martedì 3 gennaio 2012

Gli enti sapevano dei veleni da anni ma hanno taciuto

CRONISTORIA COMPLETA DELL'ATO4



Ogni giorno che passa una nuova verità salta fuori e lo scandalo dell'acqua avvelenata diventa sempre più imponente e si allarga tirando dentro il suo vortice nuove responsabilità e tantissime persone, amministratori che per dovere avrebbero dovuto attivarsi per risolvere il grave problema di cui erano a conoscenza.

Invece non solo nulla è stato fatto per la bonifica dei pozzi inquinati nè per impedire che quell'acqua finisse dritta nei nostri rubinetti, ma persino all'opinione pubblica è stato taciuto colpevolmente il problema, l'entità e le possibili conseguenze.

«E' il più grande scandalo che l'Abruzzo abbia mai conosciuto», ha sintetizzato Augusto De Sanctis, responsabile del WWF Abruzzo; «è stato calpestato il diritto costituzionale della salute pubblica ma anche quello del diritto all'informazione dei cittadini» è stato il parere di Giovanni Damiani del comitato Bussi ci riguarda, polemico anche con gli organi di informazione per aver sottovalutato il problema per un buon mese e mezzo e per non averlo affrontato e valutato per la sua reale gravità.

I documenti che presentiamo in questa sede raccontano una storia incredibile e provano come moltissime persone conoscessero realmente il problema almeno dal 2004.

Aca, Ato, Regione, Province e Comuni e persino la procura della Repubblica sapevano ma a noi nulla è stato detto circa i rischi dell'acqua potabile che abbiamo così continuato a bere ed utilizzare.

Ma ci sono altre notizie che iniziano a circolare, per il momento solo voci, che vorrebbero addirittura i valori di alcune sostanze tossiche presenti nell'acqua distribuita dall'acquedotto pubblico sopra i limiti già dal 1997. Dieci anni fa.

Ipotesi più che realistica in considerazione del fatto che la causa dell'inquinamento potrebbero essere i siti inquinati di Bussi che risalgono a molti decenni fa.

Come è possibile in una regione come la nostra mantenere un tale segreto per così tanto tempo?

Come è possibile che nessuno delle decine di persone abbia sentito il dovere morale di allertare in qualche modo la cittadinanza? E soprattutto quando le associazioni ambientaliste hanno lanciato i primi allarmi, all’inizio dell’estate, sono stati accusati di creare allarmismo ingiustificato.

Non è un caso che in passato proprio il settore dell'acqua sia stato tempestato di feroci polemiche che riguardavano lo strapotere del "partito dell'acqua" e del clientelismo sfrenato proprio negli enti che dovrebbero gestire le risorse idriche:Aca e Ato.

I partiti da sempre hanno fatto man bassa e sistemato centinaia di persone nei due enti e a quanto pare nessuno di questi se l'è sentita di tradire i propri "padrini".





13 AGOSTO 2004: ALLARME DELL'ARTA SUL TETRACLOROETILENE

Il dirigente della sezione chimica dell'Arta, Emanuela Scamosci, invia una missiva ufficiale alla direzione turismo della regione Abruzzo, la provincia di Pescara al Comune di Castiglione a Casauria e Tocco, al dipartimento di prevenzione e per conoscenza all'Aca.

Nel documento si legge che nei campionamenti fatti nel periodo maggio-giugno 2004 era stato riscontrato «in tutti i casi il superamento del valore di concentrazione limite, stabilito dal D.M. 471/99 (relativo allo stato di inquinamento delle acque sotterranee, ndr), del parametro Tetracloroetilene». Inoltre, e questo è ancora più importante ai fini della potabilità, «si evidenzia che, in un solo caso, riferito al campionamento delle acque risultante dalla miscelazione delle acque degli otto pozzi, il superamento del limite fissato, per il parametro tetracloroetilene, dal DLGS 31/2001» (quello relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano, ndr).





6 SETTEMBRE 2004. LA ASL: STATO DI EMERGENZA.

La AUSL, si attivava avvertendo l’acquedotto (l’ACA, invece lo fa con tre giorni di ritardo per supposte ferie del direttore dello stesso..., come si legge nell’esposto alla Procura che si presenterà più oltre).

Si concordava quindi di effettuare nuovi accertamenti. Il risultato di questi prelievi è ben riassunto dalla nota che la AUSL inviava il 6 settembre 2004 alla Direzione Sanità della Regione Abruzzo e all’ACA.

Significativo l'oggetto: «Inquinamento della falda di acque sotterranee destinate al consumo umano. Comunicazione ufficiale dei risultati analitici dell’ARTA con conseguente STATO di ALLERTA... ».

Nel testo si legge «si trasmettono le risultanze analitiche di 19 campioni di acqua potabile prelevati rispettivamente nei giorni 25/08/04 e 28/08/04 nel campo pozzi S. Angelo. Dal referto analitico si evidenzia uno stato di inquinamento da tetracloroetilene, tricloroetilene e cloroformio nelle falde dei pozzi destinati alla produzione di acqua potabile. Tale situazione che pregiudica gravemente la qualità delle acque destinate al consumo umano necessita di urgenti provvedimenti….».



Dalle analisi di quei giorni emergono ben 3 superamenti per i valori di tetracloroetilene e tricloroetilene.



8 SETTEMBRE 2004: LA ASL MANDA UN ESPOSTO ALLA PROCURA DI PESCARA.
 L'8 settembre 2004, il dottor Rongione dalla AUSL e la Provincia di Pescara, scrivono alla Procura, raccontando dei primi contatti avvenuti con l’ACA a seguito della prima segnalazione e la conferma dei superamenti dei limiti sia del Decreto 471/99 sia del Decreto 31/2001 .

Nella nota spiccano le difficoltà di comunicazione con le persone responsabili e i ritardi a causa delle ferie degli addetti ai lavori.





FEBBRAIO 2005. I POZZI SONO SEMPRE INQUINATI: CHE FARE?

Si arriva ad una riunione, avvenuta a Febbraio 2005 presso l’ARTA, avente per oggetto proprio l’inquinamento dei pozzi, in cui la AUSL solleva dubbi circa la possibilità di continuare ad usare per usi idropotabili quei pozzi.

Ben 4 mesi prima dell’intervento del Ministero dell’Ambiente, che ne proponeva l’uso, l’ATO presenta un progetto per il posizionamento di filtri a carbone attivo per un valore di 3,1 milioni di euro.

Alla riunione sono presenti 20 persone tra cui responsabili Arta, Aca, Ato, sindaci, il direttore della Solvay, la provinicia di Chieti e Pescara.

All'inizio del verbale in burocratese puro viene inserita una sequenza di proposizioni attribuite all'ingegner Campomizzi (direttore Ambiente regione Abruzzo).

Si «informano i convenuti in merito allo specifico quesito posto al ministero dell'Ambiente circa la possibilità di utilizzare l'acqua emunta dal predetto campo pozzi in considerazione che la stessa presenta caratteristiche di conformità alla vigente normativa in materia di acque potabili, ma la falda che li alimenta presenta nel contempo caratteristiche di sito inquinato...».

Tuttavia non vi è traccia alcuna di analisi che possano provare "la conformità" mentre esistono quelle che attestano il superamento dei parametri (che sono poi la causa della convocazione della stessa assembla).

Per tutti però l'acqua è "potabile".

Già in questa sede si inizia a parlare di pozzi alternativi che però non saranno realizzati se non dopo l'emergenza scattata ad agosto 2007 inoltrato.

I rappresentanti dello stabilimento chimico Solvay Solexis ribadiscono la volontà espressa già da gennaio del 2005 di attivare un sistema di «emungimento e successivo trattamento della falda il cui fine è proprio quello di realizzare la barriera idraulica indispensabile ad eliminare le emissioni degli inquinanti».

Ma di queste opere a carico dell'industria chimica non v'è traccia.

Perchè non sono mai state realizzate?



14 GIUGNO 2005. ACA:«LEGGERO INCREMENTO DELL'INQUINAMENTO: OCCORRONO SOLUZIONI URGENTI»





Ancora una lettera della società di gestione dell'acquedotto che aggiorna la Regione sulla situazione dell'inquinamento dei pozzi ormai nota da molti mesi.

L'Aca segnala, dunque, un leggero incremento di concentrazioni di tetracloroetilene, tricloroetilene e cloroformio, nonostante sia garantita la potabilità dell'acqua «grazie alla miscelazione con la sorgente giardino».

E' questo un passaggio fondamentale che dimostra, da una parte, come la società fosse realmente consapevole non solo delle sostanze inquinanti ma che queste erano aumentate nell'ultimo periodo.

Tuttavia la potabilità dell'acqua era ottenuta grazie alla miscelazione (1 a 5) con il liquido proveniente dalla sorgente Giardino.

Miscelata, dunque, i valori inquinanti si abbassavano sotto la soglia di legge.

Questa operazione tuttavia è espressamente vietata.

C'è poi un riferimento ad un progetto di bonifica della falda da parte della società Solvay Solexis di cui null'altro si conosce e si sollecitano tutti gli enti a verificare lo stato di attuazione di questo piano di bonifica.

Occorrono, dunque, soluzioni urgenti che tuttavia saranno prese solo cinque mesi dopo con la chiusura dei pozzi.





GIUGNO 2005: IL MINISTERO STABILISCE LIMITI E PRESCRIZIONI

Il 29 marzo la Regione scrive al ministero dell'ambiente per chiedere sostanzialmente un parere su come muoversi e agire.

Il ministero risponde l'8 giugno con una missiva di due pagine.

Intanto il ministero certifica in qualche modo il superamento dei valori massimi, in questo caso potendo affermare con assoluta certezza che persino ai vertici dell'amministrazione pubblica, il ministero, si conoscesse il problema nella sua reale entità già nel 2005.

Nello stesso tempo tuttavia il dicastero pone un chiaro obbligo nel ripristino dello stato delle falde e dunque del territorio contaminato alla situazione precedente «a garanzia della tutela della risorsa idrica sotterranea procedendo ad eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza di caratterizzazione successiva bonifica».

Il secondo obbligo espresso in maniera molto chiara è quello di evitare nella maniera più assoluta la miscelazione di acqua pura con quella inquinata, ribadendo un divieto già contenuto nel decreto legislativo 31 del 2001.

Nonostante i divieti e le prescrizioni fossero così chiare si giungerà solo alla fine del 2005 all'individuazione di una soluzione, quella della posizione di filtri al carbonio attivo, che tuttavia avranno scarsi e contestati effetti sulla purificazione dell'acqua.

Inoltre, in maniera inspiegabile, l'acqua continuerà ad essere miscelata.

SETTEMBRE 2005: CONTINUIAMO A BERE ACQUA INQUINATA (il documento e le analisi complete).

Intanto l’acqua dai pozzi scorre in rete, visto che nella nota di accompagnamento delle analisi dell’ARTA del 24 settembre 2005, ad oltre un anno dalla scoperta dell’inquinamento, si scrive che «le acque dei pozzi nn.8,1,2, 3 e 4 che, al momento del prelievo erano emunte, e della loro miscela, che era immessa nella rete..».

«L’esame dei dati contenuti in queste analisi ufficiali lascia esterrefatti», commenta De Sanctis del Wwf. «Il Tetracloruro di carbonio (tetraclorometano nelle analisi), raggiunge, nel mix delle acque immesse dai pozzi in rete, il valore di 13,8 microgrammi/litro, superiore di 3 volte al valore di riferimento dell’OMS-ISS (4 microgrammi/litro)».

In campioni di singoli pozzi il valore era di 10,3 (pozzo 2), 9,3 (pozzo 3), 11,7 (pozzo 4). L’inquinamento era, quindi, diffuso. E’ interessante notare come in quel periodo non compariva l’esacloroetano, che, successivamente, si è riscontrato oltre il valore di riferimento di 1 microgrammo/litro nel 2007.





18 OTTOBRE 2005: ENNESIMO SUMMIT DI AMMINISTRATORI.

L'appuntamento è per il 27 ottobre 2005, la convocazione parte dalla giunta regionale; a firmarla è l'assessore Franco Caramanico.

Sono invitati tutti gli enti coinvolti e gli amministratori, numerosi sindaci e spicca l'invito al procuratore della Repubblica, Nicola Trifuoggi e al Pm Aldo Aceto. Che cosa sia successo in quella riunione non si sa (il verbale è

una minuta incomprensibile).





7 NOVEMBRE 2005: SI CHIUDONO I POZZI PER LA PRIMA VOLTA





Dopo mesi di discussioni, dunque, si arriva alla chiusura dei pozzi inquinati.

Con un atto che sfodera in questo caso tutte le precauzioni del caso l'ente d'ambito si dice costretto a disporre l'immediato fermo dei prelievi dai pozzi per tutelare la salute umana e per perseguire il fine di offrire sempre un prodotto puro e di qualità.

Solo due anni dopo si saprà che nel frattempo era stata avviata una inchiesta giudiziaria e che il pm Aceto aveva mostrato l'intenzione di "requisire" i pozzi, chiudendoli con un atto giudiziale. Secondo altri sarebbe stato un «invito informale» dello stesso pm.

D'altro canto alla chiusura dei pozzi è chiaramente prevedibile anche una situazione di crisi idrica poiché vengono meno delle fonti importanti di approvvigionamento.

Il documento prescrive le soluzioni alternative e non fa mistero che occorrono «urgenti misure alternative», cioè trovare nuove falde, scavare altri pozzi, cosa che tuttavia nei due anni trascorsi non sarà fatta se non a metà agosto 2007.



11 NOVEMBRE 2005. RIUNIONE INTERLOCUTORIA IN PREFETTURA.

IL SALTO AL 2007



claudiomeloni; ; commenti ?

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