Chiusi a fini potabili 4 acquedotti da Ardea ad
Anguillara. Autobotti per 5 mila abitanti tra Velletri e Lanuvio. Card da 600
litri di potabile per i residenti a Civitavecchia Nord
ROMA -
Migliaia di famiglie nel Lazio non possono più usare l'acqua che sgorga dai
rubinetti di casa o dalla fontanelle pubbliche. E' l'effetto della cessazione
delle deroghe concesse per il triennio 2010/2012 relativamente ai parametri di
arsenico e fluoruro contenuto nelle acque destinate all'uso umano: dal primo
gennaio 2013, infatti, i sindaci dei Comuni con le falde avvelenate (dove è
presente arsenico oltre i 10 microgrammi litro) hanno dovuto correre ai ripari
emettendo severe ordinanze di divieto.
CORSA ALLE
ORDINANZE - Con l'arrivo del nuovo anno si contano, tra limitazioni imposte per
intere città o soli quartieri, ben 32 ordinanze di divieto di consumo - la
maggior parte nel Viterbese - relativi ad acque divenute «non potabili» per
effetto della fine delle deroghe alle norme Ue. Al momento nessuna ordinanza
interessa la provincia di Latina, zona in cui il gestore idrico assicura che
l'emergenza arsenico è rientrata. Qualche problema si registra ancora nei
comuni dell'hinterland romano, dove si contano 7 ordinanze. A gennaio 2012, nel
Lazio, erano in vigore deroghe su 90 comuni: un terzo di queste città, dopo un
anno, è ancora esposto ai rischi dell'arsenico, mentre quasi 900 mila
cittadini, aspettando i lavori di risanamento, hanno pagato cara l'acqua
anziché godere di qualche sconto per i disservizi subiti.
PROVINCIA
ROMANA - In provincia di Roma, le ordinanze emesse alla vigilia del nuovo anno
riguardano 3 mila cittadini di Velletri e circa 2 mila a Lanuvio che hanno a
disposizione le autobotti per approvvigionarsi. Divieti anche a Civitavecchia
Nord: qui le famiglie hanno ricevuto una card per ritirare gratuitamente 600
litri d'acqua ciascuna. Niente potabilità ad Ardea, Canale Monterano, Mazzano
Romano ed Anguillara Sabazia - conta circa 18 mila anime - che chiude ai fini
potabili gli acquedotti Arsial 1, Arsial 2, Ponton dell'Elce e Colle Biadaro.
RITARDI NEL
VITERBESE - E' la Tuscia a soffrire maggiormente i ritardi nei lavori per la
messa in sicurezza delle rete idrica. In pochi giorni sono state emesse 25
ordinanze che hanno dichiarato la non potabilità dell'acqua. Nel dettaglio sono
questi i comuni coinvolti: Civita Castellana, Bagnoregio, Blera, Bolsena,
Canino, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Civitella D'Agliano,
Fabrica di Roma, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Lubriano, Marta, Montalto
di Castro, Monte Romano, Piansano, Ronciglione, Villa San Giovanni in Tuscia,
Vetralla, Tuscania, Tessennano, Tarquinia ( già pronte le autobotti e le
fontanelle pubbliche, mentre per tutte le informazioni è possibile rivolgersi
al comando della Polizia Locale al numero di telefono 0766/849244) e infine
Viterbo.
«VOGLIAMO
SCONTI» - Il presidente della Provincia di Viterbo Marcello Meroi ed il
vicepresidente con delega all’Ambiente Paolo Equitani, vista l'emergenza
irrisolta, chiedono uno sconto per i cittadini: «Proporremo alla Talete ( il
gestore del servizio idrico, ndr) ed agli organi competenti (in attesa di
capire se verrà o meno prorogata per l’anno in corso la funzionalità delle
strutture dell’Ato) di praticare, a partire dal gennaio 2013, uno sconto
tariffario sostenibile con le esigenze finanziarie e di gestione della società,
in considerazione del fatto che, alle limitazioni all’uso dell’acqua, è giusto
accompagnare anche un’equa riduzione dei costi finora sostenuti dai cittadini».
Naturalmente, proseguono i due politici viterbesi, «la Regione dovrà farsi
carico di compensare le eventuali minori entrate che potrebbero penalizzare la
sopravvivenza della Talete».
LATINA PAGA CARO - In provincia
di Latina, sul finire del 2012, il gestore idrico ha invece annunciato in pompa
magna il superamento dell'emergenza. Un plauso alla sincerità dei vertici
aziendali, che hanno candidamente ammesso come, ancora una volta, siano stati i
cittadini a farsi carico di tutto. Come ha detto l'amministratore delegato
Raimondo Besson: «Ora la cartina dell’Ato 4 è tutta verde, l'arsenico è nei
limiti consentiti». «Con soddisfazione - aveva dichiarato il presidente della
spa Giuseppe Addessi - possiamo dire che tutti i lavori fatti sono stati
finanziati dalle casse di Acqualatina e quindi dei cittadini utenti. Il
problema dell'arsenico l'abbiamo risolto con i soli fondi della bolletta e con
un piccolo contributo della Regione».
DIVIETI SALVA-SALUTE - In termini pratici, nelle zone
fuori legge, oltre al divieto di bere, è in vigore il divieto d’uso per
cottura, reidratazione e ricostituzione di alimenti, il divieto d’uso per
preparazione di alimenti e bevande (escluso lavaggio frutta e verdura sotto
flusso d’acqua e utilizzando acqua potabile per l’ultimo risciacquo), divieto
d’uso per pratiche di igiene personale che comportino ingestione anche limitata
di acqua (lavaggio denti e cavo orale). E' consentito l'uso dell’acqua per
igiene personale, tranne nei casi di presenza di specifiche patologie cutanee
(eczema, patologie cutanee a rischio anche di tipo evolutivo o degenerativo).
Divieto d’impiego, inoltre, da parte delle imprese alimentari. Tra gli usi
consentiti rientrano invece le operazioni di igiene domestica (lavaggio
indumenti, stoviglie e ambienti), lo scarico del wc e l'utilizzo negli impianti
di riscaldamento.
LITE TRA POLITICI - E la vicenda non poteva certo rimanere
estranea alla diatriba politica in vista delle elezioni regionali. A litigare
l'aspirante governatore del centrosinistra Nicola Zingaretti e l'assessore
uscente Cangemi. «E' necessario - ha detto Zingaretti - di fronte a questa
drammatica situazione lavorare a favore di una nuova legge che ripristini la
legalità e che permetta, come dovrebbe essere in ogni stato moderno e civile,
di poter usare l'acqua del rubinetto di casa. Il motivo per cui ci troviamo in
questa situazione è che non sono stati fatti investimenti per la
potabilizzazione».
Stizzito, Giuseppe Cangemi ha rivendicato il lavoro della
giunta uscente: «Zingaretti non sa di cosa sta parlando. L’emergenza potabilità
delle acque nel Lazio è l’ennesimo pasticcio, al pari dei rifiuti, lasciato in
eredità a questa regione dalla giunta di centrosinistra guidata prima da
Marrazzo e poi da Montino».
Michele Marangon
3 gennaio 2013 | 8:41
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