lunedì 23 gennaio 2012


Parigi, l’acqua torna pubblica.
La città festeggia in piazza

ECOLOGIA. Sconfitte le multinazionali Veolia e Suez, l’amministrazione comunale celebra il ritorno ad una gestione municipalizzata: prezzi più bassi e maggiore qualità. Ma nel resto della Francia impazzano i privati.
Mille caraffe d’acqua al giorno distribuite nelle piazze cittadine, corredate da bicchieri di plastica riciclabile e dalla soddisfazione di una certezza immutabile: «L’acqua del rubinetto è fino a mille volte più ecologica dell’acqua in bottiglia». A sostenerlo non è un gruppo di ecoestremisti né il solito venditore di buone intenzioni ma addirittura la giunta comunale di Parigi.

La distribuzione di acqua fresca nella capitale francese fa il paio con i manifesti affissi ovunque dall’azienda municipalizzata Eau de Paris, per informare i cittadini che dal 1 gennaio scorso il Comune ha rilevato la gestione dell’acqua potabile, strappandola alle due potenti multinazionali leader mondiali del settore, le francesi Veolia del gruppo Vivendi e Suez Lyonnaise des eaux. Obiettivo dichiarato, secondo Anne Le Strat, assistente al Comune e direttrice della municipalizzata, «offrire ai parigini acqua di migliore qualità al miglior costo possibile», e far dimenticare il 260 per cento di rincaro dal 1985 dovuto alla gestione privata.

Il sindaco socialista Bertrand Delanoë, uscito con una solida maggioranza dalle amministrative del marzo 2008, non ha perso l’occasione di festeggiare in piazza il nuovo corso degustando un bicchiere sulla piazza del Comune insieme alla sua assistente Le Strat e alla signora Danielle Mitterrand, vedova dell’ex presidente della Repubblica e direttrice della fondazione France Libertés che milita per «il riconoscimento dell’acqua come diritto umano fondamentale e bene comune dell’umanità».

Nella capitale si consumano in media 550mila mc di acqua al giorno che, trasformati in euro, rappresentano un giro d’affari gigantesco. La municipalizzata applica tariffe pari a 2,93 euro al metro cubo, attualmente le più basse di Francia. Nel resto del Paese impazza invece la gestione privata che controlla i benefici di quasi 300 litri di consumo giornaliero per persona. Anche pochi rispetto ai 380 giornalieri in Italia o ai quasi 600 negli Usa, secondo i dati diffusi nel 2006 dal Programma di sviluppo dell’Onu.

Le multinazionali della distribuzione idrica sono tra le più potenti al mondo: ma la giunta parigina di centrosinistra non si è lasciata piegare ed è tornata alla gestione pubblica, incassando forti critiche da parte di André Santini, ex ministro in governi di centrodestra e attuale presidente della società Sedif, che gestisce la rete idrica in nome e per conto di 144 Comuni intorno alla capitale. Il prossimo giugno Santini aggiudicherà la gara per la concessione ai privati della distribuzione. Unici concorrenti rimasti: Veolia e Suez.

Vinta la scommessa della municipalizzazione, Parigi ora deve lottare contro il Pet, la malefica bottiglia di plastica che, benché riciclabile, in mancanza della giusta catena di smaltimento dei rifiuti invade senza posa terre e mari. L’acqua che esce dal rubinetto della cucina permette di risparmiare 10 kg di rifiuti plastici all’anno per persona perché «è consegnata a domicilio, senza bisogno d’imballaggio», sottolineano al Comune.

Inoltre è «in media 300 volte più economica di quella venduta in bottiglia» e spesso di migliore qualità rispetto alle più pubblicizzate tra le minerali da supermercato, come attestano quintali di saggi scientifici. Questo perché gli acquedotti pubblici, salvo eccezioni, attingono da falde profonde e sorgenti purissime, e hanno l’obbligo di fornire ai consumatori acqua sicura, rispondente ai severi parametri fissati dalle normative comunitarie.

In Francia sono ben 56 i criteri da rispettare, assicurati attraverso continui test di qualità. «L’acqua potabile oggi è l’alimento più controllato», assicura Nathalie Karpel, direttrice al laboratorio di chimica e microbiologie di Poitiers. La gara tra il rubinetto e la bottiglia, dunque, è vinta senza dubbio dal primo, e di larga misura. Ma da quando nel 1992 alla Conferenza di Dublino l’acqua fu dichiarata “bene commerciale”, la gente si è fatta affascinare dal mito oligominerale in bottiglia creato dalla pubblicità.

Lo scorso febbraio, dieci anni dopo la rivolta di Cochabamba in Bolivia, la rete mondiale Reclaiming Public Water ha tenuto un incontro al quale hanno partecipato militanti e amministratori provenienti da tutto il mondo per fare il punto sulla lotta alla privatizzazione. Presente anche l’assistente al comune di Parigi Anne Le Strat per spiegare come, con la semplice volontà politica, Eau de Paris abbia vinto la sua battaglia contro le grandi multinazionali.  
di Bruno Picozzi
http://www.terranews.it

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martedì, 06 aprile 2010; 00:20

Il mercato dei servizi idrici a Marsiglia: dopo Yalta sarà guerra?

Il 22 marzo è stata la Giornata Mondiale dell'Acqua. Dietro a questo bene comune universale,  essenziale per il futuro del pianeta, si cela un incredibile business, dove a farla da padrone sono in prevalenza multinazionali francesi. La più importante fra queste è sicuramente Veolia Environnement, che in Francia ha mantenuto il suo nome originario General des Eaux, e che a Marsiglia è nel capitale sociale di  Societè des Eaux de Marseille (SEM), la società che gestisce il servizio idrico nella città del sud della Francia, ma anche in quello di Bronzo, la società che gestisce le discariche dei rifiuti urbani nella stessa città, ed in quello della SNCM, società francese di trasporti marittimi. Di seguito abbiamo Suez Environnement, di cui Suez la capogruppo si è recentemente fusa con Gaz de France (GdF); come Veolia anche Suez è azionista della SEM, oltre ad essere presente anche nel capitale di SITA, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti sempre a Marsiglia.  
Queste due "sorelle - nemiche" si sono appunto specializzate nella gestione dei servizi pubblici locali, come il servizio idrico, la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, il servizio dei trasporti... Per circa trent'anni le due società si sono combattute senza esclusione di colpi, per assumere la gestione di questi servizi all'interno di comuni o interi dipartimenti, assumendo contratti del valore di decine di milioni di euro.
Ma talvolta, invece di scambiarsi colpi bassi queste due multinazionali sono state capaci di sedersi attorno ad un tavolo e mettersi d'accordo. Questo è appunto il caso di Marsiglia (ma anche di Saint-Etienne, Lille, Nancy, Arles, Parigi...) in cui la società Eaux de Marseille è partecipata appunto sia da Suez che da Veolia.
Tuttavia, come ci racconta il quotidiano economico les Echos, tutte le cose belle durano poco, e così questi bei matrimoni di convenienza sfortunatamente non saranno più possibili. Sempre secondo les Echos è stato il Consiglio della Concorrenza che nel 2002 ha sollevato per primo la questione, non ritenendo normale questo piccolo accordo tra amici. Durante tutti questi anni però nulla è successo. il Consiglio di Stato non se ne è mai occupato, così come l'Unione Europea, e quindi il Ministro francese dell'Economia Christine Lagarde ha dovuto fare la voce grossa, minacciando di far pagare delle ingenti multe nel caso in cui la situazione si fosse protratta senza alcun mutamento. Malgrado ciò, Veolia e Suez hanno finito per stipulare, come ha scritto simpaticamente les Echos, una specie di "Yalta dell'acqua".
Il complesso di queste partecipazioni "comuni" ammonta a circa 700 milioni di euro, con tre milioni di clienti, e dei ricchi contratti di gestione stipulati con le comunità locali, senza contare i numerosi "cadaveri chiusi nell'armadio"; si può immaginare come dipanare tutta questa matassa non debba essere stata una cosa molto semplice. In ogni caso sembra che a Marsiglia l'accordo tra le due multinazionali sia stato raggiunto. Veolia acquisterà il totale delle azioni della Societè des Eaux de Marseille, che gestisce il servizio idrico anche a Marignane, Vitrolles, Cassis, Le Ciotat, oltre a dirigere anche la società che gestisce l'acqua ad Arles. Suez invece acquisterà la totalità delle azioni della SERAM, filiale della SEM, società che si occupa di depurazione (in pratica le fogne). Malgrado ciò sembra che appena firmato l'accordo, i due ex soci hanno preteso di avere le mani libere per poter tornare a farsi di nuovo concorrenza. 
Tuttavia le posizioni delle due principali multinazionali dei servizi idrici restano ancora incerte e fragili.
I contratti di gestione del servizio idrico e di quello di depurazione della città di Marsiglia, senza dubbio tra i più ricchi di tutta la Francia, scadranno tra qualche mese, in particolare nel 2012 per la SERAM e nel 2013 per la SEM.
Tutto ciò accede in un contesto in cui gli eletti nelle istituzioni rappresentative locali, sotto una pressione sempre più forte da parte dei cittadini, chiedono ai gestori locali di queste multinazionali di compiere grossi sforzi affinchè le bollette dell'acqua ad uso domestico subiscano una forte riduzione (come è avvenuto recentemente anche a Bordeaux e a Tolosa), minacciando di fare uso anche dell'arma più potente: la rimunicipalizzazione del servizio idrico, proprio come ha fatto Delanoe a Parigi...
La rissa che si annuncia sembra dunque essere terribile. 
Altre multinazionali, con  sede in altri paesi, saranno presenti anche loro al nastro di partenza, per cercare di conquistare contratti di gestione di enorme valore economico.
Saranno ammessi dunque anche colpi proibiti? Alcuni guardano al clima ostile che regna nel settore dei servizi pubblici locali (vedi l'apertura di inchieste giudiziarie
a seguito di denunce anonime, o gli scioperi recenti nel settore della raccolta dei rifiuti urbani...) come l'inizio di una guerra per la conquista di questi mercati. Si da indubbiamente più importanza agli operatori più capaci, ma non scordiamoci che Stalin, subito dopo aver firmato gli accordi di Yalta, li ha violati.
In ogni caso gli abitanti di Marsiglia desiderano solo una cosa, e cioè che alla fine chi guadagni da tutta questa situazione sia il consumatore, e che quindi la fattura dell'acqua possa ridursi, proprio come è successo in diverse altre città della Francia.

http://www.marsinfos.fr/2010/03/23/marche-de-leau-a-marseille-apres-yalta-la-guerre/
traduzione di Claudio Meloni

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martedì, 06 aprile 2010; 00:19

ACQUA: IN BOLIVIA ITALIA FINANZIA GESTIONE PUBBLICA

(ANSA) - ROMA, 29 MAR - In Bolivia il ministero degli Affari Esteri italiano finanzia un progetto di cooperazione internazionale per il ritorno alla gestione pubblica dell'acqua. Lo annuncia l'organizzazione non governativa Centro di Volontariato Internazionale (Cevi) che, insieme ad altre due Ong italiane - Associazione di Cooperazione Rurale in Africa e America Latina (Acra) e Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo (Cvcs) - promuove l'iniziativa in Bolivia. Il progetto e' detto 'Yaku al Sur' (Yaku significa acqua in lingua quechua), e' cofinanziato dal ministero degli Esteri italiano insieme con il comune di Udine e durera' fino al 2012. Lo scopo e' garantire l'accesso all'acqua agli oltre 200 mila residenti a sud della citta' boliviana di Cochabamba, attualmente non raggiunti dalla rete idrica dell'impresa pubblica Semapa. Il progetto mira inoltre a realizzare una gestione comunitaria dei servizi di erogazione idrica, facendovi partecipare i cittadini dei 70 Comitati d'Acqua riunitisi nell'associazione Asica Sur. Il lavoro delle Ong italiane per il ritorno alla gestione pubblica si pone in un rapporto di continuita' con le istanze delle popolazioni indigene che nel 2000 sono sfociate nella 'Guerra dell'acqua', la rivolta popolare contro la privatizzazione della risorsa che, dopo pochi anni, ha portato alla presidenza della Repubblica Evo Morales, il primo presidente indio. A 10 anni dalla rivolta per l'acqua pubblica, si svolgeranno a Cochabamba due eventi mondiali: la prima edizione della 'Feria Internacional del Agua', dal 15 al 18 aprile, organizzata dai movimenti per l'acqua boliviani e internazionali, e la Conferenza Mondiale dei Popoli sui Cambiamenti Climatici e i diritti della Madre Terra (19-22 aprile), organizzata dal Presidente della Bolivia Evo Morales. Oltre alle tre ong responsabili del progetto Yaku al Sur, in Italia gli eventi di Cochabamba sono sostenuti dall'associazione Yaku di Roma, dal Comitato Italiano per il Contratto Mondiale dell'Acqua di Milano e da tutto il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua. (ANSA). Y03-GU
29/03/2010 09:01 


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martedì, 06 aprile 2010; 00:16



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domenica, 04 aprile 2010; 09:05


Comisión aprueba reforma que permite reconocimiento del agua como un bien nacional de uso público

La presidenta de la Comisión de Constitución de la Cámara Baja, Laura Soto, calificó como una “gran noticia para el país” la aprobación en dicha instancia de la reforma constitucional que reconoce el agua como un bien nacional de uso público.
La parlamentaria explicó que con esta iniciativa, que se aprobó durante esta tarde por seis votos a favor y tres en contra, se modifica el artículo 19 de la Carta Fundamental, relativo a los derechos, estableciendo que “las aguas son bienes nacionales de uso público, cualquiera sea el estado en que se encuentren, el lugar en que estén depositadas o el curso que sigan, incluidos los glaciares”.
“Hemos estado luchando para que se apruebe esta iniciativa desde hace 13 años, por lo que me produce mucha decepción y pena que la alianza no quisiera votarla argumentando que faltaba una mayor discusión. Aquí no hay improvisación ni se trata de un capricho de la Presidenta (Michelle) Bachelet, sino que es la necesidad real de muchos agricultores pobres que no tienen agua porque hay que pagarla”, detalló.
La diputada PPD agregó que “tiene que haber una reforma no sólo a nivel constitucional sino que una reforma en la cabeza de la sociedad chilena para entender que esto es absolutamente esencial y necesario”.
“Los parlamentarios de la Alianza lo que están haciendo es defender los intereses de los grandes intereses económicos. Lo primero es el reconocimiento de la Constitución política, después se definirá si habrá una caducidad o extinción de los derechos”, manifestó.
Según la parlamentaria, lo más lógico es que mañana se dé cuenta en la sala sobre este proyecto, y que el próximo martes se informa a la Cámara y se defina si es que es necesario presentar algunas indicaciones particulares.
upi/cf
http://www.elmostrador.cl

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venerdì, 02 aprile 2010; 23:33

REFERENDUM: BONELLI-FERRERO, DI PIETRO NON SIA UNILATERALE (ANSA) 

ROMA, 2 APR - Il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli ed il Portavoce della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero scrivono al leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, chiedendo che i referendum su acqua nucleare e legittimo impedimento siano l'avvio di una stagione referendaria ampia e partecipata e non unilaterale. «Caro Di Pietro - si legge nella lettera di Bonelli e Ferrero - apprendiamo che alla fine della prossima settimana, presenterai in Cassazione i quesiti referendari sull'acqua, sul nucleare e probabilmente sul legittimo impedimento. Come ben saprai, i nostri partiti condividono da tempo la scelta di avviare una campagna referendaria nel nostro paese sui temi sopracitati, ma vogliamo con questa lettera, esprimere la nostra forte preoccupazione che una decisione unilaterale di avviare in maniera solitaria queste battaglie rischierebbe di infrangersi sul quorum». «Noi riteniamo invece necessario avviare una stagione referendaria realizzando il più ampio coinvolgimento politico e sociale che includa tutte le realtà politiche, sindacali, associative e di movimento al fine di raggiungere l'obiettivo del quorum - proseguono -. Non ti sfuggirà che ove il quorum non fosse raggiunto, segnerebbe la fine di una speranza: quella di impedire la privatizzazione dell'acqua e il ritorno al nucleare regalando la vittoria a quei poteri »forti« che condizionano il nostro paese». «Ti chiediamo pertanto di soprassedere nella scelta di presentare in maniera autonoma i quesiti referendari - concludono - e di incontrarci al più presto con tutte le realtà al fine di realizzare insieme una più ampia alleanza in grado di costruire un paese più giusto».(ANSA). SPA 02-APR-10 14:33 NNN 

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giovedì, 01 aprile 2010; 19:23

Acqua, il referendum dei movimenti e quello di Di Pietro

L’Italia dei Valori, contravvenendo alla parola data, ha annunciato la promozione autonoma e solitaria di un “grappolo” di referendum, tra i quali anche l’acqua, con deposito dei quesiti a metà aprile e inizio campagna il 1 maggio.Si tratta di una grave decisione che, se attuata, da una parte renderebbe più complicata la raccolta di firme, dall’altra minerebbe un percorso ricco e inedito di partecipazione e inclusione come quello sin qui realizzato. Proprio per questo, come Forum italiano dei movimenti per l’acqua, chiediamo a tutte e tutti di attivarsi e di esercitare la massima pressione possibile per scongiurare questo esito.Chiediamo a tutte e tutti di prendere contatti con i rappresentanti locali e istituzionali, con i parlamentari del territorio di riferimento per dire loro la gravità di questa scelta e per chiedere loro che si attivino per evitarla.Proponiamo inoltre di inondare gli indirizzi dei parlamentari e degli europarlamentare dell’Italia dei Valori, scrivendo loro il seguente messaggio, a partire da oggi Giovedì 1° Aprile fino a Sabato 3 Aprile, con in oggetto:“Il referendum per l’acqua pubblica deve essere una battaglia comune”“Ho saputo che l’Italia dei Valori ha annunciato di voler procedere a promuovere autonomamente un proprio referendum sull’acqua, nonostante una vastissima coalizione sociale abbia appena depositato tre quesiti referendari per l’acqua pubblica e abbia lanciato l’avvio di una grande raccolta firme.Voglio che sappiate che ritengo questa scelta gravissima.Perché irrispettosa di un percorso che tantissime donne e tantissimi uomini come me hanno costruito in questi anni in tutti i territori del Paese.Perché antepone gli interessi di partito ad un obiettivo grande, condiviso e di civiltà, come quello per l’acqua bene comune.Chiedo pertanto a tutti voi di recedere immediatamente dal proposito annunciato e di incontrare il Comitato promotore dei quesiti depositati per collaborare alla comune battaglia.”Questi sono gli indirizzi email a cui inviare il messaggio:barbato_f@camera.itborghesi_a@camera.itcambursano_r@camera.it
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giovedì, 01 aprile 2010; 19:22


Andiamo al voto sull'acqua




Negli ultimi anni il manifesto ha pubblicato qualche centinaio di articoli sul tema dell'acqua. Dai reportage sull'espansione delle multinazionali in Amazzonia alla disobbedienza dei cittadini di Aprilia, seguendo un filo ben chiaro: gli effetti della riduzione dell'acqua a merce come tutte le altre. Nel basso Lazio come a Manaus, un enorme affare per pochi e aumento delle bollette per molti. Utenti, consumatori o clienti che chiamar si voglia. 
Nel mentre, da sinistra a destra nessuno metteva in discussione la svendita ai privati del bene comune per eccellenza. Con un'unica, paradigmatica eccezione in Europa: il comune di Parigi, che da gennaio ha ripreso il controllo delle proprie risorse idriche. Un atto di coraggio straordinario, nel paese che vanta le più agguerrite multinazionali del settore, da Veolia a Suez.
Viceversa, comitati per l'acqua pubblica sono sorti un po' ovunque in Italia e, come talpe, hanno scavato in profondità nell'opinione pubblica. Smontando pezzo per pezzo l'ideologia del «privato è bello» che per un lungo periodo ha conquistato in maniera bipartisan la politica istituzionale. E sostenendo con solide argomentazioni teoriche (sopra tutte quelle del comitato di «saggi» estensori dei tre quesiti referendari presentati ufficialmente ieri: Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Gianni Ferrara, Alberto Lucarelli su tutti) il conflitto agitato quotidianamente nei territori. Sono così riusciti a incidere sulle istituzioni più e meglio di tante altre battaglie combattute dall'interno. Tanto che, mentre il parlamento approvava la legge Ronchi che rende obbligatoria la privatizzazione, più di duecento amministrazioni locali votavano ordini del giorno e modifiche degli statuti per dire no alla legge. Un percorso dal basso verso l'alto, una volta tanto e in un periodo di vacche magre per la sinistra.
Visto con le lenti sbagliate, un referendum del genere proposto immediatamente dopo una sconfitta elettorale e in assoluta controtendenza rispetto all'ideologia dominante potrebbe apparire una follia. Come tentare di risalire un fiume controcorrente o imboccare le scale mobili al contrario. Ci sembra invece che le fondamenta siano solide e la battaglia possa essere giocata fino in fondo. Sarebbe il primo sgambetto al neoliberismo in Italia. La sinistra, lo facesse suo da subito, ne beneficerebbe non poco. Il manifesto farà la sua parte.

di A Mastrandrea
www.ilmanifesto.it


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mercoledì, 31 marzo 2010; 19:47


Depositati i tre quesiti alla Corte di Cassazione. Dal 24 aprile si inizia
con la raccolta firme per "modificare le norme in materia di servizio idrico"

Acqua, referendum nel 2011
Rodotà: "E' un bene comune"

Il professore: "Il servizio idrico non rientra nelle logiche del pubblico
e neanche in quelle del privato. Ecco la novità: ripartire dalla cittadinanza"
di GIULIA CERINO
ROMA - "Avete mai pensato di privatizzare vostra madre? Privatizzando l'acqua è come se voi lo faceste". Non scherza, padre Alex Zanotelli, ma parla seriamente a nome del Forum italiano dei movimenti per l'acqua. Il coordinamento che oggi ha presentato, alla Corte di Cassazione di Roma, tre quesiti referendari. L'obiettivo è  "modificare le attuali norme in materia di servizio idrico" approvate con il 
 e, in passato, dal governo Prodi, per governare e gestire le risorse idriche attraverso un soggetto di diritto pubblico, possibilmente a livello territoriale.

I quesiti. A partire dal 24 aprile inizierà la raccolta delle firme. Se si raggiungeranno le 500mila, nella primavera del 2011, scatterà il referendum. Ecco i tre punti: abrogare l'art 23 bis che prevede che le società, per poter fornire servizi idrici, si debbano trasformare in aziende miste con capitale privato al 40%; abrogare l'articolo 150 del decreto legislativo 152/2006 che prevede, come unico modo per ottenere l'affidamento di un servizio idrico, la gara e la gestione attraverso società per azioni; abrogare l'articolo 154, nella parte in cui si impone al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% in più. Una specie di "cavallo di Troia", questo, che ha dato il via alla gestione dei servizi idrici da parte dei privati. 

La storia. Si tratta di una battaglia politica iniziata nel 2007 con la presentazione di una legge di iniziativa popolare sottoscritta da 400mila cittadini e messa nel cassetto dal governo Prodi. Una richiesta rilanciata poco dopo il 19 novembre 2009, quando alla Camera dei deputati si approvava, con ricorso alla fiducia, il decreto Ronchi che, all'articolo 15, rilanciava il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, la dismissione della proprietà pubblica e delle relative infrastrutture. Il Forum da oggi ci riprova.  "Nonostante la raccolta delle firme, il governo non ha ascoltato". E se la corsa politica è ancora aperta, quella culturale è già stata vinta. "Chi privatizza, oggi, non può più farlo rivendicandolo ma è costretto a smentire se stesso e a mascherarsi dietro la privatizzazione della sola gestione", spiega Marco Bersani, rappresentante del Forum. Dietro ai quesiti referendari c'è qualcosa di più della mera protesta. 


"L'acqua, un bene comune". E a spiegare in profondità i perché del referendum, ci pensano gli estensori dei quesiti: professori di diritto pubblico, privato e costituzionale. Come Stefano Rodotà che prende la parola:  "Prima di passare al privato bisognerebbe cercare di correggere le anomalie del pubblico. Ecco la novità. L'acqua - spiega il professore - non è un bene pubblico. E' un bene comune". Un qualcosa che non può rientrare in nessuno degli argomenti fallaci che ruotano attorno alle dicotomie pubblico-privato, proprietà-gestione. "Piuttosto, per l'acqua - continua Rodotà - si tratta di trovare una forma di gestione comune, come scritto nell'articolo 43 della Costituzione, perché c'è stato un passaggio. Il pubblico, in questo caso, non è più il pubblico tradizionale". Per il professore, il punto è un altro. Tutto culturale. "Il principio è che si possa ripartire da un ruolo attivo della cittadinanza. Il referendum rappresenta uno strumento per riabilitare la politica in un momento di stanchezza". 

Una coalizione vastissima. Un segno di ripresa c'è già. E infatti, il Forum italiano dei movimenti dell'acqua rappresenta la più vasta coalizione associativa formale mai esistita. 
, che svolgono una funzione di supporto. Non tutti militanti di professione, però. Piuttosto, molti di loro si dichiarano parte degli "astenuti" alle regionali del 2010.  "E' l'estensione del movimento che conta. E' questo che dà prova del cambiamento culturale",  ricorda il professor Gianni Ferrara. Lo scopo del coordinamento è quello di vincere. E usare le istituzioni con intelligenza. Oltre a muoversi "contro", il Forum si muove "per". E avanza delle alternative: "Uscire dalla logica attuale, identificare l'acqua come bene comune, escludere il mercato dalla sua gestione, e, essenziale, indicare i soggetti incaricati di gestirla", spiega Rodotà. 

I numeri. Andare avanti è possibile perché i riscontri concreti di quanto nocivo sia privatizzare la gestione dell'acqua ci sono già. Da quando è cominciata l'escalation qualcosa è peggiorato. Ecco i numeri: il prezzo dell'acqua è salito del 68% a fronte del 22% registrato dal dato sull'inflazione. Gli investimenti privati nel settore idrico sono calati (da 2miliardi a 700mila euro l'anno) mentre l'occupazione nel settore idrico è diminuita del 30% e lo  spreco annuo è aumentato di più del 20%. Non solo teoria, dunque. 

"Hasta la victoria siempre". E a chi accusa il Forum di "essere contro Berlusconi", risponde padre Alex Zanotelli: "I tre quesiti sono volti ad abrogare il decreto Ronchi, approvato dall'attuale governo di centrodestra. Ma non solo. Il secondo e il terzo quesito intervengono su delle norme approvate dal governo Prodi. Dei provvedimenti "che andavano nella direzione di considerare l'acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti". Avvolto in una sciarpa a strisce rosse, arancioni e viola, e con una croce di perline variopinte al collo, padre Alex ricorda che solo il 3% dell'acqua del mondo è potabile. Ma di questa, il 2% è usata a fini agricoli o industriali. E se "l'acqua è - come spiega Ciro Pesacane, presidente del Forum ambientalista - una parte del ciclo della terra e appartiene all'umanità", ha ragione padre Alex a dire che una società in cui non c'è più nulla in comune, non è una società. "Ecco perché dobbiamo batterci". E conclude: "Facciamo come in Uruguay, come in Bolivia. Lì ce l'hanno fatta. Ce la faremo anche noi. Hasta la victoria siempre". 

www.repubblica.it

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martedì, 30 marzo 2010; 08:12


Kerala vs Coca Cola

La Coca-Cola deve risarcire 2,6 miliardi di rupie (oltre 352 milioni di euro) per i danni ambientali e alla salute provocati presso il suo impianto di imbottigliamento di Plachimada, nello stato del Kerala (India meridionale). A questa conclusione è giunta una commissione di inchiesta voluta dal governo dello stato indiano, presieduta da un autorevole magistrato e composta da esperti indipendenti, che ieri hanno illustrato il loro rapporto. La notizia è stata ripresa ieri con un certo scalpore dai maggiori media internazionali - anche perché il governo del Kerala ha accettato e fatto proprie le conclusioni dell'inchiesta, compresa la richiesta di risarcimenti.
Per la verità quella di Plachimada, località rurale nel distretto di Palakkad, nello stato del Kerala, è una vecchia storia. Qui la Coca-Cola aveva aperto nel 2000 uno stabilimento per imbottigliare le sue bibite gassate con licenza del locala panchayat, il consiglio elettivo di villaggio. Poi però è risultato che pompava 1,5 milioni di litri al giorno da sei pozzi. In breve, Plachimada e i villaggi circostanti sono rimasti all'asciutto, i pozzi pubblici di acqua potabile erano prosciugati, l'acqua per l'agricoltura scomparsa. Nel 2003 dunque il panchayat non ha rinnovato la licenza. La Coca-Cola ha fatto ricorso. E' cominciata così una battaglia popolare finita in un lungo «assedio» di massa allo stabilimento. Alla fine del 2003 una sentenza della High Court (l'Alta corte statale) del Kerala ha dato ragione al panchayat di Plachimada: diceva che lo stato ha «il dovere legale di protegge le risorse naturali. Queste risorse intese per l'uso e il beneficio pubblico non possono essere convertite in proprietà privata». Nel febbraio del 2004 il governo del Kerala ha dunque chiuso lo stabilimento. La storia non è finita, però, perché la multinazionale delle bibite e l'ente locale di Plachimata hanno continuato a combattersi in corsi e ricorsi legali.
Ecco che ora arrivano le conclusioni dell'inchiesta voluta dallo stato del Kerala. La commissione di esperti - legali, ambientali, esperti in salute pubblica e in gestione idrica - ha disegnato un pesante quadro di «danni multi-settoriali». La Coca-Cola Company, afferma, «ha causato degrado ambientale con il sovrasfruttamento della falda idrica e l'irresponsabile pratica di disperdere i reflui». Già: tra il 1999 e il 2004 la compagnia ha sparso i reflui dello stabilimento nei terreni circostanti, spesso distribuiti agli agricoltori locali come compost.
«Le risorse idriche della zona sono state minate e si è creata scarsità d'acqua», conclude l'inchiesta. Non solo: «Presentando i reflui come concime, la Compagnia non solo ha ingannato gli agricoltori ma si è resa responsabile del degrado dei suoli, la contaminazione dell'acqua e le conseguenti perdite nel settore agricolo». Nota la commissione d'inchiesta che la zona ha registrato un costante declino della produzione agricola. Che metalli tossici come cadmio, piombo e cromo sono stati rilevati in quei reflui contrabbandati come «concime», con conseguenti danni alla salute della popolazione. Acqua e terreni sono risultati contaminati. L'acqua potabile è diventata scarsa e le donne dei villaggi devono camminare lunghe distanze per procurarsela, a scapito dei lavori con cui si procuravano un reddito. La commisisone d'inchiesta conclude con una raccomandazione: di non accordare alla compagnia il permesso di riprendere le operaaioni in quella zona ormai in preda alla siccità.
di Marina Forti
www.ilmanifesto.it

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