Acqua pubblica, referendum tradito: il profitto dei gestori torna sotto altra veste
Il margine di
guadagno si sposta dall’investimento industriale al mondo finanziario che lo
sostiene. Per i comitati “assai forzato appare il tentativo dell’Autorità di
far passare la remunerazione del rischio d’impresa come una voce di 'costo'
gestionale del servizio idrico”
Una tariffa dell’acqua unica in tutto il paese,
con un’autority in grado di regolamentare affidamenti e gestioni. Questo
era il principio che ha ispirato il governo Monti quando un anno fa ha
affidato, con il decreto “Salva Italia”, il futuro degli acquedotti
all’autorità per l’energia e il gas. Ma quando nei
giorni scorsi è stato presentato il nuovo metodo per calcolare il costo del
servizio idrico i comitati per l’acqua pubblica si sono trovati
davanti al ritorno, sotto altra forma, di quel profitto abrogato dal secondo
referendum del giugno 2011. Con la vecchia normativa che il voto aveva spazzato
via quella quota di lucro si chiamava “remunerazione del capitale
investito”, ed era pari al 7% del valore delle opere realizzate. Nella
simulazione del nuovo metodo tariffario quel concetto ritorna con altro
nome, un po’ più criptico: “oneri finanziari sul capitale immobilizzato”. In
sostanza il margine di guadagno si sposta dall’investimento industriale al
mondo finanziario che lo sostiene. Secondo i comitati per l’acqua
pubblica – promotori dei due referendum dello scorso anno – “assai forzato
appare poi il tentativo dell’Autorità di far passare la remunerazione
del rischio d’impresa, ossia margine di “profitto” puro, come una voce di
“costo” della gestione del servizio idrico”.
Non è l’unico punto critico del nuovo metodo che
sostituirà quello elaborato alla fine degli anni ’90. Ai gestori – che hanno
espresso un generale consenso nei confronti del sistema promosso dall’autority
– vengono riconosciuti in bolletta anche quei costi non previsti dai
piani d’investimento. Se prima di fronte ad un aumento non preventivato di una
certa opera o di un servizio le società dovevano farsi approvare lo sforamento
dai sindaci, con il nuovo metodo potranno di diritto vedersi riconoscere –
sempre in bolletta – anche i costi che non erano stati considerati al momento
dell’affidamento. Basterà iscrivere queste cifre a bilancio. E ancora: il
metodo avrà un valore retroattivo, andando a sanare il periodo tra la
proclamazione dell’esito dei referendum e l’entrata in vigore della nuova
tariffa. In questo anno e mezzo praticamente tutti i gestori italiani
dell’acqua hanno continuato ad inserire in bolletta quel 7% di remunerazione
del capitale investito abrogato e, quindi, illegale. Su questo punto i comitati
per l’acqua hanno avviato dalla fine del 2011 una campagna per l’autoriduzione
delle bollette, decurtando quella quota non dovuta.
Nelle osservazioni elaborate dal Forum
italiano dei movimenti per l’acqua la bozza del nuovo
metodo tariffario – che dovrà essere approvato entro la fine dell’anno – è
giudicata come una aperta violazione dei principi sostenuti dal voto del
referendum: “Il Metodo Tariffario Transitorio – si legge nel documento –
così come definito dall’AEEG condurrà ad una sostanziale sanatoria di
tutte le illegittimità, inadempienze e irregolarità attualmente registrate in
diverse gestioni”. La risposta partita già lunedì è un mailbombing
nei confronti dell’autorità, ma è prevedibile che nei prossimi giorni la
mobilitazione si allarghi anche ai tanti comitati attivi nelle regioni
italiane. E’ un referendum, quello sull’acqua, che appare sempre di più come un
voto tradito.
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