Adesso
il personale in esubero verrà pagato dalla Regione. Doppia beffa
Ex
gestori «virtuosi»
Il modello privatistico doveva ottimizzare costi e
servizi
Le società a capitale misto mostrano crepe. E scandali
LE
società partecipate da enti pubblici stanno mostrando il fianco e anche una
serie di anomalie che integrano fattispecie penali. C’è un’inchiesta sulla
Latina Ambiente legata a verifiche avviate sulla Terracina Ambiente, mentre la
Slm è in liquidazione ma ancora pesa sulle tasche dei cittadini, Acqualatina è
in crisi, Formia Servizi è già fallita e viene contestato il falso in bilancio
agli ex a m m i n i s tr a t o r i . L’elenco potrebbe continuare ma forse è già
sufficiente per capire a cosa sono davvero servite le società partecipate cui
negli ultimi dieci anni sono stati affidati servizi essenziali come acqua,
rifiuti e gestione delle aree di sosta. Nel caso specifico di Acqualatina va
detto che questa società è stata prima di ogni altra cosa il poltronificio più
ambito da tutti i maggiorenti politici della provincia che non hanno mai mollato
il cda e hanno controllato in modo più che evidente l’affidamento degli appalti,
come dimostra la geografia politica degli aggiudicatari. Tutto questo non
sarebbe stato di per sè né una novità, né uno scandalo se i costi non fossero
stati scaricati sulle bollette, aumentate in una media tra il sei e l’otto per
cento ogni anno; e anche a quest’ultima beffa gli utenti si erano abituati fino
a quando non si è scoperto che la discutibile gestione societaria di Acqualatina
ha prodotto una tale crisi di liquidità che ora bisognerà pagare pure gli
ammortizzatori sociali. Infatti due giorni fa nel corso di un incontro tra il
management e i sindacati confederali è stato dichiarato un esubero di 73 unità
su 400, motivo per il quale si è trovato un accordo di massima per l’accesso ai
contratti di solidarietà in base ai quali si avrà una riduzione del 25% delle
ore lavorate e gli ammortizzatori sociali della Regione andranno a coprire
l’ottanta per cento delle buste paga dei lavoratori coinvolti, i quali alla fine
subiranno decurtazioni comprese tra il cinque e l’otto per cento. Ferma restando
la necessità di tutelare questi lavoratori, la maggior parte dei quali controlla
il funzionamento dei depuratori, le sorgenti e la rete di adduzione, è
abbastanza curioso che nessuno dei sindacati coinvolti nella trattativa si sia
chiesto come mai si è arrivati a questa crisi finanziaria di Acqualatina. E
perché si sta andando verso l’applicazione di ammortizzatori sociali per gli
operai e i tecnici, il cui stipendio non supera i 1200 euro al mese, mentre non
viene toccato il costo del cda che tuttora ammonta a 340mila euro l’anno e che
va nelle tasche delle persone che hanno prodotto la crisi in atto nella spa. Il
compenso dell’am - ministratore delegato di Acqualatina è pari a 140mila euro
l’an - no, quello del presidente a 45mila euro, quello del vice a 33mila euro,
gente che si presume abbia un’altra occupazione, almeno una. I vertici della spa
non possono declinare responsabilità sulla mancata riscossione delle bollette,
né sulla lievitazione dei costi e neppure sull’assenza di una adeguata
programmazione circa l’uso del personale in organico. Si tratta di
argomentazioni scomode per il sindacato e anche per le associazioni dei
consumatori. Ma le stesse sono addirittura impossibili per le parti politiche
che in dieci anni di esperienza targata Acqualatina hanno sempre contribuito a
presenziare nei cda che si sono succeduti.
Graziella Di Mambro
Latina Oggi, Domenica 5 Maggio 2013
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