Articolo 43 Cost. A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
lunedì 16 gennaio 2012
Accesso all'acqua negato ai beduini del Negev
Bustan (www.bustan.org) è la sigla che indica (tradotto dall'ebraico) le Comunità per la difesa sostenibile del territorio e della popolazione.
Si tratta di un associazione nata per sensibilizzare l'opinione pubblica israeliana circa la negazione del diritto di accesso all'acqua per i Beduini del deserto del Negev, da parte del governo israeliano.
Questa politica del governo dello stato ebraico tesa a controllare o a eliminare le fonti di accesso all'acqua nel deserto del Negev, ha il preciso scopo di deportare i Beduini che da sempre vi vivono, in una delle sette "township" ad hoc allestite.
Le comunità indigene dei Beduini, in possesso della cttadinanza israeliana, vivono nel deserto del Negev da centinaia di anni, anche se una parte consistente di loro è stata espulsa o costretta ad andarsene durante la guerra del 1948.
Dal 1948 al 1966 il governo israeliano ha spostato con la forza queste comunità concentrandole nel nord del Negev, in un territorio pari al 2% dell'area in cui abitualmente risiedevano, in base alle caratteristiche del loro nomadismo.
A partire dal 1963 il governo israeliano ha imposto a queste popolazioni un processo di stanzialità in appositi centri urbani, in base all'esigenza per cui l'80% del deserto del Negev è stata divisa fra un parco naturale di interesse nazionale, e un'area di addestramento militare per l'esercito di Tsahl, a cui l'accesso è strettamente proibito.
La principale motivazione di questa scelta sta nel fatto che il Negev si trova in una posizione strategica tra la striscia di Gaza, la West Bank e l'accesso ad Eliat e al Mar Rosso. Per ragioni di sicurezza nazionale il governo israeliano non può consentire ad una popolazione non ebraica di attraversare e di occupare l'area situata tra la striscia di Gaza e la West Bank.
Mentre l'accesso ad un'acqua pulita e potabile rappresenta un diritto inalienabile essenziale alla sopravvivenza di tutti gli esseri viventi, Israele continua a negare a queste comunità di Beduini, le strutture necessarie a permettere loro di continuare a condurre il loro tradizionale stile di vita. Infatti, obbligandoli a vivere nelle township, come accadeva in Sudafrica con gli africani durante il regime razzista e segregazionista, il governo israeliano impedisce loro di fatto di poter svolgere, per mancanza di territorio, quelle attività indispensabili alla loro sopravvivenza, come l'agricoltura e l'allevamento.
Il governo ha predisposto già sette towniship, la più antica delle quali, Tel Sheva, è stata creata nel 1967.
In queste towniship, sebbene accolgano già la metà dei 160 mila Beduini del Negev, le infrastrutture predisposte rappresentano la metà di quelli costruite negli insediamenti israeliani confinanti. La restante parte dei Beduini risiede nei 45 villaggi sparsi per il Negev, non ufficiali e non riconosciuti dal governo.
Sebbene questi villaggi accolgano centinaia di migliaia di Beduini, essi non vengono segnati nelle mappe ufficiali, ed il governo considera coloro che li abitano come degli squotter che occupano un territorio dello stato. Essi sono privi dei servizi essenziali come l'acqua, l'elettricità, le fogne, oltre ovviamente all'assistenza sanitaria e all'istruzione. In molti casi mancano anche le strade, ed è assolutamente proibita la costruzione di edifici permanenti. In conseguenza di ciò i Beduini del Negev vivono costantemente nel terrore della demolizione della loro casa, o della distruzione dei loro raccolti da parte delle Pattuglie Verdi, uno speciale corpo di polizia istituito dal governo per il controllo degli spazi aperti.
Un esempio di come questi insediamenti vengono trattati dal governo israeliano è rappresentato dal villaggio di Twail Abu Jarmal;a parte le difficili condizioni a cui sono costretti i beduini che lo abitano, il villaggio ha subito ben venti tentativi di distruzione, in media uno al mese, per costringere coloro che vi risiedono ad abbandonarlo. I beduini che ancora vivono a Twail Abu Jarmal, per avere dell'acqua, sono costretti a recarsi ad una sorgente situata a diversi chilometri di distanza. Due o tre volte la settimana essi trasportano con i loro trattori delle grandi cisterne fino alla fonte in questione, per rifornire di acqua la loro casa o la loro comunità. L'acqua raccolta viene poi travasata in apposite cisterne, in cui rimane per settimane e mesi, esposta alle intemperie e al sole cocente, ma in particolare sottoposta all'attacco di agenti inquinanti, alghe, batteri.
In base a un report del 2006 redatto da Fisici per i diritti umani- Israele, circa il 47% di questi villaggi ha predisposto delle rudimentali reti idriche, mediante tubi di gomma neri posati sul terreno, attraverso i quali riescono a trasportare l'acqua dalla fonte fino al loro insediamento, riuscendo a soddisfare la domanda di diverse centinaia di residenti per ciascun insediamento.
In estate l'acqua che scorre nei tubi raggiunge temperature molto elevate, mentre in inverno può arrivare anche a ghiacciarsi e a spaccare le tubature.
Sfortunatamente questo metodo di trasporto dell'acqua non è molto salubre, in quanto essa raccoglie durante il tragitto, tutte le impurità che si vengono a formare nei tubi, come alghe, terra, ruggine e batteri di vario genere. Ciò è confermato dal fatto che l'85% dei bambini costretti a rivolgersi all'ospedale infantile di Barsheeva, sono figli di beduini che risiedono in questi insediamenti, e che sono affetti da malattie legate alla scarsa qualità dell'acqua, come la dissenteria e altri generi di parassiti. La contaminazione dell'acqua è anche la principale causa dell'elevata mortalità infantile: in questi villaggi infatti 15.7 bambini su mille nascono morti, contro una mortalità infantile media del 4.7 su mille bambini nati.
Se compariamo la quantità di acqua consumata al giorno da ciascuno degli abitanti dai beduini, essa è pari a 90 litri contro i 350 litri in media a persona, per ogni israeliano ebreo.
Sebbene l'Organizzazione Mondiale della sanità stabilisca che il quantitativo minimo di acqua necessario alla vita di ogni singolo individuo sia di 100 litri al giorno, il governo israeliano consentirebbe agli appartenenti alle comunità beduine del Negev di poter usufruire di soli 22.7 litri di acqua al giorno a persona.
L'enorme disparità tra beduini ed ebrei in termini di accesso all'acqua risulta ancora più evidente dal confronto tra le due città confinanti di Omer e di Ammra; Omer è la seconda più ricca città israeliana della zona, è piena di case, di verde e di strade; Ammra è invece un villaggio beduino, il suo aspetto è arido e inospitale, privo di strade asfaltate e invaso dalla polvere che si solleva dal terreno; gli abitanti vivono in baracche di lamiera, esposti alle intemperie e alla polvere, con appena l'acqua sufficiente per bere.
Un Beduino membro del Consiglio Regionale dei villaggi non riconosciuti del Negev, dice: "Noi siamo cittadini dello stato di Israele, paghiamo le tasse come tutti,ma a tutt'oggi non ci viene riconosciuto nessun diritto. Quello che chiediamo è di poter vivere come tutti gli altri cittadini di Israele".
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