venerdì 6 gennaio 2012

Wwf:«Nell’acqua i veleni superavano i limiti di legge anche di 3mln di volte»



ABRUZZO. «Quello di Bussi e della Val Pescara in Abruzzo è un disastro ambientale di proporzioni inimmaginabili, unico in Italia e in Europa per le potenziali conseguenze per la salute di 500mila cittadini».
Questa mattina davanti al comune Wwf, Abruzzo Social Forum e Marelibero, insieme a tutte le altre associazioni ambientaliste abruzzesi sono tornati a parlare dell’incredibile scandalo che è piombato addosso ad un numero enorme di cittadini e per un periodo lunghissimo.



Nonostante le avvisaglie –hanno detto- alla luce delle indagini «la gravità dei fatti contestati è di gran lunga peggiore dei sospetti delle prime ore». 
Le analisi ordinate dal Pm, Aldo Aceto, e dopo le indagini della forestale di Pescara, infatti, hanno accertato nella falda la presenza di sostanze cancerogene e tossiche con punte di 3 milioni di volte oltre i limiti di legge consentiti per il Cloroformio, 420mila volte oltre il limite per il tetraclorometano, decine di migliaia o migliaia di volte per tante altre sostanze pericolose tra cui Mercurio, Cloruro di Vinile, Tricloroetilene ecc.. 
La falda profonda è pesantemente inquinata da sostanze tossiche e cancerogene. 
Fino al 1963 era il fiume Pescara, secondo il pm, a ricevere tutti i rifiuti inquinanti delle lavorazioni poi progressivamente stipati nelle megadiscariche lungo le rive dei fiumi Tirino e Pescara. 
Il filone relativo all’acqua inquinata distribuita a centinaia di migliaia di cittadini (milioni se si tiene conto dell’arco temporale dell’inquinamento del campo pozzi S. Angelo) nasce da una denuncia del Wwf basata, prima, sui referti di analisi condotte e pagate privatamente dall’associazione e, poi, sulla scoperta che gli Enti sapevano almeno dal 2004 in base a decine di analisi ufficiali e documenti ufficiali. 
«In questo caso», hanno detto le associazioni, «la condotta delle strutture di gestione e controllo dell’acqua è stata del tutto irresponsabile, tutta volta a minimizzare, cercando pervicacemente di creare incertezza nella popolazione rispetto a fatti incontrovertibili come il grave inquinamento dell’acqua distribuita dai pozzi S. Angelo. Tutto provato da tanti atti pubblici portati alla luce dal WWF e poi confermato addirittura dall’Istituto Superiore di Sanità che nel suo parere dichiarava le acque emunte dal campo Pozzi S. Angelo “non idonee al consumo umano”». 

«Siamo sgomenti nel leggere quanto ha scritto il pm», ha detto Augusto De Sanctis, referente acque del WWF Abruzzo, «la percezione che abbiamo del nostro Abruzzo è cambiata per sempre. Ci troviamo di fronte a ipotesi di reato di gravità inaudita, visto che si parla di avvelenamento delle acque destinate all’uomo. Si rabbrividisce nel leggere quanto sostiene il pm Aceto e, cioè, che i responsabili della Montedison erano a conoscenza fin dal 1992 dell’inquinamento delle falde e delle conseguenze sui pozzi destinati all’acquedotto».
«Dopo la nostra prima denuncia del Luglio 2007», ha aggiunto,«noi cittadini siamo stati lasciati praticamente soli in questo anno e in qualche caso addirittura denigrati nella nostra azione. L’Istituto Superiore di Sanità nel suo parere aveva chiarito che era stata distribuita acqua non idonea al consumo umano e nessun sindaco e amministratore della Val Pescara ha reagito con la dovuta fermezza. Fanno così fatica a comprendere che qui vi è in gioco la salute di 500mila persone? Neanche la Direzione Sanitaria della Asl, che in una nota scritta e nonostante le nostre controdeduzioni sull’operato delle sue strutture di controllo, aveva ribadito di appoggiare in pieno la linea del Dr. Rongione, responsabile del Sian e ora tra gli indagati, ha reagito al parere dell’Istituto di Sanità. Ora, finalmente, ha qualcosa da dire per assicurare il massimo rigore nella difesa dei diritti dei cittadini? Le responsabilità penali ora le chiarirà la Magistratura ma per affrontare l’immane catastrofe che abbiamo davanti serve un radicale cambio di atteggiamento degli amministratori nell’affrontare questa vicenda». 

«Le goffaggini burocratiche, le dimenticanze, le omissioni e le falsità, l’omertà, i ritardi e le soluzioni tecniche spesso avventate, denunciate con forza dalle associazioni ambientaliste», dichiara Angelo Di Matteo, presidente regionale di Legambiente,«sembrano essere confermate dalle ipotesi di reato contestate dagli inquirenti. Ipotesi che delineano un quadro inquietante e che gettano seri dubbi sull’operato delle aziende, della ASL, dell’ATO, dell’Azienda acquedottistica e della Provincia di Pescara».
«Legambiente», annuncia Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale dell’Associazione, «si costituirà parte civile per far valere i diritti dei cittadini e, se le accuse saranno confermate in giudizio, per far pagare ai responsabili, secondo il principio di chi inquina paga, le conseguenze di azioni criminose che hanno attentato il diritto alla salute di quasi mezzo milione di abruzzesi».


COSA FARE ORA?

Per il Wwf, l’Abruzzo Social Forum e MareLibero a questo punto bisogna «cambiare passo» e correre immediatamente ai ripari con tempi celeri che non possono più essere quelli della burocrazia e della schermaglia politica o degli interessi partitici o di corrente.
Tutto questo infatti ha portato dopo oltre un anno a non fare nulla per la messa in sicurezza delle discariche.
«Bisogna mettere immediatamente in sicurezza le megadiscariche che, ogni secondo che passa senza interventi, peggiorano il livello di inquinamento dei fiumi Pescara e Tirino e delle falde», propongono le associazioni, «realizzare in breve tempo l’indagine epidemiologica, da condurre ai massimi livelli; avviare indagini sui livelli di inquinanti presenti nei corpi dei cittadini. Bisogna inoltre progettare un intervento di bonifica con la partecipazione dei cittadini e con l’aiuto di esperti di livello mondiale; verificare l’impatto ambientale e dei rischi sanitari derivanti dalla presenza di questo inquinamento, ivi compreso l’effetto sulle aree coltivate attorno al fiume; sollevare dagli incarichi chi sapeva e ha taciuto, al di là delle risultanze penali, per riformare profondamente un sistema di gestione e controllo sull’intero ciclo delle acque che è letteralmente fallito».


CATENA:«ABBIAMO PRELEVATO ACQUA DOVE CI HA DETTO L’ATO»

«Sarà la magistratura a fare piena luce, speriamo in tempi rapidi, sul ‘caso’ Bussi», sono le parole di oggi del presidente dell’Aca Bruno Catena, «chiarendo sicuramente ruoli e competenze nell’intera vicenda, lunga, difficile e intricata. Chiediamo a tutti i soggetti coinvolti di condividere la stessa fiducia che ha l’Aca Spa ed io personalmente nei confronti dell’operato degli Organi inquirenti, evitando di istruire processi sommari e mediatici».
«Siamo sereni, tranquilli, e abbiamo piena fiducia nell’operato della magistratura che finalmente farà chiarezza sul caso Bussi – ha ribadito il presidente Catena -. L’unica cosa che sicuramente mi preme ribadire è che l’Aca, che presiedo dal maggio 2005, ha sempre somministrato all’utenza acqua che è stata captata nei siti e nei pozzi individuati e indicati dall’Ato, dopo che la stessa era stata analizzata e certificata come potabile dagli unici Organi sanitari responsabili per legge e materia. Per tutto il resto ci affidiamo alla Magistratura che sicuramente riuscirà a garantire la massima e definitiva chiarezza».
24/05/2008 13.35

da www.primadanoi.it

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