lunedì 29 aprile 2013


Arsenico, nessuno paga la corrente
che alimenta i potabilizzatori

Talete non ha soldi. Le società obbligate a fornire l'energia
per non interrompere la distribuzione dell'acqua



di Alessia Marani


VITERBO - Arsenico, emergenza senza fine. Ora nel Viterbese, il gestore dell’acqua pubblica non ha neppure i soldi per pagare le bollette dell’energia elettrica che serve a fare funzionare i pochi impianti di potabilizzazione (appena quattro su una cinquantina) realizzati oltre i tempi delle deroghe Ue dalla Regione Lazio. E se la ”luce” non viene staccata e gli impianti continuano a lavorare è solo grazie alle raccomandazioni del prefetto: interrompere l’erogazione dell’acqua alla popolazione non si può.

«Il fatto - spiega Marco Fedele, presidente di Talete, la società pubblica di cui fanno parte 28 Comuni della Tuscia e che serve il 70% della popolazione - è che dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza da parte del Consiglio dei ministri con ordinanza del 28 gennaio 2011, la Regione è stata delegata a risolvere il problema con fondi propri. All’epoca l’Università La Sapienza di Roma, interpellata per capire come agire, indicò la strada dei dearsenificatori, ma come soluzione a breve termine. Di fatto - continua Fedele - questa è rimasta l’unica strategia e non si capisce chi e come potrà sostenere le spese di gestione di tutti gli impianti: per pompare l’acqua da sorgenti e pozzi, per depurarla, servono corrente elettrica, filtri, personale. Chi se ne farà carico? Esula dalle possibilità della spa».

Le cui casse, a Viterbo è noto, non sono floride visto che un’altra trentina di Comuni che avrebbero dovuto aderirvi per legge, finora se ne è ben guardata. E di quelli che hanno aderito, la partecipata ha ereditato più che altro dissesti e acquedotti colabrodo. Insomma: le bollette per i dearsenificatori arrivano puntuali ogni mese, ma nessuno paga. E nessuno pagherà. Mentre crescono in maniera esponenziale i debiti che maturano a carico della società pubblica. Una questione che si avvita su se stessa.

Proprio ieri il viterbese Daniele Sabatini, consigliere alla Regione Lazio, ha reso nota l’approvazione all’unanimità di un suo ordine del giorno, che impegna la giunta Zingaretti appena insediata a rispettare un cronoprogramma sulla realizzazione degli impianti, a trovare i fondi mancanti per il loro completamento e a scovarne altri per aiutare le imprese di produzione e somministrazione di alimenti e bevande, che hanno dovuto installare i potabilizzatori a proprie spese.

In pratica si tratta di «concludere gli interventi di potabilizzazione entro il 30 giugno per le zone ove l’arsenico è maggiore a 20 microgrammi per litro e ad attivare le procedure ove è compreso tra 10 e 20 in modo tempestivo, e comunque entro la fine di giugno con l’assestamento di bilancio».

Dai rubinetti di oltre l’80 per cento della popolazione dell’Alto Lazio (casi ci sono anche a Velletri, in provincia di Roma, e a Latina) continua a scorrere acqua con concentrazione della sostanza ritenuta nociva per la salute e bandita dall’Organizzazione mondiale della sanità oltre i livelli di guardia (10 microgrammi per litro). «Lo stato d’emergenza così come dichiarato dal Cdm nel 2011 - conclude Fedele - si è chiuso il 31 dicembre 2012. Ora siamo tornati al regime ordinario. L’Istituto superiore di Sanità, preso atto del grave ritardo nella realizzazione degli impianti, il 21 dicembre disse che si poteva arrivare al limite del 30 giugno 2013 per le zone con concentrazione superiore ai 20 microgrammi; mentre si dovrà essere totalmente a posto entro dicembre 2014. Ben venga, dunque, l’impegno condiviso della Regione».

E aggiunge: «Ora è urgente l’apertura di un tavolo che individui soluzioni definitive con interventi sugli acquedotti per superare l’impasse dearsenificatori e riconoscere anche ai viterbesi il diritto di bere acqua naturale e non filtrata».

http://www.ilmessaggero.it/VITERBO/arsenico_dearsenificatori_acqua_potabile_emergenza_viterbo/notizie/274032.shtml

Nessun commento:

Posta un commento