giovedì 22 agosto 2013

Idro Tigullio condannata a risarcire la quota di remunerazione del capitale







Idro Tigullio spa gestore del servizio idrico nell'ATO genovese di Levante, partecipata oltre che dal colosso nazionale Iren, dai comuni di Chiavari, Favale di Malvaro, Lavagna, Leivi e Orero, è stata condannata dal Giudice di Pace di Chiavari a restituire, oltre alle spese legali e agli interessi, la quota in bolletta di remunerazione del capitale investito.
La sentenza rappresenta l'esito di una azione legale mossa da un utente della IdroTigullio spa, che si è rivolto al giudice per chiedere la restituzione di quel 7% indebitamente pagato nella bolletta dell'acqua, a seguito dell'esito del referendum del 2011. Come si ricorderà il secondo quesito referendario abrogava dall'ordinamento quel 7% riconosciuto per legge ai gestori del servizio idrico, e contenuto nella bolletta dell'acqua sotto la voce "remunerazione del capitale investito".
Nella sentenza si legge: "Nell'interesse dell'attrice: condannare la convenuta società Idro Tigullio spa a restituire all'esponente ai sensi dell'art.2033 c.c e/0 quant'altri meglio visti nel caso de quo l'ammontare di Euro 21,09 indebitamente percepiti a titolo di "remunerazione del capitale" per il periodo compreso tra il 21 luglio 2011 fino alla data del 31.12.2011. Il tutto rigorosamente entro e non oltre la competenza per valore dell'adito giudice. Con vittoria di spese, diritti ed onorari".
Interessanti le motivazioni della sentenza  in relazione alla mancata applicazione da parte della Idro Tigullio dell'esito referendario: "Nonostante l'esito referendario e le numerose diffide di cittadini e comitati l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale genovese (AATO) e il gestore (Idro Tigullio spa) risultavano inerti nel recepire la volontà espressa con il referendum sopra indicato direttamente applicabile sui contratti in essere oltre che sui nuovi contratti e continuava a pretendere il pagamento di una tariffa contenente la remunerazione del capitale" [...]
"Per quanto sopra riteneva, quindi, non più esigibile la componente di "remunerazione del capitale investito", difettante dell'originaria causa giustificativa (mero riconoscimento del profitto) e, dunque, rilevava che il pagamento della stessa, a seguito dell'esito referendario, costituiva indebito oggettivo ai sensi dell' art.2033 del codice civile. Pertanto richiedeva la restituzione nella somma corrispondente complessivamente ad euro 21.09 indebitamente pagata a titolo di "remunerazione del capitale" dal 21 luglio al 31.12.2011".
D'altra parte, si legge sempre nella sentenza, "la Idro Tigullio spa eseguiva provvedimenti amministrativi ed era obbligata a fare questo in quanto si era convenzionalmente obbligata verso la parte pubblica (Autorità d'Ambito) e la Provincia e, pertanto, non poteva apportare modifiche alla struttura tariffaria in pretesa applicazione degli esiti referendari del luglio 2011, posto che i titolari della relativa potestà erano esclusivamente gli enti pubblici individuati per legge".
Inoltre, prosegue il giudice, occorre ricordare come i rapporti tra le fonti giuridiche siano ordinati secondo criteri di gerarchia per cui le fonti di grado inferiore, di grado secondario nel caso in esame, essendo la delibera n 585/2012/R/IDR  con cui l'AEEG ha introdotto la nuova tariffa idrica, un atto amministrativo, non possono mai modificare la norma di grado superiore (posto che all'esito referendario è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale valore di legge ordinaria, vedi sentenza n. 9/97: "il contrasto tra legge posteriore e abrogazione popolare si configura, nei limiti del formale e sostanziale ripristino, come vizio di legittimità costituzionale").
Da ciò deriva che l'atto amministrativo n 585/2012/R/IDR emesso dall'AEEG e che determina la nuova tariffa idrica, sia da considerare contrario alla volontà popolare così come essa è emersa dal referendum. 
Inoltre  la domanda referendaria può produrre effetti anche nei confronti di tutte quelle norme che, ancorchè non oggetto del quesito, siano tuttavia strettamente connesse ad esso in quanto recanti norme contrastanti con la volontà abrogativa popolare; si fa riferimento in particolare al  D.M. 1°agosto 1996 nella parte in cui esso richiamava ed applicava il criterio della "adeguatezza della remunerazione del capitale investito" criterio applicato tra il 21 luglio ed il 31 dicembre 2011 per la determinazione della tariffa idrica in periodo di vacanza normativa.
Al di fuori delle questioni puramente attinenti all'interpretazione delle norme, il giudice termina le motivazioni di questa sentenza affermando che, sebbene il gestore sia un soggetto di diritto privato, e in quanto tale mosso nella sua missione da logiche di profitto, il servizio idrico in base agli articoli n.822 e 823 del c.c è il bene pubblico per eccellenza e rientra tra i beni del demanio. Come tale esso è  quindi "inalienabile e non può formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano". (art. 823 c.c.). E tra queste leggi va annoverato certamente anche il referendum abrogativo del giugno 2011, e non certo gli atti amministrativi emessi dall'AEEG o le decisioni degli AATO.

cm

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