lunedì 23 gennaio 2012


 JV tra Iride e F2i  crea polo aggregatore
nel settore idrico


Iride segue il mercato e segna una flessione del 2,35% a 1,33 euro in Borsa, ma ieri con F2I ha firmato un accordo che prevede l'ingresso di F2I nel polo industriale dell'acqua che 
Iride intende realizzare. Un'intesa giudicata molto interessante dagli analisti perché crea un nn nuovo player nel segmento idroelettrico.

L'accordo prevede la costituzione di una nuova società chiamate San Giacomo; il conferimento in San Giacomo del 68,3% di Mediterranea delle Acque in mano a Iride oltre al 49% di Amter ed il 66,5% di Idro-Tigullio; l'acquisto da parte di San Giacomo del 17% di MdA in mano a Veolia al prezzo di 3 euro per azione; un aumento di capitale per 39.5 milioni di San Giacomo da parte di F2I; un'opa volontaria totalitaria sul restante 14,6% di MdA e secondo aumento di capitale da 40 milioni di euro da parte di F2I  per l'acquisto delle minorities. 

Al termine del secondo aumento di capitale F2I deterrà una partecipazione del 24,8% in San Giacomo con una valutazione implicita del business di 7,5 volte l'Ebitda 2010, contro una valutazione di Intermonte di 6,4 volte, e 0,95 volte il capitale investito. L'accordo prevede che in una seconda fase F2I possa salire fino al 40% del capitale di San Giacomo per un investimento totale di circa 150 milioni di euro. 

"Riteniamo il deal molto interessante in quanto dà vita a un polo che potrà operare da aggregatore nel settore idro, in parte sulla base del decreto Ronchi, anche grazie alle risorse finanziarie fresche portate da F2I", sostengono gli analisti di Intermonte che sul titolo Iride mantengono il rating outperform e il target price a 1,70 euro, prezzo obiettivo che Equita sim ha invece fissato a 2,02 euro (buy).

"A nostro parere, l'affare sembra essere positivo per Iride, dato che l'acquisto delle minoranze del business dell'acqua e lo swap con un unico partner finanziario come F2I possono sostenere gli investimenti industriali di Iride per lo sviluppo dell'ATO di Genova e per altre acquisizioni", sottolinea Fabio Picardi di Banca Imi. "Confermiamo quindi un giudizio positivo sul titolo Iride con una raccomandazione di acquisto e un prezzo indicativo a 2 euro".

Notizia positiva anche per gli altri operatori del settore idro in particolare Acea (40% dell'Ebitda dall'acqua) ed Hera (circa 25%). Ma al momento in Borsa Hera segna un -1,89% e Acea un -2,35%, anche se ha confermato l'obiettivo di ridurre il capitale circolante di 200 mln entro il 2012 e di pagare il dividendo nell'esercizio 2010.

Da un incontro con il management ed Equita sim è infatti emerso che il picco del debito è atteso a metà 2011, poco superiore agli attuali 2,3 miliardi. E' stato confermato l'obiettivo di ridurre il working capital di 200 milioni di euro entro il 2012 (crediti commerciali già scaduti sono circa 500 milioni). Il debito ha un costo medio del 3,2% (70% a tasso fisso e 30% variabile) e una duration di 10 anni e inoltre la società ha linee a breve per 1,2 miliardi delle quali 500 milioni assicurate per 3 anni.

Il management è intenzionato a pagare il dividendo sui risultati 2010, con un payout al 65%. "Considerando le nostre stime realistiche, ovvero Ebitda a 620 milioni e utile a 135 milioni, aumenta la visibilità sul dividendo atteso a 41 centesimi", precisano gli analisti della sim.

Negli ATO di Frosinone e Gori vi sono contenziosi sulle tariffe e la società ha fatture da emettere per 100 milioni. Nell'ATO di Gori la società si attende una rapida soluzione, mentre a Frosinone se non arriverà l'accordo Acea chiederà 40 milioni di danni e uscirà dalla gestione.

Mentre sulla JV nell'energia con GDF-Suez, la gestione ordinaria procede bene e il 2010 è in deciso miglioramento rispetto il 2009. Dall'altro lato Acea avvierà un arbitrato internazionale per la violazione degli accordi di prelazione nella joint venture con l'obiettivo di ottenere un cash-in e riscrivere la governance della JV con GDF-Suez

"Il titolo è cheap e sottovalutato: tratta a un P/E di 12 volte e a un EV/Ebitda di 6,5 volte", indicano gli esperti di Equita sim. "Riteniamo che l'intenzione di pagare il dividendo nel 2010 sia apprezzata dal mercato con uno yield del 5,4%. Dall'altro lato è molto importante il trend del debito: D/Ebitda a 3,8 volte e quindi la riduzione del working capital e come procede il contenzioso con GDF-Suez. Hold e target a 9,3 euro confermati sul titolo Acea".

http://www.milanofinanza.it

claudiomeloni; ; commenti ?


lunedì, 24 maggio 2010; 19:20

Acqua, mille modi per raccogliere
le firme banchetti in chiesa,
ad alta quota e al bar.

ll Forum dei movimenti ne ha raccolte 600mila in meno di 4 settimane. Ora l'obiettivo è di un milione. Il successo dei comitati territoriali e delle loro "trovate" referendarie: lungo i percorsi del Giro d'Italia, sul monte Zoncolan aspettando i ciclisti, con i manifesti in mano.
di Giulia Cerino

SONO saliti in cima alle montagne pedalando, hanno barattato le firme con delle granite alla frutta, si sono improvvisati artisti e parteciperanno anche a un banchetto nuziale. Dopo meno di un mese dal deposito dei tre quesiti referendari in Cassazione, il Forum italiano dei movimenti per l'acqua pubblica  è riuscito a raccogliere 600mila firme. "L'idea di partenza, spiegano, era raggiungerne 700mila ma ora, con questi numeri, abbiamo scelto di spostare l'obiettivo a un milione". Il risultato, più che soddisfacente per il Forum, è stato conseguito grazie a una costante presenza sui territori e anche a qualche colpo di genio. Lo scopo dei  tre quesiti resta quello di abrogare il decreto Ronchi del novembre 2009 e le norme approvate dal governo Prodi che andavano nella stessa direzione: verso la privatizzazione del servizio idrico italiano. 

Per fare ciò, migliaia di banchetti sono stati organizzati in tutta la penisola. Anche nelle sezioni di partito. A capo dell'organizzazione, i comitati territoriali del Forum che grazie a delle "trovate" referendarie sono riusciti a raccogliere un bel gruzzolo di firme. Dopo il percorso della Marcia della pace Perugia-Assisi di metà maggio, Il Forum per l'acqua ha inaugurato il "suo" Giro d'Italia. I percorsi sono stati piazzati lungo le tappe della competizione ciclistica. Poi la raccolta si è trasferita ad alta quota: il comitato di Udine è salito fin sulla vetta del Monte Zoncolan, e a quota 1800 i cittadini hanno allestito striscioni e banchetti. Risultato: una raccolta con i fiocchi che ha contribuito a comporre il risultato totale del Friuli, 7500 firme in meno di un mese. 
Hanno "pedalato" anche in provincia di Savona in occasione della 24 ore Mountain Bike a Finale Ligure. In Liguria la raccolta firme è andata meglio che in altre zone. Dopo 4 settimane se ne registrano 20mila. Con la scusa del Giro d'Italia, "il Forum ha dato vita a una competizione di portata nazionale tra comuni e comitati territoriali: la provincia che fosse riuscita a raccogliere più firme in un solo fine settimana avrebbe ottenuto un'ideale maglia rosa dell'acqua pubblica. Questo perché - spiegano dal Forum - chiunque può scaricare i fogli della raccolta firme dal nostro sito e organizzare pedalate in compagnia in nome dell'acqua pubblica e dei beni comuni". Il vincitore è ancora in sospeso. Il premio verrà assegnato domani ma con tutta probabilità andrà alla città di Savona. A meno che una qualche cittadella toscana (38mila firme) o dell'Emilia Romagna non riesca a sottrarle la maglia. In provincia di Cesena hanno partecipato anche i bar: per un giorno hanno deciso di regalare a ogni firmatario un bicchiere di granita. Così anche la piccola città dell'Emilia Romagna ha contribuito a definire il risultato finale della regione: 35mila firme in meno di 4 settimane.

In programma ancora tante iniziative, come quella del 5 giugno a Chioggia (Venezia): matrimonio con raccolta firme. Durante le nozze di Cristina e Alessandro - si legge sul sito del Forum - verrà allestito un banchetto per la raccolta firme di tutti i partecipanti ad alcuni dei quali sarà poi chiesto di indossare le magliette della campagna "L'acqua non si vende", ormai un cult. Se ne scorgono a centinaia. Dappertutto e in molte occasioni. Durante le proteste del Popolo viola, indossate dalle ragazze all'università e anche nelle sezioni dei partiti politici. 

Bene anche l'Italia centrale. Vico, in provicia di Frosinone, è riuscita a conquistare qualche firma in più grazie ad un anziano signore: Vittorio. Nato il 22 maggio 1910, nel weekend ha compiuto 100 anni. Nominato sindaco per un giorno, non ha perso tempo: ha subito firmato. Un po' per simpatia, un po' per convinzione, con lui hanno votato altra centinaia di persone presenti in sala.  

In Campania sono state raccolte 30mila firme. Un risultato che la politica non ha potuto ignorare. La giunta Iervolino ha infatti approvato, per la prima volta in Italia, una delibera che istituisce il "minimo vitale garantito" per il consumo idrico. La delibera porta la firma dell'assessore alle Politiche sociali e di quello alle Risorse strategiche. Per 40.000 famiglie napoletane che vivono ai limiti della miseria sarà operativa, già dalle prossime bollette, una fornitura gratuita di 250 litri giornalieri di acqua, pari a 41,32 euro l'anno. L'aumento tariffario previsto, in buona parte dal decreto Ronchi, verrà annullato grazie a questa misura di agevolazione. Iniziative locali, ma non solo. Il prossimo fine settimana verrà lanciata la "Repubblica dell'acqua". In vista del 2 giugno, in tutta Italia si parlerà di Costituzione e diritti, di Stato, buon governo e di beni comuni. Con l'occasione verranno raccolte altre firme. Nel weekend 12-13 giugno e durante il fine settimana successivo invece, il Forum lancerà "H2ora". I comitati territoriali di ogni Regione stanno organizzando delle giornate di musica, arte e cultura "itineranti". E anche a Roma se ne vedranno delle belle...

Il Forum ha raccolto centinaia di firme alla velocità della luce. E non smetterà finché non raggiungerà il milione. Dai cittadini arrivano segnali positivi. Le persone si dichiarano "consapevoli" e sembrano aver capito la portata della posta in gioco. Poi però, in caso di referendum, non è detto che vadano tutti a votare. E anzi, il rischio è che non ci vadano proprio. "Stavolta le persone ci credono. Arrivano ai banchetti già informati e questo è già di per sé un segnale che ci fa sperare che votino anche al referendum - spiega Marco Bersani del Forum - in questo caso non si tratta di una battaglia di parte, come quella di Di Pietro che ha presentato il 'suo' quesito sull'acqua, ma è una raccolta trasversale". A firmare in favore dell'acqua pubblica sono infatti gli elettori di centro, di destra e di sinistra. "Perché l'acqua è di tutti" spiega Marco Bersani. Di chi si informa sul web ma anche di chi guarda solo la tv.

www.repubblica.it

claudiomeloni; ; commenti ?


sabato, 22 maggio 2010; 06:43


La «cricca demaniale» Coste e laghi alle regioni

Primo sì. Di Pietro vota con la Lega e attacca il Pd

di Matteo Bartocci

  • Il federalismo è salvo. Sul filo di lana la Lega porta a casa il primo mattoncino della riforma fiscale che chiede dagli anni '90. La delega al governo scadeva domani ma la «bicameralina» ha approvato a maggioranza il parere sul primo decreto che trasferisce i beni demaniali dello stato agli enti locali: 17 sì (Pdl, Lega, Svp e Idv), 3 contrari (Udc/Api) e 10 astenuti del Pd. Oggi pomeriggio il cosiddetto «federalismo demaniale» sarà approvato anche dal consiglio dei ministri e si avvierà un gigantesco processo di trasferimento politico ed economico dal quale tornare indietro sarà molto difficile.
    La proprietà e la gestione dei grandi laghi del Nord sarà trasferita alle regioni. Così tutte le coste e tutto il demanio idrico (sorgenti, fiumi e laghi regionali, etc.). Beni che le regioni dovranno comunque gestire - così impone la delega con un termine sinistro - pompando al massimo la loro «valorizzazione funzionale». Tra i beni alienabili dunque foreste, aree agricole, immobili, zone portuali dismesse, le strade non statali e gli aeroporti non «di interesse nazionale».
    Sono esclusi i beni culturali e, soprattutto, buona parte del demanio militare (caserme dismesse, vecchi alloggi o poligoni in disuso, etc.): una torta da 2 a 4 miliardi di euro che rimane appannaggio della «Difesa spa». Secondo una stima ufficiale dell'agenzia del Demanio a conti fatti si tratta di 18.959 beni (tra immobili e terreni) per un valore di libro di 3,2 miliardi. Una cifra che opportunamente rivalutata è ragionevole almeno raddoppiare. La maggior parte di questi sono nel Lazio: ben 860 milioni di euro. Piemonte, Lombardia e Veneto insieme ne raccolgono per 880 milioni. In Basilicata, Calabria, Molise e Puglia restano le briciole: sul loro territorio hanno beni demaniali per appena 312 milioni.
    Bossi può esultare: «Iniziamo a portare a casa quello che si può». E per l'occasione il Carroccio trova un alleato inedito come Antonio Di Pietro. Il leader dell'Idv organizza addirittura una conferenza stampa col ministro Calderoli per rivendicare il sì del suo partito al federalismo e per criticare apertamente l'astensione del Pd: un atteggiamento secondo lui «preconcetto», con cui «il Pd non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità». «L'Idv - attacca Di Pietro - non si astiene mai, perché non è politica la politica che non decide, non sono buoni pastori quelli che non sanno indicare la strada. Chi non è né carne né pesce è bene che se ne stia alla finestra. La Lega e l'Idv - conclude - hanno il coraggio di confrontarsi sui temi veri».
    In concreto, il partito di Di Pietro ha ottenuto che nel testo siano richiamati gli articoli 5 e 114 della Costituzione. Un contributo su cui perfino lo stesso Calderoli maramaldeggia un po': «Anche se si tratta di una cosa scontata a volte è utile ricordare che l'acqua calda è calda». Mentre Francesco Boccia del Pd, membro della «bicameralina», è furioso con l'ex ministro delle Infrastrutture: «Ha perso un'altra occasione per dimostrare la sua affidabilità ma le bugie hanno le gambe corte, faccio fatica a ricordare i contributi politici dell'Idv. L'80% del testo approvato dalla commissione - conclude Boccia - è stato modificato grazie al Pd».
    Tra le altre novità importanti c'è un fondo di perequazione che prevede che il ricavato della vendita dei beni vada per il 75% a riduzione del debito degli enti locali, il restante 25% andrà all'ammortamento del debito nazionale. I beni potranno essere ceduti a fondi immobiliari pubblici ma aperti a privati e soggetti istituzionali. Il relatore di maggioranza sul decreto, Massimo Corsaro del Pdl (un ex An milanese vicino a La Russa) tira un sospiro di sollievo: «Siamo riusciti a fare il primo dei decreti nei tempi previsti, dando legittimità all'intero percorso e con una cospicua partecipazione alla redazione del testo da parte di tutti i gruppi».
    Il Pd è stato a lungo incerto sul provvedimento. Da un lato ha lavorato al massimo per riempire di contenuti (e qualche paletto) una decreto iniziale pericolosamente vago. Dall'altro si è diviso su chi voleva votare sì (gran parte dell'area ex Ds e lo «zoccolo duro» degli amministratori locali) e chi invece voleva votare no come gli ex popolari. Dario Franceschini l'astensione finale la spiega così: «Il testo è stato molto migliorato ma non in modo soddisfacente». Linda Lanzillotta, rutelliana dell'Api. indica che il re è nudo: «Il federalismo demaniale fa partire una massiccia operazione di vendita del patrimonio di tutti che andrà a vantaggio di pochi, per di più con il rischio di alimentare la speculazione immobiliare». E sul piano politico invece «si consente alla Lega di dire che il federalismo è partito mentre è chiaro che il governo non è in grado di dire quali saranno i costi e che la crisi impone di rinviare tutto a data da destinarsi».
    In effetti questo primo passo federalista potrebbe anche essere l'unico. Giulio Tremonti è come al solito sibillino quando parla di numeri: «Il trasferimento di immobili tra soggetti pubblici di fatto ha un valore economico nullo o irrilevante». Una gigantesca partita di giro essenzialmente a vantaggio di Roma e del Nord. «La vera difficoltà risiede nella vendita del patrimonio immobiliare», ammette Tremonti, facendo capire che potrebbero essere anche altri interventi, in futuro, a «semplificare» la materia. «La riforma che si sta compiendo assume di fatto una valenza di carattere costituzionale e quindi ha un elevato valore simbolico», conclude il ministro. Eclissati e completamente innocui i «finiani». Immortale un titolo del Secolo che parlava di questo provvedimento come una puntata di «Scherzi a parte». Evidentemente ridere piace a tutti.
www.ilmanifesto.it

claudiomeloni; ; commenti ?


giovedì, 20 maggio 2010; 07:45


Appalti truccati Hera,verso il processo.


Coinvolto un ravennate

Il pm della Procura felsinea ha inviato l'avviso di fine indagine a 4 funzionari della multiutility bolognese e a due imprenditori. I reati contestati sono turbativa nelle gare d’appalto, rivelazione di segreto di ufficio, abuso d'ufficio e falso.

Ravenna, 17 maggio 2010 - Sono accusati di aver 'aggiustato' delle gare d’appalto a trattativa privata per far vincere le imprese amiche. Per questo il pm della Procura felsinea, Flavio Lazzarini, ha inviato l’avviso di fine indagine, provvedimento che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, a quattro funzionari della multiutility bolognese Hera e a due imprenditori.

Le accuse contestate nell’inchiesta del primo gruppo della Guardia di Finanza sono, a seconda delle posizioni, turbativa d’asta, rivelazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio e falso. Nelle 131 gare passate al setaccio dai finanzieri tra il 2006 e il 2008 sono cinque quelle che secondo l’accusa presentano dei vizi.

Si tratta di appalti che possono sfiorare il milione di euro. Non sono però state trovate tracce di corruzione e/o concussione per cui allo stato non è dato sapere perchè i funzionari di Hera abbiano favorito alcune imprese a scapito di altre. Per far vincere un’azienda anziché un’altra il sistema prevedeva il ricorso alle "chiamate di saving".

In pratica dopo la presentazione delle offerte l’azienda di viale Berti Pichat convocava la ditta che aveva presentato l’offerta migliore, e quindi potenzialmente vincitrice della gara, e la seconda e chiedeva loro di presentare ulteriori ribassi. A quel punto poteva, come è capitato, vincere la seconda grazie alla 'soffiata' dei funzionari Hera compiacenti. In questa procedura infatti non viene rispettata la prassi della busta chiusa e non vengono fissati dei tempi di scadenza per cui chiunque può vedere le offerte ed eventualmente riferirle ad altri. Da qui la convinzione dell’accusa che la procedura venisse usata proprio per facilitare le imprese amiche.
Gli indagati sono due funzionari della divisione ambiente di Hera, due dipendenti dell’ufficio appalti della multiutility, l’amministratore delegato della Special Trasporti di Bologna e un responsabile delle gare per Gama Spa di Ravenna. Si tratta di A. A., all’epoca dei fatti responsabile della 'Business Unit Emilia' e di E. B., addetto al settore discariche e impianti di trasferimento di viale Berti Pichat.

Poi c’è la loro collega dell’ufficio gare D. C. e un quarto dipendente. Gli imprenditori sono G. C., amministratore di fatto della Special Trasporti, e un dirigente della Gama Spa di Ravenna. L’inchiesta è nata nel 2008 come stralcio di un procedimento sull’Agenzia delle Entrate. I finanzieri stavano facendo delle intercettazioni telefoniche su reati che le prevedono quando si sono imbattuti nelle gare d’appalto combinate di Hera.

Se fosse già in vigore il nuovo Ddl sulle intercettazioni quelle telefonate non si sarebbero potute utilizzare e quindi non sarebbe stato mai aperto questo troncone. Quelle conversazioni invece hanno svelato dei rapporti che secondo la Procura erano finalizzati ad alterare gli appalti indetti dalla divisione ambiente di Hera.
Nel 2007, per esempio, la Special Trasporti ha partecipato e vinto la gara a trattativa privata per la vendita da parte di Hera del legno proveniente dalla raccolta differenziata conferito nelle piazzole gestite dalla multiutility.
Secondo gli inquirenti i due funzionari avrebbero comunicato all’amministratore delegato della Special Trasporti l’offerta formalizzata dall’impresa concorrente suggerendogli di ritoccare l’offerta già presentata per aggiudicarsi la gara come poi è avvenuto. E altre situazioni del genere sono emerse nel corso delle indagini.

Per i difensori degli indagati essendo Hera una società privata, seppure a partecipazione pubblica, può scegliere chi vuole con cui lavorare. Per la Procura invece la raccolta dei rifiuti va considerato servizio pubblico da qui la qualifica di incaricato di pubblico servizio per i funzionari della multiutility. Nel corso delle indagini sono stati indagati altri quattro funzionari di Hera per falso. Sono accusati di aver denunciato in ritardo la scoperta avvenuta a metà 2008 di rifiuti tossici emersi durante gli scavi avvenuti nella sede centrale della multiutility. 
http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com

claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 19 maggio 2010; 18:05


Acqua pubblica,
referendum più vicini

19 maggio 2010
“La gestione dell’acqua non sarà più un servizio al cittadino, ma un mezzo che le società private avranno per creare profitto”. Ecco la principale conseguenza della privatizzazione dei servizi idrici voluta dal governo, secondo Luca Martinelli, giornalista di Altreconomia e autore di L’acqua è una merce. Una trasformazione contestata dalla folla di 200mila persone che il 20 marzo scorso ha sfilato per le via di Roma e rifiutata dal mezzo milione di cittadini che hanno già deciso di sostenere il referendum a favore dell’acqua pubblica: “In 25 giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia sono state raccolte ben 516.615 firme”, ha annunciato ieri il Comitato promotore dei tre quesiti referendari. L’obiettivo iniziale di arrivare a 700mila firme si avvicina e potrà essere addirittura superato, grazie agli eventi che verranno organizzati da qui a luglio.

Contro il decreto Ronchi, approvato dal Parlamento lo scorso novembre con voto di fiducia, ci sono anche i ricorsi che cinque Regioni hanno inviato alla Corte Costituzionale. Cresce la mobilitazione di istituzioni e di cittadini che non vogliono questa legge, mentre sono ancora in discussione i decreti attuativi che dovrebbero stabilire le condizioni minime del servizio dei futuri gestori. Né nulla si sa per il momento dell’eventuale creazione di una nuova authority per la regolamentazione del settore, in cui entro il 2011 entreranno in modo massiccio i privati.

Secondo il governo, il servizio idrico sarà più efficiente e grazie ai privati diminuiranno le perdite d’acqua lungo la rete. È davvero così? “Il gestore che in Italia registra meno perdite, secondo i dati del centro studi Mediobanca, è quello di Milano, che è interamente pubblico - dice Martinelli - mentre a Roma, Acea (che è una società quotata in borsa) non è così virtuosa, anzi è uno dei gestori con le perdite maggiori”. E Acea non deve preoccuparsi solo di fare investimenti sull’acquedotto, ma anche di remunerare i suoi azionisti: il Comune di Roma e, tra gli altri, Gdf Suez e l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone. “Una delle cose più gravi del provvedimento del governo è che dovranno aprirsi al privato anche i gestori pubblici più efficienti”, conclude Martinelli.

Della preziosa risorsa blu e dei rischi di una sua privatizzazione si parla in questi giorni anche a Ferrara, dove è in programma fino al 21 maggio “Accadueo”, la mostra internazionale sulle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue.
http://antefatto.ilcannocchiale.it


claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 19 maggio 2010; 09:55


L´acqua è gratis per gli indigenti
niente bolletta per 40 mila famiglie

Il Comune approva, primo in Italia, una delibera che istituisce il "minimo vitale garantito" per il consumo idrico: ai più poveri 250 litri al giorno, piccoli aumenti per gli altri. Il bonus, firmato dagli assessori Riccio e Saggese, sarà operativo fin dalle prossime bollette

di CRISTINA ZAGARIA

Acqua gratis per i più poveri. Vale a dire per 40.000 famiglie napoletane che vivono ai limiti della miseria. Il Comune approva, prima in Italia, una delibera che istituisce il "minimo vitale garantito" per il consumo idrico. Un segnale chiaro della giunta Iervolino, in questi giorni caldi con la raccolta delle firme per presentare i tre referendum per la ripubblicizzazione dell´acqua. La delibera porta la firma dell´assessore alle Politiche sociali, Giulio Riccio, e di quello alle Risorse strategiche, Michele Saggese. E sarà operativa già dalle prossime bollette. Per avviare le procedure, gli interessati possono contattare direttamente l´Arin, via web o telefonicamente.

Il provvedimento parte dall´adeguamento delle tariffe (un incremento medio della bolletta di 2,40 euro a trimestre, cioè di circa 80 centesimi al mese), deliberato dal Cipe, ma ha un valore aggiunto: prevede una fornitura gratuita di 250 litri giornalieri, pari a 41,32 euro l´anno. Quindi, se per una famiglia media l´aumento è del 4,4 per cento, per una famiglia in condizioni di disagio il risparmio è del 19 per cento in un anno. «Abbiamo creato un meccanismo di tariffa sociale che dà l´acqua gratis alle famiglie che hanno difficoltà economiche - spiega Saggese - Comune e Arin si accollano l´impatto economico del provvedimento, ma fondamentalmente l´aumento tariffario previsto in buona parte pareggia con questa misura di agevolazione. Quindi è una manovra quasi a valore zero per le casse comunali e dell´Arin». «Il provvedimento - precisa Riccio - avrà una ricaduta su 120 mila napoletani. Sono 37.500 le famiglie individuate, fasce sociali deboli, già testate anche su altri fronti». E l´assessore alle Politiche sociali annuncia: «A breve approveremo anche nuove misure per agevolare le fasce sociali più povere».

Insomma, da oggi, 120 mila napoletani non pagheranno l´acqua, o, comunque, potranno beneficiare di 250 litri di acqua gratis al giorno, se dimostreranno, in base alla dichiarazione Isee (indicatore del reddito familiare) di avere un reddito non superiore ai 7.500 euro annui. Il Comune, attraverso Arin, impiegherà per finanziare il «minimo vitale garantito», un milione e mezzo di euro. «In un periodo di gravi crisi economica, come quello che stiamo attraversando, e rispetto a nessuna risposta messa in campo dal Governo per sostenere i redditi delle fasce meno abbienti della società - spiegano Saggese e Riccio - questa delibera è un atto importante che colloca il Comune di Napoli in controtendenza con le scelte operate dal Governo Berlusconi, che con il decreto Ronghi, ha privatizzato l´acqua. Una privatizzazione alla quale il Comune si oppone lavorando affinché il servizio idrico della nostra città resti in mano al pubblico». 

La delibera approvata è solo un primo passo. «La nostra iniziativa continua - concludono Giulio Riccio e Michele Saggese - Sosteniamo il referendum per la difesa dell´acqua pubblica che, a pochi giorni dall´inizio della raccolte di firme, ha già superato quota 500 mila».

http://napoli.repubblica.i

claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 19 maggio 2010; 00:36


MEZZO MILIONE

di Ugo Mattei

Potrebbe essere stata raccolta in uno dei banchetti lungo l'itinerario della marcia per la pace Perugia-Assisi la simbolica firma 500.000 (mezzo milione) che ci consente di entrare in una nuova fase della nostra campagna per l'acqua bene comune. Naturalmente continueremo a raccogliere firme fino al 21 luglio perché il peso politico è direttamente proporzionale al loro numero, ma registriamo che finora si è fatto meglio che per l'aborto e il divorzio. 
«Mission accomplished», «missione compiuta», verrebbe da dire evocando la follia di bushiana memoria, nel giorno in cui, significativamente assente Emergency cacciata da Kabul, si ritorna a parlare di una guerra assurda prima ancora che incostituzionale. Una guerra di aggressione, camuffata da missione di pace, di cui i nostri politici parlano oggi solo perché ha lasciato sul terreno altri due militari italiani. Dimenticando i tanti civili afghani uccisi e i quattro milioni di euro al giorno che ci costa. 
«Missione compiuta», dunque, quanto meno dal punto di vista delle forme giuridiche necessarie per investire la Corte Costituzionale sull'ammissibilità dei tre referendum con i quali il popolo italiano ha la possibilità concreta di invertire la rotta sull'acqua, rifiutando la teoria e la prassi della privatizzazione dei servizi pubblici e del bene comune. Certo la battaglia è ancora lunghissima e sarà molto difficile vincerla in un'Italia in cui un altro bene comune fondamentale, quello della libera informazione critica, è stato già privatizzato da molto tempo. Infatti il 1994, anno della legge Galli che rende possibile la gestione privata del Servizio idrico integrato, è anche l'anno della discesa in campo di chi della libera informazione (tanto pubblica che privata) e della Costituzione che ripudia la guerra ha fatto più di altri strame. Presto i lettori dei giornali "normalizzati" che hanno fatto la fila ai banchetti del Forum cominceranno a domandarsi perché di quelle file non si dia alcuna notizia. Presto ci si domanderà perché ai talk show televisivi si parli di ogni rissa politica e non si dia invece conto di questa straordinaria mobilitazione democratica.
Il primo mezzo milione di firme è un segno che va oltre l'acqua. Dimostra che rispetto, inclusione, condivisione e pace possono prosperare soltanto all'interno di un settore pubblico efficiente, attento al bene comune e non colluso con gli interessi privati. Sostiene Ronchi che solo i privati possono apportare i 4-5 miliardi annui necessari per ristrutturare i nostri acquedotti e che quindi la loro gestione «va messa a gara». In verità nel decennio successivo all'entrata in vigore della legge Galli e della sua logica del profitto gli investimenti nel settore sono crollati e le tariffe aumentate.
In un paese in cui non dominasse il Caimano si "metterebbe a gara" lo spettro delle frequenze (un bene pubblico sovrano, secondo la definizione della Commissione Rodotà) che rende oggi alla collettività 50 milioni l'anno, a fronte dei 5 miliardi di sterline che la Gran Bretagna vi ricava annualmente. Ecco qui oltre quattro miliardi di denaro pubblico per riparare gli acquedotti, cui aggiungerne immediatamente un altro abbondante da dare magari alla scuola: quello che ci costa la carneficina afghana.

www.ilmanifesto.it

claudiomeloni; ; commenti ?


mercoledì, 19 maggio 2010; 00:34


BENI COMUNI - Il Forum: «Un risultato straordinario, ora bisogna vincere il referendum»
L'acqua marcia e fa 500 mila
di Andrea Palladino

La firma numero cinquecentomila ha un nome importante. È un nome collettivo, fatto da migliaia di persone che nell'ultimo - e decisamente burrascoso - fine settimana si sono messi in fila davanti ai banchetti del referendum per l'acqua pubblica. Forse la mano che ha materialmente fatto raggiungere - in un terzo del tempo - il numero minimo per la presentazione dei tre quesiti referendari era di una coppia di Assisi. Con il loro figlio piccolo erano alla marcia della pace e quando hanno visto i manifesti "L'acqua non si vende" del Forum per l'acqua non hanno esitato. Solo qualche giorno fa la UmbriaAcqua Spa gli aveva staccato l'acqua, raccontano da Assisi. Una dimenticanza, una bolletta lasciata troppo tempo tra le carte di casa e l'acqua non scorre più dai rubinetti. Ai privati - Acea possiede il 40% di Umbria Acqua - non importa il perché, poco interessa se hai un figlio piccolo che ha bisogno di essere lavato anche più volte al giorno. Alle corporation interessa quella formula magica del liberismo, «l'equilibrio economico finanziario». Ovvero i bilanci, le quotazioni in borsa e i flussi finanziari. 
Quella della coppia di Assisi è solo una delle tante piccole storie che i militanti dell'acquapubblica si raccontano il giorno dopo il fine settimana che ha permesso di attraversare il guado delle cinquecentomila firme. È un successo clamoroso, forse mai raggiunto da altri referendum. Solo quattro anni fa furono necessari diversi mesi per raccogliere poco più di quattrocentomila firme per la proposta d'iniziativa popolare sulla ripubblicizzazione dell'acqua, che ancora oggi è ferma in Parlamento. È dunque profondamente cresciuta la mobilitazione, ma soprattutto si è diffusa la consapevolezza sul peso che ha la gestione dei beni comuni nella democrazia italiana. In quattro anni gli italiani hanno capito che non c'è bisogno di privatizzare l'acqua, perché - in realtà - già viviamo da diverso tempo la gestione delle corporation. In italiano si chiamano società per azioni e, a prescindere dalla composizione del capitale sociale, hanno per legge e per statuto la missione di fare profitto, a qualsiasi costo. Per la coppia di Assisi poco importa se la Umbria Acqua Spa è oggi posseduta al 60% dai comuni, perché poi, alla fine, chi stacca l'acqua è lo stesso soggetto che intasca gli utili. E i cinquecentomila che fino ad oggi hanno firmato per i tre quesiti referendari hanno in mente il vero peso detenuto dai soci privati. È lo stesso meccanismo - ampiamente raccontato - di Acqualatina (51% in mano ai comuni, 49% controllato da Veolia), di Acea (51% controllato dal Comune di Roma, 49% diviso tra Caltagirone, Suez e azioni scambiate in borsa) e di tante altre società miste, dal nord lombardo fino alla Calabria e alla Sicilia. E sta in questa consapevolezza la differenza vincente dei tre referendum dei movimenti per l'acqua con quello presentato da Di Pietro e con la proposta di legge degli ecodem del Pd: la privatizzazione è già arrivata alla fine degli anni '90, quando i privati iniziarono a gestire all'interno delle Spa miste. Quando i cittadini umbri, laziali, toscani, calabresi, lombardi e di tante altre regioni dove i privati sono entrati nelle gestioni idriche firmano hanno davanti agli occhi gli aumenti delle bollette e la volatilizzazione degli investimenti. È il caso, ad esempio, di Trieste, dove l'efficienza della rete è diminuita dopo il passaggio da azienda pubblica a società per azioni. O della provincia di Pescara, dove proprio ieri l'Ato ha comunicato l'aumento record del 30% in un solo anno delle tariffe. Anche in questo caso il gestore - l'Aca - è divenuto società di diritto privato ed oggi solo il 3,6% delle voci di costo va in investimenti sulla rete. 
Il peso di questo primo risultato raggiunto era ieri visibile nella sede del Forum italiano dei movimenti per l'acqua. «Il risultato è straordinario, mezzo milione di firme in appena un mese - commenta Corrado Oddi, del coordinamento del Forum - Questa è la dimostrazione non solo che sul tema dell'acqua c'è una grande sensibilità, ma che si intercetta una domanda più profonda e più radicale, che va in contrasto con la mercificazione dei beni comuni e di tutti gli aspetti della vita in generale». E non è solo una questione di contenuto, ma di una mobilitazione in grado di coinvolgere al di là della crisi della sinistra: «D'altro canto l'impostazione data dal Forum - prosegue Oddi - fa emergere una domanda di nuova politica».
La strada ora da percorrere non è finita. Nei prossimi due mesi sarà necessario blindare i tre quesiti con un numero molto alto di firme. Gli ostacoli intermedi sono l'eventuale concorrenza con il quesito di Di Pietro - anche se in pochi hanno visto i banchetti dell'Idv in giro nelle piazze italiane - e il vaglio della Corte Costituzionale. L'ostacolo principale è però il quorum. Su questo punto batte da tempo il gruppo degli ecodem e il circolo più legato a Bersani all'interno del Pd. Ma, numeri alla mano, le previsioni dei democratici sembrano essere decisamente perdenti.

www.ilmanifesto.it

claudiomeloni; ; commenti ?


martedì, 18 maggio 2010; 06:45


PUGLIA Primo atto della giunta: acquedotto pubblico
La «bestemmia» di Vendola e comitati contro il mercato

di Matteo Bartocci

«L'acqua è un bene comune, di proprietà collettiva, essenziale e insostituibile per la vita». La disponibilità e l'accesso all'acqua potabile fa parte dei «diritti inviolabili e inalienabili della persona umana, diritti universali non assoggettabili a ragioni di mercato». La Puglia segna un colpo sul terreno della buona amministrazione e della buona politica. Il primo atto della seconda giunta Vendola è una riforma senza precedenti dell'acquedotto pugliese. Il ddl approvato ieri sarà il primo ad approdare nel nuovo consiglio regionale. «Contiamo di approvarlo definitivamente entro l'autunno», spiega l'assessore Fabiano Amati.
E' un provvedimento straordinario per quello che c'è scritto ma anche per come è stato costruito. Questa versione infatti nasce grazie a due diverse delibere dell'ottobre scorso che hanno istituito un tavolo paritetico formato da 5 esperti scelti dalla regione e 5 esperti scelti dal comitato pugliese «acqua bene comune» e dal forum italiano dei movimenti per l'acqua. 
Il risultato finale è quasi una bestemmia ai tempi del decreto Ronchi. Il ddl trasforma il più grande acquedotto d'Europa in un «soggetto di diritto pubblico senza finalità di lucro che persegue il pareggio di bilancio» (art. 5). La regione pagherà di tasca propria una quota minima vitale di acqua (stabilita in base alle tabelle Oms) a ogni cittadino pugliese. Tra i nuovi principi che regolano il «servizio idrico integrato» (art. 2) si stabilisce che deve essere «privo di rilevanza economica e sottratto alle regole della concorrenza», affidato «esclusivamente» a una «azienda pubblica regionale» in grado di garantirlo secondo «efficacia, efficienza, trasparenza, equità sociale, solidarietà, senza finalità lucrativa e nel rispetto dei diritti delle generazioni future e degli equilibri ecologici». La regione istituirà due fondi per l'acqua: il primo garantirà i livelli essenziali a livello locale, il secondo (fondo di solidarietà internazionale) finanzierà il sostegno a progetti di «cooperazione decentrata e partecipata» nei paesi in via di sviluppo. 
Il ddl precisa infine che gli eventuali utili nel bilancio dell'Aqp saranno finalizzati «esclusivamente al miglioramento del servizio». 
Ma come sarà gestita in concreto la nuova società? Il ddl prevede un «consiglio di sorveglianza» aperto a «lavoratori, associazioni ambientaliste, consumatori, sindacati e rappresentanti di comuni e cittadini». Ai vertici dell'Aqp siederanno un presidente e un vicepresidente scelti direttamente dal presidente della regione. 
Gli altri tre membri del consiglio di amministrazione invece saranno eletti da un'assemblea di tutti i comuni pugliesi, in base al principio una testa, un voto. Ogni sindaco esprimerà al massimo due preferenze e avrà tanti voti quanti sono i cittadini residenti nel comune all'ultimo censimento. I vertici durano in carica tre anni, possono essere rinnovati una sola volta anche non consecutiva e in caso di gravi inadempienze o inerzia possono essere revocati dal presidente della regione. 
Soddisfatti i comitati pugliesi. «E' un disegno di legge inedito nel merito e nel metodo - commenta Margherita Ciervo del comitato regionale «acqua bene comune» - primo perché si sceglie una ripubblicizzazione vera e la partecipazione». E poi perché «sicuramente è la prima volta in Italia e forse anche in Europa che una legge sull'acquaviene scritta in modo congiunto da istituzioni e comitati attraverso un tavolo ufficiale e non una semplice consultazione». 
Ovviamente la strada dell'approvazione definitiva non è priva di difficoltà. Finora l'Aqp era una spa a totale partecipazione pubblica. Per prima cosa la Puglia (che possiede l'87% delle azioni) dovrà comprare il restante 13% dalla regione Basilicata. Secondo una stima di Ernst & Young si tratta di una spesa di 12,2 milioni di euro. E poi ci si aspetta sicuramente una battaglia col governo Berlusconi. «La concessione dell'Aqp scade nel 2018 - spiega Amati - sembra lontano ma per la burocrazia è un attimo». Senza contare che non tutto il Pd (vedi area dalemiana) è favorevole a una soluzione di questo tipo per la gestione dell'acqua. 
Ma che in Puglia la questione sia piuttosto sentita dai cittadini lo dimostrano le firme raccolte per i tre referendum sull'acqua pubblica: in soli tre week-end ne sono state raccolte 48mila. Ben oltre l'obiettivo prefissato e già quasi un decimo del totale necessario. Sarà un autunno caldo.

www.ilmanifesto.it

claudiomeloni; ; commenti ?


lunedì, 17 maggio 2010; 06:42

Acque italiane al sapore di erbicida

Quasi la metà delle acque di superficie è contaminata. Sono più di cento le sostanze riportate nel nuovo rapporto dell'Ispra.

Il numero è 118 ma non è quello per chiamare l'ambulanza, anche se sempre di emergenza si tratta. È, invece, di quello delle sostanze - erbicidi, fungicidi, insetticidi - rilevate dalla rete di controllo ambientale nelle acque superficiali e sotterranee della penisola. A rivelarlo il Rapporto "Monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque", realizzato dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e presentato oggi a Roma nel corso del convegno "Fitofarmaci e ambiente".
Le analisi dell'Ispra sono relative al biennio 2007-2008 e si basano su 19.201 campioni provenienti da 19 regioni e province autonome italiane. Sono state monitorate 350 sostanze, quasi tutte provenienti dal settore agricolo che ne impiega ogni anno circa 150mila tonnellate. In totale i siti analizzati sono stati 1.082 per le acque superficiali e 2.054 per quelle sotterranee. Per quanto riguarda le prime, tracce di pesticidi sono state riscontrate quasi nel 48 per cento dei siti, e nel 32 per cento le concentrazioni erano al di sopra dei limiti stabiliti per le acque potabili. Leggermente meglio per le acque sotterranee: i punti di monitoraggio inquinati sono il 27 per cento, e quelli con concentrazioni sopra i limiti sono il 15,5 per cento.
Le sostanze più presenti sono gli erbicidi come la terbutilazina, utilizzata nelle coltivazioni del mais e del sorgo soprattutto in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Alcune sostanze sono state riscontrate con una frequenza maggiore rispetto al passato, come il fungicida carbendazim e gli insetticidi metomil e imidacloprid. Nella maggior parte dei campioni, inoltre, erano presenti contemporaneamente più sostanze, fino a un massimo di 15.
I dati sono ancora incompleti: non tutte le regioni e le province autonome hanno inviato i campioni, e tra quelle che lo hanno fatto esiste qualche differenza. Secondo l'Ispra il monitoraggio è più efficace al Nord mentre al Centro-Sud è limitato a un numero troppo piccolo di sostanze. Per esempio, soltanto in Lombardia viene monitorato il glifosate, uno degli erbicidi più utilizzati in Italia. La sostanza è stata trovata nel 77,1 per cento delle acque superficiali analizzate, quasi sempre con concentrazioni superiori ai limiti di legge. (c.v.)
http://www.galileonet.it

Nessun commento:

Posta un commento