domenica 8 gennaio 2012


"Chi dice che l'acqua non ha colore,  sapore o odore? L'acqua ha un colore che si rivela nel disvelarsi della sete...E l'acqua ha il sapore dell'acqua, ed un profumo che è l'odore della brezza pomeridiana che soffia attraverso un campo di granturco,  le cui foglie  ondeggiano
in una luminosa e disordinata superficie, come punti scintillanti di luce dispersi dalle ali  di un piccolo passero mentre plana verso il  basso".

Mahmoud Darwish, Memory for Forgetfulness 1982

IL COLORE DELL'ACQUA  prima parte
La sete nei territori Palestinesi

di Alice Grey www.lifesource.ps

14 luglio 2008

L'acqua è fondamentale per la vita e per la salute. Il diritto umano all'acqua è indispensabile per condurre una vita sana con una piena dignità umana. E' un pre requisito necessario alla realizzazione di tutti gli altri diritti umani"
United Nations Covenant on Economic, Social and Cultural Rights.


La crisi idrica è cominciata in anticipo quest'anno nei Territori Palestinesi.
In numerose città e villaggi in tutta la West Bank e la Striscia di Gaza, la gente aspetta con trepidazione di udire il rumore del gorgoglio dell'acqua che scorre nelle tubature, ed apre i rubinetti di casa con trepidazione, attendendo ansiosamente l'apparizione della prima goccia d'acqua, aspettando di capire se quella goccia diventerà in pochi secondi un ruscello, oppure si trasformerà borbottando e gorgogliando in... nulla.
Altri osservano ed aspettano l'arrivo dei camion cisterna che trasportano il liquido essenziale alla vita, in arrivo da luoghi lontani attraverso una serie di posti di blocco, checkpoints e recinzioni militari, predisposte dalle Autorità Israeliane, come conseguenza della loro costante occupazione militare e colonizzazione dei Territori Palestinesi.
Questa è un'estate particolarmente dura per i Palestinesi nella West Bank e a Gaza.
Anche in periodi normali, la maggior parte dei Palestinesi ha gravi problemi con la fornitura idrica. Secondo l'Autorità Palestinese per l'Acqua, più di 220.000 Palestinesi della West Bank non sono allacciati ad una conduttura di acqua potabile, affidandosi invece ai camion cisterna, alla raccolta delle acqua piovane, e a sorgenti di acqua naturale non trattata per il loro approvvigionamento idrico.  
Tutte queste fonti sono soggette all'inquinamento; secondo il Medical Relief Committee Palestinese i problemi di salute dovuti ad un'acqua di bassa qualità  sono molto diffusi nei villaggi  Palestinesi.  Il costo dell'acqua è analogamente un argomento molto importante per quelle comunità che sono obbligate ad affidarsi  a rifornimenti idrici attraverso autobotti, che costano spesso da 4 a 7 volte l'acqua fornita dalla rete idrica. 
Anche in quei villaggi che sono allacciati alla rete idrica, la fornitura di acqua non ha un flusso continuo ed affidabile. Secondo il Progetto di Monitoraggio dell'Acqua, degli Scarichi e dell'Igiene solo il 46% delle comunità della West Bank ricevono una fornitura completa di acqua dalla rete. Tutti gli altri sono soggetti invece ad interruzioni  per una durata che può andare  da poche ore ad alcune settimane o anche mesi. 
Nella Striscia di Gaza, mentre la maggior parte della popolazione è allacciata alla rete idrica, esiste un enorme problema legato alla qualità dell'acqua.
Il 90% dell'acqua che viene rifornita agli abitanti di Gaza non raggiunge gli standards per l'acqua potabile fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ciò è dovuto al deterioramento delle condizioni dell'acquedotto di Gaza, l'unica fonte di approvvigionamento di acqua potabile per gli abitanti della striscia, il quale semplicemente non contiene acqua a sufficienza a soddisfare la loro domanda, dato che più del 70% dei residenti sono rifugiati. Le condizioni dell'acquedotto peggiorano anno dopo anno, e l'acqua salata del vicino mare Mediterraneo si infiltra , minacciando di rendere l'intero acquedotto inutilizzabile se non verrà presa alcuna misura per risolvere questa situazione.
Le interruzioni nella distribuzione dell'acqua agli abitanti di Gaza appaiono come una conseguenza delle operazioni militari israeliane e delle restrizioni all'accesso di beni all'interno di Gaza; essa danneggia le infrastrutture idriche, o comunque interferisce con l'approvvigionamento di elettricità ai pozzi ed alle stazioni di pompaggio.
Gli altri anni, non appena arrivava la calda estate del Medio Oriente, le interruzioni nella fornitura di acqua per i Palestinesi si facevano sempre più frequenti, in conseguenza del ridursi delle riserve naturali di acqua e dell'abbassarsi della pressione nella rete idrica.
Le autorità Israeliane, che controllano  una larga parte delle condutture idriche principali nella West Bank, hanno chiuso le tubature dirette ai villaggi palestinesi per fare in modo che il rifornimento idrico destinato agli insediamenti israeliani, e trasportato attraverso le stesse tubature, rimanesse costante. Le operazioni militari che sono avvenute a Gaza hanno distrutto l'infrastruttura idrica,  provocato la chiusura di alcune stazioni energia, chiuso la fornitura di acqua a decine di migliaia di persone. L'acqua piovana, raccolta durante l'inverno e conservata all'interno di cisterne per affrontare situazioni di emergenza come questa, ha cominciato a diminuire, ed i palestinesi aspettano, sospirando, il cadere della prima pioggia  di primavera sulla terra arida, in grado di ripristinare il livello delle falde sotterranee, i laghi, i fiumi e le cisterne, facendo diventare di nuovo verde la terra spaccata dal sole.
I Palestinesi aspettano, ma dall'altra parte del Muro, in Israele e negli insediamenti israeliani della West Bank, è tutta un'altra cosa. Gli innaffiatoi bagnano prati verdi, i fiori sbocciano in giardini ben curati, i bambini giocano dentro le piscine, la gente si può fare anche due docce al giorno, e per la stragrande maggioranza la crisi idrica non esiste, oppure esiste ma solo in astratto,  così come la confusa consapevolezza del fatto che Israele è localizzata in una delle zone più aride della terra. La realtà del problema della scarsità di acqua che affligge tutti i Palestinesi, tocca in maniera molto superficiale la maggior parte degli Israeliani, ed inoltre Israele è in grado di mantenere un settore agricolo multi miliardario, che esporta prodotti  ad irrigazione intensiva (come gli avocado la frutta e le piante di limone)  in Europa, una attività che essenzialmente equivale all'esportazione di acqua. Sembra strano che queste realtà così diverse debbano coesistere all'interno di un'area geografica così piccola. E' ancora più strano quando si realizza che sia i Palestinesi che gli Israeliani traggono la loro acqua dalle tre principali risorse dell'area, l'Acquifero Montano, l'Acquifero della Costa ed il fiume Giordano  che scorre a cavallo dei confini di Israele  e dei Territori Palestinesi. Sicuramente se c'è una crisi idrica, tutti la dovrebbero sentire. Si, ogni anno i Palestinesi soffrono carenze di acqua (ad eccezione dei Beduini) mentre la maggioranza degli Israeliani  no. 
La verità è che ogni anno viene creata artificialmente una carenza di acqua nei Territori Palestinesi a causa della monopolizzazione israeliana della risorsa idrica, che ostacola lo sviluppo idrico dei palestinesi. La portata complessiva dell'Acquifero Montano, dell'Acquifero costiero e del bacino del fiume Giordano (le tre principali risorse per Israeliani e Palestinesi) ammonta a circa 1720 milioni di metri cubi di acqua all'anno, di cui Israele ne usa 1444 milioni di metri cubi, lasciando ai Palestinesi una quantità pari a 275 milioni di di metri cubi. A dispetto dell'aridità della regione è un fatto che  in Israele e nei Territori Palestinesi ci sia acqua a sufficienza  tale da garantire a ciascuno la quantità di acqua minima richiesta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per mantenere uno standard di vita decente: 100 litri a persona al giorno. Molti Palestinesi vivono con una quantità di acqua notevolmente inferiore a questa . durante i caldi mesi estivi, in alcune zone la fornitura media è minore di dieci litri a persona al giorno, e ciò anche in anni di relativa abbondanza di acqua.
Quest'anno non rientra nella media degli anni passati. Quest'anno rappresenta la peggiore siccità che la zona abbia mai visto negli ultimi dieci anni. Quest'anno i raccolti e gli alberi da frutta si stanno seccando e morendo nei campi, mentre i pastori stanno lottando per trovare l'acqua alle loro greggi.  Secondo  un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato in gennaio, la pioggia caduta sopra i  territori palestinesi quest'ultimo inverno era appena il 26% della media interannuale; ancora di meno pari a circa un un 13%, è l'acqua caduta nella regione di Hebron. Quest'anno anche gli Israeliani sono preoccupati. In maggio Uri Shani, il direttore dell'Autorità Israeliana dell'Acqua avvertiva che il livello delle acque raggiunto dal Mare di Galilea (conosciuto come lago Kinneret per gli Israeliani e Lago Tiberias per gli arabi) sarebbe sceso quest'estate al di sotto della sua linea rossa, rendendo rischioso per la salute un livello di  pompaggio di acqua  analogo a quello attuale.

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