitolato d'appalto senza un aumento del compenso stipulato, per un ammontare valutato a 20 milioni di dollari».
Da allora le cose non stanno andando meglio. La Suez, con la sua filiale Aguas Argentinas, è tuttora coinvolta a Buenos Aires nelle trattative di rinegoziazione di un megacontratto che il presidente Nestor Kirchner minaccia da vari anni di denunciare. La Suez pretende per le sue prestazioni un aumento tariffario giudicato inaccettabile dalle autorità argentine. Le quali ultime, nel gennaio 2005, hanno multato l'Edf e la multinazionale francese per complessivi 2 milioni di pesos (500.000 euro) per inadempienza dei loro obblighi in materia di investimenti e di qualità dei servizi. Ma già nel maggio del 2004 Dominique de Villepin, allora ministro degli esteri, fu costretto a intervenire in quella veste, per ricordare ai suoi «amici argentini» tutto ciò che «le imprese francesi hanno pagato durante quel difficile periodo (8)». La frase alludeva all'aiuto francese in occasione della revisione, avvenuta nel marzo 2004, di un accordo firmato con il Fondo monetario internazionale (Fmi).
In Sudafrica la Suez, da anni cointeressata, su richiesta di Johannesburg, all'erogazione dell'acqua a Soweto, deve far fronte alla mobilitazione di settori della popolazione che rifiutano di pagare le sue tariffe, anche perché in base a una dichiarazione dello stato sudafricano l'accesso all'acqua è un diritto costituzionale. Peraltro, nonostante gli impegni più volte ribaditi dalla comunità internazionale, i fondi promessi per le risorse idriche mancano all'appello.
In una critica retrospettiva, vari analisti imputano all'euforia economica della fine degli anni 1990 la corsa precipitosa alla crescita globale delle «major» dell'acqua, in un processo paragonabile a quello della bolla di Internet. A conti fatti, varie iniziative si sono rivelate catastrofiche, in particolare in paesi come l'Argentina, alle prese con crisi monetarie, tanto da costringere le megaimprese a ritirarsi da progetti troppo ambiziosi. Un paradosso per gli apostoli della libertà dell'imprenditore e della sua proverbiale «disponibilità al rischio». Ma di fatto, un mercato dell'acqua esiste, ed è in via di ristrutturazione accelerata. Vi si avventurano nuovi attori, alcuni dei quali - ironia della storia! - sono imprese pubbliche già presenti nel settore: ad esempio le potenti Stadtwerke tedesche, o alcuni operatori pubblici italiani. Ma anche imprese edili e di lavori pubblici (Btp), o i conglomerati che emergono soprattutto nel Sudest asiatico, in Germania o in Spagna. Di fatto, è ormai in discussione la questione di fondo: quella del controllo dell'intero ciclo idrico da parte dei grandi operatori privati, che ormai tendono piuttosto agli interventi puntuali, volti ad assicurare prestazioni limitate. D'altra parte, le «major» francesi si vedono disputare il campo da molte industrie del ramo americane, britanniche, tedesche o giapponesi (9).
Un mercato in piena ristrutturazione Infine, l'attuale configurazione del «mercato dell'acqua» risente in misura crescente del tasso di crescita a due cifre dell'acqua in bottiglie. Il potere un tempo indiscusso delle tre «major» francesi non è dunque incrollabile. E forse la loro «età dell'oro» sta volgendo al termine nella stessa Francia.(10)Sotto la pressione dell'utenza, molte amministrazioni comunali esigono oggi una gestione più trasparente.
Ma i vecchi riflessi sono duri a morire, a giudicare dalle considerazioni di un dirigente della Veolia: «L'Eldorado, da qualche anno, è il mercato dei paesi dell'Est, dove le infrastrutture ci sono, anche se andrebbero rinnovate. Il bacino di utenza è di 100 milioni di persone, che bene o male, tra 10 o 15 anni, raggiungeranno lo standard di vita europeo. Dato che i nostri interlocutori sono per lo più gli ex apparatchik, ansiosi di ritagliarsi la loro parte dei benefici del liberismo, e grazie anche ai finanziamenti europei che si ottengono con facilità, abbiamo ancora qualche anno buono davanti a noi...».
E quanto all' Africa - a parte la recente creazione di tre joint venture, nel Gabon, nel Niger e in Marocco, ove la solvibilità è garantita da finanziamenti internazionali - staremo a vedere.
note:
* Giornalista, autore del Dossier de l'eau. Pénurie, pollution, corruption.
Le Seuil, Parigi, 2003.
(1) «Le mouvement altermondialiste - Quelles réponses». Documento interno, Veolia Water, Direction des collectivités publiques, novembre 2003. «De l'eau potable pour tous», la contribution de Veolia Water, novembre 2004. 
(2) «Prix de l'eau: la plainte», Toulouse Métropole, 25 giugno 2003.
Il 24 giugno 2003 viene avviata una procedura contro il comune, accusato di aver percepito un droit d'entrée di 437,5 milioni di franchi dalla Cge. Secondo gli utenti, nel 2020, alla scadenza del contratto, i cittadini di Tolosa avrebbero indebitamente rimborsato alla Cge quasi 220 milioni di euro.
(3) Le Dossier de l'eau, pénurie, pollution, corruption, Le Seuil, marzo 2003. Per quanto riguarda le responsabilità degli eletti, leggere inoltre Laetitia Guérin-Schneider e Dominique Lorrain, «Les relations puissance publique-firmes dans le secteur de l'eau et de l'assainissement», La Gazette des communes, Parigi, 9 agosto 2004.
(4) Ne parlano le pagine di cronaca dell'autunno 2004, a proposito della causa Veolia e Vu - Nicolas Cori e Renaud Lecadre. Si veda «Le marché de l'eau en Arabie Saoudite finit en baston au George-V», Libération, 8 dicembre 2004.

(5) Bruno Fay e Laurent Olivier, Le Casier judiciaire de la République, Ramsay, Parigi, 2002. 
(6) Michel Camdessus (sotto la direzione di), «Financer l'eau pour tous», Rapporto del panel mondiale sul finanziamento delle infrastrutture idriche, marzo 2003. Leggere inoltre Martine Bulard, «L'astutissimo signor Camdessus», Le Monde diplomatique/il manifesto, gennaio 2005.
(7) A cura di Catherine Baron, «Société civile et marchandisation de l'eau», Sciences de la Société, Cnrs, Lereps Tolosa 1, 25 febbraio 2005.
(8) Vittorio de Filippis e Christian Losson, «Suez ravi de conserver l'eau et les égouts de Buenos Aires», Libération, 6 maggio 2004.
(9) Dominique Lorrain, «Le quatre compétitions dans un monopole naturel.
Qu'est-il en train d'arriver au secteur de l'eau?», Flux (Cnrs, Parigi, nn. 52-53, settembre 2003.
(10) Martine Orange, «Les champions de l'eau français sont en crise», Le Monde, 29 gennaio 2004.

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venerdì, 31 luglio 2009; 10:53




 ACQUA:OSSERVASALUTE;POTABILE PER 82,3%ITALIANI,ISOLE A SECCO (ANSA) 
- ROMA, 28 LUG - In media, l'82,3% degli italiani ha accesso all'acqua potabile, ma e' grande il divario tra Nord, dove il 97% della popolazione puo' bere acqua potabile, e isole, dove la percentuale si dimezza scendendo a 42,7. E' quanto emerge dal primo rapporto 'Osservasalute Ambiente 2008' presentato oggi a Roma al Policlinico 'Gemelli' alla presenza degli autori del rapporto, Antonio Azara, dell'istituto di igiene dell'universita' di Sassari, e Umberto Moscato, dell'istituto di igiene dell'universita' Cattolica di Roma, e di Walter Ricciardi, coordinatore dell'osservatorio nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane. Il Rapporto evidenzia alcune criticita': mentre alcune Regioni del Nord possono godere di risorse idriche abbondanti e regolarmente disponibili, al Sud tale disponibilita' e' ridotta sia in termini di precipitazioni, sia in termini di risorse disponibili. Inoltre, in diminuzione e' anche l'acqua erogata, con 13 litri/die pro capite in meno, e l'acqua erogata rispetto all'acqua immessa in rete (-1,6%), indicatore del quantitativo di acqua dispersa. Secondo il rapporto, la Regione piu' virtuosa per acqua erogata e' il Trentino, seguita da Valle d'Aosta e Liguria. Tra le ultime, invece, troviamo Umbria e Puglia. Per quanto riguarda, invece, il rapporto tra acqua potabile erogata e quella immessa nella rete, il primato spetta alla Liguria, la Regione meno 'sprecona', seguita da Lombardia e Marche, mentre nelle ultime posizioni ci sono la Puglia, di nuovo, e la Sardegna. L'auspicio, quindi, e' un miglioramento nella gestione degli acquedotti, per aumentare l'efficienza nell'impiego della risorsa idrica. (ANSA). I20-GU 
28/07/2009 13:57

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giovedì, 30 luglio 2009; 16:23

Sequestrati cinque pozzi
per il cromo nell'acqua
AMBIENTE. Proseguono gli accertamenti del nucleo Nita che opera su disposizione della procura di Brescia. Sul tavolo un problema da non sottovalutare 
Due legati all'acquedotto con concentrazione inferiore al limite, ma nei tre privati la sostanza è alle stelle
Brescia. Tracce di cromo nei pozzi bresciani. Di nuovo. e salgono ormai a una decina i pozzi in cui gli 007 a tutela dell'ambiente hanno trovato tracce di cromo «6».
Il cromo esavalente, sostanza considerata altamente cancerogena, sarebbe stato trovato in altri pozzi della città, sempre nella zona Sud. Questa volta il sequestro riguarda anche due pozzi legati all'acquedotto. Si tratta di un sequestro cautelativo, perchè il valore del cromo esavalente trovato è inferiore, ma vicino al limite di 50 microgrammi per litro per il cromo totale.
LE ANALISI hanno rilevato una presenza elevata anche se entro il limite, ma la procura ha preferito prendere i provvedimenti per evitare brutte sorprese. Il sequestro è stato messo in atto dal Nita, il pool investigativo a tutela dell'ambiente che opera su disposizione della Procura di Brescia e che sta controllando la qualità dei pozzi del Bresciano, per garantire che l'acqua che arriva nel bicchiere sia sicura al cento per cento.
GLI INVESTIGATORI hanno sequestrato anche altri tre pozzi privati: qui il valore limite di 50 microgrammi per litro di cromo totale era superato. I pozzi sequestrati sono, come detto nella zona sud della città. Già lo scorso novembre nella stessa zona era scattato il sequestro di altri tre pozzi, non collegati alla rete dell'acquedotto, ma leagti a tre cascine del villaggio Sereno. Nei pozzi delle tre cascine erano stati trovati valori impressionanti: 150 microgrammi per litro. Chi all'epoca aveva ispezionato i pozzi aveva assicurato che l'acqua era gialla a causa della presenza elevata di cromo.
IN PRECEDENZA erano stati chiusi il pozzo di Chiesanuova 1 e quello di via Cacciamali. I tre pozzi privati e i due sequestrati per primi sono decisamente vicini. I due pozzi erano stati chiusi a maggio dopo il sequestro della Baratti e Inselvini, azienda galvanotecnica di via Istria, che aveva avuto una fuoriuscita di cromo dalle vasche per la cromatura.
IN ZONA erano stati effettuati alcuni carotaggi, prelievi del terreno per valutare il grado di contaminazione. I risultati non erano stati incoraggianti: picchi di 18mila microgrammi per chilo di cromo nel terreno. L'intero terreno è stato sottoposto a bonifica, ad effettuare le operazioni era stata incaricata l'azienda. Anche il terreno era stato trovato giallo, anche questa chiaro indizio che la terra aveva assorbito una quantità importante di cromo. Un ritrovamento che aveva allarmato per la massiccia presenza della sostanza cancerogena.
Ora il nuovo sequestro che ripresenta il problema dell'acqua a Brescia.
LA PROCURA non molla la prese e le indagini sulla condizione dell'acqua a Brescia continua. Non esiste una mappatura completa dei pozzi privati, ma gli investigatori stanno effettuando controlli a tappeto, stanno setacciando la città. Ma i risultati non sono tranquillizzanti: dieci pozzi chiusi in pochi mesi non sono un segnale positivo. Anche perchè il cromo esavalente è una sostanza chimica con cui è meglio non scherzare. 
Wilma Petenzi

www.bresciaoggi.it

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martedì, 28 luglio 2009; 13:11



NON POSSONO STACCARE L’ACQUA COSI'

ALCUNI CONSIGLI DEL COMITATO CITTADINO DIFESA ACQUA PUBBLICA SE ARRIVANO I TECNICI DI AQUALATINA SPA PER RIDURRE O STACCARE L’ACQUA
1) Non perdere la calma e chiedere Nome Cognome e tesserino di riconoscimento degli operatori e chiamare da fisso l’800.085.850 di Acqualatina per la conferma. VERIFICARE E FOTOGRAFARE SE C’E’ IL SIGILLO DI PIOMBO. Chiedere chi è il responsabile dell’operazione di riduzione o distacco.
2) Se vogliono staccare l’acqua o ridurre il flusso, chiedere il mandato del Magistrato per operare su proprietà privata.
3) Esibire ordinanza e sentenza del Tribunale che vietano di togliere l’acqua senza decisione del Giudice.
4) Non aprire se il contatore è in proprietà privata, ossia anche se è chiuso in cassetta del muro di cinta di proprietà.
5) Chiamare Polizia, Vigili, Carabinieri se mettono mano al contatore o ai tubi o se vogliono entrare e violare la proprietà privata in modo forzato.
6) Esibire alle Forze dell’Ordine le ricevute dei pagamenti effettuati al Comune e le suddette decisioni del Tribunale; rilasciare spontanee dichiarazioni per far scrivere sulla loro relazione d’intervento tutto ciò che si ritiene utile, specialmente che avete loro rese note e consegnate le decisioni del Tribunale
7) Scrivere i fatti (cosa è successo, dove, quando, nomi di altre persone presenti, eventuali malori, ecc.) epresentare esposto a Polizia, Carabiniere, Vigili (una copia a loro e una per voi timbrata dalla caserma)
8) Se avete agito sempre seguendo i consigli del Comitato Acqua Pubblica, potete contattarci al n.348.117.16.70 o recarvi presso il Comitato dove avete contestato le fatture.

http://www.acquabenecomune.org/aprilia/

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lunedì, 27 luglio 2009; 10:32

24 Luglio 2009 
Piccoli azionisti in rivolta dopo l’ennesimo colpo di scena nelle trattative in corso tra Acea e Gdf-Suez. Ieri l’Apa ha presentato un esposto alla Consob, chiedendo all’istituto presieduto da Lamberto Cardia di vigilare sull’operazione Romana Gas. Martedì scorso, infatti, Snam Rete Gas (socio dell’utility romana al 10%) ha riferito della decisione del gruppo francese di «non ritenere verificate, nei termini previsti, le condizioni» per l’acquisizione della società che gestisce la rete del gas di Roma come parte della contropartita alla vendita di Distrigaz ad Eni. Una decisione che, secondo Acea, non comprometterebbe gli accordi in corso con Gdf. Ma la partita non è chiara, tanto più che secondo quanto rivelato ieri da indiscrezioni di stampa non smentite sarebbe emersa una recente valutazione effettuata da Mds, su incarico dell’ad Marco Staderini, che taglia il valore della Romana Gas da un miliardo a 650 milioni. A questo punto, l’associazione dei piccoli azionisti chiede alla Consob di «vigilare e intervenire - si legge nella nota - per i continui annunci esternati da più di un anno senza rispettare le regole di cautela dovute nei confronti di società quotate in Borsa». In particolare, sottolinea l’Apa, «sale la preoccupazione dei risparmiatori per gli opachi retroscena che emergono». Primo tra tutti proprio quello relativo alla stima «sopravvalutata» della rete gas «lasciata in eredità dall’ex azioni-azionista Veltroni (il ComunediRomaè socio al 51%) e dall’ex ad Mangoni». Ora, conclude l’Apa, il nuovo sindaco «dovrà sciogliere i veri nodi, tra cui l’onerosità dell’operazione (non sostenibile da Acea per il forte indebitamento); lo stato della rete Romana Gas (450 kmdi protezioni catodiche e tubi in ghisa da sostituire e l’incombenza della bonifica dell’area Ostiense); la possibilità da parte del Comune (titolare della concessione) di bandire una gara europea per la gestione degli anni futuri; la stima del valore reale degli asset». 
F.N.Fonte Finanza e Mercati

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venerdì, 24 luglio 2009; 16:59



Velletri/Acqua Pubblica: il Consiglio dice "no"
oltre otto ore di discussione

Un acceso dibattito sulla proposta di iniziativa popolare presentata dal Comitato Acqua Pubblica Velletri. Il Pdl si astiene, il Pd vota No, solo quattro consiglieri approvano l'iniziativa. «Un giorno triste per la democrazia a Velletri» è il commento di Andrea Palladino

Stefano Corradi

(Velletri - Attualità) - Giovedì infuocato al Consiglio Comunale di Velletri. Al punto due dell'ordine del giorno c'era in discussione la proposta di iniziativa popolare presentata dal Comitato Acqua Pubblica Velletri, per un ritorno alla gestione pubblica del servizio idrico. Appuntamento importante vista anche l'arsura di questi giorni che ha causato non pochi problemi a cittadini e residenti che si sono visti senza acqua per molte ore. Un folto pubblico ha partecipato alla discussione, appuntamento alle 16:30 presso il Palazzo comunale in Piazza Cesare Ottaviano Augusto. Faceva caldo all'interno dalle sala consiliare e l'argomento, quello dell'acqua, non ha aiutato di certo a spegnere gli animi ai promotori dell'iniziativa. Dopo la discussione di alcune mozioni presentate da diversi consiglieri, prende la parola Andrea Palladino, del Comitato Acqua Pubblica Velletri che dal banco della giunta ha evidenziato i punti delle loro proposta, iniziando il suo discorso con: «si scrive acqua, si legge democrazia». Palladino ha sviscerato gli accordi mancati, le mancate gare d'appalto che hanno concesso all'Ato2 di avere una posizione monopolistica nella gestione, di come Acea non abbiamo mantenuto e rispetto il contratto e di come la rete di distribuzione sia obsoleta e a colabrodo per i mancati interventi e finanziamenti. Poi si ferma, prende un bicchiere d'acqua, sorseggia e dice: «questa è acqua proveniente dalla sorgente del Simbrivio, una delle poche a non essere contaminata con l'arsenico». I disservizi sono tanti e la popolazione vive per giorni interi senza acqua. «Nel centro della città alcune famiglie si trovano senza acqua per 20 ore, mentre la tariffa dal 2008 è aumentata arrivando a superare quella di Roma». Palladino ha espresso le preoccupazioni e le lamentele delle oltre 900 persone che hanno firmato con lui la proposta. 900 persone, 900 famiglie che ogni giorno devono stare senza acqua che esce dai rubinetti.

La presentazione è stata ascoltata da tutti i consiglieri e assessori con attenzione, in particolar modo dall'Assessore con delega alla gestione dei rifiuti e rete idrica Sandro Moretti che ha etichettato la proposta dell'acqua «una buona diagnosi, di cui noi condividiamo al 100%, ma la terapia che propongono non è assolutamente possibile». Tutti i consiglieri che sono intervenuti alla discussione hanno fatto i complimenti al Comitato, alcuni hanno dichiarato addirittura che: «meno male che c'è Palladino e i suoi, altrimenti sarebbe necessario inventarli. Li ringraziamo per aver permesso al Consiglio comunale di discutere su un tema così importante». Tutti complimenti che sembravano come i baci dell'assassino prima di sferrare il colpo finale alla sua vittima. Tanti complimenti che alla fine di un estenuante consiglio, durato oltre le nove ore, non ha visto premiare l'iniziativa popolare. 

Dalla destra arrivano le accuse alla giunta Servadio di non aver controllato l'operato dell'Acea e di non opporsi all'aumento della tariffa. Secondo Gianni Cerini (Pdl) «l'Amministrazione non ha rispettato l'accordo. Quando c'eravamo noi al governo della città, l'acqua c'era ora non più». Altri interventi puntano il dito sulla rete fatiscente, secondo Giancarlo Righini «è necessario rifare tutto l'acquedotto e il Comune non sarebbe in grado di farlo senza l'aiuto dell'Acea. Ci sono dei problemi oggettivi che qualsiasi sia il gestore sarà difficile da risolvere». Per Sergio Andreozzi (Sinistra l'Arcobaleno) affidare il servizio ad Acea «è stato un grande errore, e gli unici a rimetterci sono i cittadini». Per Fabio Taddei (Pd), gli elementi nocivi alla salute «hanno gli stessi valori degli ultimi anni, il problema è che i recepimenti dell'Unione Europea hanno modificato il valore minimo consentito». Secondo l'esponente Pd, nonché dottore in scienze biologiche, nella nostra acqua i dati dicono che: «c'è una quasi totale eliminazione del vanadio, è migliorato di molto il fluoro, resta il problema dell'arsenico, ma migliora leggermente». Vincenzo Bagaglini accusa il Pdl di aver votato loro il prezzo della tariffa durante la precedente amministrazione Cesaroni. Gianluca Trivelloni (Udc) ha ringraziato il comitato per il lavoro e nel suo intervento critica aspramente la giunta Servadio e la maggioranza in consiglio. «La proposta non dice di uscire da Acea, non c'è scritto da nessuna parte». 

Interviene a questo punto il Sindaco Servadio che invita i consiglieri a votare secondo coscienza senza alcun "diktat" politico imposto dall'alto. «Abbiamo realizzato il pozzo di Poggidoro, abbiamo fatto l'acquedotto ma l'acqua non arriva. Non pensiate che io batta le mani ad Acea, quando andiamo alle riunione dell'Ato, ma la nostra può essere solo una battaglia politica, non possiamo uscire all'Ato2 ed invito i cittadini a continuare a pagare». Ritorna al microfono Palladino che accusa la sala di non ascoltare: «noi non abbiamo mai detto di uscire da Acea, né di non pagare le bollette, ma di creare un consorzio tra i comuni dei Castelli Romani e di contestare le bollette, un diritto sacrosanto. È un giorno triste per la democrazia a Velletri» ha concluso.

http://www.castellinews.i

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giovedì, 23 luglio 2009; 08:41



Lettera aperta a monsieur ROMANO
nuovo amministratore delegato di 
Acqualatina spa


Aprilia 22 Luglio 2009

Lettera aperta a monsieur ROMANO

nuovo amministratore delegato di Acqualatina spa

Bienvenu monsieur ROMANO’,

nella palude dell’acquapoliticapontina.
 Solo pochi numeri del bilancio 2008 Le fanno capire il disastro che Le ha lasciato il suo predecessore:

debiti per oltre 183 milioni, a fronte di crediti verso l’utenza per “soli” 67 milioni, tanto che se oggi istantaneamente tutti gli utenti pagassero la società rimarrebbero comunque ben 116 milioni di debiti;

10 milioni di credito “fasullo”, iscritto come debito dei comuni, per compensare le perdite di bilancio dal 2003 al 2005. Crediti “fasulli” perché non potranno mai essere riscossi visto che non sono mai stati iscritti nei bilanci dei 38 comuni dell’ambito;

oltre 46 i milioni che invece AQL deve ridare ai comuni per le rate già pagate dei vecchi mutui che gravano sugli impianti dati in concessione d’uso alla società. Crediti dei comuni subito esigibili che i sindaci dovranno subito pretendere se non vogliono incorrere in un procedimento di danno erariale presso la corte dei conti;

un piano di recupero della morosità per gli anni 2003-2005 che ha rivelato finalmente le bollette gonfiate ed inesatte, tanto che sono stati restituiti agli utenti ben 894mila euro per importi non dovuti;

solo 75 milioni gli investimenti finora realizzati rispetto ai 146 milioni previsti entro il 2011,nonostante il benevolo slittamento di due anni concesso dai “comprensivi” sindaci dell’ATO4 nel luglio 2006.

Già questi numeri smentiscono da soli la favola che il disastro è colpa dei morosi che ad Aprilia continuano a pagare al Comune.

Monsieur ROMANO’ speriamo che lei cambi subito registro evitando di “tagliare l’acqua” agli assetati, pur di portarli alla resa. Sarebbe un bel gesto di civiltà attendere serenamente le decisioni del giudice sulle controversie utenti-gestore-comuni evitando di presentarsi alla porta dei cittadini con vigilantes armati al seguito, oppure effettuare “raids” sui contatori degli utenti in ferie sperando di portarli alla resa.

I cittadini di Aprilia ancora non hanno dimenticato le minacciose parole dell’ex amministratore delegato Morandi, che nell’agosto 2007 dichiarava ad una tv locale: “i cittadini di Aprilia ne usciranno con le ossa rotte”.

Per ora la città ha dimostrato capacità di reazione ed organizzazione civile, determinata e longeva. Trattiamoci da “avversari” quali evidentemente siamo e resteremo, ma basta con metodi vessatori ed al limite della legalità e della civiltà. Smettete di continuate ad inviare cartelle esattoriali che puntualmente vengono annullate dai giudici poiché emesse violando la procedura di legge. Perché continuate nonostante veniate puntualmente condannati alle spese di giudizio fino a 500 euro? Sapete bene che questa procedura è fuori legge tanto che l’ex AD è stato denunciato da un giudice per abuso d’ufficio. Perché non vi fermate? Perché in modo vessatorio fate leva sulla paura e sull’ignoranza delle persone per farle desistere? Siamo sicuri che nella sua civile Francia ciò non sarebbe consentito.

Forse nella sua patria, come in altre parti del mondo, il contratto di gestione, non conforme alla legge, sarebbe stato già dichiarato nullo da autorità più vigili delle nostre. D’altronde non è la prima volta che la Veolia viene mandata a casa con l’accusa di non aver onorato i contratti: Argentina 2004, Cina 2001, Kenya 2001, Puerto Rico 2003, Polonia 1995, New Orleans 2002, etc. Non va dimenticato che da ultimo proprio Parigi ha deciso di non rinnovare il contratto di gestione con Veolia e Suez. Se siete respinti in patria ci sarà pure una ragione!

Per ora come socio privato avete goduto e state godendo di una vergognosa tutela politica, iniziata con un palese conflitto d’interessi tra pubblico e privato, fin dalla stipula del contratto e dalla nascita della società. Un abbraccio finora utile, ma che alla fine si rivelerà fatale anche per voi, noi certi politici li conosciamo bene.

Quando la politica però è incapace di difendere gli interessi comuni, i cittadini hanno il dovere di rimboccarsi le maniche e sostituirsi a chi sfrutta la situazione per mero tornaconto personale e politico: e noi su questo non demordiamo.

Qualcuno vorrebbe moralizzarsi proponendo la riduzione del 20% dei compensi per i membri del consiglio d’amministrazione. Questi palliativi sono ridicoli e specialmente i rappresentanti pubblici, ad iniziare dal presidente senatore Fazzone, che finora ha percepito almeno 425mila euro, dovrebbero restituire tutto! Quei compensi frutto di spartizione politica gridano vergogna!

Stupisce però come il socio privato abbia sostituito tutti i suoi rappresentanti nel CDA, a meno del vice presidente, Ing. Luigi Raimondo BESSON. Unico italiano rimasto a rappresentare la Veolia, nonostante dal 2002 abbia contribuito ai disastrosi risultati di oggi. Forse voi “francesi” potete fare a meno di Morandi ma non dell’ingegnere che è profondo conoscitore della regione Lazio e delle sue dinamiche. Sempre BESSON non va dimenticato è stato anche amministratore in ACEA, dove operano i vostri fratelli francesi della SUEZ. Forse l’unico a poter compiere quel trait d’union Veolia-Suez in Italia, magari accorpando gli interessi di Acea con Acqualatina.

D’altronde è stato lui il tecnico regionale che ha disegnato gli ATO, che ha scritto la legge regionale sul servizio idrico, le convenzioni ed il disciplinare di gestione. Un eccellente dirigente pubblico ormai “privatizzato”. Peccato però che sia stata proprio la regione a contestare ben 27 “aggiustamenti” delle convenzioni apportate tra ATO4 ed Acqualatina ... a beneficio del socio privato.

a bientôt 

Comitato acqua pubblica Aprilia

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martedì, 21 luglio 2009; 12:31




India prays for rain as water wars break out
The monsoon is late, the wells are running dry and in the teeming city of Bhopal, water supply is now a deadly issue. Gethin Chamberlain reports



A young man walks across Bhopal's Upper Lake, which has shrunk to an eighth of its original area. Photograph: STR/AFP/Getty Images

It was a little after 8pm when the water started flowing through the pipe running beneath the dirt streets of Bhopal's Sanjay Nagar slum. After days without a drop of water, the Malviya family were the first to reach the hole they had drilled in the pipe, filling what containers they had as quickly as they could. Within minutes, three of them were dead, hacked to death by angry neighbours who accused them of stealing water.
In Bhopal, and across much of northern India, a late monsoon and the driest June for 83 years are exacerbating the effects of a widespread drought and setting neighbour against neighbour in a desperate fight for survival.
India's vast farming economy is on the verge of crisis. The lack of rain has hit northern areas most, but even in Mumbai, which has experienced heavy rainfall and flooding, authorities were forced to cut the water supply by 30% last week as levels in the lakes serving the city ran perilously low.
Across the country, from Gujarat to Hyderabad, in Andhra Pradesh, the state that claims to be "the rice bowl of India", special prayers have been held for more rain after cumulative monsoon season figures fell 43% below average.
On Friday, India's agriculture minister, Sharad Pawar, said the country was facing a drought-like situation that was a "matter for concern", with serious problems developing in states such as Punjab, Uttar Pradesh and Bihar.
In Bhopal, which bills itself as the City of Lakes, patience is already at breaking point. The largest lake, the 1,000-year-old, man-made Upper Lake, had reduced in size from 38 sq km to 5 sq km by the start of last week.
The population of 1.8 million has been rationed to 30 minutes of water supply every other day since October. That became one day in three as the monsoon failed to materialise. In nearby Indore the ration is half an hour's supply every seven days.
The UN has warned for many years that water shortages will become one of the most pressing problems on the planet over the coming decades, with one report estimating that four billion people will be affected by 2050. What is happening in India, which has too many people in places where there is not enough water, is a foretaste of what is to come.
In Bhopal, where 100,000 people rely solely on the water tankers that shuttle across the city, fights break out regularly. In the Pushpa Nagar slum, the arrival of the first tanker for two days prompted a frantic scramble, with men jostling women and children in their determination to get to the precious liquid first.
Young men scrambled on to the back of the tanker, jamming green plastic pipes through the hole on the top, passing them down to their wives or mothers waiting on the ground to siphon the water off into whatever they had managed to find: old cooking oil containers were popular, but even paint pots were pressed into service. A few children crawled beneath the tanker in the hope of catching the spillage.
In the Durga Dham slum, where the tanker stops about 100 metres away from a giant water tower built to provide a supply for a more upmarket area nearby, Chand Miya, the local committee chairman, watched a similar scene. There was not enough water to go around, he said. "In the last six years it has been raining much less. The population has increased, but the water supply is the same."
Every family needed 100 litres a day for drinking, cooking and washing, he said, and people had no idea when the tanker would come again.
Not everyone gets a tanker delivery. The city has 380 registered slums, but there are numerous other shanties where people have to find their own methods. Some, like the Malviyas, tap into the main supply. Others cluster around the ventilation valves for the main pipelines that stick up out of the ground from place to place, trying to catch the small amounts of water leaking out. In the Balveer Nagar slum, 250 families have no supply at all. The women get up in the middle of the night to walk 2km to the nearest pumping station, where someone has removed a couple of bricks from the base to allow a steady flow of water to pour out.
A few communities have received help from non-governmental organisations. In the Arjun Nagar slum, a borewell has been drilled down 115 metres by Water Aid to provide water for 100 families, each paying 40 rupees (50p) a month.
Until the well was drilled, Shaheen Anjum, a mother of four, got up at 2.30am each day to fetch water, wheeling a bike with five or six containers strapped to it to the nearest public pipe in the hope of beating the queues. "Often we would get there and the water would not be running," she said. "It was so tiring: the children were suffering and getting ill because they had to come too. The tankers used to come, but there were so many fights that the driver used to run away."
Water Aid is working in 17 of the city's 380 registered slums, providing water and sanitation. "It's not just Bhopal. This has been a drought year for many districts," said Suresh Chandra Jaiswal, the technical officer. "Now it has reached a critical stage. We just don't know any more how long the water will last."
Fifty years ago, Bhopal had a population of 100,000; today it is 1.8 million and rising. In a good year the city might get more than a metre of rain between July and September, but last year the figure was only 700mm.
Neighbours of the Malviyas cluster around the hole in the street outside the house where Jeevan Malviya lived with his wife, Gyarasi, their son, Raju, 18, and their four other children. It was the evening of 13 May, said Sunita Bai, a female relative: a local man, Dinu, thought that the family had blocked the pipe to stop the water flowing further down the hill.
He and a group of friends slapped Gyarasi, 35; Raju tried to stop him. Someone produced a sword and, a few minutes later, the Malviyas lay dying. "We were too afraid to do anything," said a woman who gave her name as Shanno. "Dinu didn't want them to take any water. He wanted it for himself."
Everyone stood around, looking down at the hole in the ground. The pipe is dry. "It is a terrible thing, that people should be fighting over water," said Shanno.
http://www.guardian.co.uk/

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martedì, 21 luglio 2009; 12:20


Storia di un imbroglio legale: l’aumento dell’acqua a Palermo
e il no di Nunzio Moschetti
di Ignazio Panzica
 20 luglio 2009 10:14










Che succede se il voto unanime di un Consiglio comunale di una città di 700 mila abitanti viene contraddetto in toto dal funzionario delegato a rappresentarlo? Nulla. Almeno al Comune di Palermo “nell’ottavo anno di grazia dell’Era Cammarata”. Se poi, l’accaduto è funzionale ai destini economici di una azienda privata concessionaria dell’acqua a Palermo e provincia, la cosa appare, quasi dovuta, dall’insieme della classe politica cittadina. Bisogna comprendere, poveretti, l’angoscioso “dramma” quotidiano che vivono, di non sapere come poter “sistemare” i loro clientes, in trepidante attesa speranzosa di essere assunti, prima o poi, da qualche parte. 

E poco importa se i cittadini pagheranno l’acqua 0.17 centesimi a metrocubo in più. Anche, perché i palermitani che non leggono Repubblica o Siciliainformazioni.com, non lo possono sapere. Sono tranquilli, avendo letto sul principale quotidiano del mattino che l’aumento è solo di 0,02 centesimi. Ovviamente, ne siamo sicuri, si tratta solo di una svista del titolista di turno. 


Insomma, secondo il santo “credo liberista” che ci ha “meravigliosamente” cambiato la vita negli ultimi 17 anni: che importanza ha se dei privati fanno commercio speculativo di un bene che dovrebbe essere di esclusiva proprietà pubblica? Del resto tutto ciò è assolutamente legale, perché è previsto da una legge (quella sugli ATO acqua); è consolidato da una regolare gara pubblica d’appalto; è regolamentato da un previsto “contratto di servizio”, per di più votato a maggioranza dall’assemblea provinciale dell’ATO, da ben 41 sindaci (compreso l’azionista di maggioranza Palermo) su 82, con solo 12 voti contrari ed un astenuto.

Notizia più puntuale delle cronache pubblicate sulle testate giornalistiche (compresa la nostra), fornita trionfalmente da Giovanni Avanti, Presidente della Provincia. Che in una lettera/rettifica inviata alla redazione di Repubblica, oltre a correggere i numeri dei votanti in assemblea, l’esponente UDC esprimeva il suo compiacimento per il fatto che, il voto in questione, aveva, così, chiuso un annoso e costoso contenzioso. “Elegantemente”, tentando di scaricare su un noto professionista palermitano, reo di avere solo fatto il lavoro, un problema creato ad hoc da una classe politica insipiente e poco sensibili, sia ai diritti che agli interessi dei cittadini. 

Ma torniamo all’aumento dell’acqua a Palermo e Provincia, deciso dieci giorni fa dall’assemblea degli 82 sindaci dell’ATO acqua, nonostante il voto contrario ed unanime del Consiglio comunale del capoluogo (peraltro azionista di maggioranza relativa in base ai millesimali di legge). Insomma la vicenda del dirigente Antonino Mercurio, che mandato in rappresentanza del Comune di Palermo, ha votato per i fatti suoi in modo difforme al mandato consiliare. 

Ebbene, in Municipio se ne erano scordati quasi tutti. “Cose che capitano”, era stato il commento della stragrande maggioranza dei “navigati politici” comunali. Il Sindaco aveva liquidato la questione, appena con una smorfia di fastidio. Già, perché per lui, adesso, la questione principe all’odg della politica palermitana è il raddoppio dell’addizionale comunale IRPEF. 

Ma, così, non la pensa Nunzio Moschetti consigliere comunale del PDL (già ex FI, e ancora prima ex PSDI). Un esponente politico “anomalo” per i nostri tempi. Lui non si vede affatto come un rais arabo che può fare tutto quello che vuole senza dover rendere conto ad alcuno, ma invece si considera un signore eletto su mandato dei cittadini. Per cui gli pare normale tutelare i loro interessi, punto e basta. E senza amnesie. 

In più, venendo da una dignitosa tradizione familiare socialista, non può accettare che un voto unanime del Consiglio comunale venga considerato zero. Così, lui Presidente della terza commissione consiliare, che aveva studiato per settimane la richiesta d’aumento dell’acqua, era giunto alla conclusione che la pretesa non avesse fondamento. E, coerentemente, questo aveva riferito in Consiglio, strappando un voto unanime di consenso alla sua tesi. Aveva ragionato Moschetti: se l’APS (Acque potabili siciliane, il concessionario privato delle acque per la provincia palermitana) vuole un aumento di tariffa ci deve mettere nero su bianco quali investimenti per migliorare il servizio vuole fare. Come, quando, ed in quanto tempo. In più, aveva concluso, le legittime aspirazioni di utili dell’APS non possono nuocere allo stato di salute dell’AMAP, raro e valido esempio di azienda comunale non in deficit. 

Ed allora Moschetti ha preso carta e penna ed ha scritto, in modo formale, al Presidente del Consiglio comunale, Alberto Campagna, chiedendo che l’illegittimo aumento dell’acqua divenga oggetto di un dibattito consiliare, perché questo prevede la legge e il logico rispetto dei diritti dei cittadini. Campagna, di fronte ad una eccezione formale, non ha potuto fare a meno di proporre per martedì una intera seduta del Consiglio dedicata “al caso” aumento dell’acqua ed al comportamento irrituale del dirigente Antonino Mercurio.
  
Vi chiederete, nel frattempo, ma che c’entra l’AMAP? Certo che c’entra. Vi chiediamo un attimo di attenzione e ve lo spieghiamo in dettaglio. 

Quando si cominciò a parlare di “privatizzazione” della gestione dell’acqua, il Comune di Palermo – storicamente da sempre angosciato dal problema acqua - pensò, legittimamente, di “mettere in sicurezza” il destino e la funzione autonoma dell’AMAP, stipulando con essa una convenzione di servizio valida sino al 2021. I problemi vennero dopo che l’APS vinse la gara d’appalto per la titolarità della gestione dell’acqua in tutta la Provincia. Allora, meritoriamente, intervenne Cuffaro, che riuscì a far accettare la convivenza tra le due aziende, convincendo pure l’APS a sottoscrivere un accordo in base al quale avrebbe comprato l’acqua già potabilizzata dall’AMAP pagandola a 0,61 centesimi al metro cubo. Un prezzo sicuramente ancora, perfettamente, remunerativo per i conti dell’AMAP.
  
Invece dieci giorni fa, nell’ambito dell’accordo votato dalla maggioranza dell’assemblea dei sindaci di tutta la provincia, oltre all’aumento di 0,17 centesimi al consumatore finale, l’APS ha strappato - sempre legalmente e in modo consenziente - che da oggi in poi l’AMAP venderà acqua potabilizzata all’APS a 0.24 centesimi invece di 0.61. Un regalo al profitto dei privati di 0.37 centesimi metro cubo. Che sommato, su Palermo città, all’aumento della tariffa di 0.17 configura un legittimo maggiore introito ai privati all’incirca di 300 milioni di euro all’anno, in parte a spese dei cittadini, in gran parte a spese dell’AMAP. I cui conti, oggi sani, sulla base di questo nuovo regime, però potrebbero rischiare di saltare nel giro di tre anni. Una denuncia che già tre consiglieri comunali di tre partiti differenti Antonella Monastra (“Un'altra storia”) , Totò Orlando (PD) e Giovanni Greco (PDL area Micciché) avevano già sollevato, in modo veemente, dieci giorni fa. Ma che, adesso, con l’iniziativa di Nunzio Moschetti trova il suo naturale sbocco in una seduta del Consiglio comunale di Palermo. 

Come finirà? Aspettiamo l’esito del dibattito in Consiglio. Anche se è ragionevole chiedersi: il dirigente comunale Antonino Mercurio - venuto meno nell’assemblea provinciale dell’ATO acqua all’indicazione che gli veniva da un voto unanime del Consiglio comunale di Palermo - è un pazzo autolesionista, in cerca di un provvedimento disciplinare a danno di se stesso e della sua carriera, o qualche suo superiore ( politico o burocratico) gli ha “suggerito” il suo strano comportamento ?
  
E ancora, come mai ben quarantuno sindaci della provincia hanno votato un aumento di tariffa dell’acqua in modo apparentemente difforme dagli interessi dei loro cittadini, senza neanche ottenere una contropartita pubblica, nero su bianco, di un programma di investimenti ben individuati, scadenzati e circostanziati nei tempi di esecuzione? 

Insomma, questi eletti dal voto popolare in Sicilia, a chi ed a cosa rispondono?
http://www.siciliainformazioni.com

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venerdì, 17 luglio 2009; 15:37

Veolia assume un contratto per la gestione 
del servizio idrico in Iraq del valore di 500 
milioni di dollari all'anno.
Reuters 16.07.09

Bagdad (Reuters) - Il sindaco di Bagdad ha dichiarato che il contratto 
assunto dalla francese Veolia per la gestione del servizio di distribuzione 
dell'acqua e per quello della depurazione nella capitale irachena, avrà il valore di 500 dollari all'anno, per un periodo di dieci anni.

Il sindaco Saber al Issaoui ha dichiarato anche che un altro contratto concluso con la concorrente di Veolia, la Degremont, filiale della Suez Environnement, per quanto riguarda la ricostruzione del sistema idrico di Bagdad, avrà un costo finale di tre miliardi di dollari.

www.fr.reuters.com 
  






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