sabato 13 luglio 2013

Bolletta da 22 mila euro alla onlus l'errore dell'Acea sui disabili


La Anfass di Ostia si è ritrovata un conto salatissimo, ottenuto con la solita 'lettura stimata' da parte del gruppo energetico, relativo al consumo di un solo bimestre. Come più volte denunciato dalle associazioni di tutela dei consumatori, quello delle bollette pazze è un sistema utilizzato da alcune imprese per iscrivere a bilancio crediti importanti vantati nei confronti degli utenti

di DANIELE AUTIERI

Una bolletta da 22mila euro per un consumo 99.844 kilowatt/ora. Non stiamo parlando della Fiat ma di una onlus specializzata nella tutela dei disabili, la Anfass di Ostia, che si è vista recapitare dall’Acea il salatissimo conto per un solo bimestre. La modalità ancora una volta, come in tanti altri casi simili, è quella della “lettura stimata” elaborata da Acea Distribuzione (la controllata del Gruppo che si occupa appunto dell’approvvigionamento energetico) non su dati certi ma sulla base di calcoli legati ai consumi medi.
Tuttavia la povera Anfass di Ostia era abituata a bollette di ben altro tenore. "La nostra spesa bimestrale media — racconta oggi il direttore generale Stefano Galloni — si è sempre aggirata intorno ai 1.200 euro che sono scesi a 6/700 da quando abbiamo installato i pannelli solari. Quando abbiamo aperto la busta arrivata lunedì scorso e letto 22.970 euro ci sono tremate le ginocchia".

Il seguito è stata la corsa in banca e la richiesta di bloccare il pagamento automatico della bolletta direttamente sul conto corrente che avrebbe rischiato di far finire la onlus nella lista dei protestati. Tra l’altro l’associazione, oltre ad essere uno dei principali centri di riabilitazione neurologica presenti nel Lazio, si vanta di non aver mai pagato in ritardo un’utenza e di aver ottenuto negli anni una tripla certificazione internazionale sul proprio operato. Tra queste anche la Iso 14001, riconosciuta solo a chi produce energia pulita attraverso l’uso dei pannelli solari.
E il contratto di Anfass con Acea per un consumo previsto di 25 kilowatt al mese, equivalenti a meno di 1.500 euro, era proprio ritagliato sulla base di queste esigenze e caratteristiche. Nessuno aveva previsto la roulette delle bollette pazze, che a quanto pare arrivano a colpire anche con una certa ripetitività. "Già lo scorso anno — prosegue Galloni — abbiamo ricevuto dall’Acea una richiesta di pagamento per altri 20mila euro di arretrati. Un altro errore che finì con le scuse dell’azienda e un rimborso nei nostri confronti di 2.200 euro".

Un anno dopo l’azienda quotata in Borsa e controllata dal Comune di Roma al 51% è tornata a presentare le sue scuse, annullando in pochi giorni la salata bolletta e anzi accertando a favore dell’associazione una nota di credito da 700 euro. Purtroppo, non era stata questa la prima risposta ottenuta da un operatore del call center Acea al momento della denuncia che — confessa il direttore della Anfass — avrebbe detto: "Non pensate di chiedere di parlare con un dirigente tramite noi o gli sportelli perché non siamo autorizzati a farlo; potete soltanto utilizzare carta e penna e fare una raccomandata. Ci scusiamo per l’increscioso operato dell’azienda nei vostri confronti, sono cose che non dovrebbero accadere".

E in effetti, dopo essersi resa conto dell’abbaglio, è stata proprio l’Acea a tornare sui suoi passi. Un atto di contrizione che non basta ai vertici dell’associazione decisi una volta per tutte a cambiare operatore. "Quello che fa pensare — conclude Galloni — è che il nostro caso non è il solo. Sappiamo di tanti colleghi e imprenditori che si sono trovati di fronte a errori del genere. E molti, meno avveduti o meno conosciuti di noi, hanno dovuto pagare sperando di essere in seguito risarciti".
Come più volte denunciato dalle associazioni di tutela dei consumatori, quello delle bollette pazze (siano esse nel settore energetico, dei rifiuti o altro) è un sistema utilizzato da alcune imprese per iscrivere a bilancio crediti importanti vantati nei confronti degli utenti. Questa massa di crediti si trasforma in una garanzia da presentare al tavolo della trattativa con le banche per ottenere nuovi prestiti. Uno stratagemma finanziario pagato dai cittadini.
 



http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/07/12/news/bolletta_da_22_mila_euro_alla_onlus_l_errore_dell_acea_sui_disabili-62827796/

Ato 5: si ricorre contro i 75 milioni ad Acea





Riunita la Consulta dei Sindaci  dell’Ato 5. Stabilite le contromisure alla richiesta dei 75 milioni di euro da parte di Acea (relazione Commissario Dell’Oste). Associazioni sul piede di guerra.
di CiociariaReport24@ciociariareport

Giovedì 11 luglio, si è riunita la Consulta d’Ambito dei sindaci dell’Ato 5. L’organismo, rinnovato da poco grazie alla spinta in avanti del Commissario Straordinario Patrizi, ha analizzato attentamente tutti i punti caldi della convenzione in atto tra Ato5 e Acea S.p.a.
Senza dubbio, uno dei obbiettivi principali della riunione era la messa a punto di un piano di attacco contro le decisioni contenute nella relazione del Commissario ad acta Dell’Oste. In questa relazione, infatti, si riconosce ad Acea il diritto di riscuotere un mancato introito di 75 milioni di euro, circoscritto alla sola provincia di Frosinone.
Circa 400 euro per utente, secondo le associazione che lottano per l’acqua come bene comune. Per le associazioni, del resto, la gestione del servizio idrico ciociaro da parte di Acea non ha recato che danni. Agli utenti, per dirne una, non è mai stato presentato un contratto da firmare. La gestione di Acea, infatti, è stata decisa e concordata nelle stanza del potere e, da lì, calata direttamente sulle teste degli utenti. Non sono pochi, infatti, i cittadini della provincia che ogni mese scelgono di non pagare più le bollette Acea, contestando anche le cifre spesso esorbitanti delle bollette. Per queste persone, soprattutto, la richiesta dei 75 milioni è l’ennesima beffa.
La Consulta, in ogni caso, ha votato all’unanimità per il ricorso contro la decisione del commissario Dell’Oste, incaricando un ingegnere idraulico interno della Provincia per un sostegno tecnico ai legali incaricati di presentare il ricorso. Una volta completate le indagini e presentato il ricorso, verrà convocata l’Assemblea dei Sindaci dell’Ato 5. In quell’occasione verranno presentati e discussi gli atti dell’azione legale e, si legge in un comunicato stampa, potrebbe essere discussa anche l’applicazione dell’Art. 34 della convenzione col gestore. L’articolo che definisce i termini per lo scioglimento del contratto con Acea.



http://ciociariareport24.it/2013/07/12/ato-5-si-ricorre-contro-i-75-milioni-ad-acea/

giovedì 4 luglio 2013

Il Lazio alla prova dell'acqua pubblica


di Luca Martinelli - 3 luglio 2013
 
Il coordinamento regionale dei comitati per l'acqua pubblica è stato audito oggi in consiglio regionale. Si è parlato del referendum propositivo numero 31 "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque". Entro marzo 2014 la Regione deve approvare una legge verso la ripubblicizzazione, altrimenti i cittadini saranno chiamati a una consultazione popolare

Al centro d'Italia c'è il Lazio, al centro del Lazio c'è Roma e a Roma -in centro- ha sede Acea, la più grande utility italiana del servizio idrico integrato, una piovra che ha occupato (quasi) tutti gli spazi in regione: dalla Capitale ai Castelli romani, da Frosinone a Rieti, dove "succhia" milioni di litri d'acqua ogni anno dalle Sorgenti del Peschiera

Per questo, quando stamani Davide (il coordinamento regionale dei comitati per l'acqua pubblica) è entrato in consiglio regionale, Golia (Acea) deve aver tremato: non era in programma nessuna manifestazione, infatti; gli attivisti erano lì, nel Palazzo lungo la via Pisana, oltre il raccordo anulare, per essere "auditi" dalla Commissione Ambiente, lavori pubblici, mobilità, politiche della casa e urbanistica della Regione Lazio, in qualità di promotori dell'iniziativa referendaria propositiva numero 31 denominata "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque".
Insieme a loro c'era il vice-sindaco di Corchiano, comune capofila degli enti locali depositari della proposta di legge, sostenuta attualmente da 39 comuni e da 40.000 firme di elettori del Lazio.

La proposta di legge "recepisce a livello regionale, il risultato referendario del giugno 2011, nel quale i cittadini di tutta Italia hanno espresso chiaramente la volontà di una gestione del servizio idrico che sia pubblica e libera dalle logiche di mercato". In Lazio hanno votato 2,5 milioni di persone.

L'audizione è stata fissata a tempo (quasi) record, perché il tempo stringe, e la giunta Zingaretti lo sa bene: "Gli ambiti territoriali ottimali del Lazio sono 'abrogati' dal dicembre 2012. A quel punto, non c'era il consiglio regionale: oggi la materia si regge su una deroga, fragile -racconta Simona Savini, del Comitato romano acqua pubblica, che fa parte del coordinamento regionale-. In più, la Regione ha tempo fino a marzo 2014 per approvare una legge in materia, altrimenti dovrà essere sottoposto ai cittadini il nostro referendum propositivo".

I comitati hanno presentato un documento, e chiesto ai membri della commissione, "una delle 4 o 5 cui è stata assegnata la legge", spiega Simona, di essere informati su ogni passo in avanti. Anche perché qualora il testo di legge predisposta dai comitati venisse modificato, "per noi ci sarebbe un'unica strada: quella del referendum" aggiunge Simona, secondo cui "i consiglieri paiono tutti concordi rispetto alla volontà di non snaturare la legge". Il presidente della commissione è l'ex sindaco di Cannepina, Enrico Panunzi, che come amministratore era stato molto attivo sul proprio territorio. Un altro membro della commissione è l'ex sindaco di Ciampino, "uno dei promotori della legge" racconta Simona.

Il prossimo 6 luglio 2013, a partire dalle ore 9, il Coordinamento regionale acqua pubblica Lazio s'incontra a Rieti,"per ribadire l'importanza di tutelare la risorsa idrica dalle speculazioni dei privati avviando un tavolo tecnico partecipato tra istituzioni, comitati e cittadini" spiega un comunicato. Per questo, "come location è stato scelto un luogo simbolo, le Sorgenti del Peschiera nel Comune di Cittaducale (Ri), principale risorsa idropotabile per la Regione e al centro da anni degli interessi speculativi di Acea" di cui abbiamo scritto anche sul numero 128 di Altreconomia. Dopo un'escursione naturalistica per far conoscere, e quindi tutelare, i bellissimi luoghi che circondano le sorgenti presso il Comune di Cittaducale verranno avviati i lavori del tavolo tecnico per l'approvazione della legge di ripubblicizzazione.




mercoledì 3 luglio 2013

Acqua pubblica, a due anni dal referendum poco (o nulla) è cambiato

Nella consultazione popolare del giugno 2011 il 54% degli elettori ha votato contro la privatizzazione del sistema idrico. Da allora ad oggi la situazione è praticamente la stessa, con qualche eccezione come Napoli e Reggio Emilia. I comitati: "Ci siamo trasformati in guardiani. Continuiamo la lotta"


Si fa presto a dire acqua pubblica. Non sono bastati 26 milioni di ‘Sì’ per trasformare il sistema di gestione del servizio idrico italiano. Oggi, a più di due anni dal referendum del 12 e 13 giugno 2011, dove il 54% degli elettori si disse contrario a qualunque forma di privatizzazione, le tariffe non sono cambiate e non esiste una norma post-voto. L’Italia, da Nord a Sud, appare come un mosaico di situazioni differenti. Ci sono città, tra cui Ferrara, che hanno ridotto la partecipazione pubblica nelle multiutility, e Regioni, come la Toscana, che davanti alle richieste dei comitati hanno chiuso la porta al dialogo. Ma anche comuni come Reggio Emilia, Napoli e Palermo, che invece hanno aperto la strada alla ri-pubblicizzazione delle risorse idriche. Veri e propri “casi” diventati esempi per altre amministrazioni, a partire da quella appena nata di Roma, per arrivare fino a quella di Torino.
LA BATTAGLIA DELLE TARIFFE
La vera guerra dei comitati per l’acqua pubblica è iniziata una volta chiuse le urne. “Ci siamo trasformati nei custodi del voto, in continua lotta contro l’indifferenza e la mancanza di volontà delle istituzioni”, dice Mariangela Rosolen del gruppo di Torino. Ed è sulle tariffe che si sta combattendo la battaglia principale. Due anni fa, gli elettori avevano votato per l’abolizione della “adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori”. Dunque, dopo il referendum, i cittadini, pagando la bolletta dell’acqua non avrebbero più dovuto foraggiare i profitti delle aziende. Tutto liscio quindi? Non proprio. Alla fine del 2012 l’Aeeg, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che si occupa di determinare i criteri per calcolare le tariffe del servizio idrico, ha inserito una nuova voce: il “rimborso degli oneri finanziari”. E secondo il Forum dei movimenti per l’acqua questa formula non è altro che un modo per continuare a garantire gli utili ai gestori. In altre parole, cambierebbe la forma, ma non la sostanza.
Per questo è già partito il ricorso al Tar della Lombardia, regione sede dell’Aeeg. La quale a sua volta respinge ogni accusa. “Il metodo tariffario transitorio definito dall’Autorità si basa sul cosiddetto ‘full cost recovery‘, ovvero sul criterio europeo del pieno riconoscimento dei costi. Perché se vogliamo che l’acqua sia effettivamente un bene pubblico gratuito, di buona qualità e disponibile a tutti, i costi devono essere coperti. A cominciare da quelli molto rilevanti per gli investimenti e per la tutela ambientale”, spiega Cristina Corazza, direttore comunicazione dell’Aeeg. Intanto, in attesa che gli enti locali approvino il nuovo modello (molti comuni lo hanno già bocciato) e che sulla questione si esprima il tribunale, sulla bolletta continua a pesare la remunerazione del capitale.
ROMA E TORINO AL LAVORO PER RI-PUBBLICIZZARE IL SERVIZIO IDRICO
Ora gli occhi sono puntati su Roma. Dopo un lungo braccio di ferro con l’ex sindaco Gianni Alemanno, fatto di sit-in dentro il Campidoglio per protestare contro la vendita delle quote di Acea da parte del Comune, la speranza dei comitati è che la musica cambi con la gestione di Ignazio Marino. Le premesse ci sono tutte. “Abbiamo già fatto un primo incontro in cui era presente Roberto Tricarico, consigliere comunale del Pd”, racconta Simona Savini, del gruppo per l’Acqua pubblica di Roma. “E altri sono in programma nelle prossime settimane. Il dialogo è aperto”. A Torino, invece, qualche risultato gli attivisti del comitato l’hanno già portato a casa. A marzo infatti il consiglio comunale, non senza qualche mal di pancia, ha dato l’ok alla trasformazione della Smat spa, azienda al 100% a capitale pubblico che serve acqua in 283 comuni della provincia, in un’azienda di diritto pubblico. La partita però è ancora tutta da giocare. “Ora la questione è passata alle commissioni, che da mesi stanno discutendo una serie infinita di punti. Cercano di sfinirci, ma noi non molliamo”, ribadisce Rosolen.
REFERENDUM IGNORATO IN TOSCANA E IN EMILIA
Per i comitati va peggio in Toscana: il dialogo con la Regione non si è mai aperto, nonostante le pressioni dei referendari. “Abbiamo chiesto al presidente Enrico Rossi di aprire un tavolo di lavoro sulla ri-pubblicizzazione del servizio idrico. Non ci ha mai ricevuto”, spiega Colin Du Liege, secondo cui “la politica si sta muovendo pochissimo”. Del resto Matteo Renzi non ha mai nascosto di essere contrario all’esclusione dei privati dalla gestione del servizio idrico. E a Firenze infatti nulla è cambiato. Anche a Bologna, città roccaforte del Pd, l’amministrazione non sta andando nella direzione indicata dagli elettori con il referendum. Lo scorso inverno il consiglio comunale ha approvato la fusione di Hera, la multiutility emiliano-romagnola che si occupa di gas, rifiuti, energia e acqua, con la veneta Acegas-Aps, un colosso con affari anche in Bulgaria e in Serbia. L’operazione oltre a spaccare la maggioranza, con Sel e Idv contrari, ha scatenato la protesta dei comitati, che la considerano “un ulteriore passo verso la privatizzazione”. Il timore, espresso anche da alcuni malpancisti del Pd come il consigliere Benedetto Zacchiroli, è che aumentando le dimensioni della società diminuiscano i pacchetti azionari dei singoli comuni (da 52% a 41%), riducendo quindi anche il potere decisionale dei soci pubblici. Anche pochi chilometri più in là, a Ferrara, l’esito del referendum è rimasto lettera morta. A inizio giugno il comune ha dato il via libera alla vendita di 5 milioni di azioni di Hera , passando così da una quota del 2,28% a una pari a 1,8%. A Milano si è discusso per mesi della creazione di una multiutility del nord, risultato della fusione tra Iren, Hera e A2a. Un progetto che oggi, dopo una pioggia di petizioni e appelli contrari, sembra essersi arenato. Di fatto, però, dopo il referendum, nel capoluogo lombardo non si è andati oltre la modifica dello statuto comunale, dove a ottobre è stato inserito il riconoscimento dell’acqua come bene comune. Per ora questa è rimasta la principale vittoria dei comitati.
DOVE L’ACQUA PUBBLICA E’ GIA’ REALTA’: I CASI DI NAPOLI E REGGIO EMILIA
Nella pratica, per le tasche degli italiani poco è cambiato e poco cambierà. Per ora. Perché qualcosa si sta muovendo. Negli ultimi mesi infatti diverse amministrazioni locali hanno cominciato a ragionare su come ri-pubblicizzare il servizio idrico. Piccole gocce nel mare, è il caso di dirlo, che non produrranno effetti visibili se non nel lungo periodo. Ma che indicano una strada verso un modello diverso. A fare da apripista è stata Napoli. Pochi mesi dopo il referendum, il consiglio comunale ha dato l’ok alla trasformazione dell’azienda Arin Spa in un ente di diritto pubblico, ‘Acqua bene comune Napoli’, con il compito di gestire le risorse idriche. Pochi mesi dopo Imperia ha seguito l’esempio. Stessa scena anche a Palermo, Forlì, Savona, Vicenza, Varese e Piacenza. Fino ad arrivare nella Reggio Emilia guidata da Graziano Delrio, dove nel dicembre del 2012 i comitati per l’acqua bene comune hanno ottenuto un risultato storico: il consiglio comunale ha approvato la mozione popolare che prevede di affidare il servizio idrico a un ente di diritto pubblico, mettendo di fatto la parola fine alla gestione da parte della multiutility Iren.
IN PARLAMENTO L’INTERGRUPPO PER L’ACQUA BENE COMUNE
Di sicuro la macchina legislativa ha fatto fatica a mettersi in moto e l’inerzia dei partiti non ha aiutato. “Dopo il referendum, sia a livello locale, sia a livello di amministrazione centrale, si dovevano studiare delle ipotesi per riportare il servizio idrico sotto il controllo pubblico. E invece questo non è mai avvenuto”, denuncia Luca Martinelli, giornalista di Altreconomia, da sempre impegnato nella battaglia per l’acqua pubblica. In effetti, su questo tema nei palazzi romani non si è fatto granché.  Solo per costituire un intergruppo di lavoro ci sono voluti due anni. Inaugurato nel secondo compleanno del referendum, il gruppo è composto da Sel, Movimento 5 stelle e alcuni esponenti del Pd. Tra gli obiettivi, spiega la deputata del M5s Federica Daga, ci sono la “discussione della legge d’iniziativa popolare del 2007, e la presentazione di una mozione per restituire al ministero dell’Ambiente il potere di regolare le tariffe, togliendolo all’Aeeg”.
di David Marceddu e Giulia Zaccariello

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/03/acqua-pubblica-referendum-violato-tra-speranze-e-delusioni/639512/

martedì 4 giugno 2013

Acqua. Acea Ato2: aumentano gli utili, ma crollano gli investimenti. La ripubblicizzazione rimane l’unica soluzione sensata!

 

Roma, 4 giugno 2013 – I dati che indicano come la gestione privata dell’acqua non sia nell’interesse della collettività questa volta non arrivano dai cittadini in lotta da anni per l’acqua pubblica, ma dalla stessa Segreteria Tecnica Operativa di Acea Ato2 (Ambito territoriale ottimale), in una lettera inviata ai vertici di Acea e ai sindaci di Roma e Provincia riuniti nell’Ato 2.



Nonostante gli azionisti di Acea gioiscano per l’aumento dei dividendi, che nel 2012 sono ammontati a circa 64 milioni di euro, gli investimenti nel settore idrico sono stati ampiamente inferiori a quelli programmati (140 milioni a fronte dei 202 previsti), e sono destinati a scendere ancora nel 2013. Tutto ciò mentre sul territorio dell’Ato2 i depuratori continuano a essere dichiarati fuori legge e per l’emergenza arsenico si cercano soluzioni adoperando fondi pubblici.
A che cosa serve allora la presenza dei privati nell’acqua? Sicuramente ad arricchire il portafoglio di pochi, a scapito della salute e degli interessi di molti. I “molti” in questo caso rappresentano davvero la maggioranza dei cittadini di Roma, ovvero i 1.238.000 di Sì per l’acqua bene comune che ai referendum di giugno 2011 hanno dichiarato di volere i privati fuori dalla gestione dell’acqua.
La ripubblicizzazione del ramo idrico di Acea è quindi giusta, urgente e praticabile, come dimostra, bilanci alla mano, lo studio eseguito dal coordinamento romano acqua pubblica, che mette in luce il perverso meccanismo per cui gli utili della gestione dell’acqua vengono interamente assorbiti dalla multinazionale Acea, di cui Acea Ato2 SpA è una controllata, causando il cronico indebitamento di quest’ultima. LINK
Per ribadire questo concetto fondamentale, il prossimo 12 giugno, giorno del secondo “compleanno” della vittoria referendaria, i cittadini di Roma saranno in piazza S.Cosimato insieme, tra gli altri, al Professor Stefano Rodotà.

http://www.recommon.org

 

Acea in fuga a piazza Affari, torna sopra 6 euro dopo due anni. Il titolo sale del 55 per cento in sei mesi

 

 

Il titolo Acea fa faville a piazza Affari. Le azioni dell'utility controllata dal Comune di Roma e partecipata da Francesco Gaetano Caltagirone (16,3%) e da Gdf-Suez (11,5%) stanno mettendo a segno rialzi costanti da oltre un mese e mezzo, periodo nel quale il titolo ha segnato un incremento del 30% superando nei giorni scorsi quota 6 euro, livello che non si vedeva più da giugno 2011, ovvero dall'inizio della crisi dei debiti sovrani. La perfomance dell'ultimo anno registra un incremento del 60 per cento; quella degli ultimi sei mesi circa il 55 per cento. In una giornata pesante per piazza Affari, come quella di ieri, le azioni Acea hanno chiuso con un rialzo del 2,8 per cento e questa mattina in apertura la corsa è continuata con un +5% iniziale che poi si è ridimensionato un +2,6%, con il titolo a 6,3 euro. Non si può neanche escludere, comunque, che alla base dei rialzi degli ultimi giorni ci sia lo shopping degli azionisti privati, come Caltagirone e Gdf-Suez, che spesso arrotondano sul mercato le loro partecipazioni
Il cambio al vertice e il new deal. A leggere in controluce l'andamento del rialzo, l'accelerazione sembra coincidere con il momento in cui è emerso che l'azionista di riferimento, il Comune di Roma con il 51% del capitale, aveva deciso di procedere al rinnovo del vertice prima delle elezioni amministrative procedendo a sostiture l'ex ad, Marco Staderini, con il dg Paolo Gallo. E questo nonostante le polemiche scatentate dall'opposizione in Comune perchè, a suo avviso, Gallo sarebbe state espressione degli azionisti privati. La scelta è stata apprezzata perchè, al di là di meriti o demeriti dei singoli, la promozione avrebbe coinciso con una maggiore chiarezza nella governance: fino a qualche mese fa in Acea c'erano tre figure di peso - l'ad, il dg e il direttore finanziario - spesso in contraddizione tra loro.
Migliorano i conti. Adesso le decisioni sono riconducibili a una sola figura che ha già provveduto a inaugurare il nuovo corso: riduzione del capitale circolante, anche attraverso la riscossione di crediti da parte dell'azionista comune di Roma, taglio degli investimenti e un sistema di controllo e di autofinanziamento per le singole divisioni. I conti ne hanno risentito in positivo già nel primo trimestre (12,5% l'ebitda), anche se restano ancora tanti fronti da aperti. A cominciare dalla situazione critica della gestione di alcuni acquedotti, con i relativi contenziosi sulle bollette idriche. E il fenomono delle bollette elettriche "pazze" che sta impazzando nella Capitale, con migliaia di utenti infuriati che minacciano di cambiare gestore.

www.ilsole24ore.com

 



Acea: a Roma mancano investimenti per 
141 milioni
I numeri della crisi -relativi agli anni 2012 e 2013- riassunti in una lettera indirizzata dalla Segreteria della Conferenza dei sindaci ad Alemanno, Zingaretti e alla dirigenza della mutliutility romana. Che però ha approvato un bilancio in utile, e già a dicembre ha deciso di distribuire dividendi milionari ai soci, il Comune di Roma, Caltagirone e Suez su tutti
di Luca Martinelli - 22 maggio 2013

Dà l'idea di una società florida la lettera agli azionisti di Giancarlo Cremonesi, presidente di Acea, che apre il bilancio 2012 della multinazionale romana dei servizi pubblici locali, quotata in Borsa: “In uno scenario globale, caratterizzato da una persistente fase di incertezza economica e finanziaria, Acea continua a rappresentare una realtà affidabile. La crescita del volume di affari, il netto miglioramento del margine operativo accompagnati da una solida struttura patrimoniale del gruppo, dimostrano la validità della strategia adottata dall’azienda che ha saputo ben reagire dinanzi ad un contesto macroeconomico sfavorevole e ad uno scenario regolatorio ancora incerto”. È forte Acea, che attraverso una rete di società controllate è oggi il principale attore di questo settore in Italia con 8,6 milioni di abitanti serviti, 760 milioni di metri cubi di acqua potabile venduta, 852 milioni di metri cubi di acque reflue depurate e oltre 1 milione e 160 mila controlli sulla risorsa potabile.

Eppure, una lettera riservata che Altreconomia ha potuto visionare, indirizzata anche a Giancarlo Cremonesi da Alessandro Piotti, dirigente della Segreteria tecnico operativa della Conferenza dei sindaci dell'Ambito territoriale ottimale 2 Lazio Centrale-Roma, mette in crisi queste certezze. La missiva, datata 13 marzo 2013, dà conto di una grave contrazione degli investimenti nell'area di Roma, pari a 141 milioni di euro tra il 2012 e il 2013
Criticità che non trovano spazio nel bilancio 2012 di Acea, dove anzi le parole di Cremonesi trovano conferma proprio nei dati relativi al servizio idrico integrato (acquedotto, depurazione e fognature), che nel 2012 ha garantito ricavi che “si attestano a 792,8 milioni di euro e crescono (+ 10,5%) rispetto al 31 dicembre 2011 di 75,4 milioni di euro”.
Nonostante, precisa la relazione allegata, le incertezze legate al referendum del 12 e 13 giugno 2011.

Riprendiamo la lettera di Piotti. Essa ha per oggetto “Investimenti del Gestore del S.I.I. Dell'Ato 2 Lazio Centrale-Roma – Acea Ato 2 spa”, dove Acea Ato 2 spa è una società controllata da Acea (che ne detiene il 94,46%), e partecipata da Roma Capitale, che garantisce acquedotto depurazione e fognature a circa 3 milioni di abitanti di Roma e di 75 Comuni della provincia.
Scrive il dirigente della Segreteria tecnico operativa della Conferenza dei sindaci: “Informalmente e in anticipo rispetto alla pubblicazione del bilancio ho avuto notizia che Acea Ato 2 ha realizzato investimenti per 140 milioni di euro e per il 2013 prevede di realizzare 110 milioni. Ciò nonostante gli accordi pregressi e quanto riconosciuto nell'ultima tariffa […] prevede investimenti per il 2012 pari a 202 milioni di euro e per il 2013 a 189 milioni. Sempre per vie informali sembra che questa auto riduzione degli investimenti sia dovuta al crescere dell'indebitamento”.
Stanti queste condizioni, aggiunge Piotti, sarà difficile “approvare un incremento tariffario (che allo stato attuale delle elaborazioni si aggira intorno al 2% per il 2012 ed al 5% per il 2013 rispetto ai valori tariffari in vigore al 31 luglio 2012) quando contemporaneamente il gestore ha auto ridotto gli investimenti”. 

Questi numeri negativi stridono con quelli del comunicato “ufficiale” sui risultati di Acea, che spiega come la società abbia chiuso il 2012 con un utile netto, “dopo le attribuzioni a terzi, di 77,4 milioni di euro”, staccando un dividendo da 30 centesimi per azione ai soci. Ventuno centesimi per azione sono stati anticipati già a dicembre 2012. Facciamo due conti: ciò significa che i principali azionisti già a gennaio 2013 hanno incassato -rispettivamente- 22,8 milioni di euro (il Comune di Roma, che detiene il 51% della società), 7,31 milioni di euro (Francesco Gaetano Caltagirone, che detiene il 16,3% di Acea) e 5,15 milioni di euro (Gdf Suez, ferma all'11,5% del capitale).  

Gli effetti della lettera di Piotti -che Giancarlo Cremonesi deve aver letto con attenzione, e con lui anche Gianni Alemanno (che probabilmente l'ha ricevuta tra volte, come azionista di Acea, come azionista di Acea Ato 2, e come sindaco di uno dei Comuni servizi dall'azienda)- già si fanno sentire: anche se ne fa menzione nel resoconto intermedio di gestione relativo al primo trimestre 2013, pubblicato il 14 maggio 2013, in merito all'approvazione della nuova tariffa per Acea Ato 2 emerge che qualcosa è andato storto: “Con riferimento al processo di approvazione delle proposte tariffarie per gli anni 2012 e 2013 da parte degli enti d’ambito [...], si segnala che la Conferenza dei Sindaci si è riunita il 29 aprile 2013 e non si è determinata su alcuno dei punti posti all’ordine del giorno per mancanza del numero legale”.

Acea Ato 2 è (anche) l'azienda su cui si concentra la proposta di ri-pubblicizzazione elaborata dal Coordinamento romano acqua pubblica (Crap, craproma.blogspot.it), di cui abbiamo scritto su Ae a febbraio. Una proposta che, sull'onda del referenum, nasce da un'analisi attenta del bilancio della società, che evidenziale come “Acea preleva tutti gli utili di Acea Ato2, in media 50 milioni di euro, e poi presta alla stessa le risorse necessarie per gli investimenti, tramite una linea di credito intercompany ma a tassi di mercato -come ci ha raccontato Caterina Amicucci di Re:Common e del Crap-. A fine 2011 (non c'era ancora il bilancio 2012, ndr) il credito di Acea Spa nei confronti di Acea Ato 2 Spa era pari a 480,5 milioni di euro”. “Pagando solo l’interesse -aveva aggiunto Marco Bersani, del Crap e di Attac- Acea Ato2 non va mai ad intaccare lo stock di debito. Che è destinato ad esplodere”. Tra il 2007 e il 2011 è già cresciuto, in media, del 22,88% all’anno.


http://www.altreconomia.it