giovedì 26 gennaio 2012


giovedì, 05 agosto 2010; 06:34




di Simone Pieranni


L'ipersviluppo cinese ha effetti collaterali importanti sulle risorse idriche: fiumi inquinati, corsi d'acqua deviati in modo autoritario. Qualcuno prova a resistere. Qualcun'altro vede nella «bonifica» nuove opportunità di business 

PECHINO. Il fiume delle Perle è qualcosa in cui non ci si può certo specchiare. Si può tentare di scorgere nel suo letto oscuro qualche traccia della civiltà che ha nutrito. Tempo fa, non oggi. La passeggiata che sovrasta il tratto di fiume a Canton è un paesaggio tipico cinese, sospeso tra case diroccate e centri commerciali avveniristici. È Blade Runner e Medio Evo, a guardarsi su acque melmose, nere, piene di alghe e ogni tipo di spazzatura depositabile in un corso d'acqua. Accanto al punto d'osservazione un cane scheletrico, di fronte una pompa - grande, rumorosa e antiquata. Nell'acqua ci sono alcuni uomini su una barchetta, intenti a creare una piccola diga. È un esperimento: nanotecnologie provenienti da qualche fabbrica locale, nel disperato tentativo di ripulire la risorsa che più soffre in Cina - l'acqua. 
In serata alcuni notabili del Partito esprimeranno il loro rammarico e la loro necessaria impresa: 40 milioni di euro per risanare il tratto che attraversa Canton, con sistemi tecnologici in grado di risucchiare melma e alghe, consentendo al fiume di respirare. Se funzionerà l'esperimento verrà esteso a tutta la regione. Negli occhi di un membro del partito si vede già la scalata: dopo la regione, il paese. Un progetto in cui ambizione personale e necessità hanno i contorni di quello specchio d'acqua che osserviamo in silenzio: sbiaditi, opachi, cinesi. Eppure, qualcosa in Cina si muove, tra il fiorire di Ong e associazioni di cittadini e piccole, ma importanti lotte ecologiste, che movimentano i progetti governativi, creando un confronto tra popolazione e funzionari. 
Lo spettro della siccità
Gli ultimi dieci mesi di quest'anno sono stati il periodo più secco nella storia della Repubblica Popolare. Secondo le cifre pubblicate dall'Ufficio di stato che controlla inondazioni e siccità sarebbero almeno 19 milioni le persone che soffrono di mancanza di acqua potabile e circa 6 milioni di ettari le aree coltivabili completamente a secco nello Yunnan, Guizhou, Sichuan, Guangxi e Chongqing. La siccità è ormai un pericolo naturale ricorrente negli ultimi anni e ha colpito in tempi diversi e in circostanze diverse, tanto a sud quanto a nord del paese per la mancanza di precipitazioni associate anche ai cambiamenti climatici. Questo fenomeno naturale del resto è anche una conseguenza della deforestazione e la rapida trasformazione industriale di un paese agricolo, con il conseguente danneggiamento delle fonti di acqua naturale. I progetti cinesi non facilitano la vita di corsi d'acqua e di fiumi: recentemente è stato approvato il progetto di deviazione di una parte del fiume Han che finirà per andare a riempire le bocche assetate della parte nord del paese, specie i dintorni di Pechino, la capitale che non guarda in faccia neanche i propri connazionali. «Il fiume Han scivola dolcemente attraverso il cuore della Cina, si snoda da nord a sud per 1500 chilometri, attraverso una valle fertile che copre più di 150.000 chilometri quadrati. Nella sola provincia di Hubei, il fiume Han è un'ancora di salvezza per quasi 20 milioni di persone» ha scritto la rivista cinese Caixin, sempre attenta a lanciare allarmi economici ed ecologici. Le popolazioni toccate da questo mega progetto hanno già protestato: non sono stati tenuti in considerazione, nulla è stato fatto trapelare, in modo che non si potessero organizzare e tentare una manovra disperata.
È andata diversamente a Wuhan, esempio di come la società civile stia trovando linfa sul tema della sostenibilità dello sviluppo. Il 25 marzo scorso, come riporta il sito chinastudygroup.net, il quotidiano di Canton, Time Weekly ha pubblicato un reportage dal titolo Indagine sullo sviluppo del lago est di Wuhan che ha rivelato informazioni su funzionari del governo locale corrotti e legati al piano di sviluppo, ottenuto senza le approvazioni necessarie. Si sono affittati una parte del lago, imbrigliato in un progetto che nega alla popolazione la possibilità di sfruttare un bene comune. La transazione è stata illegale perché gran parte dell'area interessata è compresa nell'Area panoramica del lago est, protetta dallo stato, e il governo locale non aveva ottenuto il permesso per i lavori dal governo centrale. Le proteste sono state immediate: è nato un gruppo su QQ (il social network più famoso in Cina), che ha organizzato una protesta, sotto forma di passeggiata: marcia bloccata dalla polizia che ha blindato tutti a casa, compresi gli studenti tirati dentro all'iniziativa.
No tav alla cinese
Non solo acqua: i conti con lo sviluppo economico cinese sono tanti, molti dei quali sconosciuti e con visibilità nulla sui media abilmente controllati dal Partito. Il progetto del Maglev, il treno super veloce a levitazione magnetica e già presente a Shanghai, doveva avere una linea anche a Pechino. Sottoposto al giudizio degli abitanti della zona interessata, il progetto ha trovato l'opposizione della popolazione, attraverso una lettera dei cittadini in cui denunciavano alcuni rischi dovuti all'impatto ambientale del treno, nonché alla scarsa conoscenza riguardo le radiazioni cui sarebbero sottoposti i suoi passeggeri. Zhao, uno dei pechinesi coinvolti nella lotta anti Maglev, alla Beijing Review ha dichiarato: «queste tipologie di treni sono stati bloccati già in molti paesi nel mondo a seguito di dimostrazioni: perché la Cina vuole realizzare questi progetti in modo così frettoloso?» La linea pechinese prevede circa 20 chilometri di rete: la Beijing Railway Mentougo o S1 Line come è chiamata la Maglev futura della capitale, dovrebbe unire due distretti di Pechino: 12 fermate e treno a velocità ridotta rispetto a quella shanghaiese, circa 150 km all'ora.
Una parziale, ma importante, vittoria è arrivata il 12 maggio: la Eaec ha infatti annunciato l'allungamento della tratta prevista sotto terra, per ridurre l'impatto sulle case circostanti: da 455 metri a quasi a 3 chilometri. Una vittoria momentanea e per niente definitiva, in attesa della risposta del governo.
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1.500 chilometri Tanto è lungo il fiume Han, che copre un'area di 150.000 chilometri quadrati in cui vivono decine di milioni di persone. 
Il corso d'acqua sarà deviato per portare acqua nella capitale

Fonte: Il Manifesto

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mercoledì, 04 agosto 2010; 09:46


La Regione Lombardia tenta di regalare l'acqua ai privati

di Luca Fazio

Comitati e partiti protestano al Pirellone (ore 17) contro una legge che porterebbe alla privatizzazione

MILANO. Fare classifiche è sempre antipatico. Però la Lombardia è la regione dove è stato raccolto il maggior numero di firme contro la privatizzazione dell'acqua (237 mila su 1 milione e 400 mila). La rete idrica del capoluogo lombardo, Milano, è riconosciuta come un'eccellenza a livello europeo: la dispersione è contenuta nei limiti dell'11% contro una media italiana del 30% ed europea del 20% - e la tariffa è la più bassa d'Europa, con 60 centesimi al metro cubo contro una media nazionale che supera l'euro e mezzo (non per niente, di fronte a queste evidenze, il sindaco Letizia Moratti, senza aver mai messo nulla per iscritto, ha sempre giurato che a Milano l'acqua non verrà mai privatizzata).
Allora perché, con il classico blitz agostano, la Regione Lombardia oggi mette all'ordine del giorno la discussione di un progetto di legge sulla gestione dei servizi idrici integrati che, in applicazione al decreto Ronchi, di fatto obbligherebbe alla privatizzazione della gestione dell'acqua? Il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l'Acqua Pubblica - che oggi alle 17 manifesta di fronte al Pirellone (via Fabio Filzi) - non ha dubbi. «Se la giunta regionale approverà il progetto di legge in discussione - spiegano - avremo la totale privatizzazione dell'acqua. Il rischio è che l'acqua di tutta la Lombardia finisca nelle mani di poche imprese private interessate solo a fare profitto». E i nomi che circolano, nel poco trasparente giochetto delle probabili acquisizioni, sono sempre i soliti: le multinazionali francesi Suez e Veolia. Il meccanismo che permette questo attentato si metterebbe in moto affidando alle Province, e non più ai Comuni, poteri fondamentali come decidere piani di investimento e nuove tariffe: i Comuni rimarrebbero proprietari della rete, ma l'erogazione verrebbe affidata a delle società controllate dalle Province ma partecipate al 40% da privati. Uno scippo incomprensibile che scatena un sussulto inedito (perché immediato) nel centrosinistra lombardo, che oggi scende in piazza senza tante differenze. «Non si può permettere che un bene di tutti possa diventare strumento di profitto per i privati», dice Giuliano Pisapia, unico candidato sindaco che per ora si è palesato sulla scena. «Togliere ai Comuni - prosegue - il potere di decidere sui piani di investimento e sulle tariffe, a beneficio delle Province, significa esporre i consumatori al rischio di dover pagare bollette notevolmente più alte». Anche per Luca Gaffuri e Maurizio Martina, capogruppo e segretario regionale del Pd, «i Comuni non possono essere espropriati dal loro ruolo». Mentre Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd a Palazzo Marino, invita il sindaco di Milano a farsi sentire. «Su questo terreno - scrive - non possono esserci ambiguità e il sindaco Moratti dovrebbe far sentire con grande chiarezza la propria voce, facendo valere un principio che non può essere indebolito per ragioni contabili».
Fonte: Il Manifesto


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Un documento «riservato» del ministero dell'Ambiente finisce nel bilancio Acea. E svela la riforma dei prezzi

Acqua, nuove tariffe segrete ma non per le multinazionali

di Andrea Palladino 

E contenuta in un documento riservato che circola negli uffici del ministero dell'Ambiente la riforma del prezzo dell'acqua, che potrebbe rivoluzionare i bilanci delle Spa dei servizi idrici e le bollette dei cittadini. Un testo che sta per arrivare sul tavolo del ministro Prestigiacomo, pronto a diventare esecutivo. L'elaborazione è stata affidata a un gruppo di lavoro del Conviri, la commissione per la vigilanza sui servizi idrici presieduta da Roberto Passino, organismo da molti indicato come privo di reali poteri di controllo. La segreteria della, commissione non ha voluto rivelare i nomi degli esperti che stanno ridisegnando le tariffe, spiegando che si tratta di «informazioni riservate». Tutto sta avvenendo in gran segreto.
La riservatezza non vale però per le multinazionali che oggi controllano buona parte del servizio idrico in Italia. Nell'ultimo bilancio di Acea Ato 2 Spa - primo gestore idrico per popolazione servita - i manager romani scrivono nero su bianco che la commissione di Passino «ha diffuso un documento riservato contenente le linee guida per l'aggiornamento del metodo normalizzato», ovvero la serie di formule utilizzate per calcolare il costo dei servizi idrici e il ricavo dei gestori. «È in corso un'analisi approfondita della proposta», prosegue Acea nella nota di commento al bilancio 2009. La società partecipata dal Comune di Roma, da Caltagirone e dalla Suez, dunque, sembra conoscere le linee guida riservate e non divulgabili, tanto da annunciarne l'esistenza agli azionisti.
Il Conviri ha dichiarato ufficialmente che in realtà il documento - proprio perché riservato - «non è mai stato divulgato». Negli uffici del ministero dell'Ambiente non si spiegano quanto scritto nel bilancio ufficiale di Acea, assicurando di non aver mai dato copia dei documenti ai gestori. All'oscuro dei contenuti dello studio sono anche le associazioni dei consumatori, che hanno da anni rapporti istituzionali con la commissione sulle risorse idriche. Mauro Za-nini della Federconsumatori si dice sicuro di non avere mai ricevuto nessun documento preparatorio alla riforma del metodo di calcolo delle bollette dell'acqua. «Ed è una questione molto importante - spiega - visto che il metodo attualmente in uso risale al 1996». 
Nelle complesse formule matematiche contenute nella legge che il governo vuole rivedere c'è il vero cuore della gestione dell'acqua. C'è, ad esempio, quella «remunerazione del capitale investito» che garantisce un profitto sicuro del 7% ai gestori; c'è il principio - che il movimento per l'acqua contesta - che basa le tariffe solo sui conti delle società, vera e unica variabile indipendente del mercato dei beni comuni. Dovrebbero esserci anche i sistemi di controllo della qualità del servizio, che però sono di fatto disattesi in buona parte del paese. Ed è proprio questo uno dei punti centrali per i gestori: un eventuale sistema di sanzioni o la revisione di quel guadagno garantito per legge renderebbe l'affare acqua meno attraente. Dietro i documenti "riservati" potrebbero nascondersi pessime sorprese.

Fonte: Il Manifesto

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I 4 fiumi della Corea

di Pala Desai

È raro che un progetto governativo coalizzi contro di sé settori così ampi della società. eppure è quello che sta succedendo in Corea del sud, dove il governo ha deciso di mandare avanti un faraonico progetto di opere fluviali - il «Progetto di restauro dei Quattro fiumi», su cui prevede di spendere 20 miliardi di dollari - nonostante una massiccia opposizione che ha unito gruppi di cittadini, intellettuali, clero, autorità locali, insegnanti, media.
Il progetto deve servire, nelle intenzioni del governo, ad assicurare fornitura stabile di acqua potabile, garantire opere di controllo delle inondazioni e sviluppare opportunità turistiche in un'ampia zona che abbraccia i fiumi Nakdong nel sud-est, Yeongsan nel sud-ovest, Geum a occidente e Han nel nordovest del paese. Il «restauro» 8ma secondo gli oppositori la parola più appropriata è «costruzione»! consiste nella costruzione di 20 nuove dighe, alzare 87 dighe già esistenti, costruire argini e canalizzazioni lungo centinaia di chilometri di rive fluviali, e dragare circa 700 chilometri di fiumi fino alla profondità di 6 metri, riferisce la Federazione coreana del movimenti ambientali, che ha raccolto i dati disponibili sul progetto. In effetti si tratta di stime: il governo e l'opposizione sono impegnate in un braccio di ferro sulle informazioni fin da quando il progetto è stato ufficialmente annunciato nel giugno 2009. la determinazione del governo a mandare avanti il progetto si capisce però dal fatto che in un recente rimpasto il presidente Lee Myung-bak ha lasciato ai propri posti proprio i ministri dell'ambiente e dei trasporti («trasporti, terra e affari marittimi» è il nome completo del dicastero). L'opposizione però accusa proprio il ministro dell'ambiente, Lee Maa-nee, di aver fatto un gioco scorretto sugli studi di fattibilità, liquidati in gran fretta e senza veri studi di impatto ambientale.
Per migliorare l'immagine ambientale del progetto, di recente il governo ha lanciato una campagna di public relations, leggiamo in un dispaccio dell'agenzie di notizie ambientali Environment news network. Sono comparse così brochures patinate, stampate su carta «post comsumer» e con inchiostro ricavato da semi di soia, con immagini a colori di barchette a vela su reservoirs d'acqua circondati da zone versi e piste ciclabili, o elenchi di opere come depuratori per i reflui agricoli. la tesi del governo è: nonostante le grandi piogge estive, il paese usa solo un quarto dell'acqua piovana che fluisce verso i mari, il resto evapora ; se potesse usarne un altro 5 o 10 percento potrebbe «cambiare il clima della penisola coreana e prevenire le alluvioni», mentre le nuove op'ere permetterebbero di bonificare fiumi pesantemente inquinati da decenni di industrializzazione.
Gli argomenti degli oppositori sono diversi. C'è chi chiede come una serie di nuove opere industriali possa curare i mali dell'industrializzazione. C'è chi accusa il governo di aver messo insieme una nuova torta (decine di dighe) da spartire nell'industria ingegneristica e delle costruzioni. La protesta cresce, e un gruppo di ambientalisti ha deciso di occupare una gigantesca gru già in posa presso il fiuume Han: hanno portato su viveri e perfino un piccolo generatore, prevedono di resistere a lungo.

Fonte:Il Manifesto

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martedì, 17 agosto 2010; 07:00


La battaglia di Aprilia

di Andrea Palladino


La situazione ad Aprilia, dove il Comune ha avviato la ripubblicizzazione dell'acqua, merita un aggiornamento. La settimana scorsa il sindaco ha chiesto ai legali di portare in Tribunale Acqualatina, il gestore partecipato dal colosso francese Veolia. Le vie bonarie non sono servite ed ora dovrà essere un magistrato civile a decidere sulla questione. Festa rimandata, almeno per ora.
La società per azioni che dal 2005 gestisce l'acqua ad Aprilia affila intanto le armi. Lo fa utilizzando gli squadroni con vigilantes armati, mandati in giro a chiudere i contatori, a ridurre il flusso fino a rendere impossibile l'utilizzazione dei rubinetti. Lo fa con anziani, famiglie, persone che da cinque anni contestano il servizio, molto spesso con la legge dalla loro parte. Lo fa nonostante un giudice di Latina abbia dichiarato vessatoria la clausola che permette alla società di tagliare i tubi in caso di presunta morosità. Una storia che il manifesto già raccontò nell'estate del 2008. E da allora nulla è cambiato.
Per ora Acqualatina continua ad avere il coltello dalla parte del manico. Apparentemente cerca di ignorare - almeno pubblicamente - l'intimazione del consiglio comunale che ad aprile ha chiesto la restituzione degli acquedotti. La parte pubblica della società - costituita da pezzi anche di peso della politica del Pdl di Latina e dintorni - è occupata a tessere i giusti rapporti politici, facendo leva anche sulla nuova giunta regionale. 
La risposta al comune di Aprilia della conferenza dei sindaci è stata lapidaria: della questione se ne occupi la Regione. La Polverini per ora non si è pronunciata, anche se appare evidente come sulla sua posizione peserà il Pdl pontino, fondamentale per la sua elezione.
Il percorso che il comune di Aprilia sta affrontando non ha solo un risvolto locale. Lo scontro riguarda più che mai le democrazie locali, che - nonostante la propaganda sul federalismo - vengono svuotate sempre più di poteri reali. Ad iniziare dai bilanci, divenuti drammatici, che rendono spesso impossibile affrontare decentemente l'erogazione dei servizi pubblici locali. Come appunto l'acqua.
E' bene ricordare che la costituzione e l'intera legislazione italiana rimettono ai consigli comunali la competenza sulla gestione del servizio idrico. Sono le assemblee più vicine ai cittadini a decidere le modalità della distribuzione dell'acqua, bene che la stessa Unione europea considera con un valore a rilevanza pubblica. La battaglia di Aprilia va in questo senso e si basa su una decisione del consiglio comunale della città, che non ha mai approvato la convenzione di gestione con Acqualatina. 
Dunque lo scontro con la società - e di riflesso con il gotha politico del Pdl che comanda in provincia e in regione - si basa su un principio costituzionale non secondario e riguarda direttamente il sistema democratico. Non solo. Il risultato finale che potrà raggiungere l'amministrazione comunale di Aprilia mostrerà quanto veramente conta oggi lo stato di fronte al potere economico e di lobby delle multinazionali dei servizi. 
E' ancora possibile per i Comuni italiani esercitare in autonomia il mandato democratico, nonostante le pressioni sempre più soffocanti delle società per azioni?

Fonte: Il Manifesto

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lunedì, 16 agosto 2010; 14:42


«Sequestrati i conti di Acqualatina»


Crocetti, del Consorzio di bonifica: «Stiamo rateizzando le somme che ci devono»

La Gerit ha bloccato i conti correnti di Acqualatina, su richiesta del Consorzio di bonifica, che pretende il pagamento degli arretrati sulla gestione del servizio delle acque bianche. A darne notizia proprio il Presidente del Consorzio Carlo Crocetti, che in questi giorni sta fronteggiando anche l’emergenza legata al mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti. «La Gerit - spiega Crocetti - ha bloccato i conti di gestione della società per azioni, che non ha versato nelle nostre casse le somme dovute, come prevedeva la sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio. L’ente Consorzio quindi, ha chiesto l’incasso del dovuto ed ora i vertici di Acqualatina (che contro la sentenza del Tar hanno presentato ricorso) stanno trattando la rateizzazione delle somme dovute per sbloccare i propri conti». State trattando un accordo - chiediamo a Crocetti - che farebbe comodo ad entrambi? «Non è una trattativa - spiega Crocetti - ma un contenzioso tra due enti, in cui saranno i legali a trovare una strada per il compromesso. Noi chiediamo le somme dovute, secondo un contratto siglato a suo tempo fra il consorzio e l’Ato4. Il tribunale ci ha dato ragione e adesso la Spa chiede la rateizzazione delle somme. Una manovra che non ha senso se non si chiude tutto il contenzioso aperto, compreso il ricorso presentato da Acqualatina, che non ritiene di doverci versare le somme più volte richieste». Il contenzioso su cui si è espressa la sezione di Latina del Tar del Lazio, vede coinvolti il Consorzio di Bonifica, la Regione Lazio, l’Ato4 e la Provincia di Latina. Il Tribunale ha riconosciuto le ragioni della giunta regionale a scapito della Spa Acqualatina chiamata a saldare ai Consorzi 4,5 milioni di euro. Alla sentenza si è opposto anche l’ente Provinciale guidato da Armando Cusani, che ha dato ai legali mandato per contestare la decisione. «Ricordiamo - hanno fatto sapere dall’ente di via Costa in occasione della sentenza - che la Regione Lazio pretende, erroneamente, che le spese di gestione e manutenzione dei canali di Bonifica siano poste a totale carico del Servizio Idrico Integrato e quindi sulle bollette che i cittadini pagano. Mentre la legge Galli e poi ancora quella regionale d’attuazione escludono dalla gestione del Servizio Idrico Integrato sia le acque superficiali sia le cosiddette acque bianche, cioè, quelle piovane». Detto questo Cusani ha espresso parole di lode nei confronti dei Consorzi di bonifica, per il prezioso lavoro svolto quotidianamente. Resta il fatto che il contratto originario proposto e firmato da Acqualatina comprendeva anche il trattamento delle acque bianche e il pagamento delle somme dovute, non potrà non incidere sulle prossime bollette.
Elisabetta Bonanni

Fonte: La Provincia

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lunedì, 16 agosto 2010; 14:29

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