domenica 26 febbraio 2012





Il Sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, questo pomeriggio si è recato a Napoli per incontrare il Sen. Carlo Sarro, presidente dell’Ente D’Ambito e Pasquale Marrazzo, presidente dell’Assemblea dei soci dell’Ato, per un confronto decisivo sull’ADAN (Addebito anticipato), imposto dalla Gori, sulla bolletta dell’acqua.
Alle giuste rimostranze dei cittadini di Scafati, oggi, il Sindaco, risponde con una buona notizia. Nel corso del colloquio, il primo cittadino, oltre a ribadire le innumerevoli inadempienze della società che gestisce il servizio idrico nel territorio cittadino, ha sollevato anche una ‘questione sociale’, ponendo all’attenzione dei presenti le difficoltà economiche di molte famiglie nell’affrontare un’ ulteriore spesa. 
Il Presidente Sarro accogliendo in pieno le istanze del primo cittadino, ha assicurato un intervento immediato, mediante una missiva di intimazione alla Gori, per sospendere il pagamento dell’ADAN, un rincaro che da regolamento dovranno pagare solo le nuove utenze. 
“Ringrazio il Sen. Sarro – ha dichiarato il Sindaco Pasquale Aliberti – per aver accolto e ascoltato le nostre richieste. Questo pomeriggio, come referente di tutti i sindaci che hanno manifestato contrarietà nei confronti di questo ingiusto rincaro, posso dire di aver vinto una prima battaglia contro la Gori, un carrozzone politico che fino ad oggi non ha assicurato al nostro territorio servizi adeguati e risolutivi. La risposta del presidente Sarro è la dimostrazione che avevamo visto giusto nell’interpretazione del regolamento. Sono estremamente soddisfatto, pertanto, del risultato raggiunto. La lettera che il presidente dell’Ente d’Ambito invierà alla Gori, che tra l’altro non aveva concertato con l’Ato il balzello, servirà ad annullare il pagamento per le vecchie utenze e ad aprire una discussione seria anche con i sindaci dei singoli territori riguardo alle tariffe e alla futura programmazione degli interventi da rispettare in maniera capillare. Il provvedimento comporterà altresì di evitare l’innesco di inutili e costosi contenziosi legali che servono solo ad arricchire comitati e ad impoverire i cittadini. Resto dell’opinione che la Gori sia solo un carrozzone politico, che ha dimostrato nel tempo di essere inadempiente verso il nostro territorio, avvalendosi di logiche clientelari slegate dagli interessi complessivi dei cittadini. Basta pensare al venir meno della società nella gestione delle rete idrica e fognaria di molte strade del territorio dove l’acqua siamo stati costretti a portarla noi con un aggravio economico per l’ente o allo stato di abbandono di altre strade, come via Passanti e via Rotondelle. In sede commissariale, come se non bastasse, la Gori, non ha rispettato gli accordi relativi al completamento della rete fognaria, mettendo in serio pericolo il progetto di risanamento del bacino idrografico del Fiume Sarno. E’ finito il tempo delle logiche clientelari è arrivato il momento di pensare ai reali problemi del territorio. I sindaci hanno vinto”.
 www.inagro.it


claudiomeloni; ; commenti ?


sabato, 11 settembre 2010; 23:18


Rubinetti avvelenati

Rossella Anitori
DENUNCIA. Cresce la concentrazione di pericolosi inquinanti nelle falde dei Castelli romani. Colpa del sovrasfruttamento, ma in progetto resta l’inceneritore al quale servirebbero quasi 55 milioni di litri l’anno.
«La qualità dell’acqua che esce dai rubinetti delle nostre case peggiora di giorno in giorno, ma il gestore del servizio, anziché prendere provvedimenti seri, chiede di cambiare le normative e di ammettere come legali valori di concentrazioni di arsenico e altri pericolosi inquinanti sempre più elevati». È la denuncia dei cittadini dei Castelli romani, riuniti nel Coordinamento contro l’inceneritore di Albano che in un dettagliato dossier documentano la situazione di progressivo deterioramento delle falde acquifere del territorio, sottoposte a uno sfruttamento crescente.

L’aumento di arsenico, vanadio e altri metalli pesanti nelle acque potabili sarebbe dovuto, secondo i membri del comitato, ad un prelievo eccessivo, superiore alle capacità di ricarica della falda. L’incremento di queste sostanze avrebbe riguardato tutta l’area: «Nessuno dei Comuni dei Castelli romani - spiegano - si sottrae al disastro qualitativo delle risorse idriche. A Lanuvio, tra il 2008 e il 2009, su 11 controlli analitici da noi realizzati, l’arsenico era fuori limite in ben nove casi con punte di 34,4 microgrammi per litro. A Velletri - continuano - dove i valori sono aggiornati a giugno 2010, abbiamo riscontrato valori fuori limite di arsenico nelle rete pubblica di via Colle Zioni per 23,6 microgrammi per litro. A Roncigliano invece, specie nelle acque delle zone circostanti la discarica, in via Ardeatina, la concentrazione della sostanza è arrivata nel 2009 a 27,5 microgrammi per litro».

E per “risolvere” il problema Acea Ato 2 avrebbe richiesto e ottenuto dalla Regione Lazio ripetute deroghe. È così che la concentrazione di arsenico consentita sarebbe passata da 10 a 50 microgrammi per litro, i floruri da 1,5 a 2,5  e il vanadio da 50 a 160 microgrammi per litro. «Migliaia di pagine di letteratura scientifica dimostrano che la presenza di sostanze come l’arsenico nell’acqua potabile è direttamente correlata  all’insorgenza di tumori», denunciano preoccupati dal Coordinamento, ricordando che la massima concentrazione di arsenico prevista dell’Organizzazione mondiale della sanità è di 10 microgrammi per litro. Una situazione, quella dei Castelli romani, che, avvertono dal comitato cittadino, non potrebbe che peggiorare se il tanto contestato progetto dell’inceneritore vedesse la luce.

«Se il mostro venisse realizzato - spiegano - oltre a degradare dal punto di vista ambientale il territorio, la qualità dell’acqua peggiorerebbe inevitabilmente». Per funzionare l’impianto necessita infatti di circa 150 metri cubi di acqua al giorno, pari a quasi 55 milioni di litri all’anno.

«Qualunque ulteriore sottrazione di acqua al territorio - sostiene il comitato cittadino -, che si tratti di estrazione dal sottosuolo o cementificazione della superficie, è un attentato alla nostra salute e a quella delle generazioni future. Dunque non solo per questo, ma anche per questo, l’inceneritore è una scelta criminale».   

Fonte: Terranews

domenica 19 febbraio 2012


  


I “campioni nazionali” dell'acqua, a dispetto della dichiarazioni sull'esigenza di “liberalizzare” il mercato, sono allergici all'idea di concorrenza. 
Iren, ad esempio, è stata “bacchettata” dall'Antitrust. Con una nota del 22 luglio (diffusa ad inizio agosto) l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha contestato l'affidamento diretto del servizio idrico integrato genovese ad Iride Acqua Gas (oggi Iren Acqua Gas). Questa decisione, che consegna a Iren l'acquedotto fino al 2032, era stata presa nell'agosto del 2009 dall'Ambito territoriale ottimale (Ato) di Genova. Secondo il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, che ha indirizzato una lettera alla società, al presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e ai dirigenti di Iren, “l'Autorità ritiene che […] tale decisione introduca nuovi ed ingiustificati elementi di distorsione della concorrenza nel mercato di riferimento, ponendosi in chiaro contrasto con la legislazione nazionale in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali”. 
Concorrenza, del resto, sembra essere solo una bella parola, utilizzata spesso anche da Roberto Bazzano, il presidente di Iren che è anche alla guida di Federutility, la federazione delle aziende di settore. 
Il problema, per l'Autorità, è che Iride (oggi Iren) ha ricevuto un affidamento diretto, cioè senza gara. L'affidamento diretto, però, è appannaggio di società per azioni interamente controllate dagli enti locali. Nel capitale di Iren, invece, oltre ai Comuni di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, di quelli di Torino e Genova (attraverso la Finanziaria sviluppo utilities) ci sono Unicredit (con la Fondazione Crt) e Intesa San Paolo.  

Quella dell’Antitrust è solo una segnalazione. L'Autorità non ha il potere di revocare la concessione, anche se la lettera dà conto di un “peccato originale” che peserà sul futuro di Iren -1,71 miliardi di euro il ricavo dei primi sei mesi del 2010, con 105 milioni di euro di utile-. La società, nata ad inizio luglio, vorrebbe diventare “il più grande gestore del servizio idrico in Italia”. E l'acquedotto di Genova è l'architrave sul quale costruire questo impero. A fine agosto Bazzano, in una conference call con gli analisti finanziari, ha annunciato che il piano industriale di Iren sarà pronto per dicembre 2011, lasciando intendere -scrive l'Ansa- “che la caccia avviata nel settore idrico con l'Opa su Mediterranea delle Acqua, lanciata assieme al fondo F2i, andrà avanti”. F2i è il fondo di Vito Gamberale, con capitali tra l'altro di Cassa depositi e prestiti e di Merryl Linch (vedi Ae 118). “L'operazione San Giacomo (il veicolo con cui è stato condotta l'Opa su Mediterranea delle Acqua, ndr) non è stata fine a se stessa, sull'ambito della sola Genova -ha detto Bazzano- ma è una joint-venture per consolidare in modo più ampio i servizi idrici, guardando ovviamente prima ai territori storici di riferimento delle aziende del gruppo”. A Piemonte, Liguria e all'Ovest dell'Emilia Romagna. 

Dalla rivista Altreconomia un articolo di Luca Martinelli datato 01 settembre 2010.

L'Autorità garante per la concorrenza bacchetta la multiutility piemontese-ligure-emiliana

Qui di seguito il parere completo dell' Antitrust di cui tratta l'articolo:


AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO NELL'AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE DI GENOVA 
Roma, 22 luglio 2010  
Presidente della Regione Liguria 
Conferenza dei Sindaci dellATO della Provincia di Genova 
Iride Acqua Gas S.p.A. (ora Iren Acqua Gas S.p.A.) 

Nellesercizio dei poteri di cui allarticolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, lAutorità Garante della Concorrenza e del Mercato intende formulare alcune osservazioni in merito alla legittimità dellaffidamento diretto del Servizio Idrico Integrato nellAmbito Territoriale Ottimale (di seguito, ATO) di Genova,  sino al 31 dicembre 2032, alla società Iride Acqua Gas S.p.A. (oggi Iren Aqua Gas S.p.A.).
LAutorità sottolinea di aver già valutato la questione relativa alla legittimità e allopportunità del sopra citato 
affidamento con la segnalazione AS510 del 26 marzo 2009. In detto contesto, lAutorità aveva rappresentato al 
Parlamento, al Governo e alle Amministrazioni locali competenti le diverse criticità di natura concorrenziale che 
caratterizzavano, da un lato, la Legge Regionale della Regione Liguria 28 ottobre 2008, n. 39, recante Istituzione delle autorità dambito per lesercizio delle funzioni degli enti locali in materia di risorse idriche e gestione rifiuti ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dallaltro, la decisione n. 9 del 17 dicembre 2008, con cui la Conferenza dei Sindaci dellATO di Genova aveva disposto, sulla base della citata normativa regionale, la proroga dellaffidamento diretto del Servizio Idrico Integrato in favore della società Iride Acqua Gas S.p.A. Gruppo Iride S.p.A. almeno fino al 30 giugno 2009.  
Nella citata segnalazione, lAutorità aveva ricordato, tra laltro, il principio secondo cui laffidamento di un servizio 
pubblico mediante gara costituisce uno strumento essenziale per lindividuazione dei gestori del servizio secondo modalità che consentono il corretto funzionamento del mercato ed assicurano la c.d. concorrenza per il mercato. Inoltre, lAutorità aveva sottolineato come la natura eccezionale del ricorso allaffidamento diretto del servizio trovasse esplicito riconoscimento nelle modifiche normative alla disciplina delle modalità di affidamento e gestione dei servizipubblici locali, introdotte dallarticolo 23-bis del decreto legge n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008. Allo stesso modo, lAutorità aveva sottolineato la natura anticoncorrenziale delle disposizioni, contenute nella citata legge Regione Liguria n. 39/2008, che consentono alle AATO di posticipare la cessazione della concessione qualora la medesima risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati dal gestore, fermo restando l'aggiornamento e la rinegoziazione delle convenzioni in essere (articolo 4, comma 5), evidenziando come prevedere la possibilità in capo alle AATO di rideterminare la data di cessazione della concessione, a fronte della mera rinegoziazione della convenzioni in essere, comportasse, di fatto, lelusione della normativa nazionale in materia ed impedisse agli operatori presenti nel mercato di candidarsi alla gestione del servizio oggetto di affidamento. Per tali ragioni, lAutorità aveva auspicato un adeguamento della normativa regionale ai richiamati principi di matrice comunitaria e nazionale, con conseguente revisione delle relative determinazioni amministrative già in assunte o in via di assunzione da parte della Conferenza dei Sindaci in indirizzo. Tuttavia, alla luce di una nuova segnalazione effettuata dalla Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse Idriche (Co.N.Vi.Ri.), è emerso che, successivamente allintervento dellAutorità, non essendo intervenute nel frattempo le auspicate modifiche della legislazione regionale di settore, la Conferenza dei Sindaci dellATO di Genova ha provveduto, con decisione n. 9 del 7 agosto 2009, mediante rinegoziazione della convenzione e rideterminazione della data di cessazione della concessione esistente, peraltro già scaduta ad un nuovo affidamento diretto del Servizio Idrico Integrato alla società Iride Acqua Gas S.p.A. sino al 31 dicembre 2032, senza peraltro menzionare, nella citata decisione, le intervenute modifiche legislative di natura sostanziale e procedurale introdotte dal già richiamato articolo 23-bis della legge n. 133/2008, anche con riferimento al regime transitorio disciplinato dal comma 8 dellarticolo 23-bis, così come modificato dal decreto legge n. 135/2009, convertito in legge n. 166/2009.  

LAutorità ritiene che, per le argomentazioni già svolte nel precedente intervento segnalatorio AS510 del 26 marzo 2009, tale decisione introduca nuovi ed ingiustificati elementi di distorsione della concorrenza nel mercato di riferimento, ponendosi in chiaro contrasto con la legislazione nazionale in materia di modalità di affidamento e gestione  dei servizi pubblici locali, così come disciplinata dallarticolo 23-bis del decreto legge n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, e successive integrazioni e modifiche, nonché con i principi concorrenziali più volte richiamati da questa Autorità, anche con specifico riferimento al settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Sulla base di tali considerazioni, lAutorità sollecita le Amministrazioni in indirizzo a tener conto, con riferimento al caso segnalato, dei principi concorrenziali espressi e auspica che laffidamento del Servizio Idrico Integrato nell'ambito dellATO Genova venga riconsiderato secondo i criteri e le modalità previsti dal citato articolo 23-bis, nonché alla luce dei principi di natura concorrenziale già illustrati nella citata segnalazione AS510 del 26 marzo 2009.
In linea più generale, si richiamano le Amministrazioni competenti a interpretare la normativa rilevante in conformità ai principi di concorrenza stabiliti dallordinamento comunitario e nazionale e si rappresentano, altresì, al legislatore regionale lopportunità e lurgenza di una modifica delle normative di settore attualmente vigenti che tenga conto dei principi concorrenziali sopraenunciati, al fine di stimolare anche nel mercato del Servizio Idrico Integrato un maggiore confronto concorrenziale, volto da una parte a stimolare una crescita del settore e, dallaltra, a migliorare le condizioni di offerta dei servizi a vantaggio degli utenti finali.


IL PRESIDENTE 
Antonio Catricalà

«Gheddafi vuole l'acqua dei Reatini:

no ai progetti libici su Antrodoco»

Legambiente denuncia: nel borgo il colonnello investirebbe milioni di euro, ma mira al suo oro blu

ROMA - Giù le mani dei libici da Antrodoco. Proprio mentre nella capitale italiana si diffonde la notizia che ci sarebbe anche un fondo libico fra i possibili acquirenti della A.s. Roma, Legambiente lancia l'allarme su un affare che di sportivo ha ben poco. 
Secondo l'associazione il colonnello Gheddafi avrebe progetti nascosti - e non confessabili - per il piccolo borgo laziale di Antrodoco, che nell'estate del G8 aquilano aveva fatto notizia per una improvvisa visita del colonnello.
L'ORO BLU - Gheddafi - che in seguito aveva spedito nel borgo Reatino ai piedi del Monte Giano l'ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur, accompagnato da Muri El Mishari, generale dell'esercito a capo del cerimoniale - sotiene di aver adottato il paesino per simpatia, ma in realtà sarebbe interessato a divenire comproprietario dell'acqua che scaturisce dalle fonti della zona.
I progetti sull'oro blu del leader libico, ben visti dagli amministratori locali, starebbero per concretizzarsi. All’orizzonte del piccolo comune, 2800 abitanti, un albergo di lusso con beauty farm e uno stabilimento per imbottigliare l’acqua minerale.
LE FONTI DELLA CAPITALE - Il retroscena era stato già raccontato dal Corriere della Sera nel giugno scorso: Gheddafi ha scoperto il piccolo centro, sovrastato peraltro dalla scritta Dux (realizzata con gli alberi piantati nel ’39 dagli allievi del corpo forestale), mentre si recava al G8 dell’Aquila seguendo un percorso alternativo all’autostrada. Ma qualcuno sospetta la «scoperta» non sia stata casuale.
«A poca distanza da Antrodoco - ricorda Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio - ci sono le sorgenti del Peschiera, che forniscono acqua potabile di altissima qualità alla stragrande maggioranza dei romani. Non vorremmo che l'operazione del colonnello Gheddafi ad Antrodoco prefigurasse un primo passo per una più ampia "conquista" delle riserve idriche appenniniche».

PROGETTI E DUBBI - Sul progetto di sfruttamento delle acque di Antrodoco, nel quale il leader libico investirebbe 15 o 16 milioni di euro, Legambiente chiede sia fatta chiarezza: «L'acqua è un bene comune, pubblico e universale, come hanno appena ribadito quei milioni di cittadini italiani che hanno firmato per il referendum contro ogni ipotesi di sua privatizzazione - scrive Parlati -. Per questo siamo molto preoccupati dalle oscure operazioni che sembrano ruotare attorno alle preziose riserve idriche sotterranee dei Monti Reatini e in particolare dalle voci di ingenti investimenti del "regime autoritario" libico nel Comune di Antrodoco».
Legambiente si domanda poi «quale possa essere l'interesse pubblico tale da giustificare un'operazione del genere senza alcuna gara per la scelta del partner, con l'ipotesi di cessioni di importanti beni in comodato gratuito o attraverso la costituzione di un'apposita società mista».
Paolo Brogi
11 settembre 2010

Fonte: Corriere

mercoledì 15 febbraio 2012


ACEA, IL DIVORZIO DA GdF NON MUTA
LE PROSPETTIVE

Le voci sempre più insistenti di un addio a Gaz de France-Suez non mutano le prospettive degli analisti sul futuro di Acea. Nei giorni scorsi indiscrezioni giornalistiche hanno parlato di uno scioglimento ormai prossimo per la joint venture Acea-Electrabel, come sbocco definitivo alle divergenze di vedute emerse negli ultimi mesi. A Gaz de France andrebbero le attività della produzione (e probabilmente il trading) inclusa Tirreno Power, fatta eccezione per l'idro e le vecchie centrali termoelettriche, mentre alla utility romana finirebbero le attività di cessione dell'energia e un conguaglio tra i 150 e i 200 milioni di euro (le fonti sono discordi), di cui una buona parte in contanti.
Il clima tra i due gruppi appare orientato alla collaborazione, tanto che i francesi sarebbero interessati a sviluppare futuri accordi nel settore idrico. Per Websim non sono attesi cambi di rotta significativi: Acea subirà una diluizione a livello di Ebitda, compensata da una riduzione del debito. Così sul titolo viene confermata la raccomandazione “neutrale”, con un target price a 9,50 euro. Gli analisti di Banca Leonardo calcolano per la joint venture un enterprise value di 784 mln euro: considerando un rapporto tra debito e patrimonio netto del 50%, l'equity value in capo ad Acea dovrebbe aggirarsi sui 392 milioni. Anche in questo caso, la prospettiva non cambia il giudizio di fondo, con una conferma tanto del rating “buy”, quanto del prezzo obiettivo di 10,6 euro. Nel secondo trimestre 2010 Acea ha superato le attese del mercato, registrando un Ebitda di 166,8 milioni di euro (rispetto ai 154 milioni stimati dagli analisti), un Ebit a 82 milioni di euro (in linea) e un risultato netto di 44 milioni (dieci in più delle stime).

Il debito netto che ha chiuso a quota 2,21 miliardi (contro i 2,29 previsti) grazie al miglioramento del circolante, che era atteso solo alla fine dell'anno. Dopo l'emissione di un bond da 500 milioni a marzo, il debito risulta posizionato sul lungo termine con una vita media di circa dieci anni: il 70% è a tasso fisso, con un tasso medio complessivo inferiore al 3,50%. Infine, la relazione semestrale offre un quadro positivo anche sul fronte della liquidità, con 1,5 miliardi euro disponibili.

Luigi Dell’olio – la Repubblica, Affari & Finanza

sabato 11 febbraio 2012



Acque minerali e veleni

ALLARME. Dal nuovo atlante “Geochemistry of European bottled water”, pubblicato dalla EuroGeo Surveys, emergono dati inquietanti su quello che bevono gli italiani. Metalli tossici e uranio nelle bottiglie di plastica.

Com’è l’acqua che beviamo? Ricca di sostanze potenzialmente pericolose per la salute, specie quella minerale in bottiglia, che nel nostro paese è diffusissima, visto che arriva nel 98 per cento delle famiglie italiane. I nostri connazionali sembrano vedere nell’acqua in bottiglia qualcosa di sano e sicuro, ma leggendo i risultati del nuovo atlante delle acque minerali “Geochemistry of European Bottled Water”, appena pubblicato dall’organizzazione EuroGeoSurveys, che raggruppa 32 servizi geologici del vecchio continente, i dubbi nascono spontanei.

Infatti, se i valori medi di elementi come arsenico, piombo, vanadio, antimonio contenuti nelle bottiglie esaminate nel nostro paese (in tutto 157) sono abbastanza lontani dai limiti massimi previsti in Europa per le acque potabili in generale, è però vero che la situazione cambia, e molto, se si guardano i valori massimi di queste e altre sostanze. In una bottiglia italiana sono stati riscontrati infatti valori di arsenico pari a 8,91 microgrammi per litro (il limite di allarme per la salute è 10), mentre altre delle nostre acque contengono 4,69 microgrammi di berillio o 48,9 di vanadio (che ha come limite 50): la situazione da studiare meglio è però quella del manganese, metallo tossico che se respirato può favorire il Parkinson, di cui un’acqua del nostro paese contiene 292 microgrammi, a fronte di un limite europeo che per l’acqua minerale è di 500 mentre per quella del rubinetto è di appena 50 microgrammi. 

La presenza di soglie di attenzione così diverse non può che suscitare qualche sospetto, visto che esistono acque minerali che superano di ben sei volte il limite stabilito per le acque del rubinetto, e chissà qual’è il motivo per cui le soglie sono così diverse, a livello europeo. Ancora più allarmante il fatto che per alcune sostanze i limiti non esistano proprio: in primo luogo per l’uranio, che nelle acque censite in Italia ha un valore medio di 1,24 microgrammi, ma abbiamo anche una marca che arriva a 31, nonché per lo stronzio, che può essere radioattivo e ha un valore medio di 750 microgrammi per litro arrivando ad un massimo di 14mila 100.

Non è solo il nostro Paese ad avere una situazione così particolare: in tutta Europa esistono valori sorprendenti, ad esempio un’acqua della Repubblica Ceca contiene 229 microgrammi di uranio, altre hanno 25mila 500 micogrammi di stronzio, 49 di vanadio o 371 di selenio. La prudenza sui dati è d’obbligo, i ricercatori che hanno partecipato al lavoro sull’atlante dicono che «la qualità delle acque minerali italiane è certamente superiore alla media europea», e che molte delle stranezze nei valori potrebbero essere causate da «discrepanze nelle metodiche analitiche utilizzate a livello Europeo e Nazionale o a cause naturali, cui non sono generalmente associabili effetti negativi sulla salute». Infatti, il contenuto “totale” di un analita nelle acque «non coincide con quello effettivamente biodisponibile per l’organismo», che potrebbe provocare effetti avversi sulla salute. Gli studi condotti in tal senso a livello nazionale ed europeo finora non avrebbero «evidenziato correlazioni tra tenori naturali elevati di sostanze inorganiche nelle acque ed effetti negativi sulla salute delle popolazioni esposte», e questo varrebbe perfino per l’uranio, anche se certo, un intervento in materia, magari da parte dell’Unione Europea, non sarebbe male. 

è uno degli stessi autori del libro, Clemens Reimann del servizio geologico norvegese, ad ammettere che la veranovità emersa dalla ricerca è la scoperta  di «un’enorme variabilità (fino a 7 ordini di magnitudine per alcuni elementi, tra cui l’uranio) in molti elementi contenuti nell’acqua potabile». Una novità che dovrebbe incoraggiare ulteriori studi sulla bevanda più amata dagli italiani.      

Fonte: TerraNews

I veleni dell’acqua

Alessandro De Pascale
BASILICATA. Dopo anni di voci sullo smaltimento illecito di rifiuti in Lucania, le analisi di sorgenti e dighe che riforniscono gli acquedotti confermano la presenza di boro, bario, berillio e nitrati. Ma la Regione tace.
L'ultima indiscrezione sui possibili traffici di rifiuti pericolosi, porta ai Laghi di Monticchio. Si tratta delle bocche crateriche di un antico vulcano sul monte Vulture, in provincia di Potenza. Due laghi parte di una riserva naturale regionale. C’è chi giura di aver visto camion scaricare fusti. Una prima parziale conferma arriva dalle analisi delle locali sorgenti, condotte a Berlino dal Servizio geologico tedesco, per conto del Dipartimento di scienze della terra dell’università Federico II° di Napoli, diretto dal professore Benedetto De Vivo.

La sua squadra, nell’ambito di un progetto europeo teso alla caratterizzazione geochimica delle acque minerali imbottigliate e degli acquedotti dei Paesi membri, ha analizzato 158 differenti marche italiane sulle 415 ufficialmente accreditate dall’Unione europea. I risultati sono stati pubblicati a marzo su Science. Ci sono anche quelle del Vulture, come Gaudianello, Toka, Felicia, Lilia e Sveva. Dalle analisi è risultata una elevata quantità di boro, un «elemento pericoloso», la cui esposizione provoca gravi danni all’apparato riproduttivo maschile ma anche infezioni a stomaco, fegato, reni e cervello.

In quelle acque è stata trovata la concentrazione di boro più alta d’Italia: 1.170 microgrammi per litro, quantità superiore sia al valore guida stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità (500 µg/l) che delle legislazioni italiana ed europea per l’acqua minerale imbottigliata (5.000 µg/l). Alte concentrazioni di boro sui suoli e nelle falde si possono trovare solo in due casi: un traffico aereo sostenuto o delle discariche (tramite il percolato prodotto dai rifiuti). Ma in quelle acque c’erano anche solfati e berillio, un elemento di classe A cancerogeno per l’uomo, che sul Vulture sfiora i 4 microgrammi per litro, limite stabilito dalla legge italiana per le falde acquifere oltre il quale è obbligatorio «un intervento di bonifica delle acque, anche se non destinate al consumo umano».

L’equipe di De Vivo sottolinea però che paradossalmente «sia in Italia che in Europa non è stato stabilito alcun limite di concentrazione per il berillio nelle acque destinate al consumo umano, tanto meno per le minerali». Prima dell’estate era scoppiato anche il caso delle dighe lucane della Camastra, del Pertusillo e di Montecotugno, la più grande in terra battuta d’Europa. Si tratta di invasi per uso potabile. L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata (Arpab) aveva scoperto alte concentrazioni di bario e boro. Giuseppe Di Bello è l’ufficiale della polizia provinciale di Potenza che ha reso pubblici questi dati, oggi sospeso e indagato per rivelazione del segreto di ufficio.

«Un dirigente della direzione ambiente della Regione mi chiese di fare dei controlli perché i dati dell’Arpab su quelle dighe erano allarmanti», ricorda Di Bello. «Così decisi di fare delle contro analisi dalle quali risultò un inquinamento addirittura maggiore rispetto ai primi rilievi». Da allora le associazioni ambientaliste, i cittadini e i Radicali lucani, chiedono l’apertura di un’inchiesta per stabilire le ragioni che hanno determinato l’inquinamento dell’acqua lucana. Ma soprattutto un’adeguata depurazione, visto che quegli invasi continuano a rifornire i rubinetti delle loro case.    
www.terranews.it

venerdì 10 febbraio 2012



April 19, 2011
U.S. Urban Residents Cut Water Usage;

Utilities are Forced to Raise Prices


As municipal water consumption declines, cities raise rates and civic ire.

By Brett Walton
Circle of Blue
Last week the Metropolitan Water District of Southern California, one of the nation’s largest municipal water suppliers, announced that along with requiring its customers to use less water under mandatory conservation measures it also would hike up the price for water by 15 percent over the next two years.
The board of the Los Angeles-based water district, which supplies drinking water to nearly 19 million people in parts of Ventura, Los Angeles, Orange, San Diego, Riverside and San Bernardino counties, anticipates a public push back.
Indeed as water sales have declined because of the recession and conservation, water utility boards all across the country have raised rates, prompting civic dismay. A growing number of raucous council meetings, street protests and petition drives in opposition to higher water prices have occurred in cities large and small–Detroit; San Diego; Joplin, Mo.; Prairie Township, Ohio.
In effect, in too many American cities to count, water consumers are dramatically reducing the amount they use only to be hit with higher water rates. Existing designs for deciding water rates are the culprits. A handful of cities are restructuring their billing systems to benefit conservation-minded consumers who deserve to be rewarded rather than penalized.

The trend favors even more water conservation. A recent report from the Denver-based Water Research Foundation found that the recession has bottled up water demand in many areas of the country-–particularly in regions hard hit by unemployment and foreclosures. And since the mid-1990s, federal law has required new fixtures to be low-flow, meaning they use less water. Showerheads, for instance, are limited to a flow of 2.5 gallons per minute. And toilets can only use 1.6 gallons per flush, down from the 3.5 gallons that were standard in the 1980s.
The unintended consequence of using less in most cities is that ratepayers pay more. The Cleveland region has increased water rates 45 percent to 80 percent since 2007. Cleveland Water Commissioner Chris Nielson explained to the The Plain Dealer last week that “revenue was $25 million below projections last year because of a decrease in consumption.”
“With a deductive reasoning applicable only to a public service monopoly, the answer is to punish the consumers’ conservation efforts with a rate increase,” said Kevin Bakley, a resident and water customer from Strongsville, in a letter to the editor. “At least the return of spring will allow completion of road repairs for the continual, unimpeded egress of corporations and citizens leaving Northeast Ohio.”
Water consumption in St. Charles, Illinois dropped to 1.5 billion gallons last year from 1.68 billion gallons in 2008. John Lamb, the director of the city water department, is preparing a recommendation to the St. Charles City Council to raise rates 4 percent. It would be the third increase in as many years.
“It’s funny, in the sense that it’s a double-edged sword,” Lamb told the Kane County Chronicle. “We tell people all the time to conserve water, conserve water. But then we, as the municipality providing the water, suffer because there’s less money coming in to maintain that system.”
Well, it’s not so funny to thousands of water customers. Ratepayer protests are erupting, many of them in California, a state entering the fourth year of drought. Residents of San Diego submitted 14,000 written protests to the city clerk’s office in November 2009 opposing a new rate–the sixth since 2007–that would have increased the average monthly bill by $4.73.
To a large extent, say some authorities, water conservation should not necessarily translate into higher prices. Rather the system for deciding water rates needs to be redesigned to reward customers who conserve, not lash them.
“There’s no reason why municipalities who implement conservation programs should have to raise their rates,” said Peter Gleick, president of the Pacific Institute. “If that happens it’s a failure of rate design.”
Conservative Conservation and the Death Spiral

Las Vegas water officials call the tradeoff between saving water and raising rates the conservation death spiral. Water utilities are natural monopolies–the cost of delivering water is lowest when there is just one supplier. In the U.S. water utilities are generally publicly–owned and the rules governing each utility differ by city, with most not allowed to make a profit. Any rate increase, even for investor-owned water companies, usually has to be approved by a public service commission. The interjection of public policy and politics is ostensibly to keep the water supplier from gouging the customer, but it has the consequence of affecting a utility’s business incentives.
“Water agencies in the past have tried to keep rates low, in part because of political pressure,” said Heather Cooley, a researcher at the Pacific Institute’s water program. “Members of the board are often elected. It does create problems in the long term, namely failure to adequately invest in infrastructure. Part of the reason utilities are not making those investments is the pressure to keep rates low.”
As a result, cities are often playing catch-up with rates, burning through cash reserves and ignoring system improvements until a rate increase becomes absolutely necessary. Historically, to keep revenue stable, public utilities charged a flat fee for water regardless of how much was used. With the introduction of water meters in the early 20th century, some cities began charging based on the volume of water used, sometimes $2.00 per 1,000 gallons.
The use of meters, however, varied widely around the country. By 1927, 100 percent of the water connections in Portland, Ore. were metered, but this isn’t the case for all cities. To date, Sacramento still has meters in only 25 percent of its houses.
A big shift in pricing occurred in the arid Southwest in the late 1970s. Because of rising use and declining water supply, Tucson, Ariz. instituted an increasing block tariff to encourage conservation. Under an increasing block tariff the cost for a unit of water gets more expensive the more a customer uses. For example, the first eight 1,000 gallon-units might cost $2.00 each, but every 1,000 gallons over that limit would cost $5.00 each, with potentially more tiers added to the rate, depending on the price agenda of the utility.
Fernando Molina, conservation manager at Tucson Water, the city’s utility, explained the circumstances prompting the rate changes in Tucson.
“The 1970s is when the strong conservation movement emerged,” Molina told Circle of Blue. “Back then infrastructure had not kept up with growth. During peak times in summer the utility had trouble meeting demand, especially in the higher elevations in the city. There was a lack of distribution lines and reservoir capacity. When the block rate was introduced it caused a lot of controversy.”
Businesses accused the council of being anti-growth while residents gathered signatures to recall the council. At a special election that fall, every council member who voted for the price increase was voted out of office.
The political fallout in Tucson did not stop the inevitable spread of block tariffs. Cities in which water was scarce had kept the price of water too low and needed to cut rampant use. In areas with limited water supply, block tariffs encouraged conservation by raising the price of consumption for high-volume users. Certain municipalities dealt with the peak demand problems by ordering seasonal rates, which are higher in dry seasons. Though tiered pricing was slow to take hold and poorly implemented where it did, the shift in rates was clear–prices were now a tool to steer conservation.
This is often when death spirals, which are products of utilities allocating costs, occur. Mention conservation and water rates to water managers using a block tariff and they will give you a similar version of the story told by Doug Bennett, conservation manager for the Southern Nevada Water Authority:

“You say [to the customer] we want you to conserve. No rate changes, just a call for conservation. If people react more strongly than you thought they would, then suddenly there’s a revenue shortfall. Now we have to increase rates to recover that. Sometimes we raise rates in upper tiers, but that just increases conservation. The wise thing to do is put it in a service charge or lower tiers, but that sours the relationship with the public.”
Utilities face two major categories of cost: fixed and variable. Fixed costs do not change regardless of whether the utility sells any water or not, such as system maintenance and staff salaries. Variable costs–energy, purchased water, chemicals for treatment–change depending on demand.
Most utilities charge all customers a fixed monthly service fee in order to pay for fixed costs, but most utilities have a serious imbalance in assigning revenues to costs. While 72 percent of the Las Vegas Valley Water District’s costs are fixed, the utility’s fixed fee covers only 18 percent of its fixed costs. The balance is covered by charges on consumption, so if water use goes down too rapidly the utility gets into financial trouble.
“Water agencies have a disincentive to conservation because if customers cut use, it cuts sales,” Cooley told Circle of Blue.
In essence, water utilities make money selling water. And since selling less water decreases revenue, utilities develop a perverse incentive that welcomes dry periods because people will use more water on their lawns and generate more income for the utility.

“Rising conservation has contributed to revenue volatility,” said Rusty Cobern, budget and finance manager for the Austin Water Utility. “We would have expected a revenue windfall during the [recent] drought. Aggressive conservation pricing model can eliminate windfall opportunities.”
Phoenix is contemplating the same problem. Price increases and education programs have kept water usage stable for the past decade despite a 28 percent increase in population. But now the utility wonders how much conservation is too much.
“How low can we go?” asks Steve Rossi, the principal water resources planner for Phoenix. “From a revenue standpoint, our capital obligations are pretty substantial. Assumptions were made in the past made about revenue flows. We are looking at how things balance down the road if you reduce demand.”
Because publicly-owned utilities are often barred from making a profit, they go through detailed budgeting when setting rates so that they can cover their costs while keeping rates low. Included in these budgets are estimates for how much the customers will conserve. The Marin Municipal Water District in California based its 2009 budget on a projected three-percent decline in sales due to conservation, said Libby Pischel, the district’s public information officer.
As it turned out, customers responded too well to conservation requests, cutting back water use by eight percent, leaving the utility short of cash and forcing an unwelcomed rate increase.
Utilities could avoid the problem by shifting some of their revenue from consumption to fixed charges, but that increases the cost for low-volume customers.
Conservation Instinct Still Strong
Despite the perils of the death spiral, the argument for conservation is strong. Developing new sources of water is expensive, especially as the distance to untapped rivers and reservoirs increases. In Seattle conservation measures have led water managers to predict that the two water supply reservoirs the utility operates will meet the city’s demands until well after 2060.
Conservation can also prevent supply problems during dry periods.
“Long-term conservation improves the supply reliability of system,” said Drew Beckwith, a water specialist with Western Resources Advocates. “If you conserve now, when there’s a drought there will be water in the reservoirs.”
“When I was young I always wanted a rate increase, an aggressive rate structure,” added Bennett in an interview with Circle of Blue. “I wasn’t aware of what the finance people do. It’s really a fine art. What is terrifying to finance people is to throw out rate structure completely and try something new. It’s like cooking — you turn up or turn down the burner. If you throw something big in there it can turn ugly fast.”
“There’s not a lot of benefit to achieving conservation goals ahead of schedule,” he said.
The Irvine Model
Several water utilities have figured out how to resolve the conflict between conservation and revenue.
Irvine Ranch Water District in Orange County, Calif. pioneered a new model when it instituted an allocation-based rate structure in 1991.

Every household is given an allocation based on personal use needs of 55 gallons per person per day and lawn needs based on efficient watering. Customers can apply for an adjustment if there are more people in the house than the utility assumes. A base price is set for the allocation. If a household exceeds its allocated use, it is penalized with rates up to eight times higher than the base rate. On the other hand, if a household is water-frugal it receives a discounted rate.
“Our water rates are the second lowest in our county,” said Fiona Sanchez, IRWD’s conservation manager. “Customers who use water efficiently are rewarded with low rates.”
Not only are rates low, but use is low too. The average customer served by Irvine Ranch uses 52 percent less water per day than the average person served by other Orange County utilities. Efficient use helps to keep prices low by reducing the need to buy water imported from the Colorado River.
IRWD’s success stems from a prudent division of costs and allocation of revenues.
“The key to revenue stability is that we separated fixed and volumetric charges,” Sanchez told Circle of Blue. “We know what our operating costs are and that’s distributed across all customers. If our volumetric sales go down, we’ve got our fixed costs covered.”
IRWD also separated its capital costs from its operations costs. Capital projects to build or maintain water infrastructure are paid for by property taxes and one-time connection fees charged to new users in the system. This keeps water bills in check, but transfers the costs of expansion and repair to a resident’s tax bill.
IRWD customers seemed to be pleased with the system. The utility earns extremely high customer satisfaction scores, and its board members get re-elected, Sanchez said.
Irvine Ranch has conservation, lower prices and customer satisfaction. A handful of utilities in California, because of drought and pumping restrictions, have shifted to allocation-based pricing in the last year and a few others are considering it, Sanchez said.
So why aren’t more following this model?
Data needs are one problem, Sanchez said. The utility needs information about each household’s irrigated acreage. Allocations for lawns are based on micro-climates within the service area and the water requirements from plant use and evaporation.
Another problem is antiquated billing systems, which are often expensive to upgrade.
While there are certainly technical issues to be sorted out, utilities can avoid the backlash from rate increases by improving communication with their customers, the Pacific Institute’s Cooley said.
“Water agencies should be communicating to customers that yes, rates went up in the short term, but it is far less than if we had to build new facilities for a new water source. I don’t think agencies have been good in communicating.”
“I think it’s a failure across the board to engage people,” she added. “It’s a missed opportunity. Most people don’t understand what it takes to provide a clean water supply. When you explain it to them, the utility is able to better maintain a functioning system.”
Residents are looking for leadership from their utilities. At the water rate hearing in Marin County, Calif., board members were urged to make the case for why rate increases were necessary.
“Stop penalizing homeowners who conserve and start rewarding them,” said one resident, the Marin Independent Journal reported.

http://www.circleofblue.org/waternews/2010/world/u-s-urban-residents-cut-water-usage-utilities-are-forced-to-raise-prices/