martedì, 26 agosto 2008; 09:31
Tra le poste in gioco nei negoziati arabo-israeliani
L'acqua contesa in Medioriente
Dopo la crisi dei negoziati tra Israele e Siria, anche le trattative tra palestinesi e israeliani sui problemi non risolti del periodo di transizione si sono bruscamente interrotte, il 3 febbraio scorso. I nodi irrisolti (ritiro dell'esercito di occupazione, restituzione dei territori, liberazione dei prigionieri) restano tali e si allontana la definizione dell'assetto finale. L'obiettivo era di arrivare, da qui al 13 settembre, a un accordo di pace ma gli ostacoli restano numerosi. Fra questi, anche il problema dell'acqua, posta in gioco spesso misconosciuta.
di CHRISTIAN CHESNOT*
Le forti piogge e nevicate che hanno accompagnato in Medioriente il passaggio all'anno 2000 sono state accolte con sollievo dalle popolazioni della regione e in particolare dagli agricoltori.
Tuttavia questa manna del cielo non ha eliminato le preoccupazioni dei responsabili delle risorse idriche. Queste precipitazioni abbondanti sono arrivate infatti con quasi due mesi di ritardo e non hanno permesso di compensare diversi anni di siccità (1). Data la situazione, in Giordania il Ministero delle acque e dell'irrigazione ha annunciato un piano idrico d'emergenza destinato ad attenuare le prossime penurie, previste per l'estate prossima. La sua attuazione è programmata per il mese di marzo e comprende, in particolare, la perforazione di pozzi supplementari, l'affitto di pozzi privati e una serie di misure di razionamento.
Ma la Giordania non è il solo paese della regione a conoscere ciò che gli esperti chiamano una situazione di"stress idrico".
Israele, la Palestina, la Siria, l'Iraq, il Libano e i paesi del Golfo soffrono sempre più di uno squilibrio strutturale tra il loro limitato"capitale" d'acqua e i consumi in forte crescita, tenendo conto dell'andamento demografico e dello sviluppo economico.
Il Direttore generale dell'International Center for Agricultural Research in the Dry Areas (Icarda), Adel El-Betalgy, rileva che"il divario fra le risorse d'acqua e la domanda continua ad allargarsi e l'equazione tra la disponibilità di acqua e il fabbisogno alimentare si fa ogni giorno più difficile da risolvere in Medioriente". In certi casi le risorse"convenzionali" (fiumi, torrenti, falde sotterranee) non bastano più per soddisfare le esigenze dell'agricoltura, dell'industria e dell'approvvigionamento delle città. Così in Giordania il sovrapompaggio delle falde freatiche raggiunge il 180% e nella striscia di Gaza i prelievi effettuati rappresentano il doppio delle risorse rinnovabili.
"Due terzi dei paesi arabi dispongono di meno di 1000 m3 d'acqua per abitante all'anno, considerata la soglia di penuria" , spiega un rapporto della Lega araba (2). A 500 m3 la situazione diventa critica e a meno di 100 m3 occorre far uso di fonti d'acqua non convenzionali, come la desalinizzazione o il riciclaggio delle acque reflue. I paesi del Golfo, la Giordania, Israele e la Palestina si trovano già in questi due ultimi gruppi.
"Se non si fa nulla il deficit d'acqua in Giordania passerà da 155 milioni di m3 nel 1999 a 485 milioni di m3 nel 2020", ritiene Mohammed Shatanawi, esperto di idraulica alla Jordan university. Nella sua strategia di gestione idrica il regno hashemita cerca dunque sia di aumentare l'offerta che di controllare la domanda d'acqua. I responsabili giordani si sono prefissi diversi obiettivi da raggiungere entro il 2010. Il più urgente consiste nel ridurre (da 430 milioni di m3 all'anno a 280 milioni di m3) lo sfruttamento delle falde che, nella maggior parte dei casi, non si rinnovano più. Nel campo dell'acqua potabile le autorità si sono impegnate in programmi di riduzione delle perdite nelle reti dei grandi agglomerati urbani e in particolare ad Amman, dove quasi metà dell'acqua distribuita si perde. Si invita anche il settore agricolo, il più importante consumatore d'acqua del paese, ad aumentare la produttività d'acqua irrigua, ancora in gran parte sovvenzionata."Prima o poi bisognerà adottare decisioni difficili e coraggiose, poiché non avremo più possibilità di scelta", riconosce Salameh Al-Hiary, presidente della commissione parlamentare delle acque e dell'agricoltura, favorevole a una tarifficazione progressiva dell'acqua d'irrigazione.
Ricatto idrico Per Mohammed Shatanawi un aumento del 10% dell'"efficienza" dell'acqua in Giordania (lotta contro le perdite, gestione integrata, irrigazione modernizzata, ecc) permetterebbe di risparmiare 100 milioni di metri cubi all'anno.
Ma questa gestione parsimoniosa ed equilibrata non basterà a risolvere la crisi dell'acqua. Ecco perchè la Giordania si prepara già a sviluppare risorse non tradizionali. Due sono le soluzioni: il riciclaggio delle acque reflue per l'irrigazione, che passerebbero così da 65 milioni di m3 a 200 milioni di m3 entro il 2010, e poi la desalinizzazione dell'acqua marina per ottenere acqua potabile, metodo finora non praticato in Giordania, al fine di produrre 70 milioni di m3 nei prossimi cinque anni. A Hisban, a sud di Amman, sarà lanciato prossimamente un progetto per desalinizzare 30 milioni di m3 all'anno d'acqua salmastra.
Il governo desidera anche accelerare la realizzazione di due grandi progetti d'interesse nazionale: il prelievo delle acque della falda di Disi nel sud del paese e la diga dell'Unità sul fiume Yarmuk.
Il ministro delle acque e dell'irrigazione, Kamal Mahadine, ha recentemente definito il progetto di Disi"strategico e vitale" e ne ha stimato il costo almeno a 250 milioni di dollari.
L'acqua pompata verrebbe avviata verso Amman mediante una canalizzazione di 350 km. Una delegazione giordana si è recata a Tripoli nel settembre del 1999 per parlare del progetto con i responsabili libici. La Libia in effetti ha annunciato l'intenzione di finanziare metà dei lavori e di fornire canalizzazioni come quelle usate per il grande fiume artificiale libico (3).
Peraltro si parla di nuovo del progetto della diga dell'Unità tra la Siria e la Giordania. Decisa nel 1987, quest'opera non è mai stata realizzata a causa della ostilità di Israele, delle riserve espresse dai grandi finanziatori internazionali e delle alterne vicende nelle relazioni tra Damasco e Amman. Ma la riconciliazione siro-giordana, intervenuta dopo la morte di re Hussein, ha rilanciato il progetto.
Tanto più in quanto la Siria ha compiuto, nella primavera del 1999, un gesto altamente simbolico a favore del proprio vicino: ha fornito, per quattro mesi, 70.000 m3/giorno alla Giordania, ovvero in totale 8 milioni di m3, per aiutarla a superare gli effetti della siccità. Iniziativa molto apprezzata, poiché interveniva qualche settimana dopo che Israele aveva annunciato di non poter fornire per il 1999 i 50 milioni di m3 d'acqua
previsti dal trattato di pace firmato dai due stati nel 1994. Di fronte alla reazione molto vivace della Giordania e per non avvelenare le relazioni con il regno lo stato d'Israele è poi tornato sulla sua decisione.Ma questo ricatto dell'acqua" è stato subito con amarezza all'interno di un regno che non ha ricavato ciò che si aspettava dal trattato di pace firmato con il vicino stato d'Israele.
Eppure l'articolo 6 stipulava:"Dovrà essere fornita più acqua per il loro fabbisogno (dei due stati) attraverso diversi mezzi, ivi compresi progetti di cooperazione regionale e internazionale". E anche: Israele e la Giordania coopereranno"al fine di trovare i mezzi per fornire alla Giordania 50 milioni di metri cubi d'acqua
potabile supplementari all'anno" (Allegato II, articolo I, paragrafo 3) e"per costruire una diga di derivazione e di immagazzinamento sul fiume Yarmuk, immediatamente a valle del punto 121/Derivazione Adassiya" (Allegato II, articolo II, paragrafo 1). In realtà 5 anni dopo non è stato realizzato nessun progetto d'infrastruttura idraulica comune(Dighe, invasi, impianti di desalinizzazione). Il presidente della commissione parlamentare delle acque e dell'agricoltura, Salameh Al-Hiary, giudica con grande severità il trattato di pace che, nel campo delle rosorse idriche, non ha secondo lui restituito alla Giordania tutti i propri diritti sull'acqua.
"Certe clausole del trattato sono ambigue, precisa. Per esempio il punto che riguarda lo sviluppo delle risorse supplementari è molto impreciso e permette a Israele di non rispettare i propri impegni. Un altro esempio: gli israeliani utilizzano 16 milioni di m3 delle acque sotterranee nella regione del Wadi Araba e 25 milioni di m3 dello Yarmuk (4) e ci forniscono come controparte acqua di cattiva qualità prelevata dalla parte sud del lago di Tiberiade. Insomma, finchè il rapporto di forze con Israele sarà sfavorevole a noi, non potremo essere in grado di difendere adeguatamente i nostri diritti sull'acqua".
Con i negoziati sullo statuto definitivo dei territori palestinesi e la ripresa delle trattative di pace con la Siria, Israele intende mantenere il proprio dominio sulle risorse d'acqua della Cisgiordania e del Golan. Secondo la Banca mondiale il 90% dell'acqua della Cisgiordania viene utilizzato da Israele e i palestinesi dispongono solo del restante 10%.
Eppure l'allegato B dell'accordo ad interim israelo-palestinese per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza (28 settembre 1995, detto Oslo II) precisa che"Israele riconosce i diritti dei palestinesi sull'acqua in Cisgiordania" (articolo 40).
Ma i negoziati sull'acqua, previsti per il periodo di transizione, troppo complessi, sono stati rinviati e nel frattempo lo stato d'Israele sfrutta le acque palestinesi senza limiti né vincoli. I testi provvisori firmati con i palestinesi ne consacrano la supremazia. Così nella striscia di Gaza è stabilito che l'acqua usata dalle colonie e dagli impianti militari continuerà ad essere fornita dalla società israeliana delle acque Mekorot, che tiene in pugno la gestione delle infrastrutture idrauliche. Non è prevista nessuna riduzione del consumo d'acqua dei coloni israeliani.
Posizioni inconciliabili Nei confronti della Siria la posizione israeliana appare molto più vulnerabile. Il Golan siriano fornisce 770 milioni di m3 d'acqua all'anno a Israele, ovvero un terzo del suo consumo annuo. L'acquadelle alture si riversa nel lago di Tiberiade, che costituisce la più grande riserva idrica per Israele. Queste risorse vengono poi distribuite in tutto il paese, in particolare verso sud, mediante il National Water Carrier. Sulla questione della"fontana" del Golan israeliani e siriani si trovano su posizioni radicalmente opposte.
I primi giustificano il loro accesso a questa risorsa adducendo un diritto d'uso, che hanno in realtà acquisito con la forza annettendo illegalmente il Golan. Per Israele è ormai inconcepibile vedersi privare interamente o in parte di una risorsa sfruttata da oltre tre decenni."Prima della guerra del 1967 avevamo dei problemi, poiché la Siria deviava l'acqua delle sorgenti del Golan e il primo ministro ritiene che dobbiamo assicurarci che questo non si ripeta più", ha dichiarato il portavoce di Ehud Barak, Gadi Baltiansky (5).
Per parte loro i siriani si fondano, nei negoziati con Israele, su una dottrina classica della sovranità nazionale. Come nota un giornalista arabo,"il presidente siriano Assad, per motivi nazionali ideologici e storici, non è disposto ad accettare meno di ciò che aveva ottenuto Anwar Sadat, cioè la pace in cambio di territori. Questo precedente della restituzione da parte di Israele all'Egitto di tutto il Sinai, ivi compresa l'enclave di Taba, rimane il punto di riferimento (6)." Insomma, dato che sia l'acqua che la terra del Golan appartengono alla Siria, il diritto di deciderne l'uso appartiene alla Siria e solo ad essa. La Siria inoltre afferma che, data la situazione attuale di penuria, il paese ha bisogno di tutta la sua acqua per soddisfare il proprio fabbisogno."La nostra posizione è chiara e non cambierà di una virgola, spiega una fonte diplomatica siriana: se gli israeliani si ritirano completamente dal Golan fino alla linea del 4 giugno del 1967,tutti gli altri problemi si possono risolvere mediante negoziati".
Tra queste due posizioni, all'apparenza inconciliabili, possiamo immaginare diverse soluzioni pragmatiche grazie a un accordo di pace tra i due paesi. La più probabile è un riconoscimento, da parte di Israele, della sovranità siriana sulle acque del Golan. Damasco s'impegnerebbe in compenso a non tagliare i flussi che alimentano il lago di Tiberiade. Si potrebbero poi negoziare le quantità di forniture d'acqua della Siria a Israele, sul modello di quanto previsto nel trattato di pace israelo-giordano. In questo contesto poi andrebbe affidato a un comitato tecnico bipartito il controllo dei trasferimenti oltre frontiera e anche lo studio di uno sfruttamento comune delle acque del Golan a vantaggio di entrambe le parti.
Infatti tutti gli esperti sono ora d'accordo che, nella situazione di crescente penuria d'acqua nella regione, solo meccanismi di cooperazione regionale e bilaterale potranno almeno ridurre la penuria, anche se non riusciranno a risolvere gli squilibri idrici. (7) Il Comitato per un approvvigionamento sostenibile d'acqua per il Medioriente (Committee on Sustainable Water Supplies for the Middle East), composto da esperti di risorse idriche americani, palestinesi, giordani e israeliani, insiste sulla necessità di adottare"un approccio idrico regionale nella gestione delle risorse d'acqua (8)" e ritiene"che oggi è chiaramente indispensabile una banca dati regionale per informare e sostenere le politiche dell'acqua".
Il Comitato invita gli stati della regione ad adottare una gestione delle acque che vada al di là delle frontiere nazionali e che tenga conto delle"frontiere idrologiche". Potrebbe rilanciare iniziative in questo senso la ripresa dei negoziati multilaterali iniziati dopo la conferenza di Madrid dell'ottobre 1991 e congelati da molti anni. Infatti un comitato di lavoro di questi negoziati si occupa della giusta ripartizione delle risorse idriche.
Ma perché questa impostazione che potremmo chiamare"tecnica" diventi realtà bisognerà che le controversie territoriali e politiche tra Israele e i suoi vicini trovino soluzioni giuste e sostenibili, fondate sul diritto internazionale. Altrimenti i progetti di gestione comune delle risorse idriche in Medioriente rischiano di finire in niente.
note:
* Giornalista, Amman, autore di La bataille de l'eau au Proche-Orient, L'Harmattan, Parigi, 1993.
(1) Il Ministero giordano dell' acqua e dell'irrigazione ha indicato che le piogge dell'inizio dell'anno (circa 500 milioni di m3 d'acqua) rappresentano l'11,6% del livello annuo delle precipitazioni medie nel paese, stimate, in un'annata buona, a 8 miliardi di m3.
(2)"Major aspects of scarse water resources management with reference to the Arab countries", rapporto della Lega araba pubblicato in occasione della Conferenza internazionale sulla gestione e le politiche dell' acqua nelle zone aride (Amman, 1-3 dicembre 1999).
(3) Al-Charq al-Awsat, Londra, 7 settembre 1999. Il grande fiume artificiale libico è destinato a trasportare l'acqua delle falde freatiche del sud verso la zona costiera, attraverso canalizzazioni gigantesche. Una prima fase del progetto è stata completata nel 1991.
(4) L'articolo 1 dell'allegato II del trattato di pace giordano-israeliano stabilisce che durante il periodo estivo (15 maggio-15 ottobre) Israele ha il diritto di utilizzare 12 milioni di m3 delle acque dello Yarmuk e 13 milioni di m3 durante il periodo invernale (16 ottobre-14 maggio).
(5)"La ligne rouge d'Israel: l'accès à l'eau du Golan", AFP, 31 dicembre 1999.
(6) Al-Wasat, Londra, 12 dicembre 1999.
(7) Vedi Mohamed Sid-Ahmed,"L' acqua, una possibilità di pace per il Medioriente", Le Monde diplomatique/il manifesto, giugno 1998.
(8)"Water for the future, The West Bank and Gaza Strip, Israel, and Jordan" del Committee on Sustainable Water Supplies for the Middle East, National Academic Press, Washington D.C., 1999.
(Traduzione di E.P.)
Da Le Monde Diplomatique del febbraio 2000
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