Sindaci in rivolta per l'acqua
Centinaia di amministratori hanno dato vita al coordinamento nazionale degli enti locali contro la privatizzazione dei beni comuni. L'atto di nascita ieri a Roma alla vigilia del Forum dei movimenti per l'acqua pubblica che comincia oggi ad Aprilia. Annunciati ricorsi a raffica per bloccare la svendita delle risorse idriche prevista dalla legge Tremonti
Andrea Palladino
ROMA
È il paese della democrazia reale, composto da comuni, a volte piccolissimi, da comunità montane, municipi e province che sui beni comuni stanno costruendo una battaglia lunga, complessa, trasversale ai partiti. Ed è questa una delle componenti più in crescita del vasto movimento per l'acqua pubblica, che ieri si è incontrato a Roma (sede della Provincia) per fondare il coordinamento nazionale degli enti locali che contrastano le privatizzazioni delle risorse idriche. «Sono tre i soggetti del Forum dei movimenti - ha detto Corrado Oddi, coordinatore welfare e servizi pubblici della funzione pubblica Cgil, all'apertura dell'incontro -, i cittadini che usufruiscono del servizio, i lavoratori delle aziende e gli enti locali, che devono garantire l'equità e il funzionamento dei servizi pubblici locali». E il coordinamento rafforzerà la rete dei movimenti, che da oggi, ad Aprilia, si riunisce per il secondo Forum.
Sono oggi centinaia le amministrazioni locali che, in modi diversi, stanno difendendo la loro sovranità sull'acqua. Chi pensa che per i sindaci cedere i servizi pubblici sia una sorta di liberazione si sbaglia. I cittadini continuano a rivolgersi a loro, agli amministratori che hanno eletto, delegato, anche se l'acqua che esce dal rubinetto è gestita da una Spa, anche le fatture vengono da società lontane, multinazionali, senza volto, che parlano attraverso call center esternalizzati.
«Per i comuni la gestione dell'acqua diventa sempre di più una questione di ordine pubblico - spiega quindi Giovanni Cocciro, assessore di Cologno Monzese, in provincia di Milano -. Nella mia città il gestore aveva tagliato l'acqua ad un intero condominio, visto che l'80% delle famiglie che vi risiedevano non riusciva a pagare le bollette. Abbiamo poi dovuto portare noi l'acqua con le autobotti, con costi esorbitanti».
Cocciro racconta così cosa sia in concreto la gestione privata dell'acqua, che ha portato 144 comuni lombardi a chiedere di respingere, con una consultazione popolare, la legge emanata dalla Regione Lombardia nel 2006, che prevede l'affidamento alle società per azioni dell'ultimo miglio delle reti idriche. «E' la parte del contatore - racconta l'assessore di Cologno Monzese - quella che poi interessa ai gestori privati, che qui si vogliono occupare della fatturazione». Nel caso dei comuni lombardi la proposta di Formigoni è quella poi di utilizzare sistemi di carte prepagate per attivare i contatori, «come se l'acqua fosse un servizio paragonabile a quello della telefonia», commenta Cocciro. Nonostante la maggioranza dei comuni si siano espressi contro la legge, chiedendo di consultare i cittadini, ancora oggi è in corso il braccio di ferro con l'amministrazione regionale, che ha delegato ad un direttore generale, ex consulente della Thames Water - multinazionale inglese dell'acqua -, la gestione del tavolo di concertazione.
Nella Sicilia delle eterne emergenze idriche, dove cinque anni fa venne affidato il sistema acquedottistico ad una società mista pubblico-privata, con il 75% delle azioni in mano alla cordata Pisante-Veolia, i comuni della provincia di Ragusa sono riusciti per ora a bloccare la gara di affidamento ai privati. «Il consiglio comunale - ha spiegato Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria - ha votato contro l'affidamento a società per azioni del servizio idrico, inserendo poi nello statuto comunale il principio che l'acqua non può essere considerato un bene economico». Il gestore degli acquedotti siciliani - Siciliacque - guidato dai privati ha poi dichiarato guerra ai comuni "ribelli". «I pozzi di Vittoria - continua Nicosia - sono stati costruiti dal comune e affidati in gestione anni fa all'ex ente pubblico. Quando è subentrato il gestore privato del sovrambito, hanno iniziato a fatturarci la nostra stessa acqua, al prezzo all'ingrosso di 0,66 euro al metro cubo, imposto dalla regione per l'intera isola». In sostanza Siciliacque usa i pozzi del comune per fornire a pagamento l'acqua. «E siamo noi, per assurdo, che paghiamo poi le bollette elettriche per i pozzi», dice il sindaco di Vittoria.
Ad oggi il gestore privato ha mandato fatture per due milioni di euro al comune della provincia di Ragusa, che il sindaco Nicosia ha respinto. E l'estate scorsa Siciliacque ha poi deciso di ridurre di 20 litri al secondo il flusso dell'acqua per il comune che considera «moroso», con la scusa di risolvere l'emergenza idrica di Gela, dove ci sono i dissalatori della Di Vincenzo Spa, impresa in odore di mafia e fornitrice della stessa Siciliacque. «Se il gestore privato ridurrà ancora il flusso - dice il sindaco - confischerò i pozzi, così come abbiamo già fatto con una discarica». L'interesse pubblico, in sostanza, deve sempre prevalere.
Sono tante le piccole e grandi battaglie che centinaia di sindaci stanno affrontando per difendere l'acqua dei cittadini. Primi cittadini di comuni come quello di Bassiano, poco più di mille abitanti, in provincia di Latina, che ha difeso fino all'ultimo i propri acquedotti, quando Acqualatina impose l'adesione all'ambito idrico privatizzato. O come quelli di Frosinone e di Nola che si sono schierati apertamente con i cittadini colpiti da aumenti a due cifre dopo la cessione della gestione del sistema idrico ad Acea.
Sono le esperienze concrete, di resistenza quotidiana, che hanno fatto nascere la necessità di un coordinamento nazionale, con una piattaforma comune. L'incontro di ieri è stato il momento per condividere gli strumenti legali, le strategie per battaglie spesso lunghe, costose, fatte contro una vera e propria lobby trasversale, che sulla privatizzazione dell'acqua sta basando la fortuna di imperi delle utilities, quali la romana Acea e le francesi Suez e Veolia. E alla ripubblicizzazione verrà oggi dedicato uno specifico seminario nell'ambito del Forum di Aprilia. «Basterebbe in realtà meno di un miliardo di euro - conclude Corrado Oddi - per restituire ai comuni la gestione dell'acqua». Molto meno di quanto costi una missione di guerra - ad esempio - o un salvataggio di una banca d'affari.
il manifesto 22.11.08
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